Stato dell'arte delle geometrie costruttive e dei materiali in sistemi di accumulo energetico - M. Broglia, R. Lazzari, E. Micolano

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Stato dell'arte delle geometrie costruttive e dei materiali in sistemi di accumulo energetico - M. Broglia, R. Lazzari, E. Micolano
Stato dell’arte delle geometrie
                   costruttive e dei materiali in sistemi
                   di accumulo energetico

                    M. Broglia, R. Lazzari, E. Micolano

                Area: Governo, Gestione e Sviluppo del Sistema
Febbraio 2010   Elettrico Nazionale
Stato dell'arte delle geometrie costruttive e dei materiali in sistemi di accumulo energetico - M. Broglia, R. Lazzari, E. Micolano
10000780
                                         Rapporto                                               SSG Sistemi di Generazione                         Pag. 1/27

                                         Contratto               Accordo di programma 2009÷2011 con il Ministero dello Sviluppo Economico per le attività
                                                                 di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema elettrico nazionale.
                                                                 Piano Annuale di realizzazione 2009.

                                         Oggetto                 Stato dell’arte delle geometrie costruttive e dei materiali utilizzati in sistemi di accumulo
                                                                 energetico

                                         Progetto                Ricerche su Reti Attive, Generazione Distribuita e Sistemi di Accumulo
                                         Linea di                Generazione distribuita e sistemi di accumulo
                                         Ricerca
                                         Deliverable             D4
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    PUBBLICATO 10000780 (PAD - 821539)

                                         La parziale riproduzione di questo documento è permessa solo con l'
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                                         N. pagine               27                             N. pagine fuori testo

                                         Data                    26/02/2010
Mod. RPRDS v. 03

                                         Elaborato               SSG - Maria Broglia, Riccardo Lazzari, Enrica Micolano
                                         Elaborato                    Broglia Maria (SSG), Micolano Enrica (SSG), Lazzari Riccardo (SSG)
                                                                      10000780 436412 AUT       10000780 438998 AUT          10000780 617737 AUT

                                         Verificato
                                         Verificato                Valli
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                                                                 SSG - Luigi Mazzocchi
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                                         ENEA – Ricerca sul Sistema Elettrico S.p.A.
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SOMMARIO............................................................................................................................................. 3

1      INTRODUZIONE ............................................................................................................................ 3

2      BATTERIE AL LITIO .................................................................................................................... 4
    2.1     Principio di funzionamento ........................................................................................................ 5
    2.2     Materiali per batterie al litio....................................................................................................... 7
      2.2.1      Materiali anodici (polo negativo) ....................................................................................... 7
      2.2.2      Materiali catodici (polo positivo) ....................................................................................... 8
      2.2.3      Elettroliti........................................................................................................................... 10
    2.3     Aspetti realizzativi e tipologie in commercio........................................................................... 12
3      BATTERIE AL SODIO AD ALTA TEMPERATURA.............................................................. 14
    3.1     Le batterie Na-beta ................................................................................................................... 14
      3.1.1     Principio di funzionamento della batteria sodio/zolfo...................................................... 15
      3.1.2     Principio di funzionamento della batteria sodio/cloruro di metallo (ZEBRA™)............. 15
    3.2     Materiali per batterie Na-beta................................................................................................... 16
      3.2.1     Elettrolita.......................................................................................................................... 17
      3.2.2     Materiale anodico (polo negativo).................................................................................... 20
      3.2.3     Materiali catodici (polo positivo) ..................................................................................... 21
    3.3     Aspetti realizzativi e tipologie delle batterie in commercio ..................................................... 23
4      CONCLUSIONI ............................................................................................................................. 26

5      BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................ 27

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STORIA DELLE REVISIONI

 Numero         Data           Protocollo                Lista delle modifiche e/o dei paragrafi modificati
 revisione
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SOMMARIO

In questo rapporto si analizzano i materiali e le geometrie di due tipologie di batterie che risultano molto
promettenti e sono studiate in questi ultimi anni: le Litio-ioni e quelle ad alta temperatura, Na-beta.
Si prendono in considerazione le celle elementari delle batterie e si analizzano le varie soluzioni studiate
per i materiali anodici, catodi, gli elettroliti e le membrane separatrici, interfaccia tra i due comparti,
anodico e catodico, e per ogni componente s’illustrano le soluzioni studiate per il superamento dei
problemi connessi con i materiali, le reazioni secondarie e il miglioramento delle prestazioni.
Le batterie Litio-ioni presentano la maggiore attività di studio legata al comparto anodico, in quanto
risulta essere il più critico, mentre la maggiore attività di sviluppo e ricerca per le batterie Na-beta è
verso l’elettrolita solido che svolge il ruolo d’interfaccia e di trasferimento di ioni tra i due comparti.

A completamento della rassegna s’illustrano i modelli di batterie in commercio, formate da molte celle
elementari, accennando ai problemi dell’assemblaggio e del controllo di più celle collegate tra loro.

Vengono infine individuate possibili linee di ricerca tecnologica atte ad affrontare alcuni aspetti che
risultano di maggiore priorità

1    INTRODUZIONE

La crescente penetrazione dei sistemi di generazione distribuita e di fonti rinnovabili ha creato sempre
più interesse verso i sistemi di accumulo; in particolare il sistema elettrico sta evolvendo dalla struttura
centralizzata (impianti di grande potenza) verso una struttura mista che vede la presenza di impianti a
diversa fonte e in prossimità dell’utente. Inoltre la direttiva europea del marzo del 2007, che impone ai
paesi membri una forte riduzione del consumo energetico e delle emissioni e un incremento di
generazione da fonti rinnovabili, ma soprattutto la direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 sulla
promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, hanno favorito questa evoluzione.
In questo scenario i sistemi di accumulo si trovano a svolgere una funzione strategica su due fronti
principali: il primo ha l’obiettivo di disaccoppiare la produzione di energia dal suo consumo, soprattutto
quando questa è prodotta da fonti rinnovabili, spesso a carattere discontinuo; il secondo riguarda
l’ottimizzazione dei flussi di energia da e verso la rete. I sistemi di accumulo permettono quindi uno
sfruttamento ottimale delle risorse energetiche sia dal punto di vista dell’utente sia dal punto di vista del
distributore di energia elettrica; infatti un sistema di accumulo di energia opportunamente programmato
potrebbe effettuare automaticamente il peak shaving giornaliero, garantendo all’utente un vantaggio
economico, grazie all’ottimizzazione delle tariffe, e nello stesso tempo l’utilizzo di sistemi di accumulo
per effettuare il load levelling consente di migliorare lo sfruttamento delle risorse e di ritardare eventuali
potenziamenti delle infrastrutture per la trasmissione e distribuzione dell’energia.
Infine i sistemi di accumulo con caratteristiche opportune, adeguatamente dimensionati e gestiti e
interfacciati alla rete con le nuove tipologie di inverter sono sempre più spesso utilizzati in applicazioni
di Power Quality, per migliorare la qualità della tensione di rete. Gli aspetti di Power Quality sono
particolarmente importanti nel caso delle reti di Generazione Distribuita (GD), costituita da generatori,
spesso a fonte rinnovabile e spesso interfacciati alla rete tramite convertitori elettronici. Nel caso di
funzionamento in isola di una rete di GD, in assenza della rete prevalente, le variazioni del carico e della
potenza generata possono avere un ordine di grandezza paragonabile alla potenza totale in gioco ed
essere causa di perturbazioni [1].
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Viste le numerose e variegate applicazioni dei sistemi di accumulo elettrico, nel corso dello scorso
periodo di riferimento, sono state presentate alcune tra le principali tecnologie di accumulo, sia
elettrochimico (batterie), sia meccanico (volani) che elettrico (supercapacitori e SMES). Poiché
nell’indagine precedente si erano individuate buone prospettive di sviluppo e di ricerca, in particolare
per le batterie litio-ioni, litio polimeri e le batterie al sodio ad alta temperatura, si è ritenuto opportuno
indagare le problematiche e prospettive di sviluppo di questi due sistemi di accumulo per quanto
concerne i materiali costituenti la cella unitaria della batteria.

2    BATTERIE AL LITIO

Il litio è il metallo con il più basso peso atomico, si trova nella prima colonna della tabella periodica
degli elementi (I A metalli alcalini) appena al di sotto dell’idrogeno. Ha un potenziale standard di
riduzione molto elevato (E0 = -3,04 V/SHE) ed una capacità specifica molto alta, pari a 3,86 Ah/g.
Queste caratteristiche lo rendono uno degli elementi più adatti per la ricerca di batterie con elevata
energia specifica.
La ricerca nel settore delle pile al litio è partita negli anni ’70 con le prime pile non ricaricabili. La
batteria ricaricabile al litio necessitò di altri venti anni di sviluppo prima che fosse sicura abbastanza per
essere usata sul mercato (il litio presenta problemi di sicurezza molto importanti a causa dell’elevata
reattività di questo metallo): la prima versione commerciale fu creata dalla Sony nel 1991, con lo
sviluppo e la commercializzazione di pile al litio ioni.
Le batterie ricaricabili agli ioni di litio sono attualmente la più diffusa tipologia di accumulatore per
applicazioni nell’elettronica portatile, grazie alle caratteristiche che ne garantiscono una elevata densità
energetica, la mancanza dell’effetto memoria e un ridotto fenomeno di autoscarica. Sebbene questa
batteria fosse inizialmente concepita per le sole applicazioni nell’elettronica di consumo, il suo utilizzo
nel veicolo elettrico, nello stazionario, e per applicazioni militari, ne sta determinando una progressiva
evoluzione negli ultimi anni.
Gli studi attualmente in corso si prefiggono l’obiettivo di sviluppare nuovi materiali per batterie litio-
ioni in modo tale da renderle compatibili con le diverse possibili applicazioni, garantendo i requisiti di
elevata energia, elevata potenza, ed elevata ciclabilità.
Oltre alla caratteristica principale data dall’alta densità energetica, che consente a parità di peso o di
volume una elevata quantità di energia immagazzinabile rispetto alle altre batterie, la batteria al litio
presenta un ulteriore vantaggio determinato dalle dimensioni ridotte dell’atomo di litio. Ciò consente di
intercalare in modo semplice e reversibile i suoi ioni in una grande varietà di ossidi che costituiscono gli
elettrodi positivi, e analogamente permette di ospitare gli ioni all’interno di materiali derivati dal
carbonio, utilizzati invece per gli elettrodi negativi. Queste caratteristiche sono fondamentali per
l’integrità di entrambi gli elettrodi durante i cicli di carica e scarica, e quindi necessarie per ottenere una
lunga vita per la batteria.

Le batterie al litio possono essere suddivise in tre categorie di cui le prime due di maggiore interesse e
verranno più dettagliatamente analizzate in seguito, mentre la terza tipologia non ha molto interesse
commerciale per i problemi legati alla sicurezza. Il primo tipo, quello più diffuso e tecnicamente maturo,
sono le batterie agli ioni di litio con elettrolita liquido (comunemente dette litio-ioni) che sono
disponibili in commercio soprattutto in piccola taglia (da frazioni di Ah fino alla decina di Ah) e sono
diventate lo standard indiscusso per l’alimentazione di piccoli elettrodomestici portatili (telefoni
cellulari, cordless, laptop, ecc). Celle di questo tipo di taglia maggiore sono prodotte in modo limitato e
per applicazioni specifiche.
Il secondo tipo che si sta diffondendo perché presenta minori rischi in termini di sicurezza sono le celle
dette litio-ioni-polimeri, che hanno un elettrolita solido di tipo polimerico.
La terza tipologia sono le celle litio metallo-polimeri, in cui il litio è in forma metallica, allo stato
liquido, che però hanno uno sviluppo limitato perché presentano maggiori problemi di sicurezza e al
momento non sono commercialmente disponibili.
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2.1   Principio di funzionamento
Il principio di funzionamento su cui si basano le batterie al litio è il medesimo per tutte le tipologie. Le
batterie litio operano per mezzo di un processo elettrochimico in cui gli ioni litio migrano da un
elettrodo all’altro durante i processi di carica e scarica, a seguito delle rispettive reazioni di
ossidoriduzione che avvengono agli elettrodi. Un grande vantaggio delle batterie litio-ioni consiste nella
disponibilità di diverse tipologie di materiali che possono essere utilizzati per ospitare il litio,
modificando le proprietà della cella, senza alterarne il principio base di funzionamento.
In una batteria vi sono quattro elementi fondamentali:
    – il polo positivo (catodo) che riceve gli elettroni durante la scarica e viceversa li fornisce durante
        la carica
    – il polo negativo (anodo) che fornisce gli elettroni durante la scarica e viceversa li riceve durante
        la carica
    – l’elettrolita che consente il trasporto degli ioni da un polo all’altro per l’elettroneutralità
        complessiva del sistema
    – una membrana che separa i due comparti del polo positivo e negativo

In una batteria litio-ioni l’elettrodo positivo, il catodo, è solitamente costituito da un ossido litiato di un
metallo di transizione (LiTMO2 con TM = Co,Ni,Mn), che garantisce una struttura a strati o a tunnel
dove gli ioni litio possono essere inseriti ed estratti facilmente.
L’elettrodo negativo, l’anodo, invece è solitamente costituito da carbonio nella forma allotropica della
grafite, in cui ogni atomo è legato ad altri tre in un piano composto di anelli esagonali fusi assieme,
come quelli degli idrocarburi aromatici; grazie alla delocalizzazione della nuvola elettronica la grafite
conduce l' elettricità. Il materiale si presenta soffice e i fogli, frequentemente separati da altri atomi, sono
tenuti insieme dalla sola Forza di van der Waals.
L’elettrolita è generalmente costituito da sali di litio in solvente organico e la membrana separatrice è
costituita normalmente da poliofelina.
Durante ciascun ciclo di carica e scarica gli ioni litio sono reversibilmente inseriti o estratti dallo spazio
interstiziale tra gli strati atomici del materiale attivo che compone il polo positivo o negativo.

Il primo accumulatore agli ioni litio, commercializzato da Sony, presentava l’elettrodo positivo formato
da ossido litiato di cobalto LiCoO2 e quello negativo da grafite, con elettrolita allo stato liquido. Le
reazioni che avvengono agli elettrodi e la reazione complessiva per questa tipologia di batteria sono le
seguenti:

                                       elettrodo positivo (CATODO):

                                  Carica
                                   →
                        LiCoO2                 Li1− x CoO2 + xLi + + xe − (0 ≤ x ≤ 0.5)
                                  ←  
                                   Scarica

                                       elettrodo negativo (ANODO):

                                         +        −   Carica
                                                       →
                               6C + xLi + xe                     Li x C 6 (0 ≤ x ≤ 1)
                                                      ←  
                                                       Scarica

                                              reazione complessiva:

                                                  Carica
                                                   →
                               LiCoO2 + 6C                   Li x C 6 + Li1− x CoO2
                                                 ←  
                                                  Scarica

La tensione a circuito aperto è di 3.6 V.
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Poiché il litio ione è ospitato negli strati interstiziali dell’ossido di cobalto e il contenuto può variare,
non è possibile enunciare una precisa formula chimica, ma compare in scrittura generale (con x 0.5) e
analogamente accade per la grafite, in cui 6 atomi di carbonio possono ospitare al massimo 1 atomo di
litio.

Figura 1 - Processi elettrochimici all’interno di una batteria litio ioni durante le fasi di carica e
           scarica
La Figura 1 mette in evidenzia come durante i processi di carica, lo ione litio venga estratto dall’ossido
metallico costituente il polo positivo per poter essere inviato all’interno dell’polo negativo. Il metallo di
transizione presente all’interno del polo positivo viene dunque ossidato durante la carica della batteria,
mentre viene ridotto durante la scarica. All’elettrodo opposto, il processo di carica determina
l’intrappolamento del litio, che si riduce a Li0, all’interno della matrice composta da grafite, mentre se ne
verifica l’ossidazione e quindi il rilascio durante il processo di scarica.
Diversamente dagli accumulatori di tipo tradizionale, quali ad esempio la batteria Pb/PbSO4, la cella al
litio ioni è completamente scarica al termine del processo di produzione. Gli ioni litio si trovano di fatto
contenuti interamente all’interno del polo positivo (LiCoO2), e quindi solo attraverso il processo di
carica il litio si trasferisce al polo negativo, in posizione interstiziale nella grafite, assumendo numero di
ossidazione 0. Durante il primo ciclo di lavoro, in aggiunta al caricamento degli ioni litio nella grafite, si
forma anche uno strato passivante tra elettrolita ed elettrodo negativo, chiamato SEI (Solid-Electrolyte
Interface) un’interfaccia solido/elettrolita [2] prodotta da reazioni “parassite” che coinvolgono i
composti dell’elettrolita organico. Questo strato è determinante per le prestazioni delle batterie agli ioni
di litio dal momento che la natura dell’interfaccia influenza i cicli vita, il tempo vita, la capacità di
potenza e la sicurezza. Infatti la SEI funziona da conduttore ionico per gli ioni litio, che vengono
trasportati attraverso di essa durante i processi di carica e scarica, interponendosi tra l’elettrolita e la
grafite e impedendo così la continua scarica dei composti organici. É noto infatti, come il Li0 sia molto
reattivo e quindi instabile nei confronti dei solventi e dei sali contenuti negli elettroliti liquidi e
polimerici, determinando reazioni che possono essere distruttive per la cella.
Le suddette reazioni sono caratteristiche per tutti gli accumulatori agli ioni di litio, indifferentemente
dalla tipologia di elettrolita, liquido o polimerico, dal materiale del polo negativo (anodico), e da quello
del polo positivo (catodico).
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2.2       Materiali per batterie al litio
I diversi materiali costituenti anodo, catodo ed elettrolita non mutano il funzionamento della batteria,
sopra descritto, ma le loro proprietà chimiche, fisiche, elettroniche ed elettrochimiche, modificano la
tensione, la capacità, la vita e la sicurezza delle batterie litio ioni.[3,4]

2.2.1 Materiali anodici (polo negativo)
Il carbonio è il materiale anodico maggiormente utilizzato nelle batterie al litio. Esso permette d’inserire
atomi di litio la cui collocazione è influenzata dalla struttura dei composti; perciò tra gli allotropi del
carbonio il materiale maggiormente usato come elettrodo negativo risulta la grafite in quanto:

      -    un elettrodo di grafite allo stato litiato, LixC6 (0
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2.2.2 Materiali catodici (polo positivo)
I composti maggiormente utilizzati come catodi nelle batterie agli ioni di litio sono gli ossidi di metalli
di transizione, che per merito della loro stabilità all’aria e capacità di assumere diversi stati di
ossidazione, possono essere prodotti in forma litiata e costituire la fonte iniziale di litio quando
accoppiati ad anodi di grafite.
L’elevata elettronegatività dell’ossigeno, ovvero la capacità di attirare gli elettroni di legame, garantisce
una elevata caratteristica di polarità del legame con il metallo di transizione, che risulta associato a sua
volta con il litio. Gli elementi della prima riga nella tavola periodica (dallo Scandio allo Zinco) sono
metalli di transizione con peso atomico ridotto, diversi stati di ossidazione e struttura aperta (canali,
strati) la quale garantisce che il litio venga inserito e rimosso facilmente.
Il materiale più comunemente utilizzato è tuttora l’ossido litiato di cobalto (LiCoO2), il quale presenta
una buona capacità di immagazzinare ioni litio, adeguata stabilità chimica, e buona reversibilità
elettrochimica.
L’ossido litiato di Cobalto è stato il primo materiale catodico utilizzato in virtù dell’elevata tensione di
lavoro (3.6V) e della robustezza al ciclaggio, pur presentando una finestra di stabilità che ne limita la
capacità specifica a soli 137 mAh/g (la metà del teorico), in virtù di una percentuale di litio estratta dal
catodo inferiore al 50%, onde evitare un collasso alla struttura del materiale. Inoltre la tossicità e
l’elevato costo del cobalto ha determinato recenti sforzi per cercare una alternativa migliore.
La ricerca si è quindi indirizzata a sviluppare altri ossidi e ossidi misti dei metalli di transizione tutti
litiati.
Tra i primi si è studiato l’ossido litiato di nickel (LiNiO2) che si presenta come una scelta attraente
poiché ha un’elevata capacità (192 mAh/g pari al 70% del teorico) e prestazioni migliori ad elevata
temperatura, rispetto all’elettrodo di cobalto. Nonostante queste caratteristiche positive il materiale
presenta alcuni inconvenienti quali: la difficile procedura di sinterizzazione, la ridotta stabilità strutturale
al ciclaggio, e la ridotta stabilità termica nello stato de-litiato, a causa dell’instabilità dello stato di
ossidazione 4 del Ni. Tali inconvenienti hanno fatto sì che questo materiale non abbia avuto grande
successo commerciale.
I problemi sono stati eliminati attraverso una parziale sostituzione del nichel con cobalto. Sono stati
dunque prodotti differenti materiali della famiglia Li(Ni,Co)O2, in cui i due metalli sono combinati in
proporzioni diverse a dare differenti composti.
L’ossido misto litiato di cobalto – nickel (LiNi1-xCoxO2) presenta il vantaggio di combinare le proprietà
favorevoli del LiNiO2 e del LiCoO2, ottenendo dunque un’elevata stabilità strutturale con un costo
ridotto rispetto a quello del LiCoO2.
La struttura risultante è costituita da strati romboedrici che permettono agli ioni litio di muoversi quasi
liberamente in due dimensioni. Gli ioni O2- formano una struttura cubica chiusa, in cui solamente circa il
70% del litio può essere estratto e inserito durante i cicli di carica e scarica, determinando una capacità
pari a ~190 mAh/g. Un’ulteriore estrazione porta infatti ad un collasso irreversibile per la struttura.
Questo gruppo di materiali però presenta l’inconveniente di avere un’impedenza che cresce con il
numero di cicli o a causa delle elevate temperature; infatti si verifica una riduzione della capacità a
seguito dell’aumento di concentrazione di LiF sulla superficie del catodo stesso, nel caso in cui
l’elettrolita sia costituito da sali di esafluorofosfato di litio.

Per superare i problemi finora illustrati degli ossidi litiati e ossidi misti litiati e per ridurre il prezzo al
kilowatt-ora sono stati prodotti ulteriori catodi composti da ossidi misti a tre elementi di transizione a
base Nickel – Cobalto in cui una piccola parte dei due elementi viene sostituita con altri metalli. Tra di
essi il Li(Ni0.85Co0.1Al0.05)O2, comunemente denominato NCA, che presenta le stesse caratteristiche
del LiCoO2 , con un prezzo più contenuto. Un’alternativa è il Li(Ni1/3Co1/3Mn1/3)O2, spesso chiamato
NCM, che potrebbe essere potenzialmente meno costoso del NCA. Tale ossido permette di essere
caricato a due diversi livelli di tensione: al livello superiore (4.1 – 4.2 V), l’NCM presenta eccellente
capacità di immagazzinamento e costo per kilowatt-ora relativamente basso, ma tende a degradare
attraverso la dissoluzione del manganese mentre al livello inferiore la sua capacità è sostanzialmente
inferiore e il prezzo per kilowatt-ora risulta dunque superiore, ma è garantita una maggiore stabilità.
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Un’ulteriore classe di ossidi litiati di un metallo di transizione è costituita da composti litio – manganese
– ossigeno la cui struttura cristallina a spinello risulta di per sé molto più stabile e permetterebbe di
superare i problemi legati all’instabilità strutturale del catodo di nickel e di cobalto, migliorandone
anche il costo.
Il manganese permette di ottenere diversi vantaggi rispetto al cobalto e al nickel, essendo molto
economico, molto abbondante sulla crosta terrestre, facile da lavorare e con un elevato potenziale di
ossidazione (3-4 V) rispetto all’elettrodo di litio.
Il composto maggiormente utilizzato tra i vari possibili risulta il LiMn2O4, il quale presenta una struttura
cristallina a spinello con percorsi di diffusione in tre dimensioni per gli ioni litio. Purtroppo, pur
presentando un’accettabile capacità (teorica 148 mAh/g), le prestazioni elettrochimiche risultano
dipendenti dal metodo di preparazione e dall’elevata purezza del materiale, così come la stabilità e la
possibilità di ricarica della cella.
Rispetto all’elettrodo classico di cobalto, quello di manganese non presenta un eccesso di ioni litio nella
condizione di piena carica, evitando in questo modo la deposizione dell’indesiderato litio metallico
all’elettrodo negativo durante la sovraccarica. Inoltre, la soglia per cui si verifica la decomposizione
termica del materiale quando è carico (perdita di litio) si trova ad una temperatura considerevolmente
maggiore rispetto agli altri materiali catodici.
Purtroppo tale materiale presenta anch’esso alcuni problemi, il più critico dei quali risulta essere la
perdita di capacità durante i cicli di lavoro, anche a temperatura ambiente.
La ragione di questo decadimento è ritenuta essere la chimica della superficie d’interfaccia elettrodo –
elettrolita. Si ritiene infatti che il manganese venga perso dalla superficie dell’elettrodo attraverso la
reazione di disproporzionamento del manganese trivalente, che si verifica a fine scarica:

                                     2Mn3+solid   Mn4+solid+Mn2+solution.

Tale reazione risulta dipendente dall’acidità dell’elettrolita, e perciò la scelta del sale e del solvente è
importante per questo aspetto. La dissoluzione del manganese bivalente nell’elettrolita non determina
solo una riduzione dell’effettiva quantità di materiale catodico attivo, ma influenza anche l’anodo. Infatti
gli ioni Mn2+ sono trasportati attraverso l’elettrolita e quindi depositati sull’anodo di grafite. Il fenomeno
di riduzione del manganese determina l’ossidazione del litio presente all’anodo, riducendone la quantità
presente:

                                     Mn2+ + 2 LiC6      Mn + 2 Li+ + C

Questo inconveniente, che pregiudica il buon funzionamento della cella nei confronti dei cicli di lavoro,
in aggiunta ad una bassa capacità specifica potrebbe precludere la commercializzazione di tale tipologia
di catodo per le batterie agli ioni di litio.

Tra i diversi materiali possibili, quello che attualmente risulta più promettente, per il suo basso costo
nella realizzazione di materiali catodici, è il fosfato litiato di ferro (LiFePO4), denominato anche LFP. A
causa del suo basso potenziale elettrochimico, l’LFP determina una ridotta ossidazione del solvente
dell’elettrolita e risulta dunque maggiormente stabile rispetto agli altri ossidi, specialmente alle alte
temperature.
L’interesse nei confronti del fosfato litiato di ferro è dovuto inoltre all’elevata capacità (teorico 170
mAh/g) e alla ridotta tensione di funzionamento (circa 3.5 V vs. Li°/Li+, ovvero 0.46 V/SHE), che
garantisce una maggiore sicurezza. Questa tensione ridotta rispetto al potenziale standard di riduzione
(0.771 V/SHE) è frutto degli effetti del gruppo fosfato, che riduce il livello di Fermi della riduzione
Fe3+ Fe2++e-.
Purtroppo anche questa tecnologia presenta inconvenienti tra cui la ridotta conducibilità elettronica, che
comporta una diminuzione del flusso di elettroni attraverso il catodo con conseguente diminuzione della
reazione di riduzione del Fe3+ durante la scarica. Tale difetto comporta riduzione di energia specifica e
potenza specifica riducendo il livello di corrente utilizzabile. Il problema può essere comunque superato
attraverso il drogaggio con ulteriori elementi chimici, quali le terre rare, che permettono di ottenere
maggiore conduttività e stabilità per questo promettente materiale.
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Oltre al fosfato di ferro, negli ultimi anni ulteriori fosfati e solfati di metalli di transizione hanno
ricevuto molta attenzione da parte di ricercatori e industrie come possibili materiali per le batterie agli
ioni di litio. Questi composti permettono d’inserire gli ioni litio a un potenziale più elevato rispetto ai
loro ossidi omologhi, incrementando il range di tensione disponibile per le celle. Questa nuova tipologia
di materiali catodici, di cui il fosfato di ferro fa parte, permette dunque di ottenere una densità energetica
elevata, garantendo una maggiore sicurezza e un prezzo inferiore rispetto ai materiali catodici
tipicamente utilizzati.

2.2.3 Elettroliti
La tipologia di elettrolita presente all’interno delle celle è fortemente legata alle reazioni di corrosione
dell’anodo e di riduzione dell’elettrolita stesso, che contribuiscono al deterioramento delle proprietà
della cella.
Come già visto in precedenza, la formazione di un appropriato strato di SEI è essenziale per ottimizzare
la combinazione di anodo – elettrolita – catodo, minimizzando le reazioni parassite e garantendo un
ridotto deterioramento della cella. L’anodo e l’elettrolita devono essere combinati in modo tale da
reagire velocemente tra loro e formare uno strato appropriato di SEI. L’elettrolita risulta per questo
motivo composto da sali solidi di litio disciolti in un solvente organico.
Un ideale solvente deve essere in grado di dissolvere i sali in una concentrazione sufficiente, tale da
ottenere una costante dielettrica elevata per l’elettrolita; deve presentare una bassa viscosità, in modo da
permettere la conduzione degli ioni; deve rimanere liquido in un range elevato di temperature, e quindi
deve presentare un basso punto di congelamento e un elevato punto di ebollizione; deve essere sicuro e
non tossico.
Per poter sciogliere sufficienti quantità di sali di litio, i solventi devono contenere solo gruppi polari
come il carbonile (C=O), il nitrile (C N), il solfonile (S=O), che sono ben apprezzati così come quelli
contenenti il legame con l’etere (–O–).
Una grande quantità di solventi polari è stata finora studiata, e la maggior parte di essi appartiene alla
famiglia degli esteri organici, i quali presentano una moderata viscosità e una elevata polarità.
Il carbonato di propilene (PC), per l’elevata costante dielettrica, per l’ampio range di temperature alle
quali è liquido e per la stabilità al contatto con il litio, è stato utilizzato come solvente nelle prime
batterie agli ioni di litio prodotte e commercializzate da Sony.
Tale solvente è stato successivamente sostituito dal carbonato di etilene (EC), il quale presenta una
viscosità comparabile a quella del PC, una costante dielettrica maggiore, ma una temperatura di fusione
elevata (36°C), che né ha limitano l’utilizzo come solvente per applicazioni a temperatura ambiente. La
presenza di sali disciolti e l’aggiunta di altri co-solventi, in virtù della riduzione delle forze presenti
all’interno del reticolo cristallino permettono di ridurre il punto di fusione di tale solvente, che
nonostante ciò risulta comunque inappropriato per applicazioni a bassa temperatura.
I co-solventi finora provati sono stati il PC, che però presenta l’inconveniente di determinare la perdita
irreversibile della capacità nel ciclo iniziale, e gli eteri che invece determinano fenomeni di ossidazione
all’interfaccia del catodo carico.
L’attuale stato dell’arte è ottenuto dalla combinazione del carbonato di dimetile (DMC), che presenta
una costante dielettrica limitata e un basso punto di ebollizione, con il carbonato di etilene in modo da
ottenere un solvente con una ridotta viscosità, un punto di fusione basso e un elevato potere solvente, il
tutto garantito da una elevata stabilità.
Un soluto ideale per l’elettrolita deve potersi dissolvere completamente a temperatura ambiente, e gli
ioni disciolti, Li+ in maggior modo, devono poter viaggiare in media con un’elevata mobilità. Deve
inoltre garantire alcune minime restrizioni nel rispetto della parte anionica: gli anioni devono essere
stabili nei confronti dell’ossidazione al catodo, devono essere inerti nei confronti dei solventi
dell’elettrolita, devono essere non tossici, e devono rimanere stabili alle reazioni termiche.
Queste caratteristiche limitano il numero di sali di litio utilizzabili come soluto a un numero ridotto. Di
seguito si riporta un elenco di possibili soluti con i vantaggi e svantaggi specifici:

    -   Perclorato di litio (LiClO4): è un accettabile soluto in funzione dell’elevata solubilità,
        dell’elevata conducibilità e dell’alta stabilità anionica (fino a una tensione di circa 5V rispetto
        all’elettrodo di Litio se utilizzato con il solvente EC/DMC). Tale sale, a differenza di quanto
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        accade per il tetrafluoroborato di litio e l’esafluorofosfato di litio, permette di ottenere uno strato
        di SEI avente una bassa impedenza, in virtù dell’assenza del fluoro. L’alto stato di ossidazione
        del cloro (VII) nel perclorato, lo rendono un potente ossidante che reagisce con la maggior parte
        delle specie in maniera violenta se vengono violate le condizioni di sovratemperatura e
        sovracorrente.
    -   Esafluoro arseniato di litio (LiAsF6) : presenta un’efficienza ciclica superiore al 95%, sebbene a
        lungo termine si verifichi la formazione di dendriti similmente a quanto succede per il perclorato
        di litio. La stabilità all’interfaccia con il catodo è garantita per tensioni fino a 4,5V rispetto
        all’elettrodo di Litio. Presenta l’inconveniente di essere tossico.
    -   Tetrafluoroborato di litio (LiBF4): presenta una moderata conducibilità ionica, una ridotta
        efficienza ciclica, che decade velocemente con il numero di cicli. Gli anioni BF4– sono tra gli
        anioni i più mobili, ma la capacità di dissociazione del sale è ridotta. Risulta stabile per tensioni
        fino a 5V rispetto all’elettrodo di Litio. L’utilizzo di tale sale è molto ridotto anche a causa di
        fenomeni di instabilità termica.
    -   Esafluorofosfato di litio (LiPF6): è lo stato dell’arte per i soluti, poiché pur non presentando le
        migliori caratteristiche, presenta proprietà meglio bilanciate tra loro e un’ottima stabilità.
    -   Trifluorometansolfonato di litio (LiTf): garantisce la migliore efficienza amperorametrica e la
        migliore capacità di scarica, ma risulta stabile solo fino a 3,5V rispetto all’elettrodo di litio.
        Presenta inoltre l’inconveniente di essere corrosivo nei confronti dell’alluminio utilizzato come
        base per il catodo, ed è infine poco conduttivo.
    -   Trifluorometansolfonato immide di litio (LiIm): si dissocia molto bene, ed è molto stabile
        avendo un intervallo di tensione fino a 5V rispetto all’elettrodo di litio, ma produce anch’esso la
        corrosione del supporto catodico di alluminio. Non è mai stato utilizzato nelle batterie litio ioni
        commerciali pur essendo il sale maggiormente dissociabile finora studiato.

Prendendo in considerazione come parametri d’interesse per i sali di litio la mobilità ionica e la costante
di dissociazione, le scale relative tra essi risultano:

    -   Mobilità ionica media: LiBF4 > LiClO4 > LiPF6 > LiAsF6 > LiTf > LiIm;

    -   Costante di dissociazione: LiIm > LiAsF6 > LiPF6 > LiClO4 > LiBF4 > LiTf.

È evidente come i sali di litio che presentano una mobilità elevata presentino una costante di
dissociazione limitata, e viceversa. Questo determina che lo stato dell’arte attuale per i soluti è
determinato dall’esafluorofosfato di litio, che non presenta le migliori mobilità ionica e costante di
dissociazione, ma che garantisce comunque il migliore compromesso tra le due caratteristiche.
La possibilità che si verifichino, nel caso di elettroliti liquidi, cortocircuiti, perdite, effetti di corrosione e
reazioni all’interfaccia che producono combustibili rende questa tipologia di elettroliti poco sicuri.

Questi inconvenienti hanno determinato l’evoluzione verso una cella al litio in cui l’elettrolita è presente
in forma polimerica[5]. L’utilizzo di tali elettroliti, in virtù delle loro proprietà, garantisce delle
caratteristiche uniche alle celle al litio prodotte che sono:

    -   molto sottili, grazie alla flessibilità dell’elettrolita che può essere realizzato in fogli;
    -   molto sicure, dato l’assenza di solventi organici infiammabili;
    -   sfavorevoli alla formazione di dendriti di litio che danneggiano le celle;
    -   semplificate dalla mancanza del separatore tra gli elettrodi, e inoltre presentano maggiore
        densità energetica

Gli elettroliti polimerici che risultano in fase di sviluppo possono essere classificati in due tipologie:

    -   Solidi (SPE): presentano ridotta conducibilità ionica e sono di interesse puramente accademico.
        Nel tentativo di migliorarne la conducibilità si è provato a farli operare ad alta temperatura, ma
        sono stati evidenziati fenomeni di degrado termico. In alternativa si è provato a realizzarli a
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           partire da un elettrolita liquido combinandolo con un additivo in modo da unire i vantaggi dei
           due materiali, ma con scarso successo. Questa tipologia di elettrolita polimerico presenta diversi
           inconvenienti: l’elettrolita funziona da SEI riducendo la densità energetica; non è possibile
           realizzarli in strati ultrasottili, onde evitare i cortocircuiti; la sicurezza non può essere garantita a
           causa di difficoltà tecniche nella realizzazione dei film sottili in larga scala, non tollerano gli
           abusi meccanici e non presentano caratteristiche migliori della poliolefina già utilizzata come
           separatore.

      -    Gel (GPE): sono simili agli elettroliti liquidi, presentano un’elevata conducibilità ionica,
           stabilità elettrochimica all’anodo e al catodo, sicurezza, tolleranza meccanica ed elettrica contro
           gli abusi. Nei processi tradizionali di formazione, l’elettrolita liquido viene fuso in una matrice
           polimerica ospitante per formare il gel. L’instabilità termica di alcuni solventi e soluti può
           determinare una deviazione rispetto alla composizione voluta o un degrado. È per tale motivo
           che viene spesso utilizzato il LiIm come sale e il EC/PC come solvente.

Gli elettroliti polimerici in gel rappresentano dunque lo stato dell’arte più avanzato poiché garantiscono
le medesime prestazioni di un elettrolita liquido, con un maggiore grado di sicurezza intrinseca.
Nonostante ciò, molte celle presentano per il momento un elettrolita di tipo liquido ed inoltre risultano
ancora in evoluzione i solventi per tale tipologia di elettrolita. Attualmente è infatti in fase di sviluppo
una nuova gamma di solventi, detti Ionic Liquids, che risultano totalmente ionici e completamente
liquidi a temperatura ambiente. Tali liquidi ionici presentano tutte le proprietà richieste agli elettroliti
liquidi, con il vantaggio di avere una bassa tensione di vapore, alta conducibilità ionica e grande stabilità
termica ed elettrochimica. Presentano dunque le migliori caratteristiche tra i solventi, ma il loro
drogaggio con sali di litio rimane una sfida.

2.3       Aspetti realizzativi e tipologie in commercio
In questo paragrafo si riportano alcuni aspetti realizzativi e alcune tipologie in commercio a titolo
esemplificativo.
Le celle possono avere forma cilindrica o prismatica. Le prime hanno una densità energetica maggiore,
ma le seconde sono intuitivamente più adatte ad essere impaccate in moduli da più elementi, sia per
ragioni costruttive che per ragioni termiche (disperdono meglio il calore dal momento che, a parità di
volume, offrono una maggiore superficie di scambio termico).
In Figura 2-2 sono schematizzate le strutture di due celle di diversa forma.

                  Figura 2-2 Struttura di celle litio-ioni di forma cilindrica e prismatica

Le celle comunemente utilizzate in applicazioni portatili di piccola taglia sono realizzate con l’impiego
di ossido di cobalto litiato al catodo. Si tratta di un materiale costoso e caratterizzato da una significativa
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instabilità termica, pertanto le batterie sono spesso dotate di un apparato di controllo elettronico che
regola la carica ed interviene nel caso in cui i parametri di funzionamento superino i limiti prefissati.
Celle e moduli di capacità maggiore sono invece utilizzati in ambito aerospaziale (batterie al litio
alimentano satelliti in orbita geostazionaria) e per applicazioni di tipo militare.
Il passaggio a configurazioni di batteria con un numero significativo di celle in serie e/o parallelo per
raggiungere capacità più elevate e maggiori tensioni comporta una serie di problematiche a livello di
sicurezza. In particolare è necessario evitare che, a causa delle disuniformità tra le tensioni delle diverse
celle, alcune di esse si portino a valori di tensione non ammissibili. Questo fatto impone di equipaggiare
i moduli di celle al litio ione con sistemi di controllo (BMI) su ogni cella, con un forte impatto sui costi e
sull’affidabilità complessiva della batteria.
Per aumentare il livello di sicurezza è possibile inoltre sostituire l’ossido di cobalto litiato con fosfati di
ferro, cosa che però comporta una riduzione delle prestazioni della cella. Un’ulteriore evoluzione è
l’utilizzo di elettroliti solidi, caratterizzati da una minore reattività rispetto a quelli liquidi come avviene
nelle batterie al litio-ioni-polimeri.

Figura 2-3 Pacchi di batterie al litio con elettrolita liquido [Lithium ion battery by Varta (Museum
           Autovision Altlußheim, Germany] e polimerico
           [http://www.grc.nasa.gov/WWW/Electrochemistry/doc/pers.html]

Le celle litio-ioni polimeri, sviluppate agli inizi del 1999, hanno una struttura analoga a quella delle celle
litio-ioni ma sono caratterizzate dall’impiego di elettroliti solidi, dove gli ioni-litio migrano attraverso un
polimero composto solido (ossido di polietilene, poliacrilonile). A differenza delle celle in litio-ione, che
sono contenute in contenitori rigidi in metallo, le celle polimeriche hanno una struttura a fogli flessibili,
spesso pieghevoli (laminato polimerico). Esse, proprio perché costituite da film plastici flessibili, si
adattano a tutte le forme richieste per i vari dispositivi elettronici e consentono un processo di
manifattura più semplice e, in prospettiva, meno costoso. Inoltre le celle polimeriche sono avvantaggiate
da uno spessore minore rispetto alle litio-ioni. Le celle polimeriche sono generalmente considerate più
sicure delle litio-ioni perché il loro elettrolita in forma di gel, meno reattivo di quello liquido, non viene
rilasciato anche nell’eventualità di sovra-cariche e sovra-scariche. Dunque, anche la minore necessità di
sistemi di controllo le rende competitive dal punto di vista economico.
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                   Figura 2-4 Struttura base di un accumulatore litio-ioni-polimeri
Le batterie litio-polimeriche si stanno sviluppando anche per applicazioni stazionarie (circa 110 Wh/l):
sulla base di prove accelerate, dovrebbero consentire 10 anni di funzionamento in tampone. I primi
moduli prototipali da 48 V e 80 Ah, sono stati messi a punto e caratterizzati nel 1997.

La tendenza attuale è verso catodi costituiti da fosfati misti di litio LiMPO4 (M=Fe, Mg, Co, Ni,…);
anodi costituiti da leghe o materiali compositi contenenti litio; elettroliti di tipo polimerico. La nuova
sfida è verso gli elettrodi nanostrutturali.

3     BATTERIE AL SODIO AD ALTA TEMPERATURA

La famiglia delle batterie “ad alta temperatura” o anche “Na beta” comprende principalmente due
tipologie di batterie: quella sodio/zolfo e quella sodio/alogenuri metallici, meglio nota come ZEBRA™.
La caratteristica di questa tecnologia è il fatto che la temperatura di lavoro della cella si aggira attorno ai
300 °C, necessari sia per mantenere allo stato fuso i materiali anodici e catodici, sia per aumentare la
conducibilità dell’elettrolita, che è solido. Grazie alle caratteristiche di alta efficienza, alta densità
energetica e capacità d’immagazzinare energia per tempi lunghi, queste batterie hanno visto un forte
interesse negli ultimi anni, anche se molti aspetti tecnologici non sono ancora ottimizzati, soprattutto per
i costi e le prestazioni. L’attività di studio è indirizzata quindi su nuovi materiali della cella.
3.1   Le batterie Na-beta
Il primo tipo di batteria, quella sodio/zolfo, è stata individuata verso la metà degli anni ’60 dalla Ford
Motor Company e sviluppata negli anni ’80 con l’utilizzo dell’allumina come elettrolita. Parzialmente
abbandonata poi per questioni di sicurezza è stata ripresa dalla società giapponese NGK che l’ha
commercializzata dal 2002[1].
I componenti principali: sodio e zolfo, solidi a temperatura ambiente, necessitano temperature elevate
per operare in fase liquida, così come l’alta temperatura è necessaria per consentire il trasporto ionico
attraverso l’elettrolita ceramico. Impulso fondamentale per lo sviluppo di queste batterie è stata la
realizzazione di un separatore ceramico, la β”-allumina, che consente il passaggio degli ioni sodio
attraverso i due comparti anodico e catodico.

Il secondo tipo di batteria, quella Sodio/Cloruro di metallo (ad es. nichel) più nota col termine
ZEBRA™, che era inizialmente l’acronimo di “Zero Emission Battery Research Activity”, (ora anche
“ZEolite Battery Research Africa”[7]) è stata brevettata nel 1975 da John J. Werth, della ESB
Incorporeted.
Essa presenta molte caratteristiche in comune con la batteria sodio/zolfo, di cui è una diretta discendente
e anch’essa lavora ad una temperatura di circa 300 °C.
Lo sviluppo di questa tecnologia si è avviato principalmente quando si sono rivelati i rischi connessi alla
tecnologia sodio/zolfo, essendo la batteria ZEBRA™ intrinsecamente più sicura. Al momento la batteria
viene prodotta e commercializzata esclusivamente dalla società svizzera MES DEA
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Per i motivi legati principalmente alla sicurezza il primo tipo di batteria Na-beta è attualmente progettato
e impiegato in applicazioni stazionarie, generalmente di grossa taglia (peak shaving, load levelling), in
cui non ci sono rischi di crash di tipo meccanico, mentre il secondo tipo è attualmente impiegato
principalmente nella trazione elettrica stradale, ma la si sta testando anche per applicazioni stazionarie.

Le batterie Na-beta sono composte da 3 costituenti principali:

   –   Polo negativo o anodo: Sodio
   –   Polo positivo o catodo: Zolfo o Alogenuri di metalli (per es. cloruro di nichel)
   –   Elettrolita che funge anche da membrana separatrice: β-allumina drogata, indicata come β”-
       allumina o β”-Al2O3

3.1.1 Principio di funzionamento della batteria sodio/zolfo
La cella elementare lavora sulle reazioni elettrochimiche tra il sodio e lo zolfo con formazione di
polisolfuro di sodio. La temperatura della cella è mantenuta nell’intervallo 290-350°C. Durante la
scarica il sodio metallico del comparto anodico si ossida a Na+ generando elettroni, gli ioni sodio sono
trasferiti attraverso la β-allumina al comparto catodico in cui si riduce lo zolfo a S2 , acquistando
elettroni, e si forma il polisolfuro di sodio NaSX. In fase di carica avvengono le reazioni inverse con il
polisolfuro che si decompone in sodio e solfo

Le reazioni principali che reggono i fenomeni elettrochimici della cella sodio/zolfo sono:

polo negativo- anodo
                                              Scarica
                                               →
                                       2 Na              2 Na + + 2e −
                                              ← 
                                               Carica
elettrodo positivo – catodo
                                                      →
                                                     Scarica
                                                                     2−
                                        XS + 2e −               Sx
                                                    ← 
                                                     Carica

la reazione complessiva di cella è:
                                                    →
                                                   Scarica

                                      2 Na + XS               Na 2 S x
                                                  ← 
                                                   Carica

La tensione di cella a circuito aperto è 2.075 V a 350°C[8] e si mantiene costante fino a una profondità
di scarica di 60-70%, poi tende a decrescere fino ad un valore di 1.78 V
Il sodio all’anodo è in fase liquida (Punto di fusione del sodio 98°C); anche la miscela zolfo/polisolfuro
di sodio al catodo è in fase liquida (punto di fusione dello zolfo 115°C) e un feltro di grafite porosa è
inserita nel catodo per aumentare la conducibilità elettrica.

3.1.2 Principio di funzionamento della batteria sodio/cloruro di metallo (ZEBRA™)
La batteria sodio/cloruro di metallo di transizione lavora sulle reazioni elettrochimiche tra sodio e
metallo, con formazione di cloruro di sodio al posto del polisolfuro. Come nelle batterie sodio/zolfo,
durante la scarica il sodio si ossida, liberando elettroni, e gli ioni sodio si trasferiscono attraverso il
separatore ceramico nel comparto catodico dove si riduce il metallo, acquistando elettroni, e formando
cloruro di sodio. In fase di carica avvengono le reazioni inverse.
Il cloruro del metallo di transizione, utilizzato in fase solida, è addizionato con un solvente liquido,
tetracloroalluminato di sodio (NaAlCl4) che serve per aumentare la mobilità degli ioni sodio.

Le reazioni principali in questo tipo di batteria, considerando il caso specifico del nichel come metallo di
transizione, sono le seguenti:
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polo negativo – anodo :
                                               Scarica
                                                →
                                        2 Na              2 Na + + 2e −
                                               ← 
                                                Carica
Polo positivo – catodo:
                                                     →
                                                    Scarica

                                   NiCl 2 + 2e −              Ni + 2 NaCl
                                                   ← 
                                                    Carica
La reazione complessiva di cella è:
                                                    −   Scarica
                                                         →
                               2 Na + NiCl 2 + 2e                  Ni + 2 NaCl
                                                        ← 
                                                         Carica

La tensione di una cella sodio/cloruro di nichel, ad una temperatura di lavoro di 300 °C è pari a 2,58 V
ed è indipendente dallo stato di carica della cella.
La cella può essere assemblata carica, parzialmente carica o scarica, ma considerando che il sodio
metallico e il cloruro di nichel anidro sono difficili da manipolare, essa è assemblata generalmente
scarica; il catodo è riempito con una miscela di cloruro di sodio e nichel metallico in polvere e il cloruro
di nichel, così come il sodio, sono prodotti con la prima carica.

In figura 3.1 Si riporta un disegno generale della cella, valido per i due tipi di batterie Na-beta.

Figura 3.1 Disegno della cella elementare per una batteria Na-beta. Sodio liquido all’interno del
           bicchiere zolfo o cloruro di Nichel all’esterno.[7]

3.2   Materiali per batterie Na-beta
I materiali delle batterie Na-beta si differenziano soprattutto per il catodo nei due tipi: allo solfo e agli
alogenuri. Si analizzano qui i pregi e difetti dei vari materiali costituenti i componenti principali della
cella. Il componente più critico risulta la β”allumina ed è quello di cui si tratterà maggiormente.
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3.2.1 Elettrolita
L’elettrolita solido, che funge anche da membrana separatrice dei due comparti anodico e catodico, è la
β”-allumina, un composto costituito da β-allumina drogata con ossidi che le conferiscono una struttura
caratteristica formata da uno strato impaccato in modo compatto e uno strato meno compatto in cui si
muovono gli ioni sodio. La figura 3.2 mostra una proiezione bidimensionale della β-allumina e della β”-
allumina.

Figura 3.2: Proiezione bidimensionale della struttura cristallina della β-allumina (a) e della β ”-
            allumina (b) [9]

La struttura esagonale della β-allumina presenta un piano di conducibilità posto a sandwich tra due
blocchi compatti, mentre la struttura romboedrica della β”-allumina presenta due strati (slab=lastra) di
conducibilità in tre blocchi compatti. Questa differenza consente di avere un aumento del 50% delle
dimensioni della cella unitaria che generano una maggiore conducibilità degli ioni sodio, per questo
motivo risulta il materiale migliore per le celle al sodio-beta. Nella figura 3.3 si riporta una proiezione
tridimensionale della β”-allumina in cui si osservano meglio gli strati di conducibilità.
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            Figura 3.3 Proiezione tridimensionale della struttura della β ”-allumina [8]

Gli ioni sodio possono attraversare il piano di conducibilità nella β- o lo strato di conducibilità nella β”
secondo una stechiometria limitata; per aumentare il quantitativo di sodio che si può ospitare e quindi
trasportare nei due materiali è richiesto il drogaggio, che si realizza con l’introduzione di ioni mono- o
bi-valenti, come ad esempio Li+, Co2+ e Mg2+.
Ad esempio il drogaggio con Mg2+ aumenta la presenza di sodio dalla stechiometria di 1.57 in
(Na2O)1+0.5711Al2O3 alla stechiometria di 1.67 in (Na2O)1+0.6711Al2O3 [9] modificando la struttura da β-
Al2O3 a β”-Al2O3; quindi la formulazione proposta per il drogaggio con Mg è Na1.67Al10.33Mg0.67O17,
mentre nel caso del drogaggio con Litio, che permette una presenza di sodio analoga, la formulazione
diventa Na1.67Al10.33Li0.33O17 [9].

Gli studi relativi ai drogaggi dell’allumina devono essere accompagnati anche da attività riguardante la
realizzazione della β”-Al2O3; il ceramico è realizzato attraverso un processo di sinterizzazione della
polvere di β”-Al2O3 la quale a sua volta può essere preparata con varie tecniche:
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