Roma e il Tevere: rapporti alterni di amore/odio Rome and Tiber: love/hate relationship

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Roma e il Tevere: rapporti alterni di amore/odio Rome and Tiber: love/hate relationship
Roma e il Tevere: rapporti alterni di amore/odio
Rome and Tiber: love/hate relationship

di Giuseppe Gisotti (SIGEA Società Italiana di Geologia Ambientale – www.sigeaweb.it;
info@sigeaweb.it)

Sommario
La città di Roma nacque in un sito fortificato costituito da un colle dal quale si controllava un
antistante guado sul Fiume Tevere. Questo fiume separava alcuni villaggi di varie etnie, quali gli
Etruschi, i Latini, i Sabini. Lungo la valle del Tevere avvenivano commerci, con particolare
riguardo al sale, e anche di prodotti dell’allevamento di ovini. Il sito poteva contare sull’acqua,
fornita da sorgenti e dalla stessa acqua del fiume, materiali da costruzione, legname. Ben presto si
realizzarono i primi porti, uno all’interno della città, e l’altro alla foce del Tevere, dove si edificò la
città di Ostia, in prossimità delle saline. Nel seguito, si realizzarono due grandi porti artificiali, sul
mare, quello di Claudio e quello di Traiano.

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Premessa
Come ha scritto l’archeologo Mocchegiani Carpano in un articolo sui rapporti fra l’Urbe e il Tevere
“…….Roma e i suoi porti fluviali: una storia antica quanto le origini della città. Perché fu proprio il
Tevere la causa stessa della sua fondazione. Roma nacque infatti grazie a una conformazione del
suolo che consentiva insediamenti sulle colline a guardia dei guadi delle carovaniere del sale. E si
sviluppò lungo le rive del fiume traendone quanto necessario per il sostentamento dei suoi abitanti”.

Gli inizi
Il primitivo insediamento nacque in una posizione strategica sul Tevere. Il fiume separava varie
etnie e culture: gli Etruschi a N-O, i Sabini a nord, i Latini a sud, gli Equi ad est. Il Tevere era una
linea di confine tra questi popoli, luogo di scontro ma anche di rapporti commerciali e culturali .
Inoltre la valle del Tevere separava due grandi complessi geologici, l’apparato vulcanico dei
Sabatini a nord e quello dei Colli Albani a sud (Fig. 1).
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Fig. 1- I tracciati ordinatori della struttura storico-morfologica dell’area romana (Fonte:
Calzolari, 2012)

La posizione strategica fu di natura eminentemente commerciale: infatti il luogo era adatto allo
scambio di merci, come il sale che proveniva dalle saline del delta tiberino e veniva trasportato
verso l’interno, in particolare nell’area Sabina (più tardi fu appositamente costruita la via consolare
Salaria), e il bestiame e i suoi prodotti (in particolare pecore, che i pastori locali allevavano nella
zona e anche sulle pendici dei Colli Albani).
Per quanto riguarda il sito, il Tevere, sbarra i percorsi da sud a nord lungo la penisola. Sembra che
gli itinerari più antichi seguissero la costa, che peraltro era spesso interrotta da estese paludi. In un
tratto il Tevere era abbastanza facilmente guadabile, in corrispondenza di un isolotto, l’isola
Tiberina. Fu questo guado ad attirare i fondatori, insieme al colle, il Campidoglio, sufficientemente
scosceso e quindi facilmente difendibile, con possibilità di controllo del territorio circostante, in
particolare il guado sul Tevere. Per tale motivo la città può essere ricondotta agli categoria degli
insediamenti d’altura all’inizio della sua storia, e agli insediamenti fluviali successivamente (Figg.
2 e 3).
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Fig. 2 – Schizzo della situazione geologica in riva al Tevere che promosse la nascita del primo
nucleo urbano di Roma, VII secolo a.C. (Fonte: Gisotti, Zarlenga, 2004)

L’insediamento poté contare sulla presenza del fiume, che, oltre a fornire acqua potabile e per altri
usi, costituì una via di navigazione sia verso il mare che verso l’interno. Il primo porto fu fluviale,
all’interno della città. Il fiume quindi costituì subito un vantaggio, anche se col tempo fornì anche
un grande svantaggio, le alluvioni che per secoli hanno funestato la città, almeno fino alla
costruzione dei Muraglioni alla fine del 1800.

Fig. 3 – L’isola Tiberina oggi.
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Con l’aumentare della popolazione e delle correnti di traffico derivanti dalla potenza militare ed
economica della città, si dovette ricorrere al porto fluviale-marittimo di Ostia alla foce del Tevere,
e quindi ai grandi porti artificiali di Claudio e poi di Traiano (con la città di Portus). I grandi porti
artificiali dell’antichità furono solo quelli delle superpotenze dell’epoca, Roma e Cartagine, che
avevano i mezzi tecnologici e finanziari per tali imprese. Prima di allora i porti erano accolti in
insenature naturali.
Il sito offriva risorse naturali e in particolare geologiche: acqua, suoli fertili, materiali da
costruzione ( argilla per mattoni, tufi vulcanici, sabbie, ghiaie, travertino). Il fiume offriva inoltre
risorse energetiche, quali per gli spostamenti verso l’interno e verso il mare; più tardi per i mulini ad
acqua.
Quindi il sito fu scelto per la favorevole geomorfologia, posizione rilevata e facilmente difendibile
e che permetteva il controllo del territorio circostante, e per i corsi d’acqua, Tevere e affluenti. Fu
scelto anche per le risorse naturali.
Il sito presentava rischi geologici: alluvioni, frane, sprofondamenti, terremoti, che però almeno
all’inizio non furono tali da rendere il sito inospitale; era anche un luogo soggetto a eruzioni
vulcaniche, ma c’erano state nel passato.
Meritano un cenno gli aspetti geologici relativi al paesaggio che ospitò la città, illustrati nelle
Figure 4, 5 e 6.

Fig. 4 - Un ampio tratto della valle del Tevere alla fine del periodo glaciale wűrmiano, circa
18.000 anni orsono. La forte regressione del livello marino determina l’abbassamento del livello
del Tevere che incide i plateaux albano e sabatino. Il paesaggio è configurato nelle sue grandi linee
attuali. GIALLO: argille vaticane = bedrock = substrato generale impermeabile. VERDE: depositi
fluviali. MARRONE CHIARO E MARRONE SCURO: vulcaniti albane e sabatine. AZZURRO:
depositi alluvionali recenti e attuali. L’area tratteggiata corrisponde al successivo quadro
paleogeografico (Fonte: Parotto,2008).

Fig. 5 – Secondo alcuni Autori, il primo insediamento nacque sul Campidoglio, per poi estendersi sui 7
colli, occupando quindi il plateau vulcanico (tufi e lave) inciso dagli affluenti del Tevere e che era formato
dalle eruzioni del Vulcano Laziale, ossia i Colli Albani. Poi si estese nella pianura alluvionale del Tevere e
sui colli della sponda opposta. (Fonte: Cosentino et al., 1981).
Fig. 6 - Profilo geologico schematico che attraversa la valle del Tevere, orientato SW-NE.
Legenda: (1, 2) Sedimenti argilloso-sabbiosi marini plio-pleistocenici; le argille “vaticane”
costituiscono il substrato generale impermeabile delle acque sotterranee; (3)Sedimenti continentali,
fluvio-palustri, del Pleistocene medio-superiore, costituiti da argille, sabbie e ghiaie; le ghiaie di
base costituiscono l’acquifero più importante dell’area romana; (4) Vulcaniti, eruttate dai Vulcani
laziale e sabatino nel Pleistocene superiore, che ammantano la topografia preesistente; (5)Depositi
alluvionali recenti e attuali. In questa sezione geologica semplificata non sono stati segnati i
depositi fluvio-lacustri del Pleistocene superiore che in sottile spessore ammantano i colli del
Campidoglio e del Quirinale; inoltre mancano i terreni di riporto (Fonte: Cosentino et al., 1981).

Fig. 7 - Si nota il plateau vulcanico albano inciso dai corsi d’acqua a formare i 7 colli. Il Tevere e
i suoi affluenti, non regimati, formavano stagni e paludi (velabri), poco alla volta bonificati. In uno
stagno bonificato lungo il Fosso Labicano (FL) fu costruito il Colosseo. Nella valle del T.
Nodinus, la parte terminale paludosa, Vallis Murcia, fu bonificata e vi fu realizzato il Circo
Massimo (Fonte: Lanciani, 1881, modificato).
I Romani utilizzano il fiume (e il suo reticolo idrografico), che talvolta si ribella
La storia di Roma dalla sua fondazione corre all’unisono con le vicende del fiume che l’attraversa
(Cesari, 2016). Infatti la città, altre ai vantaggi, ha tratto, dalla vicinanza del fiume, anche gli
svantaggi. I primi vanno ricercati nella sua comoda via di navigazione e nell’utilizzo idrico, anche
come forza motrice, con i mulini ad acqua natanti (Fig. 8); i secondi si possono ricondurre alle
piene che regolarmente la inondavano, danneggiandola e causando spesso numerose vittime.

Fig. 8 – Il Tevere prima dei Muraglioni, con due mulini ad acqua galleggianti, in prossimità
dell’isola Tiberina. La città ancora comunicava col fiume, nel bene e nel male: grandi alluvioni,
l’ultima delle quali fu quella del 1870. Il nuovo governo italiano si adoperò subito per risolvere il
problema, discutendo sui metodi più idonei, finché fu scelta la soluzione dei Muraglioni.

Non è un caso che il primo insediamento ebbe luogo sui colli che fiancheggiavano il fiume. Le
inondazioni del Tevere che colpirono la città hanno suscitato l’attenzione degli storici, a cominciare
da quelli più antichi (Tito Livio, Tacito, Dione Cassio, Svetonio). Questi eventi, finchè la città si
sviluppò sui sette colli, dovettero avere scarso effetto. La situazione cambiò radicalmente, in special
modo in epoca imperiale, dopo che l’espansione urbanistica (oggi diremmo urban sprawl) della
città avvenne nelle aree pianeggianti in prossimità del fiume: Campo Marzio, Trastevere e la zona
dell’Emporio ai piedi dell’Aventino. La prima inondazione della quale si ha notizia, riportata da
Tito Livio, è stata quella del 414 a. C. Queste calamità afflissero la città per circa 27 secoli fino alla
costruzione dei Muraglioni, alla fine del 1800, opera che allontanò il pericolo idrogeologico ma che
costituì una frattura fra Roma e il Tevere, anche se alluvioni parziali si verificarono fin’anche nel
1937 (Fig. 9) (Frosini, 1977).
Fig. 9 – La via Portuense allagata durante la piena del Tevere del dicembre 1937.

Per ovviare al pericolo di alluvioni, alla fine del 1800, il Parlamento italiano decise di realizzare i
Muraglioni (Cesari, 2016), due grandi argini, distanti 100 m l’uno dall’altro, che avevano lo scopo
di canalizzare il fiume e contenere le piene (Fig. 10 ).
In questo caso la riduzione delle portate di piena fu realizzata incrementando la “capacità” del
corso d’acqua, tramite la ricalibratura delle sezioni d’alveo, la riduzione delle resistenze in alveo
(ossia riduzione della scabrezza; pulizia o rivestimento delle sponde) e il sopralzo delle arginature e
la rettificazione; possiamo definire questi interventi col termine canalizzazione dei corsi d’acqua.
Fig. 10 - Un settore del progetto dei Muraglioni in corrispondenza del porto fluviale di Ripetta. Il
progetto fu proposto dall’ing. Canevari e realizzato tra il 1876 e la fine dello stesso secolo.
Nella figura in alto a sinistra si nota l’originaria banchina del Porto di Ripetta, sepolta dal
terrapieno (Fonte: Frosini, 1977).

Un altro esempio di “duro” intervento antropico sul fiume è stato il drizzagno di Spinaceto,
realizzato a valle di Roma in località Mezzocammino (Fig. 11). In questo caso fu deciso, per la
riduzione delle portate di piena, di ricorrere alla derivazione di una parte dei volumi restituendola
allo stesso corso d’acqua a valle dell’area da proteggere, tramite uno scolmatore.
Fig. 11 – Il drizzagno di Spinaceto, realizzato nel tronco suburbano del Tevere e ultimato
nell’agosto 1940 (Fonte: Frosini, 1977).

Più recentemente, per ridurre le portate di piena si è tornati alle arginature, come è stato il caso
dell’argine nella zona Magliana (Fig. 12).
Fig. 12 - Pericolosità idraulica. Sponda destra del Tevere, zona Magliana. A destra il fiume (qui non si
vede), a sinistra l’argine maestro: le palazzine costruite a tergo dell’argine si trovano ad un livello inferiore
a quello di massima piena del fiume, pertanto sono a rischio di alluvione nel caso le acque tracimassero
oltre l’argine.

Altre tipologie di dissesto idrogeologico (Gisotti, 2012) furono le frane, che talvolta colpirono e
colpiscono ancora le pendici dei colli, e i cedimenti differenziali dei terreni di fondazione, di cui si
manifestano numerosi esempi attualmente, ad esempio della zona tra Via Cristoforo Colombo e
l’ansa della Magliana, ma di cui si ha un esempio classico nei cedimenti che interessano il Colosseo
(Fig.13).
Fig. 13 - Il Colosseo fu realizzato bonificando un’area paludosa di un affluente del Tevere, il Fosso
Labicano, costituita in parte da terreni compressibili, cedevoli, i sedimenti fluvio-lacustri
olocenici. A causa di questa differenza di qualità del terreno di fondazione, l’Anfiteatro subisce
dissesti statici dovuti al cedimento differenziale del terreno di fondazione.

Recentemente, visto il crescente ricorso al mezzo privato per la mobilità urbana, il Comune di
Roma ha adottato la politica dei parcheggi interrati o sotterranei, che hanno prodotto numerosi
inconvenienti alla stabilità degli edifici circostanti. Un esempio è stato il progetto del parcheggio sul
Lungotevere Marzio, non realizzato (Figg.14 e 15).
Fig. 14 – Il progetto per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo al Lungotevere Marzio
(uscita Via Monte Brianzo), a servizio del prossimo Palazzo del Senato. Non è stato realizzato a
motivo dell’elevato impatto ambientale.
Fig. 15 - Sezione geologica schematica della sponda sinistra del Tevere sul Lungotevere Marzio,
con la superficie dell’ipotetica sponda originaria, e: Argille di base ( acquiclude), Ghiaie
(acquifero che contiene la falda principale), Limo, Sabbia, Terreni di riporto (a tergo dei
Muraglioni). E’ riportata la Falda originaria nei depositi alluvionali (prima della costruzione dei
Muraglioni) e la Falda attuale, nei riporti.
Il parcheggio avrebbe costituito una diga sepolta, che avrebbe intercettato la falda superficiale,
sollevandola , con imbibizione del terreno di fondazione dei palazzi sul Lungotevere, provocandone
cedimenti differenziali. (Fonte: geol. Maurizio Lanzini)

Per trattare l’argomento rapporti tra Roma e il suo fiume, non si possono omettere i porti sul mare,
che furono strumenti indispensabili, durante la Roma repubblicana e imperiale, per il benessere dei
suoi cittadini, per la realizzazione dei suoi monumenti più insigni, per la sua politica
espansionistica. Nelle Figure 16 e 17 viene rappresentato il complesso sistema portuale, che si
sviluppò fin dai primi tempi della fondazione, con l’insediamento fortificato di Ostia, che nacque
per il controllo dell’astrazione del sale nelle vicine saline (materia prima strategica a quell’epoca), e
poi continuò con i grandi porti artificiali, simbolo di una superpotenza dll’epoca.

Fig. 16 - Man mano che Roma diventava una grande potenza, non fu più sufficiente il porto
all’interno della città. Dapprima fu utilizzata la foce del Tevere come porto fluviale-marittimo, un
porto naturale, e fu fondata Ostia (6). Fu realizzata la Via Ostiense (7). Poi           il crescente
fabbisogno import-export (non solo generi alimentari e vino e olio, ma anche marmi, ecc.),
impose la costruzione di un grande porto artificiale, quello di Claudio (1), cui seguì quello di
Traiano (2), con la città di Portus (3). Fu realizzata la Via Portuense (8). I due grandi porti
artificiali furono collegati col Tevere mediante un canale, la Fossa Traianea , ora chiamato Canale
di Fiumicino (4), in modo che le imbarcazioni ausiliarie potessero risalire il Tevere senza
percorrere il tragitto più lungo dalla foce di Ostia. In questo modo si formò l’Isola Sacra (5).

Fig. 17 - Ostia Antica, con il corso del Tevere prima del taglio di meandro del 1557 e dopo.
L’alluvione seppellì l’antica città portuale, che tornò alla luce con gli scavi di qualche secolo dopo.
Al centro il castrum, che fu il primo insediamento avente scopi militari per controllare le vicine
saline.

Conclusioni
Roma è nata sul Tevere, il Tevere ha dato i natali a Roma. Nel corso dei secoli il fiume ha
beneficato la città fornendole l’acqua, fornendole materiali per le costruzioni e suoli fertili,
permettendo i suoi traffici, ecc. Il Tevere ha anche alluvionato la città nel corso dei secoli, ha
distrutto alcuni suoi ponti e anche i suoi porti: di Ostia, di Claudio, di Traiano.
Ma Roma lo ha ingabbiato con i Muraglioni, lo ha raccorciato con il drizzagno di Spinaceto, oltre
ad altri . A parte il fatto dell’inquinamento.
Il conflitto fra l’uomo e il fiume deriva dal fatto che il corso d’acqua costituisce un momento di equilibrio
dinamico, concetto che è estraneo al modo di pensare dell’uomo che ha piuttosto un’idea statica dell’equilibrio:
una volta che sia stata definita una linea, sia essa la linea di riva o un confine, l’uomo, irrazionalmente, ritiene
che essa debba essere inamovibile.
Continueranno sempre così i rapporti di amore/odio tra i nostri due protagonisti, iniziati 2750 anni
fa?

Bibliografia

Calzolari V. (2012), Urbanizzazione della città e del territorio di Roma in rapporto alla struttura
geologica, ambientale e storica, in Geologia dell’Ambiente, n. 1/2012, Sigea, Roma.

Cesari G. (2016), Tra l’ansa del Tevere, l’isola di Esculapio e il rientro di Trastevere, dove è nata
la portualità romana, in Geologia dell’Ambiente n. 1/2016, Sigea, Roma.
Cosentino D., Kotzakis A., Parotto M. (1981), Il pianeta inquieto. La Terra. Attraverso lo spazio e
il tempo: storia della Terra, 5 miliardi di anni – Ipotesi per un museo della scienza. Roma 29
maggio/31 luglio 1981 – Palazzo delle Esposizioni. Multigrafica Editrice, Roma.

Frosini P. (1977), Il Tevere. Le inondazioni di Roma e i provvedimenti presi dal Governo italiano
per evitarle, Accademia nazionale dei Lincei vol. XIII, Roma,

Gisotti G. (2012) Il dissesto idrogeologico. Previsione, prevenzione e mitigazione del rischio,
Collana Sigea di geologia ambientale, Dario Flaccovio Editore, Palermo.

Gisotti G., Zarlenga F. (2004), Geologia ambientale, Dario Flaccovio Editore, Palermo.

Lanciani R. (1881), Le acque e gli acquedotti di Roma antica, Roma.

Parotto M. (2008), Evoluzione paleogeografica dell’area romana: una breve sintesi, in Funiciello
R., Praturlon A., Giordano G. (Editors) – La geologia di Roma dal centro storico alla periferia.
Memorie descrittive dalla carta geologica d’Italia, Vol. LXXX. APAT, Servizio geologico d’Italia,
Roma.
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