Terremoti: dove e quando lo monitoraggio - Amazon S3

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Terremoti: dove e quando lo monitoraggio - Amazon S3
Terremoti: dove e quando lo
dice     il    monitoraggio
simultaneo   GPS  e   della
sismicità
Durante quest’emergenza sanitaria del Covid-19, piccole scosse
ed i terremoti stanno continuando ad interessare la nostra
penisola, occorre non dimenticarsi della prevenzione sismica e
di come i terremoti siano eventi non prevedibili. A questo
proposito abbiamo intervistato il professore Mattia Crespi del
Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale della
Sapienza, in collaborazione con il Prof. Giuliano Panza,
dell’Accademia Nazionale dei Lincei, che hanno partecipato
attivamente a questo studio internazionale, insieme alla
Dott.ssa Antonella Peresan, dell’Istituto Nazionale di
Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste e al Prof.
Vladimir Kossobokov, dell’Accademia Russa delle Scienze.
Insieme hanno sviluppato uno strumento preventivo che
unisce la geodesia e la sismologia, da impiegarsi nella
gestione della pericolosità sismica e pianificazione
antisismica.

Chi sono gli ideatori del progetto?
Dopo il terremoto di Colfiorito del 1997 è stato attivato un
monitoraggio in tempo reale degli eventi sismici che hanno
luogo nella nostra penisola, volto a verificare
statisticamente la prevedibilità a medio termine spazio-
temporale dei terremoti più forti, ossia su una scala
temporale dell’ordine di qualche mese o anno, ed entro aree
con dimensioni di poche centinaia di chilometri.

Lo studio sui terremoti è iniziato per volontà del professore
Giuliano Panza dell’Accademia Nazionale dei Lincei, in
collaborazione con colleghi dell’Accademia delle Scienze Russa
e col fondamentale contributo della Dott.ssa Antonella Peresan
dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica
Sperimentale.

Il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale della
Sapienza Università di Roma ha partecipato attivamente al
progetto a partire dal 2015, raggiungendo i risultati che qui
di seguito vi illustriamo, grazie allo sviluppo di uno
strumento preventivo, che sposa la geodesia e la sismologia,
da impiegarsi nella gestione della pericolosità sismica e
pianificazione antisismica.

Sismologia e geodesia, due scienze
consolidate che consentono un
monitoraggio a scala intermedia del
territorio. Come interagiscono e
quali risultati offrono?
Utilizzando il metodo neodeterministico (NDSHA) per la
definizione della pericolosità sismica ed il metodo di
previsione dei terremoti a medio termine spazio temporale
(CN), nati e sviluppati a livello internazionale
esclusivamente in ambito sismologico, è stato possibile
delineare, a scala nazionale, una ripartizione in quattro zone
del territorio italiano:

     zona nord,
     centro (grosso modo coincidente con l’Appenino),
     sud,
     la placca Adria.

Queste zone, grazie alle indagini sismologiche e tettoniche
condotte negli anni ’90, sono state identificate sulla base
della loro omogeneità/affinità dal punto di vista
sismotettonico e geodinamico, e possono essere considerate
degli “unicum” nell’analisi dell’evoluzione della sismicità.
Ciò consente di formulare una previsione “omogenea”
all’interno della medesima zona, senza differenziare quindi la
probabilità fra le diverse aree al suo interno. Questa
informazione gestita macroscopicamente, a livello di zona
unitaria, riveste certamente un’importanza scientifica ma con
un risvolto pratico, anche se di non facile applicazione
operativa.

L’obiettivo dello studio condotto è stato quindi quello di
indagare se, all’interno di una medesima zona omogenea, vi
fosse la possibilità di individuare aree più limitate
maggiormente prone ad essere soggette ad un evento sismico,
integrando i dati geodetici con quelli sismologici.
In particolare, dopo la sequenza sismica del Centro Italia del
2016 e 2017, abbiamo pensato di utilizzare l’informazione
geodetica puntuale, ovvero le serie storiche di posizioni
giornaliere fornite continuativamente dalle stazioni
permanenti GPS, che permettono di stimare le loro velocità
geodinamiche .

Le stazioni permanenti GPS analizzate continuativamente sul
territorio nazionale sono circa un migliaio, ma purtroppo non
sono distribuite uniformemente, con distanze medie non minori
di 20 km e con notevoli disomogeneità; è quindi difficile
ricostruire localmente, in modo affidabile, il potenziale
movimento, puntuale o meno, di una faglia e da questo segue la
impossibilità pratica di quantificare l’energia elastica che
può sprigionarsi e dare luogo ad un terremoto.
Si noti che questo non è solo un problema italiano, ma
riguardante anche altre nazioni situate in zone ad elevata
sismicità, quali ad esempio il Giappone, che pur annovera una
densità di stazioni più elevata di quella italiana.
Come si abbinano                     sismologia             e
geodesia?
La sismologia indica che in una zona sismologicamente
omogenea, molto estesa, si potrà scatenare un evento rilevante
quando la zona è allertata. È doveroso ricordare che
un’allerta ha durata variabile da alcuni mesi fino a oltre un
anno; ad esempio, nel caso infausto del terremoto in Emilia-
Romagna (2012) l’allerta fu identificata a partire da marzo
2012, poco più di due mesi prima, e ne fu data comunicazione
alla Commissione Grandi Rischi in data 4 maggio 2012. E’
opportuno sottolineare che le informazioni previsionali
fornite dalla sismologia, sono naturalmente caratterizzate da
un’incertezza spazio-temporale elevata, ma risultano
statisticamente significative: la probabilità di ottenere
risultati analoghi dichiarando l’allerta in modo casuale è
inferiore all’1%.

Visto che la zona eventualmente allertata è molto ampia,
l’informazione che si vuole migliorare è la localizzazione del
maggiore rilascio di energia che darà luogo al terremoto,
ovvero dell’area più prona ad essere soggetta al fenomeno
sismico.
La geodesia permette di circoscrivere quest’area sulla base
delle cosiddette “anomalie geodetiche”, che possono essere
individuate proprio analizzando le velocità geodinamiche
fornite dalle stazioni permanenti GPS.

Come   vengono   riscontrate le
anomalie geodetiche ed in cosa
consistono? Il caso pilota del
terremoto in Centro Italia
Le eventuali anomalie geodetiche vengono individuate
innanzitutto individuando, sulla base di considerazioni
sismotettoniche, direzioni preferenziali ortogonali ai
principali sistemi di faglie potenzialmente sismogenetiche. Ad
esempio, nel caso dell’Appennino Centrale, la direzione
preferenziale è sostanzialmente ortogonale alla catena
appenninica. Lungo queste direzioni preferenziali vengono
individuate delle fasce (cosiddetti “transetti”) larghe circa
50 km, nelle quali si ritiene che il comportamento geodinamico
sia omogeneo in direzione ortogonale alla direzione
preferenziale.

A questo punto, tutte le velocità geodinamiche delle stazioni
permanenti GPS contenute in ogni transetto vengono proiettate
nella direzione preferenziale del transetto ed eventuali
variazioni significative delle velocità rispetto ad un
andamento lineare lungo il transetto e rispetto agli eventuali
transetti adiacenti costituiscono le anomalie geodetiche.

Ad esempio, nel caso dell’Appennino Centrale, l’osservazione
delle singolarità è emersa con notevole chiarezza
relativamente al transetto di Amatrice. In questo caso,
nell’area di Amatrice si è riscontrato un andamento delle
velocità geodinamiche completamente differente, caratterizzato
da un fenomeno di dilatazione particolarmente accentuato, sia
rispetto ad altre zone dello stesso transetto sia rispetto ai
transetti adiacenti.

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Uno strumento di prevenzione dei
terremoti: quali sono gli obiettivi
futuri?
Lo studio, sviluppato in modalità retroattiva, è stato
applicato alla sequenza sismica del Centro Italia (2016 –
2017) e al terremoto dell’Emilia-Romagna (2012). Visti i
risultati conseguiti, l’obiettivo è ora quello di estenderlo,
in modalità predittiva, all’intera penisola italiana.
Si vuole quindi completare e rendere operativo in modo
sistematico lo strumento preventivo che abbina all’allerta
diagnosticata con cadenza bimestrale dal CN, per il
verificarsi di un possibile evento sismico avente magnitudo
superiore a 5.4 (zona nord e Adria) o a 5.6 (centro e sud), le
osservazioni della geodesia, individuandone le anomalie, che,
a loro volta, saranno in grado di circoscrivere un’area molto
più limitata (poche migliaia di kmq) più prona di altre della
zona allarmata ad essere soggetta a un terremoto.

Chi è il professore Mattia Crespi?
Mattia Crespi è ordinario
                                  di Positioning e Geomatica
                                  presso la Facoltà di
                                  Ingegneria     Civile    e
                                  Industriale, Senior Fellow
                                  e   Coordinatore    della
                                  Classe    di  Scienze    e
                                  Tecnologie della Scuola
                                  Superiore     di    Studi
                                  Avanzati della Sapienza
                                  Università di Roma. Per le
                                  sue ricerche ha ricevuto
                                  riconoscimenti dal DLR
                                  (Agenzia         Spaziale
                                  Tedesca),        dall’ESA
(Agenzia Spaziale Europea), dal COSPAR (Committee on Space
Research) e, nel 2018, ha ricevuto il Premio del Ministro dei
Beni Culturali per l’Astronomia, Geodesia e Geofisica
conferito dall’Accademia Nazionale dei Lincei.

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