Amministrare l'immigrazione - Indagine sull'applicazione della normativa in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri in alcuni contesti ...

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Amministrare l'immigrazione - Indagine sull'applicazione della normativa in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri in alcuni contesti ...
Amministrare l’immigrazione
Indagine sull’applicazione della normativa in materia di ingresso e
   soggiorno degli stranieri in alcuni contesti territoriali italiani

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                  Rapporto di ricerca - Marzo 2012
Amministrare l'immigrazione - Indagine sull'applicazione della normativa in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri in alcuni contesti ...
Amministrare l’immigrazione
Indagine sull’applicazione della normativa in materia di ingresso e
   soggiorno degli stranieri in alcuni contesti territoriali italiani

                     Rapporto di ricerca - Marzo 2012

  in collaborazione con                            con il contributo di

      Istituto
      Cattaneo
Amministrare l'immigrazione - Indagine sull'applicazione della normativa in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri in alcuni contesti ...
Direzione della ricerca
Asher Colombo

Redazione del rapporto
Asher Colombo e Valeria Piro

La ricerca di cui si dà conto è stata condotta dalla Fondazione di ricerca
Istituto Carlo Cattaneo per Legacoop Bologna nell’ambito del progetto “Il
lavoro straniero e l’impresa cooperativa” realizzato grazie al contributo della
Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna – Camera
dell’Economia.

Fondazione di ricerca Istituto Carlo Cattaneo
Via Santo Stefano 11, 40125 Bologna
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Indice
1. Introduzione                                                   5

2. L’evoluzione della normativa e della procedura per il
rinnovo del permesso di soggiorno                                 6

3. La ricerca e i suoi risultati                                  20

4. I patronati e gli sportelli comunali                           26
    4.1. I nodi problematici nella procedura di rinnovo           30
        4.1.2. La preparazione della documentazione               32
        4.1.1. La fase di lavorazione delle pratiche              34
        4.1.3. La discrezionalità della questura                  36
        4.1.4. La discrezionalità degli operatori dei servizi     40
    4.2 Tentativi di miglioramento: reti formali e informali
    d’incontro tra gli attori                                     41
    4.3 Il rapporto con gli utenti                                45

5. La questura di Bologna                                         47

6. Gli stranieri                                                  52
    6.1. Nodi problematici nella procedura di rinnovo             53
        6.1.1. L’impianto della normativa: per rinnovare
        bisogna avere un lavoro                                   53
        6.1.2. Rapportarsi all’ufficio immigrazione: difficoltà
        pratiche e disagi                                         54
        6.1.3. I tempi di attesa                                  58
    6.2. Regolari ma in scadenza: come si vive in attesa di
    rinnovo                                                       59

7. Riflessioni conclusive                                         68

Riferimenti bibliografici                                         72

Appendice n.1: diagramma di flusso della procedura di
rinnovo del permesso di soggiorno                                 75

Appendice n. 2: elenco degli intervistati                         76

Appemdice n.3: elenco dei patronati e degli sportelli
comunali abilitati alla compilazione dei kit per il rinnovo del
permesso di soggiorno a Bologna e provincia                       78

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1. Introduzione

L’immigrazione, le decisioni che riguardano i processi di selezione,
quantitativa e qualitativa, degli stranieri che chiedono di essere am-
messi sul territorio e di quelli che sono entrati illegittimamente e che
possono essere destinatari di procedure di allontanamento, e ancora
le decisioni che riguardano gli stranieri che si trovano già all’interno
di un paese, per facilitarne, o viceversa, scoraggiarne la permanenza,
sono temi che hanno acquisito ormai da tempo una collocazione cen-
trale nelle agende politiche dei governi, per tacere della rilevanza che
hanno assunto nell’arena elettorale. Ma queste decisioni, così come il
numero in continua espansione degli immigrati che ne sono i desti-
natari, si ripercuotono in misura crescente e inesorabile sulle ammi-
nistrazioni pubbliche. Una quota sempre più rilevante delle pratiche
prodotte da Comuni, Questure, scuole, ospedali, carceri e via dicendo
riguarda la gestione della popolazione straniera. Sempre più le politi-
che migratorie dipendono dal funzionamento delle amministrazioni,
quindi, e sempre più la stessa integrazione degli immigrati e dei loro
figli dipende non solo dalle politiche migratorie, ma anche dall’ammi-
nistrazione di esse. In che modo l’amministrazione ha reagito a questa
lunga stagione di crescita e di continua evoluzione dei propri compiti
istituzionali? Che effetti ha l’attuale sistema di gestione amministrati-
va dell’immigrazione nell’organizzazione della vita dei suoi utenti?
È soprattutto per rispondere a questi interrogativi che Legacoop Bo-
logna in collaborazione con la Fondazione Istituto Cattaneo ha pro-
mosso una ricerca dal titolo “Amministrare l’immigrazione. Indagine
sull’applicazione della normativa in materia di ingresso e soggiorno
degli stranieri in alcuni contesti italiani”. L’indagine si inserisce in un
programma di ricerche avviato dal Forum Internazionale ed Europeo
di Ricerche sull’Immigrazione che coinvolgerà nel suo disegno com-
plessivo, oltre Bologna, anche i casi di Torino e Cuneo.

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2. L’evoluzione della normativa e della
procedura per il rinnovo del permesso
di soggiorno

La gestione amministrativa dell’immigrazione in Italia ha una lunga
tradizione, che precede di circa un ventennio l’elaborazione di una vera
e propria politica in questo ambito. Già a partire dai primi anni ’60,
infatti, l’ingresso di lavoratori stranieri continuò ad essere disciplina-
to per via amministrativa attraverso una serie di circolari emanate dal
Ministero del Lavoro (Einaudi, 1997). Per tutti gli anni ’70 varie ammini-
strazioni continuarono ad adottare misure di tipo settoriale per regolare
l’ingresso e il soggiorno dei primi immigrati, nonostante la mancanza di
un dibattito pubblico sul tema e di un disegno politico più ampio. Nei
primi anni ’80, alcuni Comuni iniziarono a dotarsi di Uffici Stranieri
per cercare di rispondere alle specifiche esigenze di un’utenza via via
in aumento (si veda Zucchini, 1998). A partire da questo periodo iniziò
ad essere avvertita la necessità di discutere in Parlamento una norma-
tiva sull’immigrazione, data l’insufficienza delle misure emergenziali e
non coordinate portate avanti, fino a quel momento, da funzionari, in
quanto tali non responsabili politicamente del proprio operato (Einaudi,
1997). La prima legge in materia, la cosiddetta legge Foschi, venne ap-
provata nel 1986, ma già qualche anno dopo si avvertì il bisogno di una
riforma. Una seconda legge ( la L.Martelli) venne promulgata nel 1990,
fino ad arrivare ad una terza e sostanziale modifica e riorganizzazione
della normativa realizzata con la cosiddetta legge Turco- Napolitano (L.
n. 40/1998).
Con la regolamentazione per via legislativa del permesso di soggiorno, a
partire dal 1990, il ruolo della pubblica amministrazione, e in particolare
delle questure, direttamente incaricate dei rilasci e dei rinnovi dei docu-
menti, diventa centrale al fine di garantire un controllo sistematico sulla

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popolazione straniera in ingresso (Patore, Ricucci, 2011: 2). Come no-
tano però Pastore e Ricucci (2011), paradossalmente, la necessità di po-
tenziare tale apparato coincide con un’ampia spinta verso un generale
ridimensionamento del ruolo attribuito alla pubblica amministrazione
che prede piede nello stesso periodo. Nel contesto italiano, dunque, l’au-
mento dei flussi migratori e la conseguente necessità di amministrare le
presenze straniere (ovvero, di emettere un numero via via maggiore di
documenti di soggiorno) si sviluppano in una situazione di strutturale
carenza di risorse economiche. I decenni successivi risultano caratteriz-
zati da una decisa crescita dell’utenza immigrata (i permessi di soggior-
no emessi passano da circa mezzo milione del 1990 a oltre un milione
nel 2000, fino a superare i 3 milioni e mezzo nel 20111), il che contribu-
isce ad aumentare la pressione sulle istituzioni competenti che appa-
iono sempre più in affanno. L’evoluzione legislativa, e in particolare la
promulgazione della legge n. 189/2002 (la cosiddetta “Bossi-Fini”), non
tende ad agevolare i compiti dell’apparato amministrativo. La nuova
normativa, anzi, riducendo la durata dei permessi di soggiorno e richie-
dendo tempi di rinnovo più ampi, sembra avere un impatto pesantissi-
mo sugli attori pubblici interessati (Pastore, Ricucci, 2011).
La prima novità sostanziale della legge Bossi- Fini è l’introduzione del
cosiddetto “contratto di soggiorno” che vincola il rilascio e il rinnovo
del permesso per lavoro subordinato alla presenza e al mantenimento
di un contratto di lavoro (art. 5-bis). Inoltre, con la nuova normativa, in
caso di disoccupazione, lo straniero può usufruire di un permesso di co-
siddetta “attesa occupazione” della durata massima di 6 mesi, di contro
ad un permesso di un anno previsto dal precedente testo di legge. Per
quanto riguarda la durata dei titoli di soggiorno, la L. 189/2002, in con-
tinuità con la Turco-Napolitano, stabilisce la possibilità di rilascio di un
permesso della durata massima di nove mesi per lavoro stagionale, di
un anno per lavoratori subordinati con contratto a tempo determinato, e
di due anni per lavoratori assunti a tempo indeterminato (art. 5 c.3-bis).
Nello stesso tempo, però, riduce la durata dei permessi al momento del

1 Si veda: http://demo.istat.it/altridati/noncomunitari/index.html, consultato il
30/03/2011. I dati sono relativi al numero di cittadini stranieri non comunitari, in possesso
di un valido documento di soggiorno. A partire dal 2008, non sono quindi considerati nel-
la computazione i cittadini rumeni e bulgari.

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rinnovo, in quanto prevede che il documento di soggiorno possa essere
rinnovato “per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio
iniziale” (art. 5 c. 4), contrariamente alla Turco- Napolitano che prevede-
va, invece, che il rinnovo del permesso potesse avvenire “per una durata
non superiore al doppio di quella stabilita con rilascio iniziale” (art. 5.3,
L. n. 40/1998). Infine, sono variate le tempistiche necessarie alla presen-
tazione della domanda di rinnovo, il quale deve essere richiesto non più
30, ma 90 giorni prima della scadenza del permesso stesso (attualmente
si tratta invece di 60 giorni).
Queste modifiche comportano sostanziali ricadute sulle questure italia-
ne che vedono effettivamente raddoppiare il loro carico di lavoro. A tale
aggravio non fa seguito, però, un corrispettivo stanziamento di risorse
destinate agli uffici immigrazione, che non viene previsto né nella legge
né nel suo successivo regolamento (R. n. 334/2004). Il costo delle conse-
guenti disfunzioni dell’apparato amministrativo ricade principalmente
sull’utenza straniera, che si vede costretta ad affrontare una situazione di
maggiore incertezza giuridica dovuta all’allungamento dei tempi previ-
sti per la lavorazione delle pratiche. Indirettamente, l’intasamento degli
uffici pubblici e le lunghe ore di attesa per la consegna o il ritiro dei do-
cumenti creano un disagio anche per i datori di lavoro, i quali si vedono
forzati a concedere più frequentemente giorni feriali per il disbrigo delle
incombenze burocratiche dei cittadini stranieri.
Un primo tentativo di migliorare la situazione viene effettuato nel settem-
bre del 2004, con la promulgazione della L. n. 271/2004 “Recante disposi-
zioni urgenti in materia d’immigrazione”. Tale provvedimento autorizza
il Ministero dell’Interno a stipulare convenzioni “con concessionari di
pubblici servizi o altri soggetti non pubblici”, per la raccolta e l’inoltro alle
questure delle domande, nonché per il successivo rilascio dei documenti
(Caponio, 2011). Tale atto legislativo apre la strada alla stipula di Proto-
colli di intesa tra il Ministero e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani
(ANCI), il primo dei quali, firmato nell’aprile del 2005, vede la partecipa-
zione delle città di Modena, Cuneo e Pavia.
Queste iniziative da parte del governo nazionale sembrano, dunque,
istituzionalizzare e dare legittimità alle varie esperienze messe a punto
in ambito locale per tentare di agevolare le procedure burocratiche di

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rilascio e rinnovo dei permessi2, optando, così, per un processo di poli-
cy making di tipo bottom up (Caponio, 2011). Parallelamente, però, altre
misure adottate nello stesso ambito appaiono invece come un tentativo
di centralizzazione delle procedure relative agli ingessi. Nel febbraio del
2006, infatti, il Ministero degli Interni stipula una convenzione con Poste
Italiane s.p.a., “affidando a quest’ultime l’intera partita dei rinnovi, senza
alcun coinvolgimento dei comuni” (Caponio, 2011). La nuova procedura
per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno3, che entra in vigore
nel dicembre dello stesso anno, prevede che lo straniero compili e spedi-
sca attraverso le poste un cosiddetto “kit” corredato della documentazione
necessaria all’ottenimento del titolo. La busta contenente la pratica viene
successivamente inviata ai Centri servizi delle Poste di competenza per
l’area (5 in tutta Italia) e da questi trasmessa al Viminale. La procedura
riporta, quindi, ad una situazione di centralizzazione nella fase di raccolta
e di primo trattamento delle pratiche, e tutto questo nell’immediato non
sembra produrre ottimi risultati. All’inizio del 2007, infatti, numerose
questure vanno in tilt, a causa delle difficoltà organizzative tra i vari atto-
ri coinvolti nella macchinosa procedura e a causa dell’elevato numero di
pratiche “anomale”, che risultano impossibili da lavorare4.
Contestualmente (nel febbraio 2006) il Ministero dell’Interno stipula
un ulteriore Protocollo di intesa, coinvolgendo questa volta nella par-
tita dei permessi i patronati, i quali si impegnano a fornire assistenza
gratuita agli stranieri nella compilazione dei kit. Nello stesso periodo, la
cosiddetta sperimentazione ANCI, avviata col Protocollo del 2005, viene
estesa ad altri 9 comuni (tra cui, in Emilia Romagna, Ravenna)5. Infine,

2 Si veda, ad esempio, l’esperienza della città di Cuneo in Caponio, Pastore, Ricucci
(2011), “Amministrare l’immigrazione”. Rapporto di ricerca, FIERI. Si veda anche, per
quanto riguarda la provincia di Brescia: “E Brescia a giocato d’anticipo. Coinvolti 40 enti
della Provincia per velocizzare l’iter”, in Il sole24ore del 27/02/2006.
3 Si veda in merito: http://www.portaleimmigrazione.it/.
4 Tali difficoltà vengono riferite anche dai dirigenti dell’ufficio immigrazione della que-
stura di Bologna intervistati nel corso della ricerca.
5 Sulla pagina web dell’ANCI si legge in proposito: “Contestualmente all’avvio della nuo-
va procedura di rilascio e rinnovo dei permessi e delle carte di soggiorno, ha avuto inizio
il programma triennale di sperimentazione, finalizzato all’attuazione del processo di tra-
sferimento ai Comuni delle competenze amministrative in materia di rinnovo del titolo di
soggiorno. Il programma si pone come obiettivo l’identificazione e lo sviluppo dei nuovi

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nell’aprile 2007, grazie anche ad un accordo siglato tra ANCI e Poste
Italiane, si realizza la costituzione di una “Rete di assistenza dei comuni
al cittadino straniero nella compilazione della modulistica”, che attual-
mente prevede la partecipazione di 456 sportelli, per un totale di 131
comuni coinvolti, 73 associazioni di comuni e la provincia di Trento6. Al
momento, dunque, sia i patronati che gli sportelli comunali (qualora pre-
senti) sono abilitati ad affiancare lo straniero nella prima fase relativa
alla compilazione e alla raccolta dei documenti necessari alla presenta-
zione della domanda di permesso di soggiorno.
Negli anni successivi, numerose sono state le proposte, avanzate da
dverse parti, per richiedere un miglioramento nell’amministrazione
dell’immigrazione, allo scopo di superare le numerose problematiche
emerse, dovute soprattutto al sovraccarico di lavoro nelle questure e agli
“inceppi” della macchina burocratica, che hanno causato enormi ritardi
e di conseguenza notevoli problemi per cittadini stranieri in attesa.
Un tentativo di ridurre i tempi di rilascio dei permessi è stato messo in
atto nel marzo del 2009, con l’attuazione di una direttiva, proposta dal
capo della polizia Prefetto Manganelli, con la quale le questure si impe-
gnavano a consegnare i permessi di soggiorno entro 45 giorni. Due sono
state le modifiche suggerite dalla direttiva e rese possibili grazie ad una
più stretta collaborazione tra Poste Italiane e questure: in primo luogo,
la notifica allo straniero dell’appuntamento presso l’ufficio stranieri (al
fine di procedere con i rilievi fotodattiloscopici) fissato direttamente al
momento della consegna del kit e previsto in un tempo massimo di 15
giorni; secondariamente, l’acquisizione telematica della pratica da parte
della questura competente. Tali sperimentazioni, congiuntamente con

modelli e dei processi necessari alla realizzazione di un sistema di gestione ottimale delle
procedure amministrative da parte dei Comuni e si concluderà con la stesura di una nuova
proposta normativa che veda il sistema dei Comuni al centro della governance in materia
di immigrazione. Il programma vede il coinvolgimento del Ministero dell’Interno, dell’AN-
CI (Associazione nazionale dei Comuni Italiani) quali principali autori della sperimenta-
zione, che si avvale della proprio struttura operativa Ancitel S.p.A., e di un nucleo di nove
Enti sperimentatori”
[http://www.permessidisoggiorno.anci.it/Default.aspx?cid=5#tavolinazionali, consultato il
17/03/2012].
6 Si veda: http://www.permessidisoggiorno.anci.it/Documenti.aspx?did=84, consultato il
17/03/2012.

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altre migliorie organizzative apportate a livello locale (come si vedrà
nello specifico per il caso di Bologna), hanno contribuito in alcuni con-
testi ad assorbire (in parte o del tutto) il ritardo accumulato e a rendere
più fluidi i meccanismi burocratici di emissione dei documenti di sog-
giorno. Infatti, benché quasi ovunque si sia ancora lontani dalla con-
segna dei permessi nel limite dei 20 giorni stabilito dal testo di legge, i
disagi e le disfunzioni sembrano andare parzialmente riducendosi.
Dopo tale excursus volto ad analizzare i cambiamenti legislativi che
hanno inciso in maniera determinante sull’implementazione della nor-
mativa sull’immigrazione, e a individuare una serie di attori rilevanti
all’interno di tale processo, rivediamo ora brevemente quali sono le va-
rie tappe che il migrante deve percorrere in caso di primo rilascio e di
rinnovo del titolo di soggiorno. In particolare, prendiamo qui in esame
il caso di ingresso sul territorio italiano per motivi di lavoro (in quanto
questo costituisce, insieme al ricongiungimento familiare, il motivo più
frequente di rilascio dei permessi). In caso di lavoro subordinato, lo
straniero, che dal suo paese d’origine ha ricevuto un’offerta di lavoro in
Italia (secondo le opzioni disponibili e all’interno delle quote fissate an-
nualmente dal Ministero degli Interni), può ritirare dal consolato italia-
no un visto per motivi di lavoro, che costituisce la documentazione ne-
cessaria all’attraversamento della frontiera. Entro 8 giorni dall’ingresso
in Italia, il migrante è tenuto a richiedere il permesso di soggiorno, che
fino a pochi mesi fa veniva rilasciato soltanto in seguito alla stipula del
“contratto di soggiorno per lavoro” (L. 40/1998 e successive modifiche,
art 5 c. 2-3). Il contratto di soggiorno (“modello Q”), firmato dal datore
di lavoro e dal cittadino straniero e presentato allo Sportello unico per
l’immigrazione presso le prefetture, doveva contenere le informazioni
relative al rapporto di lavoro. In più, il datore di lavoro garantiva la pre-
senza di un alloggio “idoneo” per il lavoratore, e si impegnava al paga-
mento delle spese di viaggio per un eventuale rientro dello straniero nel
suo paese di provenienza (art 5-bis). Da aprile 2011, queste informazioni
relative all’alloggio e alle spese di viaggio per il cittadino straniero, sono
contenute anche nel “modello Unificato Lav”, che è il modulo mediante
il quale tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, adempiono all’obbligo
di comunicazione di assunzione dei lavoratori. Dal 15 novembre 2011,
al fine di semplificare le procedure burocratiche, per l’assunzione di un
lavoratore straniero regolarmente soggiornante è sufficiente la compila-

                                      11
zione di tale modello. Al momento del rilascio o del rinnovo del permes-
so di soggiorno bisogna perciò esibire unicamente una copia del model-
lo UNILAV, così come reso noto dal Ministero degli Interni in una serie
di circolari7, e come sancito nel D.L. sulle semplificazioni del 9 febbraio
2012 (art 17 c. 1) che ha dato a tale normativa copertura di legge. La novi-
tà introdotta, comportando uno snellimento delle pratiche burocratiche
al momento dell’assunzione di un lavoratore straniero, sicuramente faci-
literà i datori di lavoro e agevolerà il migrante al momento della raccolta
dei documenti necessari alla presentazione della domanda di soggiorno.
Dopo la compilazione dell’apposito kit predisposto per la richiesta di
rilascio o di rinnovo, che può essere completata individualmente o con
l’assistenza di un servizio preposto, la documentazione viene consegna-
ta, come si è detto in precedenza, allo “sportello amico” di Poste Italiane.
Al kit il richiedente dovrà allegare una serie di documenti che attestino
la sua situazione lavorativa e la sua disponibilità di reddito (modello
UNILAV, buste paghe e CUD) oltre che la fotocopia del passaporto e, in
caso di rinnovo, la copia del permesso in scadenza.
Al momento della spedizione del kit, l’impiegato postale comunica
allo straniero la data dell’appuntamento in questura, durante il quale
quest’ultimo sarà sottoposto ai rilievi foto dattiloscopici, condotti al
momento del primo rilascio e ripetuti a ciascun rinnovo. La documen-
tazione presentata passa poi al CEN (Centro Elaborazione Nazionale) e,
dopo essere stata scannerizzata, viene spedita nuovamente alla questura
di competenza. Quest’ultima, che ha già ricevuto (e spesso iniziato a
lavorare) la pratica a livello telematico, controlla la completezza della
documentazione, se necessario richiede la presentazione di elementi
integrativi, altrimenti invia i dati all’istituto poligrafico zecca dello stato
per la stampa del titolo di soggiorno in formato elettronico. Il tesserino
viene rinviato all’ufficio immigrazione di competenza e consegnato allo
straniero, che nel frattempo, tramite internet può conoscere lo stato di
avanzamento della sua pratica e può autonomamente prenotare un ap-

7 Ci si riferisce alla nota del Ministero del Lavoro del 28 novembre 2011 prot.
n. 4773 [http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/1C6DDB22-3E75-4B3C-816E-
7C2255D385B9/0/20111128_Nt.pdf], alla circolare del Ministero degli Interni del 5 dicembre
2011 n. 8827, e a quella del 11 gennaio 2012 n. 113.
[http://www.asgi.it/public/parser_download/save/circolare.ministero.interno.n.3666.
del.13.maggio.2011.pdf].

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puntamento per il ritiro del documento8.
La procedura di rilascio dei permessi di soggiorno fino a pochi mesi fa
prevedeva un costo totale di 72,12 euro, richiesto come corrispettivo per
le spese amministrative9. All’ammontare di tale cifra, dal 30 gennaio
2012, bisogna aggiungere il pagamento di un “contributo integrativo”, il
cui importo varia tra gli 80 e i 200 euro, così come stabilito da un decre-
to del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 6 ottobre 2011. Tale
decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2011, ha reso
operativa la tassa di soggiorno che era stata introdotta dalla cosiddetta
“legge sicurezza” (L. n. 94/2009). Fatta eccezione per alcune casistiche10,
dunque, chiunque richieda il rilascio o il rinnovo di un permesso di sog-
giorno è tenuto, da adesso in poi, al pagamento aggiuntivo di 80 euro
(l’esborso complessivo ammonta quindi a € 152,12) nei casi di permessi
di soggiorno di durata superiore a tre mesi ed inferiore o pari ad 1 anno
(attesa occupazione, lavoro stagionale, lavoro subordinato a tempo de-
terminato, studio, ecc.); al pagamento di 100 euro (per una spesa totale
di € 172,12) per permessi superiori a un anno (lavoro a tempo indetermi-
nato, lavoro autonomo, famiglia, motivi religiosi, ecc.); al pagamento di
200 euro (ovvero di € 272,12 in totale) nei casi di documenti di soggiorno
di durata superiore ai due anni, come ad esempio i permessi CE per
soggiornanti di lungo periodo. Secondo l’art. 14-bis del D.lgs 286/1998
(come modificato dalla L. 94/2009), e secondo quanto specificato nel
decreto, il ricavato del contributo richiesto agli stranieri verrà così ri-
partito: una prima metà andrà a finanziare un fondo per il rimpatrio dei

8 Per una più agevole comprensione dell’iter burocratico di rilascio e rinnovo dei permes-
si di soggiorno, si veda il diagramma di flusso in appendice (Appendice 1).
9 Il contributo era così ripartito: € 30 per le spese di spedizione da corrispondere a Poste
Italiane, € 27,50 per il rilascio del permesso di soggiorno in formato elettronico e € 14,62 per
la marca da bollo da apporre alla pratica.
10 Le casistiche alla quali non si applica “la tassa di soggiorno” sono: i minori di 18 anni, i
richiedenti asilo, coloro che hanno un permesso per cure mediche (ex art. 36 c. 1) e coloro
che richiedono l’aggiornamento o la conversione del titolo di soggiorno. Sono sorti tut-
tavia alcuni dubbi in merito a due casistiche, ovvero coloro che richiedono permessi per
famiglia in caso di familiari di cittadino Italiano (ex art. 19 e 30), e per familiari di stranieri
con permesso per asilo politico. Sul punto cfr. http://www.asgi.it/public/parser_download/
save/1_2012_cgil_c_tassa.pdf, consultato il 10/03/2012.

                                                13
migranti irregolari11, mentre una seconda metà sarà destinata ad attività
legate al rilascio ed al rinnovo del permesso di soggiorno, e sarà suddi-
visa tra missione “Ordine pubblico e sicurezza” (40%), attuazione delle
disposizioni dell’Accordo d’integrazione (30%) e attività dello Sportello
unico per l’immigrazione (30%).
In merito all’entrata in vigore del decreto, negli ultimi mesi sono state
sollevate numerose critiche12. In una nota congiunta del 4 gennaio 2011,
il Ministro degli Interni, Anna Maria Cancellieri, e il Ministro per la Co-
operazione Internazionale e l’Integrazione, Andrea Riccardi, hanno reso

11 In risposta all’interrogazione parlamentare n. 3-02117 dell’On. Livia Turco, del 29 feb-
braio 2012, il Ministro degli Interni ha specificato che è sua intenzione fare in modo che
“con le risorse di tale Fondo vengano finanziati i programmi di rimpatrio volontario e
assistito, attuabili dal gennaio di quest’anno per effetto dell’entrata in vigore del decreto
interministeriale che ne ha disciplinato l’attuazione”.
12 Come nota Briguglio (2012), “solo l’ultima fattispecie si configura come la contropre-
stazione di un servizio reso da un ente pubblico. Gli altri casi sembrano contrastare con
il principio di eguaglianza e con l’obbligo generale di contribuzione”. Innanzitutto, la
giustificazione della quota destinata ad alimentare il fondo rimpatri sembra quantomeno
problematica: si tratta di scaricare (ingiustificatamente) i costi dell’immigrazione illegale
su chi soggiorna regolarmente sul territorio italiano. Infatti, dal momento che, nell’ambito
della normativa italiana ed europea, il rimpatrio degli stranieri irregolari è considerato
come un “obiettivo di interesse comune”, esso andrebbe finanziato attraverso imposte
versate da tutti i contribuenti (italiani e stranieri). Alimentarlo con un prelievo a carico
del solo migrante regolare “sembra difficilmente compatibile col principio di eguaglianza
e con l’obbligo generale di contribuzione alla spesa pubblica, sanciti rispettivamente dagli
articoli 3 e 53 della Costituzione” (Briguglio, 2012). Un discorso simile può essere fatto per
quanto riguarda il finanziamento attribuito alla missione “ordine pubblico e sicurezza”,
le cui precise mansioni non sono state ancora del tutto chiarite. Anche la quota destinata
all’attuazione dell’Accordo di integrazione (che come si vedrà è entrato in vigore a partire
dal 10 marzo 2012) può difficilmente essere giustificata come un servizio prestato allo
straniero. In generale, la disposizione è stata aspramente criticata in quanto obbliga al pa-
gamento di cifre consistenti per l’accesso ad un servizio pubblico che non risulta efficien-
te, dal momento che le tempistiche di rilascio dei permessi di soggiorno sono ancora ben
lontane da quelle previste nel testo di legge. Molti vedono la tassa di soggiorno come un
tributo inaccettabile e particolarmente gravoso per i lavoratori migranti, colpiti - spesso
più duramente degli italiani- dall’attuale crisi economica. La CGIL, ad esempio, ha attual-
mente presentato un ricorso presso il Tar del Lazio, chiedendo che i costi delle politiche di
contrasto all’immigrazione irregolare non vengano addebitati “a chi si sforza per rimanere
nella regolarità e si è avviato al processo integrazione” (si veda: “La CGIL deposita il ricor-
so per sospendere il contributo sui permessi di soggiorno”, Il sole24ore del 23/02/2012.)

                                              14
note le loro perplessità sulla tassa, proponendo che la sua applicazione
fosse modulata rispetto al reddito del lavoratore straniero e alla compo-
sizione del suo nucleo familiare13. Nessun successivo atto ministeriale,
però, ha sospeso l’entrata in vigore del decreto Maroni-Tremonti. In ri-
sposta ad ulteriori sollecitazioni14, un mese dopo l’entrata in vigore della
tassa di soggiorno, il Ministro degli Interni ha chiarito la posizione del
governo in merito al provvedimento, sottolineando l’intenzione di non
rimettere in discussione il decreto, ma nello stesso tempo ribadendo
l’esigenza di “perseguire un disegno complessivo di razionalizzazione
e semplificazione delle procedure previste dalla legge per il rilascio dei
permessi di soggiorno”. Il Viminale ha proposto, dunque, l’allungamento
della durata dei permessi per lavoro e per motivi familiari, in modo da
spalmare il costo di quest’ultimi su un periodo di tempo più lungo. In
una bozza di emendamento al Decreto-legge sulle semplificazioni, resa
pubblica il 29 febbraio 2012, si propongono importanti modifiche rispet-
to alla normativa sull’immigrazione: in primo luogo, si prevede la possi-
bilità di emissione di permessi della durata massima di due anni anche
per lavoratori assunti a tempo determinato (di contro al periodo di vali-
dità massima di un anno previsto dalla legislazione attuale). Secondaria-
mente, si allunga la durata dei titoli di soggiorno per lavoro e famiglia al
momento del rinnovo, permettendone che, a partire dal secondo rilascio,
questi possano avere una durata massima di 3 anni (attualmente un
permesso può essere rinnovato per stessa durata di quello precedente).
Infine, si prolunga il periodo di validità del permesso di attesa occupa-
zione, che passerebbe da 6 mesi ad un anno, salvo durare più a lungo
nei casi in cui lo straniero si trovi a percepire una eventuale prestazione
di sostegno al reddito. “L’allungamento della validità di questi permessi
comporterà una sensibile riduzione degli adempimenti a carico delle
questure e, conseguentemente, un risparmio di risorse organizzative e
finanziarie per l’amministrazione. Inoltre, la contrazione dei tempi di
rilascio dei titoli e i miglioramenti organizzativi attesi consentiranno
una maggiore fruibilità complessiva degli uffici da parte dell’utenza. Da

13 Si veda: “E’ scontro sulla tassa di soggiorno. Il governo valuta dietrofront. Ma la Lega
annuncia battaglia”, Il sole24ore del 4/01/2012.
14 In risposta all’interrogazione parlamentare n. 3-02117 dell’On. Livia Turco, del 29 feb-
braio 2012.

                                             15
questa semplificazione deriverà indirettamente anche un alleggerimen-
to degli oneri economici posti a carico degli stranieri per il pagamento
del contributo, per la minore frequenza con la quale saranno chiamati
a rinnovare il titolo di soggiorno”15. Contrariamente alle aspettative, la
proposta di riforma non è stata inserita nel Decreto semplificazioni, ma,
sostiene il governo, si cercherà di approvarla a breve inserendola all’in-
terno di un provvedimento più consono.
Contestualmente al dibattito sulla nuova riforma, il 10 marzo 2012 è en-
trato in vigore il DPR n. 179 del 201116, che istituisce il cosiddetto “accor-
do di integrazione”. Secondo quanto stabilito all’art 4-bis c. 2 del Testo
Unico sull’immigrazione, così come modificato dalla L. n. 94/200917, a
partire da questa data lo straniero di età superiore ai 16 anni che fa in-
gresso in Italia per la prima volta, e richiede un permesso di soggiorno
della durata non inferiore a un anno, deve sottoscrivere un accordo di
integrazione18. L’accordo va firmato al momento della presentazione
della prima richiesta di rilascio di permesso, presso lo sportello unico
per l’immigrazione della prefettura (per coloro che richiedono un titolo
di soggiorno per motivi di lavoro o per ricongiungimento familiare), op-
pure in questura (per altri tipi di permesso). Con la stipula di tale atto,
lo straniero si impegna a raggiungere alcuni specifici obiettivi di inte-
grazione da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggior-
no. Questi obiettivi sono principalmente tre: acquisire una conoscenza
adeguata della lingua italiana, equivalente almeno al livello A2 (in rife-
rimento al quadro comune europeo per le lingue); acquisire una cono-

15 Si veda nota precedente. Testo disponibile nel sito:
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/22/0255_Turco_
On._n._3-02117.pdf, consultato il 10/03/2012.
16 Regolamento concernente la disciplina dell’accordo di integrazione tra lo straniero e lo
stato. Cfr. testo del decreto:
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/servizi/legislazione/im-
migrazione/0942_2011_09_14_dPR14092011n179.html, consultato il 10/03/2012.
17 Si tratta del cosiddetto “ pacchetto sicurezza” approvato dal precedente governo Berlu-
sconi.
18 Non devono, invece, sottoscrivere l’accordo: gli stranieri affetti da patologie o disabi-
lità tali da limitare gravemente l’autosufficienza o l’apprendimento linguistico e culturale;
i minori non accompagnati; vittime della tratta di persone, di violenza o di grave sfrutta-
mento; i minori di 16 anni.

                                             16
scenza sufficiente dei principi fondamentali della Costituzione italiana e
della cultura civica del nostro paese; e garantire l’adempimento dell’ob-
bligo di istruzione per i figli minori. Lo Stato, dal canto suo, “si impegna
a sostenere il processo di integrazione dello straniero”19. Il meccanismo
di funzionamento dell’accordo prevede l’assegnazione o la decurtazione
di crediti a seconda di alcuni parametri stabiliti nel testo . Al momento
della sottoscrizione del documento, vengono assegnati al richiedente 16
crediti, corrispondenti a un livello A1 di conoscenza della lingua italia-
na, e a un livello sufficiente di competenza sulla cultura civica del no-
stro paese. L’accordo ha una validità di due anni. Entro tre mesi dalla
firma, lo straniero è tenuto a frequentare un corso obbligatorio di for-
mazione civica e di informazione sulla vita in Italia organizzato presso
la prefettura, la cui mancata partecipazione comporta la perdita di 15
crediti. Poco prima della scadenza del patto, lo straniero è chiamato a
dimostrare, con apposita documentazione (da presentare in prefettura
o in questura), di aver effettivamente adempiuto ai suoi obblighi civi-
ci, maturando un bonus di minimo 30 crediti. Qualora non disponga
di documenti attestanti la sua situazione, sarà comunque possibile ef-
fettuare un test di conoscenza della lingua, della cultura civica e della
vita civile in Italia. Una volta controllati i crediti effettivi posseduti dal
migrante, si procederà a estinguere, prorogare o risolvere l’accordo.
Per coloro che raggiungono o superano i 30 crediti, infatti, il patto di
integrazione si ritiene compiuto e viene dunque estinto20; l’ammini-
strazione concede, invece, un anno di proroga per coloro che totaliz-
zano un punteggio compreso tra 1 e 29 punti; infine, si ritiene che chi
presenta un numero di crediti uguale o minore di 0 non abbia raggiun-
to un grado sufficiente di integrazione. In questo caso, segue la revoca
del permesso di soggiorno e l’allontanamento dal territorio italiano21.

19 Cfr. il testo dell’accordo:
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/22/0185_Accordo_di_
Integrazione_Italiano.pdf, consultato il 10/03/2012.
20 Per chi supera la soglia dei 40 crediti sono previste agevolazioni e facilitazioni nella
partecipazione ad attività formative e culturali.
21 Non può essere revocato il permesso per gli stranieri che rientrano nelle categorie
“protette” dal diritto dell’Unione Europea, ovvero i titolari di permesso di soggiorno per
asilo o per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari o per motivi

                                              17
Il testo dell’accordo è dunque corredato da due tabelle che stabiliscono
i crediti riconoscibili o decurtabili: scegliere un medico di base, avvia-
re un’impresa o partecipare alla vita sociale facendo volontariato in
un’associazione riconosciuta valgono 4 crediti; 6 punti sono concessi a
chi acquista o affitta per lungo periodo una casa, mentre ben 30 crediti
sono previsti per la frequenza di almeno un anno scolastico (o acca-
demico). I punti sono decurtabili, invece, per condanne penali (anche
non definitive), e per illeciti amministrativi e tributari22. Senza entrare
nel merito di quello che è stato definito un meccanismo “rischia-tutto”23
alla base della concessione - o meno - della possibilità di restare sul
territorio italiano, quello che preme qui sottolineare è che la nuova
normativa sembra aggravare ulteriormente il carico di lavoro delle
questure e delle prefetture. Gestire gli appuntamenti per la firma degli
accordi di integrazione, organizzare i corsi di formazione civica, predi-
sporre i test di verifica del raggiungimento dei crediti e infine valutare
le situazione di ogni singolo migrante al fine di decidere se “promuove-
re, rimandare o bocciare” il richiedente, costituiscono nuovi compiti in
capo all’amministrazione (a fronte, questa volta, di uno stanziamento
di risorse finanziarie previsto da parte del Ministero degli Interni24).
Sono state già predisposte alcune misure per informatizzare e velo-
cizzare la gestione delle procedure relative all’attuazione dell’accordo:
verrà utilizzato un portale telematico attraverso il quale sarà possibile
per gli utenti conoscere la propria situazione aggiornata di debiti e cre-
diti; le questure, inoltre, verranno dotate di un sistema informatico per
la gestione degli appuntamenti relativi all’accordo, e verrà così creato
un anagrafe nazionale dei firmatari25. Allo stato attuale, non rimane

familiari, i titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o di car-
ta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell’Unione Europea, e degli stranieri
titolari di altro permesso di soggiorno che abbiano esercitato il diritto al ricongiungimento
familiare. Quanto detto è stato chiarito nella circolare del Ministero dell’Interno n. 21542
del 2 marzo 2012.
22 Si vedano allegato a e allegato b dell’accordo:
http://www.governo.it/backoffice/allegati/67073-7526.pdf, consultato il 10/03/2012.
23   Si veda, V. Melis, Permesso a punti per lo straniero, Il sole 24 ore del 12/11/2011.
24 Si veda la circolare del Ministero degli Interni n. 8946 del 6 dicembre 2011.
25 Si veda nota precedente.

                                               18
che attendere i primi nuovi ingressi, e i primi flussi di migranti che si
vincoleranno ad integrarsi. Occorrerà poi aspettare due anni (con l’av-
vio delle prime verifiche) per capire se la macchina burocratica messa
in moto con la nuova normativa risulterà funzionante o meno.

Attraverso questo excursus sull’evoluzione della legislazione e della
procedura prevista per il rinnovo dei permessi si è tentato di ricostru-
ire il contesto normativo all’interno del quale agiscono i diversi attori
coinvolti, ovvero gli stranieri da un lato e la pubblica amministrazione
dall’altro. Nel corso della ricerca si è cercato di far luce su quali siano le
pratiche quotidiane di tali attori, su come questi mettano in atto concre-
tamente il proprio ruolo, cioè, su come migranti e funzionari pubblici
vivano e rielaborino nella prassi i provvedimenti normativi. Nei suc-
cessivi paragrafi, dopo una prima elaborazione generale delle tematiche
centrali emerse nel corso della ricerca, si passerà ad analizzare separata-
mente il punto di vista dei tre attori principalmente coinvolti nel proces-
so burocratico in esame: operatori dei patronati e dei servizi preposti
all’affiancamento dello straniero, funzionari della questura, e cittadine
e cittadini immigrati. L’analisi del materiale raccolto consentirà di met-
tere in luce i punti di intersezione e di divergenza tra le varie posizioni,
i nodi critici individuati da ciascun attore e le prassi formali o informali
che garantiscono, secondo gli intervistati, un miglior funzionamento
della macchina burocratica. Si concluderà riflettendo sui nuovi interro-
gativi e sulle nuove prospettive di ricerca ancora aperti sul tema.

                                      19
3. La ricerca e i suoi risultati

Nel corso della ricerca sono state condotte 25 interviste semi-strutturate
a dirigenti dell’ufficio immigrazione della questura di Bologna, respon-
sabili e operatori dei servizi immigrazione dei diversi patronati26, coor-
dinatrici e operatrici impiegate da cooperative sociali che gestiscono gli
sportelli migranti per conto dei comuni, funzionari amministrativi delle
imprese che assumono immigrati, e cittadine e cittadini stranieri che
hanno vissuto o stanno vivendo l’esperienza del rinnovo dei documen-
ti27. Inoltre, nel corso della ricerca, è stato possibile affiancare le opera-
trici dei servizi immigrazione di alcuni dei comuni della provincia bolo-
gnese28, in modo da assistere alla compilazione completa dei kit preposti
per il rinnovo dei permessi di soggiorno.
Agli intervistati responsabili dei servizi offerti all’utenza immigrata è
stato chiesto in primo luogo di raccontare il ruolo svolto dal proprio
ente nella procedura di rinnovo dei permessi, specificando se e come
questo fosse andato modificandosi nel tempo. Questo ha consentito an-
che di raccogliere informazioni relative alla storia e all’organizzazione
interna del servizio. Successivamente, focalizzandosi sulla procedura di
rinnovo dei documenti di soggiorno, è stato chiesto agli interlocutori di
evidenziare i nodi critici e le problematicità di tale iter burocratico, sot-
tolineando gli eventuali aspetti di miglioramento, qualora presenti.
Gli operatori dei patronati e degli sportelli comunali concordano con i
dirigenti della questura e gli stranieri intervistati, nel sostenere che, in
generale, si è recentemente assistito a un miglioramento del servizio

26 Si è trattato, nello specifico, dei patronati INCA (CGIL), INAS (CISL), ITAL (UIL) e
ACLI.
27 Si veda il prospetto completo in appendice (Appendice n.2).
28 L’osservazione è stata condotta presso gli sportelli di San Pietro in Casale e Pieve di
Cento (BO).

                                             20
relativo al rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, innanzitutto
per quanto riguarda la riduzione dei tempi di attesa per l’emissione dei
documenti. Si è passati, infatti, da un periodo stimato dagli intervistati
di circa un anno impiegato nel 2007 per rilasciare un permesso, a una
media attuale di tre, quattro mesi29. L’introduzione di sperimentazioni
e migliorie organizzative, apportate sia a livello nazionale che locale,
il consolidamento dei network di lavoro e delle reti informali tra i vari
attori coinvolti, la graduale familiarità col sistema sperimentata dagli
utenti stranieri, hanno sicuramente favorito tali progressi. È tuttavia
possibile che anche un fattore esterno rispetto al cambiamento organiz-
zativo abbia giocato un ruolo importante: la riduzione progressiva del
numero di pratiche lavorate dalle questure. L’ingresso della Romania e
della Bulgaria nell’Unione Europea, infatti, ha eliminato l’obbligo di per-
messo di soggiorno per quella che, nel dicembre 2007, risultava essere
la comunità immigrata più numerosa presente sul territorio italiano30.
Con la stabilizzazione dei flussi migratori, inoltre, si è assistito ad un
notevole aumento della quota di soggiornati di lungo periodo, in posses-
so di documenti di durata illimitata, non sottoposti, quindi, a rinnovi.
Nella sola provincia di Bologna, a fine 2010, questa quota aveva ormai
raggiunto un numero pari a 35 titolari di permessi per 100 stranieri resi-
denti, ma solo sei anni prima, nel 2004, la cifra superava a malapena i 13
(tab. 1). Di fatto, dunque, l’immigrazione cresce, ma la quota di stranieri
che ha bisogno del rinnovo del permesso di soggiorno diminuisce.

Sebbene i tempi di rilascio dei permessi di soggiorno rappresentino un
problema che riveste via via meno importanza, esse rimangono comun-
que una questione controversa. Come si è sostenuto, tutti gli attori con-
cordano nel sottolineare che si è assistito ad una generale riduzione dei
tempi di attesa per la lavorazione delle pratiche. La questura di Bologna
parla di 40/45 giorni necessari per consegnare un documento nel caso ci
si trovi davanti a una procedura standard, cioè ad una pratica che non

29 Un tempo di attesa di 3/4 mesi è quanto indicato dagli operatori dei servizi e dei pa-
tronati, e risulta confermato dall’osservazione partecipante in sportello. Diversamente, la
questura di Bologna parla di consegna dei permessi in 40/45 giorni. Si veda successiva-
mente.
30 Si veda: http://demo.istat.it/str2007/index.html , consultato i l 30/03/2012.

                                             21
Tab. 1. Cittadini non comunitari titolari di permessi di soggiorno di lungo periodo (carte
di soggiorno) al 31.12 di ogni anno nella provincia di Bologna, in Emilia-Romagna e in Ita-
lia per 100 residenti non comunitari alla stessa data; 2007-2010

      Anno           Bologna (prov.)   Emilia-Romagna         Piemonte             Italia

       2004               13,1                15,3               11,5               11,7
        (N)             (52.049)           (241.990)          (195.633)         (2.195.508)
       2005               18,1                21,0               15,3               16,2
        (N)             (57.394)           (271.790)          (217.941)         (2.446.977)
       2006               21,8                24,3               18,5               19,6
        (N)             (61.140)           (298.638)          (237.791)         (2.694.858)
       2007               25,1                27,1               24,4               23,9
         (N             (58.809)           (297.587)          (190.448)         (2.498.216)
       2008               25,8                28,4               26,2               26,0
        (N)             (65.925)           (337.693)          (211.272)         (2.759.582)
       2009               31,0                37,4               33,6               33,8
        (N)             (71,879)           (369.564)          (227.785)         (2.993.711)
       2010               34,9                41,0               37,8               38,4
        (N)             (78.315)           (401.864)          (242.211)         (3.235.497)

Nota: I dati, al 31.12 di ogni anno, comprendono i permessi di soggiorno CE per soggior-
nanti di lungo periodo rilasciati a cittadini non comunitari (ex carte di soggiorno) e le car-
te di soggiorno rilasciate a familiare straniero di un cittadino comunitario (art. 10 D. Lgs
30/2007).

Fonte:
a: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio della Regione Emilia-Romagna su
dati Ministero dell’Interno, pubblicati su Regione Emilia-Romagna, Quaderni di Statistica,
L’immigrazione straniera in Emilia-Romagna. Dati al 2009, Bologna, Clueb, 2011, tranne
c, fornito direttamente dall’Osservatorio sul fenomeno migratorio della Regione Emilia-
Romagna. I dati relativi all’anno 2010 sono suscettibili di variazioni connesse a verifiche
tecniche del CED - Interforze e del CEN di Napoli.
b: Elaborazione Osservatorio delle Immigrazioni della Provincia di Bologna.
Si ringrazia il dott. Vanelli per l’elaborazione di questi dati.

presenta alcun tipo di problema. Gli operatori di servizi e patronati par-
lano, invece, di un’attesa di 3/4 mesi per una domanda che non incorre
in intoppi procedurali, ma sottolineano comunque come questi inceppi
della macchina burocratica siano ancora molto molto frequenti. Per que-

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sto motivo, dunque, la questione dei tempi del rinnovo sarà brevemente
trattata all’interno di ognuno dei successivi paragrafi, in modo da mette-
re in luce le divergenze emerse sul punto, secondo le diverse prospettive
degli attori intervistati.

Se i tempi costituiscono, comunque, un problema progressivamente
meno grave del passato, sono invece le aree di incertezza e la loro ge-
stione da parte dei funzionari dotati di potere decisionale a comparire
con maggior frequenza nelle parole dei nostri interlocutori. Che un cer-
to margine di discrezionalità sia previsto in ogni attività amministrativa
risulta abbastanza evidente ed è inoltre confermato da numerosi studi
empirici presenti sul tema, effettuati a partire dai pionieristici lavori di
Crozier (1969) e Lipsky (1980). L’obiettivo della ricerca qui condotta è,
invece, quello di considerare come (cioè secondo quali criteri e con qua-
le ampiezza) tale capacità discrezionale è applicata quotidianamente da-
gli attori coinvolti nel processo di rinnovo del permesso e con quali con-
seguenze per i cittadini stranieri. È chiaro che, in linea con precedenti
lavori di diversi autori (Triandafyllidou, 2003; Spire, 2008) bisogne-
rebbe concentrasi particolarmente sul potere decisionale attribuito alle
singole questure, che risulta rilevante in quanto influisce direttamente
sulla possibilità di soggiornare concessa a donne e uomini migranti.
Si tratta, però, di un tema di difficile valutazione, che richiederebbe lo
svolgimento di lunghe sessioni di osservazione partecipante nel retro-
sportello degli uffici immigrazione, il che allo stato attuale non sembra
praticabile, data la chiusura da parte delle forze di polizia all’ipotesi di
aprirsi a studiosi esterni e appartenenti a istituzioni indipendenti allo
scopo di studiarne le pratiche e l’organizzazione. Vale la pena tuttavia di
far emergere come tra gli intervistati risulti molto diffusa la percezione
che norme di legge apparentemente tassative e vincolanti si traducono
costantemente in prassi locali e “personali”, ovvero in decisioni pratiche
prese dai singoli soggetti chiamati ad applicare tali normative. Questo,
se da un lato genera incertezza e ambiguità, dall’altro concede alcune
possibilità di interpretazione estensiva della normativa nella direzione
di una maggior tutela dei diritti dei migranti.
Un primo indicatore che dimostra quanto ampia sia la capacità discre-
zionale in capo alle questure, è costituito dall’osservabile diversità delle
prassi locali messe in atto dai vari uffici immigrazione, le quali differi-

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scono notevolmente da città a città (così come testimoniano numerosi
intervistati con esperienze di lavoro o di incontro con diverse questu-
re). Anche i singoli funzionari possono presentare di volta in volta
atteggiamenti e interpretazioni differenti delle stesse norme, tanto da
giustificare la percezione diffusa che “dipenda da chi incontri”. Il nodo
maggiormente problematico riguarda, però, la durata dei permessi di
soggiorno. È percezione diffusa (e parzialmente confermata dal nostro
colloquio con personale della questura) che, seppur all’interno di alcuni
criteri fissati per legge31, un margine di valutazione per quanto riguar-
da la validità da attribuire ad un titolo di soggiorno è sempre presente.
Nella pratica, cioè, non è automatico che un permesso di soggiorno per
lavoro subordinato per chi dispone di un contratto a tempo determinato
venga concesso per anno, o che esso abbia validità di due anni nel caso
dei lavoratori a tempo indeterminato, e così via, come previsto dal testo
di legge (L. 40/1998 e successive modifiche, art 5c.3-bis). Il validatore del-
la questura in procinto di rilasciare un permesso valuta secondo due cri-
teri fondamentali: il reddito e la stabilità del rapporto di lavoro. Questo
può portare, come si vedrà, all’emissione di permessi più brevi rispetto
alla durata massima fissata dalla normativa.
Ai cittadini stranieri con esperienze pregresse di rinnovo è stato chie-
sto, invece, di raccontare come, nel corso degli anni, essi avessero vis-
suto il proprio rapporto con l’amministrazione a partire dalle vicende
di rilascio e di rinnovo dei documenti che li hanno visti protagonisti.
Ripercorrere le varie tappe burocratiche è significato, per le persone
intervistate, ripercorrere i vari momenti della propria vita. Il permes-
so è diventato, così, il filo conduttore attraverso cui rielaborare una
narrazione del proprio percorso migratorio, oltre che del rapporto con
l’amministrazione e, in senso lato, con “la società italiana”. Attraverso le
interviste è stato dunque possibile ricostruire percorsi migratori spesso
segnati da una prima fase di irregolarità, dall’apertura di una possibilità
di regolarizzazione (attraverso una sanatoria o un decreto flussi), da un
periodo di parziale instabilità (dovuto alla necessità di rinnovare fre-
quentemente il permesso), fino ad arrivare ad un momento di maggiore
tranquillità (garantita dall’acquisizione di documenti di lunga durata o

31 Il testo di legge infatti, stabilisce la durata massima dei permessi, non quella effettiva
(cfr. L. 40/1998 e successive modifiche, art 5c.3-bis).

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illimitati). La fase di rinnovo dei permessi si caratterizza dunque come
un momento intermedio, durante il quale l’acquisizione di alcuni diritti
si alterna con la sospensione temporanea degli stessi. Un processo que-
sto che è può essere definito come integrazione ciclica del migrante nel
contesto di accoglienza.
Vediamo adesso più approfonditamente il punto di vista di ognuno dei
tre attori rilevanti coinvolti nella partita dei rinnovi (patronati e servizi
comunali, questura, migranti) così come emerge dall’analisi delle inter-
viste condotte.

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4. I patronati e gli sportelli comunali

A partire dal 2006, in seguito ad una convenzione stipulata tra Ministe-
ro degli Interni e i patronati, quest’ultimi si sono impegnati a fornire
assistenza gratuita nella compilazione dei kit relativi all’emissione dei
documenti di soggiorno. Attualmente essi rappresentano, insieme agli
sportelli comunali, qualora presenti sul territorio, il primo servizio a
cui il cittadino straniero può rivolgesi al momento di iniziare il suo iter
amministrativo che lo porterà a rinnovare il permesso. Già molto prima
della stipula della convenzione, i servizi stranieri sviluppatisi all’interno
dei diversi sindacati si erano contraddistinti per il loro protagonismo e
per il loro approccio attivo nel campo dell’immigrazione, nel tentativo
di dare una risposta concreta ai nuovi bisogni posti da un’utenza stra-
niera in aumento. L’ex-responsabile del Centro lavoratori stranieri della
CGIL racconta:

     [Quando nacque la CGIL stranieri, in Italia] non c’era ancora
     una legge sull’immigrazione. Nell’ 86 c’erano delle circolari e
     ognuno interpretava a modo suo qual’era la circolare, che cosa
     diceva, cosa regolamentava rispetto allo straniero. Non c’era
     una legge. […] E quindi attorno all’ 88-89 la CGIL decise che
     qualcuno doveva occuparsi di questa materia. Fu insieme al
     comune di Bologna, allora il sindaco era Renzo Imbeni, che si
     decise di aprire un centro di accoglienza per stranieri. Fu cre-
     ato l’ISI, servizio all’immigrazione, con una presenza appunto
     per il comune e una presenza sindacale. E in quel momento si
     trattava di una presenza sindacale unitaria CGIL, CISL e UIL
     [IP1].
Allo stesso modo, il responsabile del Servizio immigrati del patronato
ACLI sostiene:

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