La gestione del Servizio Idrico Integrato e i nuovi modelli di "democrazia organizzativa" - di Viviana Vaira

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ISSN 1826-3534

      23 SETTEMBRE 2020

La gestione del Servizio Idrico
Integrato e i nuovi modelli di
 “democrazia organizzativa”

             di Viviana Vaira
    Dottoranda di ricerca in Diritti e istituzioni
         Università degli Studi di Torino
La gestione del Servizio Idrico Integrato e i
    nuovi modelli di “democrazia organizzativa”*
                                            di Viviana Vaira
                              Dottoranda di ricerca in Diritti e istituzioni
                                   Università degli Studi di Torino

Abstract [It]: L’elaborato propone una riflessione sul Servizio Idrico Integrato richiamando le teorie sulla titolarità
delle risorse idriche ed approfondendo la portata del principio democratico nella gestione dello stesso. Particolare
attenzione è dedicata all’autonomia della p.a. nell’opzione tra autoproduzione ed esternalizzazione, nonché
all’elemento della legittimazione, che sarà approfondito attraverso la comparazione con il diritto tedesco. Infine, si
propone una rivisitazione dei tradizionali modelli organizzativi verso nuove forme di democrazia delibero-
partecipativa.

Abstract [En]: The paper examines the role of the Public Administration by the implementation of efficient,
commons-based governance models of the integrated water cycle. The legitimation degree of such services at
organizational level is explored through a comparative perspective focused on German legislation and
jurisprudence, as well as on the principles of democracy and welfare. This leads to the further investigation of the
EU Law-principle of neutrality and paves the way to new models of participatory democracy within water services.

Sommario: 1. Introduzione. 2. La titolarità delle risorse idriche. 3. L’evoluzione della disciplina del SII nel quadro
giuridico nazionale ed europeo. 4. La trasformazione delle società di capitali in aziende speciali. 5. Il principio di
neutralità delle forme giuridiche soggettive. 6. La gestione dei servizi idrici nell’ordinamento giuridico tedesco: la
legittimazione democratica delle associazioni speciali dell’acqua. 7. Nuovi modelli di “democrazia organizzativa”.

1. Introduzione
I pubblici servizi orientati all’affermazione dello “Stato sociale” come forma storicamente successiva allo
Stato di diritto1 presentano un’insita connessione con principi e valori costituzionali. Molteplici fili rossi
ricollegano l’effettivo perseguimento dello sviluppo economico e sociale delle comunità locali alle
modalità con cui la p.a. garantisce la predisposizione di attività finalizzate al soddisfacimento dei bisogni
essenziali dei cittadini. Entro questo scenario le organizzazioni comunali intese alla gestione dei servizi
pubblici si differenziano, generalmente, a seconda della qualificazione del servizio. Mentre i servizi
pubblici locali (SPL) di rilevanza economica possono essere gestiti in forma di impresa, i servizi sociali
concernono il complesso delle prestazioni erogate a soddisfacimento di “diritti sociali”
costituzionalmente tutelati e, a differenza dei primi, non individuano nel lucro la finalità preminente del
gestore (anche laddove gestiti in forma di impresa)2. Sotto tale profilo, la questione sulla compatibilità tra

* Articolo sottoposto a referaggio.
1 R. CAVALLO PERIN, I servizi pubblici tra enti locali e regione, in M. DOGLIANI – J. LUTHER – A. POGGI (a cura di),
Lineamenti di diritto costituzionale della regione Piemonte, Torino, 2018, p. 290.
2 V. CERULLI IRELLI, Lineamenti del diritto amministrativo, Torino, 2007, p. 144.

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il perseguimento delle finalità pubbliche e l’apertura alla concorrenza nella gestione del Servizio Idrico
Integrato (SII)3 ha assunto progressiva importanza, in specie con riguardo al regime giuridico di
appartenenza delle risorse idriche4 e la rilevanza costituzionale del c.d. diritto di accesso all’acqua5.
Partendo dalla teoria hardiana, che pone il problema della gestione di taluni beni da parte dei singoli
soggetti nell’incapacità di autoregolazione degli stessi 6, in letteratura7 si è sostenuto che la gestione
“pubblica e partecipativa” del SII garantirebbe maggiore effettività del c.d. diritto all’acqua delle collettività
e nelle collettività in cui si manifestano gli interessi pretensivi alla prestazione del servizio idrico quale
diritto fondamentale8. I numerosi interventi legislativi che hanno interessato la materia dei servizi idrici
evidenziano ulteriormente la tensione tra istanze di maggiore concorrenzialità e la necessità di garantire
servizi adeguati alle realtà territoriali cui sono rivolti mediante un rafforzamento del ruolo delle autonomie

3 Secondo la definizione fornita dall’art. 141 del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e dal D.P.C.M. 20 luglio 2012,
art. 3, il SII è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di
fognatura e di depurazione delle acque reflue, compresi i servizi di captazione adduzione a usi multipli e i servizi di
depurazione ad usi misti civili e industriali e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità,
nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie.
4 Sul tema si v. D. CASALINI, Fondamenti per un diritto delle acque dolci, Torino, 2014.
5 Seguendo la classificazione dei diritti di Bobbio, il diritto all’acqua si inquadra tra i nuovi diritti di solidarietà, anche

definiti di terza generazione. Si v. N. BOBBIO, L’età dei diritti, Torino, 1997, pp. 263 ss. Nella maggioranza degli Stati
membri dell’Unione Europea, l’accesso all’acqua acquista la qualifica di diritto fondamentale mediante uno sforzo
ermeneutico focalizzato su norme costituzionali “a fattispecie aperta”, cioè attraverso l’intermediazione del diritto alla
vita e della dignità della persona, di cui il diritto all’acqua è estensione. A. CRISMANI, La protezione costituzionale del diritto
all’acqua pubblica, in Amministrazione in cammino, 30 dicembre 2016 (rivista online), pp. 10 ss. Sul tema si cfr., tra i tanti, A.
OLMO, Diritto all’acqua potabile e alle misure igienico-sanitarie, in Diritti umani e diritto internazionale, 1/2011, pp.178 ss; C.
IANNELLO, Il diritto all’acqua, Napoli, 2013, pp. 53 ss.; A. CAUDURO, La fornitura del quantitativo minimo vitale di acqua,
in Dir. Amm. 4/2017, pp. 839 ss; L. VIOLINI, Il bene comune acqua nella prospettiva multilivello, in DeS 3/2016, p. 535.
La legge 221/2015 recante “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il
contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” dedica il Capo VIII a prescrizioni volte a garantire l’accesso
universale all’acqua. Tali norme assumono cruciale importanza per la promozione di uno sviluppo sostenibile del sistema
idrico integrato e per la razionalizzazione dell’uso della risorsa idrica. Si prescrive l’adozione di direttive per il
contenimento della morosità degli utenti del servizio idrico integrato da parte delle autorità di regolamentazione
competente, in modo tale che sia salvaguardata, tenuto conto dell’equilibrio economico-finanziario dei gestori, la
copertura dei costi efficienti di esercizio e investimento, garantendo al contempo il quantitativo minimo vitale di acqua
necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura per gli utenti morosi. Cfr. L. GAROFALO,
Osservazioni sul diritto all'acqua nell'ordinamento internazionale, in Analisi Giuridica dell'Economia, 1/2010, pp. 11 ss.; L.
MEZZETTI, Il diritto all’acqua negli ordinamenti dei paesi latinoamericani: evoluzioni recenti e prospettive, in Diritto pubblico comparato
ed europeo 2/2012, pp. 553-565.; L. MARTIN, Agua y saneamiento como derecho humano y servicio público.Implicancias de su
reconocimiento para el caso argentino, in M. ANDREIS (a cura di), Acqua, servizio pubblico e partecipazione, Torino, 2015, pp. 351
ss.
6 Si v. G. HARDIN, The tragedy of inmanaged commons, in Trends in Ecology & Evolution 9:5, May 1994, pp. 199 ss.
7 Si v. U. MATTEI – A. QUARTA, L’acqua e il suo diritto, Roma, 2014; M. FIORENTINI, L'acqua da bene economico a "res

communis omnium" a bene collettivo, in Analisi Giuridica dell'Economia 1/2010, p. 63 ss.; I. CIOLLI, Sulla natura giuridica dei beni
comuni, in DeS 3/2016, p. 481; F. SORRENTINO, L’acqua come bene comune e come servizio pubblico, in DeS 3/2016, p. 545.
Per un’esauriente trattazione si cfr. inoltre A. DANI, Le risorse naturali come beni comuni, Arcidosso, 2013.
8 S. STAIANO, Note sul diritto fondamentale all’acqua. Proprietà del bene, gestione del servizio, ideologia di privatizzazione, in

federalismi.it, 5/2011, pp. 9 ss.; si cfr. anche R. LOMBARDI, La tutela delle posizioni giuridiche meta-individuali nel processo
amministrativo, Torino, 2008.

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locali nella gestione dei SPL9. Il tema della gestione dei SPL vive così una rapida evoluzione normativa,
conseguenza del necessario ripensamento del sistema di welfare, che ad oggi si impone in ragione di
vincoli di finanza pubblica sempre più stringenti e nel perseguimento dei canoni di efficienza, efficacia
ed economicità e di sana gestione finanziaria. Da ultimo, la presentazione nel 2018 del Disegno di Legge
“Daga”10 ha riaperto un dibattito ormai datato nel tempo circa le modalità di organizzazione
amministrativa e gestionale nel settore idrico. La proposta di riforma costituisce un forte impulso verso
la gestione pubblica, con l’obiettivo di aumentare gli investimenti infrastrutturali e valorizzare il ruolo
pubblico nella gestione dei SII, definito un «servizio pubblico locale di interesse generale non destinato
ad essere collocato sul mercato in regime di concorrenza»11. Da ciò conseguirebbe la cessazione di tutte
le gestioni affidate a società di capitali e l’affidamento del servizio in via esclusiva ad “aziende speciali” o
“enti di diritto pubblico”12 affinché l’attività sia realizzata senza finalità lucrative, bensì meramente
istituzionali di carattere sociale e ambientale. Inoltre, facendo perno sulla gestione partecipativa del ciclo
integrato dell’acqua13, si propone l’introduzione di numerose novità di natura ordinamentale. Oltre al
(ri)trasferimento delle competenze di regolazione, controllo e definizione tariffaria dell’Autorità di
Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) e degli organismi di ambito territoriale in capo al
Ministero dell’Ambiente14 è prevista la sostituzione degli Enti di Governo d’Ambito con nuovi “Consigli
di Bacino” aventi competenza territoriale limitata ai bacini o sub-bacini, individuati dalle Regioni, che
non potranno in ogni caso superare i confini di area vasta. Tale prospettiva implica una radicale inversione

9 C. FELIZIANI, Il servizio pubblico verso la (ri)scoperta dei principi di adeguatezza, differenziazione e autonomia. Il caso della gestione
dei rifiuti in Italia e in Inghilterra, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, fasc.3-4, 2015, p. 845.
10 Proposta di legge AC 52, Daga e altri: “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque”

presentata alla Camera dei Deputati il 23 marzo 2018 - abbinata con C. 773, relatore On. Federica Daga. In corso di
esame in Commissione in sede Referente alla Commissione VIII Ambiente. La PdL prevede la ripubblicizzazione del
SII ed il ritorno ad un modello di gestione diretta da parte dei Comuni sopra i 5.000 abitanti.
11 Così l’art. 9, comma 1 della citata PdL.
12 Come disposto all’art. 8, comma 3 della citata PdL. Le Regioni scelgono il modello di gestione del servizio optando

esclusivamente per l’azienda speciale o per un ente di diritto pubblico (art. 8, comma 3), con possibilità, per i Comuni
con meno di 5.000 abitanti appartenenti ad unioni di comuni o a comunità montane, di gestire il servizio in economia.
13 La proposta di legge esordisce affermando che “i beni comuni come l’acqua, il territorio, l’energia, i rifiuti e servizi

pubblici essenziali come quelli deputati a garantire un benessere locale di qualità, appartengono alla comunità e non
possono in alcun modo essere sottratti alla stessa, condizionandone la fruizione da parte di tutti i cittadini e limitandone
la piena partecipazione al loro governo e alla loro gestione democratica”. In questa prospettiva, la PdL si caratterizza
come legge-quadro in cui sono dettati i princìpi per l’utilizzo, la gestione ed il governo delle acque che si prefigge
l’obiettivo principale di favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell’acqua, in
grado di garantirne un uso sostenibile e solidale, nel quadro delle politiche complessive di tutela e di gestione del
territorio.
14 Per un interessante approfondimento sul ruolo della regolazione delle smart grid nell’erogazione dei servizi pubblici

si v. S. ANTONIAZZI, Smart city nell’esperienza italiana, in V. AGUADO I CUDOLÀ – V. PARISIO – Ò. CASANOVAS
I IBÀÑEZ (a cura di), El derecho a la ciudad: el reto de las smart cities, Madrid, 2018, pp. 171-190.

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di rotta rispetto al percorso di integrazione delle gestioni locali avviatosi con la Legge Galli15 e finalizzato
alla sostenibilità territoriale ed economica del SII16.
Tali disposizioni offrono spunti di riflessione in relazione al tema dell’autonomia della p.a. nell’opzione
tra autoproduzione ed esternalizzazione del servizio, richiamando il significato sostanziale della endiadi
differenziazione e adeguatezza in correlazione al principio di autonomia organizzativa degli enti locali. In
seguito alla rassegna delle principali teorie sulla titolarità delle risorse idriche viene in esame la rilevanza
dell’elemento soggettivo nella gestione del SII alla luce del quadro normativo nazionale ed europeo, con
particolare attenzione al principio di neutralità della forma giuridica. Di qui muovono considerazioni
riferibili all’analisi economica del diritto17 ed al principio di autorganizzazione della p.a. volte ad esaminare
all’effettiva rispondenza del SII ad un bisogno collettivo diffuso in termini di best value18.
Un secondo punto di riflessione riguarda il coinvolgimento della comunità amministrata. Può assumere
rilevanza sul punto la lettura offerta dalla dottrina tedesca, a mente della quale nella scelta della p.a. circa
l’organizzazione e la gestione di determinati servizi pubblici vi siano vincoli costituzionali riferibili al
principio di Stato sociale (art. 20, primo comma della Costituzione della Repubblica Federale Tedesca –
Grundgesetz)19 e al principio di democrazia (art. 20, secondo comma del Grundgesetz)20. Tali vincoli si
traducono nella limitazione del potere di c.d. autoamministrazione organizzativa dell’ente locale ogni
volta che (e nella misura in cui) le scelte organizzative dell’amministrazione siano destinate a incidere,

15 Legge 5 gennaio 1994, n. 36 recante Disposizioni in materia di risorse idriche, in GU Serie Generale n. 14 del 19 gennaio
1994, Suppl. Ordinario n. 11.
16 Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, Audizione su AC 52 PDL “Disposizioni in materia di gestione pubblica e

partecipativa del ciclo integrale delle acque” e AC 773 Pdl “Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque”, VIII
Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici – Camera dei Deputati, Roma, 18 dicembre 2018. In attuazione della
Legge Galli le Regioni istituivano le Aitorità di Ambito Territoriale Ottimale (AATO), oggi Enti di governo d’Ambito
(EgATO), le quali hanno provveduto ad affidare la gestione e l’erogazione dei Servizi di Acquedotto, Fognatura e
Depurazione ad aziende dotate di adeguata capacità tecnico-organizzativa e gestionale al fine di attuare le politiche per
la tutela delle risorse idriche su tutto il territorio nazionale, consentendo di superare la frammentazione dei sistemi idrici
per un progressivo aumento dei volumi di investimento e dello sviluppo infrastrutturale.
17 Considerazioni che interessano esponenzialmente l’analisi economica del diritto sviluppata dagli economisti R. Coase

e G. Becker, e dai giuristi G. Calabresi e R. Poesner, e che riguardano soprattutto il concetto di “efficienza” fondato
sulla comparazione dei diversi esiti economici che la norma giuridica comporta. Sulla base di tale approccio,
l’elaborazione del concetto paretiano di “efficienza economica” fondata sulle allocazioni ottimali permette di introdurre
il paradigma della c.d. razionalità economica nella nozione di “efficienza della p.a.”, intesa quale adattamento costante
dei mezzi ai fini (si v. G. BUSINO, Vilfredo Pareto et le canton de Vaud, in European Review of Social Science 2010, 119). Per
un’esaustiva analisi sul tema si v. P. GALLO, Introduzione al diritto comparato, Vol. III: Analisi economica del diritto, Torino,
1998.
18 Su cui S. FOÀ, Gli operatori economici, in C.E. GALLO (a cura di), Autorità e consenso nei contratti pubblici: dalle direttive 2014

al Codice 2016, Torino, 2017, 59.
19 L’articolo 20, comma 1 della Costituzione tedesca sancisce che la Repubblica tedesca è uno stato federale democratico

e sociale (Die Bundesrepublik Deutschland ist ein demokratischer und sozialer Bundesstaat).
  L’articolo 20, secondo comma, della Costituzione tedesca sancisce che tutti i poteri pubblici promanano dal popolo
(Alle Staatsgewalt geht vom Volke aus).
20 L’articolo 20, secondo comma, della Costituzione tedesca sancisce che tutti i poteri pubblici promanano dal popolo

(Alle Staatsgewalt geht vom Volke aus).

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come si vedrà21, sull’efficace perseguimento delle finalità intrinsecamente pubbliche e sociali del servizio
idrico.

2. La titolarità delle risorse idriche
Ricollegandosi al pensiero giusnaturalista ed al concetto di proprietà quale diritto naturale “strumentale a
un’esistenza libera o alla libertà”22, sia le scienze sociali che gli studi giuridici approcciano lo studio del
diritto all’acqua focalizzando l’attenzione sullo status della risorsa idrica dal punto di vista della teoria dei
beni23. Secondo parte della dottrina, il carattere demaniale delle acque si incardina nella loro destinazione
al pubblico uso, diretto e immediato24, mentre il carattere più generale della loro pubblicità va inteso quale
espressione di una potestà dispositiva funzionale alla tutela dell’interesse pubblico connesso alle varie
utilizzazioni di un corpo idrico25. Altra dottrina ricollega la definizione di acqua pubblica al carattere
dell’uso pubblico cui un bene è adatto e risulta destinato dalla legge26. Secondo quest’ultima prospettiva
di matrice “funzionalistica” qualunque bene nel cui uso si concreta una funzione pubblica è da
considerarsi demaniale27. Questa impostazione si afferma nel nostro ordinamento attraverso la sancita
demanialità di tutte le acque superficiali e sotterranee di cui all’art. 144, comma 1, del d.lgs. 152/2006
(codice dell’ambiente28). La stessa norma definisce le acque una “risorsa” da tutelare e da utilizzare
secondo criteri di solidarietà, anche intergenerazionale (comma 2), orientando la disciplina degli usi alla
loro razionalizzazione (comma 3), e ponendo il consumo umano in posizione preminente rispetto alle
altre tipologie di utilizzazione delle risorse idriche (comma 4). Corollario di tale disposto è la
subordinazione dell’uso razionale, sostenibile e solidale alla prioritaria esigenza di tutela e conservazione29.
Altra dottrina sostiene invece che la risorsa, a differenza dei beni, non possa formare oggetto di dominio
in quanto essa rappresenta l’apprezzamento concettuale unitario di un insieme qualificato e indeterminato
di cose che prescinde dal classico regime di appartenenza e si ricollega alla comunità 30. Secondo tale
modello di appartenenza la titolarità dei beni collettivi da parte dello Stato-comunità si fonda, invero,

21 Infra, § 6.
22 A. BALDASSARE, Diritti inviolabili, in Enc. Giur., XII, 1989, 1 p. 26 citando U. GROZIO, Le droit de la guerre e de la
paix, Roma, 1965, pp. 226.
23 C. IANNELLO, Il diritto all’acqua, Napoli, 2013, p. 28.
24 Cfr. E. GUICCIARDINI, Il demanio, Padova, 1934, p. 50 ss.
25 G. GROSSO, Corso di diritto romano: Le cose, Torino, 1941, p. 100.
26 L. FILIPPI, L'utilizzazione delle acque pubbliche, Roma, 1928, pp. 21 ss.
27 Citando Filippi, A. GILARDONI, Acque Pubbliche, Vol. III, Roma, 1935, p. 135, p.to 167.
28 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 aggiornato con le modifiche, da ultimo, introdotte dalla L. 3 maggio 2019,

n. 37 e dal D.L. 29 marzo 2019, n. 27 convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2019, n. 44.
29 S. MATTEOLLI, Commento sub art. 144, in L. COSTATO – F. PELLIZZER Commentario breve al codice dell’ambiente, seconda

ed. 2012, Padova, p. 483, p.to III.2 e 3.
30 D. CASALINI, Fondamenti per un diritto delle acque dolci, cit., p. 35.

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sull’assioma della sovranità intesa quale fondamento dell’organizzazione del potere pubblico31. Ciò si
traduce nella rivendicazione, da parte delle comunità territoriali, di un “potere” sulle risorse naturali
essenziali teso a garantirne la stabile destinazione al servizio della collettività32.
Nondimeno, la critica ai processi di privatizzazione nel settore idrico a fronte delle sfide ambientali, sociali
ed economiche scaturite nel contesto di una non controllata e sempre più crescente globalizzazione ha
trovato spazio nell’orientamento dottrinale che vede nella risorsa idrica non un mero bene economico da
sfruttare in un’ottica di mercato, bensì un diritto inalienabile dell’umanità, richiamando la sua natura
giuridica di “cosa comune ad ognuno”33. La nozione ‘bene comune’ ha così aperto le porte alla
proliferazione di teorie a livello trasversale ed interdisciplinare che coinvolgono, oltre alle scienze
giuridiche ed economiche, anche quelle sociali, umanistiche ed urbanistiche, le quali si diramano
rispettivamente in una moltitudine di varianti dottrinali. Alla luce di tale sovraccarico scientifico di portata
internazionale, dell’intrinseca eterogeneità dei beni comuni, dell’acerba recezione giurisprudenziale e
dell’unanime tendenza a riportare l’origine di tale concetto al diritto romano di res communes omnium,
permane una certa ambiguità terminologica in riferimento a tale qualificazione 34. Nello scibile dei beni
comuni si definiscono tali quei beni funzionali ad una particolare tipologia di diritti fondamentali “di
ultima generazione”35 che sono scollegati sia dal paradigma individualistico-dominicale, sia da quello

31 P. MADDALENA, I beni comuni nel codice civile, nella tradizione romanistica e nella Costituzione della Repubblica Italiana, in Giur.
cost. 3/2011, p. 2619 s.
32 D. CASALINI, op. cit., p. 309.
33 M. FIORENTINI, L'acqua da bene economico a "res communis omnium" a bene collettivo, in Analisi Giuridica dell'Economia, Studi e

discussioni sul diritto dell'impresa 1/2010, p. 67; I. CIOLLI, Sulla natura giuridica dei beni comuni, in DeS 3/2016, p. 481.
34 L. D’ANDREA, I beni comuni tra pubblico e privato, cit., p. 435. All’interno di questo poliedrico scenario, alcuni autori li

definiscono in negativo, escludendone la riferibilità sia a beni privati che all’ambito dei beni patrimoniali e demaniali
dello Stato, e in positivo, richiamando il concetto romanistico di res communis omnium, che, a prescindere dal titolo di
proprietà, è caratterizzzato da una (particolare) destinazione a fini di utilità generale, in quanto i beni comuni sono
orientati al raggiungimento della coesione economico-sociale e territoriale e al soddisfacimento di diritti fondamentali.
Cfr. A. LUCARELLI, Note minime per una teoria giuridica dei beni comuni, in Quale Stato 3-4/ 2007, p. 91.
35 Tra i commons sono ricompresi anche beni ambientali, paesaggistici e culturali. Sul tema cfr. P. MADDALENA, L’ambiente

e le sue componenti come beni comuni in proprietà collettiva della presente e delle future generazioni, in Diritto e Società 2/2012, pp. 337-
384; A. TURCO, Paesaggio, luogo, ambiente: la configurabilità territoriale come bene comune, Milano 2014; S. MARINO, Il danno
all'ambiente come bene comune e la disciplina della responsabilità: profili di diritto internazionale privato, in Rivista giuridica dell'ambiente,
2016 fasc. 1, pp. 3 – 40; P. MADDALENA, Il territorio bene comune degli italiani : proprietà collettiva, proprietà privata e interesse
pubblico, Roma 2014; A. GORIA – L. MERCALLI, Clima bene comune, Milano 2013; Si veda anche TAR Veneto, 18 dicembre
2007, n. 4029; S. SETTIS, Il paesaggio come bene comune, Milano 2013; E. BOSCOLO, Le nozioni di paesaggio. La tutela giuridica di
un bene comune (in appartenenza diffusa) tra valori culturali e identitari, in GiustAmm.it, 2016 fasc. 5, pp. 14 ss.; A. CIOFFI,
Paesaggio, ambiente e “beni comuni” nella giurisdizione amministrativa in Diritto agroalimentare, 2016, fasc. 3, pp. 463 – 471.C. HESS
- E. OSTROM - P. FERRI (a cura di), La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, Milano 2009; S. CASSESE, Il futuro
della disciplina dei beni culturali, in Giorn. Dir. Amm. II/2012, pp. 781-790; V. CAPUTI JAMBRENGHI, Bene comune (obblighi e
utilità comuni) e tutela del patrimonio culturale, in GiustAmm.it, 2015 fasc. 9; S. FOÁ, Gestione e alienazione dei beni culturali, cit.; S.
MAROTTA, Per una lettura sociologico-giuridica dei beni culturali come beni comuni, in Munus, 2016 fasc. 2, pp. 439 – 453; S. SATTIS,
T. MONTANARI, A. LEONE (a cura di) Costituzione incompiuta: arte, paesaggio, ambiente, Torino 2013; D. CORTESE, Cultura
è patrimonio : fruizione e conservazione di risorse e valori comuni sul territorio, Rivoli 2016; P. MADDALENA, I beni comuni nel codice
civile, nella tradizione romanistica e nella Costituzione della Repubblica Italiana, in Giur. cost. 3/2011, pp. 2613 ss.

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autoritario dello stato assistenziale36. I commons si distinguono dunque dai beni pubblici e da quelli privati
formando una sorta di tertium genus37 in cui sono ricomprese quelle “cose” che, essendo per loro natura
idonee a soddisfare bisogni umani, sono caratterizzate dall’essenzialità e richiedono pertanto uno speciale
ed autonomo regime giuridico38. Rompendo i nessi concettuali con la tradizionale tassonomia dei beni
pubblici, nella categoria dei beni comuni confluiscono così beni del demanio necessario ed eventuale, del
patrimonio indisponibile e disponibile e beni-risorsa dalla natura eterogenea, non suscettibili di
assoggettamento a proprietà pubblica o privata39. Anche la giurisprudenza di legittimità individua il fulcro
dei beni comuni nell’attitudine ad essere “strumenti per la realizzazione dei diritti fondamentali della
persona e di interessi superindividuali”40. In altre parole, essi costituiscono un insieme eterogeneo di beni
necessari (materiali e immateriali) che si contraddistinguono per una particolare destinazione pubblica,
più elevata rispetto alla classica accezione in quanto riferibile a diritti fondamentali e interessi non
solamente generali, quanto più omnium communes41. Per mezzo del suo comune uso, il bene viene dunque
ad assumere una “funzione comune” all’interno della società civile e trova la sua compiuta espressione in
un fluido e funzionale nesso di appartenenza lato sensu42. Elemento di particolare rilevanza è il rapporto
tra bene e il suo fruitore. Tale rapporto è connotato da due fondamentali caratteristiche individuate dalla

36 Così U. MATTEI, Beni comuni. Un manifesto, Roma-Bari, Laterza editore, 2011, passim.
37 F. VIOLA, Beni comuni e bene comune, in DeS 3/ 2016, p. 381.
38 A. LUCARELLI, Note minime per una teoria giuridica dei beni comuni, in Quale Stato 3-4/ 2007, p. 91. Sull’argomento si cfr.,

tra i tanti, A. CIERVO, I beni comuni, Roma, 2013; S. RODOTÀ, Beni comuni e categorie giuridiche. Una rivisitazione necessaria, in
Quest. giust. 2011, pp. 237-355; V. CERULLI IRELLI – L. DE LUCIA, Beni comuni e diritti collettivi, in Politica del diritto 1/2014,
pp. 3-36; I. CIOLLI, Sulla natura giuridica dei beni comuni, in Diritto e Società 3/2016, pp. 457-482; R. LOMBARDI, Ambiente e
mercato: note minime per una nuova prospettiva d’indagine sui beni comuni, in R. FERRARA - M. A. SANDULLI a cura di R. FERRARA
–C. E. GALLO, Trattato di diritto dell’ambiente, Vol. I, Giuffrè editore, Milano, 2014 (pp. 67-92); O. T. SCOZZAFAVA, I beni
comuni, in Jus civile, 3/2016, pp. 8 ss.; P. MADDALENA, L’ambiente e le sue componenti come beni comuni in proprietà collettiva della
presente e delle future generazioni, in Diritto e Società 2/2012, pp. 337-384.
39 In particolare, tale categoria si distingue da quella dei beni demaniali (anch’essi caratterizzati da un’attitudine a

soddisfare interessi generali anche fondamentali) non solo per l’inclusione di beni immateriali. Invero, mentre
quest’ultima si regge sul carattere a doppio binario dell’uso pubblico e della proprietà pubblica in cui la destinazione del
bene alla collettività si incardina nella rispettiva titolarità in capo allo Stato, nella categoria dei beni comuni si prescinde
dal discorso sulla titolarità statale per collocare il baricentro unicamente sulla (particolare) destinazione pubblica,
concretizzandola in regimi giuridici sui generis e in forme di gestione-valorizzazione del bene a ciò più appropriate. M.
T. P. CAPUTI JAMBRENGHI, Note minime su beni comuni e funzione amministrativa, in Costituzionalismo.it n. 1/2017, p. 87.
40 Cass., SS.UU. civili del 14 febbraio 2011, sent. n. 3665. Sul punto si cfr. M. MATTIUZZI, Proprietà e destinazione pubblica

nella disciplina delle reti idriche (nota a commento della sentenza della Corte costituzionale 25 novembre 2011 n. 320), in Le
Regioni, 1-2/2012, p. 386.
41 P. MADDALENA, I beni comuni nel codice civile, nella tradizione romanistica e nella Costituzione della Repubblica Italiana, in Giur.

cost. 3/2011, p. 2115. Con l’astrazione dalle tradizionali categorie del dominium si espungono quella serie di disposizioni
del bene collegate all’aspetto patrimonial-dominicale al fine di giungere ad una più sostanziale garanzia dell’uso comune
cui le res communes sono vocate. In tal modo si pone l’accento sulle logiche dispositive funzionali alla garanzia effettiva
della piena fruibilità del bene, non innacquate da fini commerciali inerenti diritti proprietari sul bene stesso. M. T. P.
CAPUTI JAMBRENGHI, op. cit., p. 85.
42 A. LUCARELLI, Crisi della democrazia e funzione sociale dei beni pubblici, in DeS 3/2016, pp. 454 ss.

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analisi degli economisti dei beni comuni43: da un lato, la circostanza per cui l’uso da parte di un soggetto
compromette l’uso da parte di altri (rivalità); dall’altro, l’impossibilità di escludere in assoluto un soggetto
dall’uso di tali beni (non escludibilità), in quanto aventi valore essenziale44. Accogliendo questa
impostazione è possibile prospettare uno sviluppo innovativo della disciplina del SII individuando nuovi
principi generali di gestione e di governo del patrimonio idrico nazionale e qualificando il diritto all’acqua
potabile di qualità nonché ai servizi igienico-sanitari come “diritto umano essenziale al pieno godimento
della vita e di tutti i diritti umani”, come espressamente sancito dalla risoluzione dell’ONU del 26 luglio
201045.

3. L’evoluzione della disciplina del SII nel quadro giuridico nazionale ed europeo
Il SII costituisce un servizio a rete di rilevanza economica46 che si caratterizza per il fondamentale ruolo
assunto dagli enti locali nella determinazione degli aspetti organizzativi e gestionali 47. In quanto tale, in
esso si informa il principio di economicità della gestione, inteso come idoneità a coprire (interamente) i
costi della gestione con i ricavi conseguiti. Ciò significa che il SII si orienta all’equilibrio economico per

43  Elionor Ostrom elabora quattro categorie di beni distinguendoli in beni privati: escludibili e rivali; beni di club
caratterizzati da elementi di accesso o consumo congiunto, quindi non rivali ma esclusivi; beni (o risorse) comuni: non
escludibili ma rivali a causa della loro esauribilità; beni pubblici che, nella suddivisione proposta, non sono escludibili,
né rivali, nei quali si fanno rientrare ad esempio la pace, la sicurezza, la difesa nazionale, la protezione dagli incendi, la
navigazione sul web ecc. E. OSTROM, Governing the commons. The evolution of collective actions, Cambridge 1990 e, in
collaborazione con R. GAEDNER, J. WALKER, Rules, Games and Public Choices, in E. S. SAVAS (a cura di), Alternatives for
Delivering Public Services: Toward Improved Performance, Boulder, 1977, pp. 7 ss. È importante sottolineare che proprio questo
tipo di considerazione permette di opinare la scelta di ricondurre la nozione di beni comuni nella categoria delle res
communes omnium del diritto romano, specie con riguardo alla risorsa idrica. Ciò in quanto nell’impostazione marciana
l’acqua era ritenuta una risorsa illimitata. In questo senso M. FIORENTINI, L'acqua da bene economico a "res communis omnium"
a bene collettivo, in Analisi Giuridica dell'Economia, Studi e discussioni sul diritto dell'impresa 1/2010, p. 42.
44 M. T. P. CAPUTI JAMBRENGHI, op.cit., p. 93 s.
45 Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Risoluzione A/64/L.63/Rev.1, Il diritto umano all'acqua e ai servizi igienico-

sanitari di base, Sessantaquattresima sessione, ordine del giorno n. 48.
46 Nonché un servizio di interesse economico generale (SIEG) ai sensi dell’art. 106 del Trattato UE. Una certa ambiguità

terminologica è riconnessa sia alla natura pubblica dell'elemento soggettivo del gestore che a quella degli interessi
perseguiti. La Comunicazione della Commissione Europea relativa ai servizi di interesse generale del 20 settembre 2000
fa espresso riferimento ai c.d. "obblighi di servizio pubblico" nonché al fatto che essi rientrino tra i servizi di base forniti dietro
pagamento. L. PERFETTI, Servizi di interesse economico generale e pubblici servizi (Sulla Comunicazione della Commissione Europea
relativa ai servizi di interesse generale del 20 settembre 2000), in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 3-4/2001, p. 481. Nella
giurisprudenza italiana si è più volte affermato che la rilevanza economica di un pubblico servizio si deduce dalle modalità
di organizzazione dello stesso, non già dall’oggetto dell’attività. Tali modelli organizzativi debbono garantire un utile di
gestione a prescindere dal fine di lucro. Così, ex multis, Cons. St., Sez. VI, sentenza del 25 novembre 2008, n. 578
sull’illegittimità dell'affidamento in house ad una fondazione lirico-sinfonica del servizio di gestione di un teatro per
mancanza dei requisiti legittimanti l'affidamento diretto di un servizio pubblico locale. Similmente, anche la Corte di
Giustizia dell’UE evidenzia come l’attività del SII sia da profilarsi oggettivamente economica e pertanto, seppure tesa al
soddisfacimento di bisogni della collettività, implica l’offerta di beni e servizi sul mercato, strettamente suscettibile alla
finalità lucrativa. Così CGUE, sentenza del 23 maggio 2003, C – 18/01, in GU.CE, 19 luglio 2003, C-171.
47 Corte cost., 17 novembre 2010, n. 325; si cfr. anche Corte cost., 17 luglio 2010, n. 199.

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mezzo di una gestione imprenditoriale48 in grado di garantire, con tariffe a prezzi accessibili, la copertura
del servizio anche laddove le condizioni territoriali ed infrastrutturali richiedano ingenti investimenti,
secondo il modello del servizio universale49.
La vigente disciplina del SII si orienta alla qualità e alla diffusione del servizio in modo omogeneo
sull’intero territorio nazionale, alla definizione di un sistema tariffario equo, trasparente e non
discriminatorio, alla tutela degli utenti ed alla gestione in condizioni di equilibrio economico e finanziario,
tenendo conto dei principi di “recupero integrale dei costi” e “chi inquina paga”50. Tra i principi cardine
della materia si afferma poi, a fianco della visione unitaria della risorsa idrica, il superamento della
frammentazione territoriale che ha contrassegnato le pregresse gestioni (per lo più condotte in
amministrazione diretta o in economia dai vari enti locali) per assicurare, mediante la più razionale
organizzazione territoriale del servizio, un efficiente e strategico utilizzo delle risorse 51.
Il Giudice delle leggi ha confermato la riconducibilità della disciplina delle forme di gestione e delle
modalità di affidamento del SII ai titoli di competenza esclusiva dello Stato di cui alle lett. e), s), p) e m)
dell’art. 117, secondo comma, Cost. (tutela della concorrenza; tutela dell’ambiente; funzioni fondamentali
degli enti locali; determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni)52. Si tratta di materie c.d.
“trasversali”, idonee ad incidere sugli ambiti di applicazione di altre materie attribuite alla competenza
legislativa concorrente o residuale delle Regioni53 cui consegue un’ineluttabile omologazione delle
discipline regionali al modello statale54. Ulteriore conseguenza è il sensibile restringimento dei poteri delle
Regioni nella disciplina del SII, da contemperarsi mediante lo scrupoloso rispetto dei limiti di
proporzionalità ed adeguatezza nell’esercizio della competenza legislativa statale55, ove le disposizioni in

48 F. CASTOLDI, La riforma dei servizi pubblici locali a rilevanza economica al vaglio della Corte costituzionale: i riflessi di alcune questioni
trattate dalla sentenza sul servizio idrico integrato nazionale, in R. g. amb. 2/2011, p. 260.
49 Sull’argomento si v. D. CALDIROLA, La dimensione comunitaria del servizio pubblico ovvero il servizio di interesse economico generale

e il servizio universale, in A. AMMANNATI LAUR et al. (a cura di) Servizi pubblici concorrenza diritti, Milano 2001; B. AUBIN,
Daseinsvorsorge und Universaldienst, Mohr Siebeck, Tubinga 2013; E. J. MESTMÄCKER, Daseinsvorsorge und Universaldienst im
europäischen Kontext. Ein Beitrag zur Funktion von Art. 90 Abs. 2 EGV, in F. RULAND et al. (a cura di) Verfassung, Theorie und
Praxis des Sozialstaats. Festschrift Hans F. Zacher, Heidelberg 1998 (pp. 635-651).
50 G. BAROZZI REGGIANI, Gli affidamenti “in house” dei servizi a rete e gli accantonamenti degli investimenti finanziari (contributo

sull’applicazione dell’art. 3-bis, comma 1-bis del d.l. 138/2011), in GiustAmm.it, 9/2017, p. 19.
51 Si v. A. MACCHIATI, Organizzazione e politiche pubbliche nel settore idrico, in Mercato concorrenza regole, 3/2019, pp. 513-535.
52 Si v. Corte cost., 23 aprile 2010, n. 142; Corte cost., 17 novembre 2010, n. 325.
53 Cfr. Corte cost., 10 maggio 2017, n. 93, in G.U. 10/05/2017 n. 19, punto 2.1 del Considerato in diritto.
54 S. ARU, La gestione del servizio idrico integrato tra Europa, Stato, Regioni e volontà popolare, in questa rivista 6/2019, pp. 7 ss.
55 Le norme adottate dallo Stato nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza la quale

non può tollerare, per la sua natura, differenziazioni territoriali che finirebbero per limitare, o addirittura neutralizzare,
gli effetti delle norme di garanzia. la normativa statale può finanche porre una disciplina di dettaglio, in quanto le
competenze esclusive statali trasversali incidono naturalmente sulla totalità degli ambiti materiali entro i quali si
applicano. Ciò tanto più in materie, come la "tutela della concorrenza" o la "tutela dell'ambiente", contrassegnate – più
che da una omogeneità degli oggetti delle diverse discipline – dalla forza unificante della loro funzionalizzazione
finalistica, con i limiti oggettivi di proporzionalità ed adeguatezza, da verificare con rigore. Corte cost., 21 dicembre
2007, n.443, in Giur. cost. 2007, p. 6.

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materia gestione e affidamento del servizio contenute nel codice dell’ambiente e nel Tuel56 costituiscono
norme imperative non suscettibili di deroga da parte di disposizioni regionali57 o locali58.
Le prime norme in materia di SII furono adottate dalla legge n. 103/1903 (Legge Giolitti)59 in seguito
confluite nel R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, recante il testo unico sull’assunzione diretta dei pubblici
servizi da parte dei Comuni e delle Province mediante c.d. aziende speciali (eventualmente anche
consorziali tra Comuni, tra Province e tra le due categorie)60. Nell’impianto della legge Giolitti veniva
sancito il principio di separazione tra titolarità astratta e gestione operativa del servizio, ove solo la prima
deve essere necessariamente pubblica61. Con la successiva legge Galli ha inizio un profondo processo di
riforma che introduce l’organizzazione su base sovra-comunale62 optando per modalità gestionali più
moderne e sganciate dal finanziamento pubblico statale. Veniva così inserito l’elemento della
“imprenditorialità” quale criterio guida nella gestione del servizio e si introduceva lo strumento della
tariffa come suo corollario63. Lo spirito innovatore della legge Galli verteva principalmente sul fattore
dell’integrazione territoriale in funzione del superamento della frammentazione verticale. Si introduce
così il concetto di “servizio idrico integrato”, inteso come insieme di più servizi pubblici in cui si rispecchia,
in maniera completa, il ciclo di vita dell’acqua dal prelievo alla restituzione all’ambiente. Il percorso di
razionalizzazione ed integrazione del SII trova ulteriore sviluppo nel codice dell’ambiente del 2006
mediante la previsione di una gestione il più possibile unitaria sulla base di ambiti territoriali ottimali
(ATO)64, individuati dalle Regioni con apposita legge regionale tenendo conto dei principi di unità del

56 D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo Unico delle leggi sugli ordinamenti degli Enti locali (Tuel), in G.U. n. 227 del 28
settembre 2000, s.o. n. 162/L, aggiornato alle modifiche apportate dal D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con
modificazioni dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157.
57 Cfr. R. CAVALLO PERIN, I servizi pubblici tra enti locali e regione, in M. DOGLIANI et al. (a cura di), Lineamenti di diritto

costituzionale della Regione Piemonte, Giappichelli, Torino, 2018, p. 291.
58 Cfr. Circolare del Presidente della Giunta regionale 16 marzo 2015, n. 2/AMB in materia di Affidamento del servizio idrico

integrato alla luce delle novità introdotte dal d.l. 133/2014 (c.d. Sblocca Italia), convertito nella l. 164/2014, e dalla l. 190/2014
(c.d. legge di Stabilità 2015).
59 La legge 29 marzo 1903, n. 103 sulla municipalizzazione dei servizi pubblici. Cfr. anche il relativo regolamento di attuazione

R.D. 10 marzo 1904, n. 10.
60 L'azienda speciale è uno strumento di gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica, avente natura pubblicistica

in quanto strettamente compenetrata dall'ente locale, rimanendo – nonostante la personalità giuridica e l'autonomia
imprenditoriale – un’amministrazione parallela. “L'Ente Pubblico, oltre a deliberarne l'istituzione e provvedere alla
relativa dotazione di mezzi, esercita sull'azienda speciale poteri di direzione e di controllo analoghi a quelli afferenti alle
strutture di stampo "burocratico" attraverso gli strumenti tipici del diritto amministrativo, ed in particolare, nelle forme
previste dall'art. 114 Tuel, dovendosi pertanto affermare la giurisdizione del giudice amministrativo, in una controversia
avente ad oggetto la nomina di un suo organo”. Così il T.A.R. Milano, (Lombardia), sez. I, sentenza del 28 febbraio
2018, n. 593, in Redazione Giuffrè amm., 2018.
61 F. BADIA, L’impatto della “Legge Giolitti” sulla municipalizzazione (l.103/1993) sui bilanci comunali: il caso del Comune di Ferrara,

in AA.VV., Atti del VIII Convegno Nazionale della Società Italiana di Storia della Ragioneria. Riferimenti Storici e Processi
Evolutivi dell’Informativa di Bilancio tra Dottrina e Prassi, tomo I, Roma 2006, (pp. 210 s.).
62 M. FIORENTINI, L'acqua, op. cit., p. 83.
63 C. CARROZZA, La riforma dei servizi pubblici locali. Il caso dei servizi idrici, in Stato e mercato 2001, No. 91(1), p. 169 s.
64 In origine, l’ATO avrebbe dovuto rispecchiare l’unità del bacino (o del sub-bacino) idrografico e dei bacini contigui

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bacino idrografico, unità della gestione e adeguatezza delle dimensioni gestionali65. A livello nazionale,
l’organizzazione del SII si basa sulla delimitazione di 62 ATO e 21 bacini sub-ATO. Ad essi
corrispondono i relativi enti di governo d’ambito (EGATO), cui gli enti locali afferenti hanno l’obbligo
di aderire. Ciò in quanto ogni decisione riconducibile al potere di autodeterminarsi sull’organizzazione e
sulla gestione del SII deve avvenire all’interno dell’EGATO che, nell’espletamento delle funzioni di
organizzazione, scelta della forma di gestione, affidamento della gestione e relativo controllo, si orienta
ai canoni della differenziazione e dell’adeguatezza66. Vale la pena rammentare che la c.d. legge Delrio67
riconosce all’art. 1, comma 44, l’organizzazione dei servizi di interesse generale tra le funzioni
fondamentali delle città metropolitane che trovano nell’area vasta un’unità di riferimento utile per la
programmazione e realizzazione degli interventi necessari al governo delle collettività di riferimento68.
Per quanto concerne gli aspetti operativi, la gestione del servizio idrico può essere affidata a terzi con
procedure ad evidenza pubblica o direttamente a società in house secondo la normativa del codice appalti.
La scelta69 delle modalità di affidamento del servizio è rimessa all’EGATO che deve dare conto delle
ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo, e che definisce i contenuti
specifici degli obblighi di servizio, indicando, ove previste, le compensazioni economiche70.
In esito al noto referendum svoltosi tra il 12 e il 13 giugno 2011 per mezzo del quale è stato depennato,
nell’articolo 154 del d.lgs. 152/2006, il riferimento alla remunerazione del capitale investito quale
componente della tariffa idrica71, è stata abrogata la disciplina statale in materia di servizi pubblici locali

sulla base della localizzazione delle risorse ed i loro vincoli di destinazione, facendo riferimento al piano di bacino. È
importante sottolineare che, a differenza di quanto disponeva l’art. 8 lett. a) dell’abrogata legge Galli, non vi è più il
riferimento ai piani a tutela delle risorse idriche a livello regionale. Tale scelta legislativa può essere giustificata dal fatto
che, essendo la delimitazione delle ATO focalizzata sull’area di bacino idrografico “ottimale”, dunque ‘speciale’ e in
parte autonomo rispetto alla territorialità regionale, l’obbligo di tenere conto di quanto stabilito a livello regionale
avrebbe finito per indebolire il sistema, inserendovi la valutazione di interessi più settoriali e complicando
inadeguatamente la gestione integrata del territorio. S. VISSER, Commento sub art. 147, in L. COSTATO - F. PELLIZZER
(a cura di) Commentario breve al codice dell’ambiente, prima ed. 2007, Padova, p. 388, p.to I e II.
65 S. VISSER, op. cit., p.to III.3-4.
66 La cernita fra possibili modelli gestionali spetta agli Enti locali nelle vesti di Ente di Governo d’Ambito (EGA). In

particolare, l’articolo 3-bis del dl. 138/2011 riserva agli EGA, per tutti i servizi pubblici locali a rete di rilevanza
economica, compresi quelli del settore dei rifiuti urbani, le funzioni di organizzazione del servizio, di scelta della forma
di gestione, di affidamento e controllo della gestione, di determinazione delle tariffe all'utenza (per quanto di
competenza).
67 Legge 7 aprile 2014, n. 56 recante Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, in GU

Serie Generale n.81 del 07-04-2014.
68 Si v. G. PIPERATA, La Città metropolitana nel sistema dei poteri pubblici secondo il giurista, in urbanit.it, 2018.
69 D. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, G.U. n. 91 del 19 aprile 2016.
70 Così l’art. 34, co. 20-25, del D.L. n. 179 del 2012, convertito da L. n. 221/2012.
71 Il primo dei quesiti referendari approvati prevedeva l'espunzione della remunerazione del capitale dalle voci su cui

calcolare la tariffa idrica. Tuttavia il metodo di calcolo della tariffazione idrica approvato dall'AEEGSI [Autorità per
l'Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico] c.d. “Metodo Tariffario Transitorio” (MTT) provvisoriamente per gli anni
2012 e 2013 aveva introdotto il principio della copertura integrale dei costi. Alcune associazioni dei consumatori
(Codacons, Associazione Acqua Bene Comune Onlus e Federconsumatori) avevano ritenuto che tale principio

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come delineata dall'articolo 23-bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla legge
133/2008 e modificato con la legge 166/2009, cd. decreto Ronchi), che conferiva alla gestione in house
carattere eccezionale rispetto agli affidamenti tramite procedura ad evidenza pubblica. L’articolo abrogato
stabiliva come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso
gara o l’affidamento a soggetti a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il socio privato
veniva scelto attraverso gara e doveva detenere almeno il 40 per cento delle quote societarie72.
L'abrogazione ha dunque ripristinato l’affidamento in house nel settore dei servizi idrici, ove la
partecipazione di privati alla società controllata è espressamente preclusa ex art. 149-bis del codice
dell’ambiente73.
In seguito alla consultazione referendaria l’analisi giuridica dei SPL ha posto maggiore attenzione
all’efficienza non solo sotto profili economici e ambientali, ma anche in termini di sviluppo della comunità
locale in relazione al godimento delle res omnium communis74. Dalla qualificazione dell’acqua quale “bene
comune” parte della dottrina75 argomenta la necessità di un regime giuridico nuovo, adatto alla tutela delle
risorse e del fondamentale diritto di accesso all’acqua76, da garantire mediante modelli la gestione diretta
e decentralizzata del SII. Già con la legge Giolitti veniva introdotto nell’ordinamento l’istituto dell’azienda
municipale77 per la gestione dei servizi idrici; segnando come, per offrire alle comunità servizi universali
efficienti a costi sostenibili, la relativa erogazione dovesse essere organizzata secondo strumenti derivanti
dalle scienze aziendalistiche in grado di consentire agli enti locali di intervenire direttamente nel tessuto

reintroducesse surrettiziamente l'abrogata remunerazione del capitale, aggirando l'esito referendario a vantaggio dei
gestori dei servizi. Il Consiglio di Stato, con sentenza del 26 maggio 2017 n. 2481 ha tuttavia riconosciuto la piena
legittimità del metodo tariffario transitorio. Cfr. F. SPANICCIATI, Il principio di copertura integrale dei costi nella tariffazione del
servizio idrico integrato, in Giornale di diritto amministrativo, 2/2018, pp. 213-225.
72 Per un approfondimento sul tema si rimanda a E. FROSINI, Dare un diritto agli assetati, in Analisi Giuridica dell'Economia

1/2010, pp. 34 ss; A. BOTTASSO, Una nota sul Servizio idrico italiano dopo i "referendum" del giugno 2011, in Economia e diritto
del terziario, 2/2012, 273-288; G. MAZZOTTA, Rassegna delle decisioni rese nei giudizi di ammissibilità del referendum abrogativo, in
Rivista AIC, 2011 fasc. 2; M. RUOTOLO, Non "ce la chiede l'Europa" e non "la vogliono i cittadini". Brevi note sulla privatizzazione
dei servizi pubblici locali, in Costituzionalismo.it, 2/2012; P. CARROZZA, Vizi privati, pubbliche virtù?, in Diritto pubblico comparato
ed europeo, 2/2012, 664-681; A. AZZARITI, I servizi pubblici locali di rilevanza economica dopo il referendum: le novità e le conferme
della legge 148/201, in Istituzioni del federalismo, 3/2011, pp. 531-359.
73 Secondo il Consiglio di Stato la partecipazione di soggetti privati alla società in house è da escludersi sino a quando una

specifica norma di legge ne disciplini espressamente la fattispecie, indicando anche la misura della partecipazione, la
modalità di ingresso del socio privato, il ruolo all'interno della società e i rapporti con il socio pubblico. Sul tema F.
BASILE, Nota a Consiglio di Stato, Adunanza Sezione I, parere del 7 maggio 2019, n. 138, in GiustAmm.it 12/2019.
74 F. COSTANTINO, Bene comune e scelta del regolatore, in DeS 3/2016, p. 573.
75 Il riferimento è alle teorie poste in tal senso da C. IANNELLO, Il diritto all’acqua, Napoli 2013, pp. 61 ss.
76 Si v. ex multis U. MATTEI, Il benicomunismo e i suoi nemici, Torino 2015; S. RODOTÀ, Beni comuni e categorie giuridiche. Una

rivisitazione necessaria, in Quest. giust. 2011, p. 237 ss; U. MATTEI, E. ROVIGLIO, S. RODOTÀ (a cura di), I beni pubblici. Dal
governo democratico dell’economia alla riforma del codice civile, Roma 2010.
77 “Si possono avere anche aziende dello Stato, della regione, della provincia, del comune, come del resto della famiglia,

pur non essendo questi sorti per l'esercizio di un’attività imprenditizia. Vi sono quindi aziende di erogazione, accanto a
quelle di produzione o imprese”. G. TREVES, Azienda (dir. pubbl.), in Enc. Dir., IV. edizione 1959, Milano, p. 741.

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sociale78. Su questa scia la dottrina dei beni comuni mette in discussione le attuali modalità di gestione
del SII suggerendone la sostanziale ri-pubblicizzazione79. Sul punto il Consiglio di Stato, decidendo sul
sistema tariffario, ha precisato che la gestione pubblica non rappresenta l’esito obbligato del richiamato
referendum80. Al contrario, dall’oggetto dell’abrogazione il giudice amministrativo inferisce la
funzionalizzazione dell’organizzazione e dell’affidamento del SII al conseguimento dell’efficienza
gestionale, non già un aprioristico screditamento della dialettica pubblico-privata81.
Nondimeno, il favor per il modello della gestione pubblica ha poi trovato eco in alcune iniziative intraprese
a livello locale, come quella del Comune di Napoli che ha deciso di gestire il servizio idrico avvalendosi
dello strumento dell’azienda pubblica trasformando la precedente società per azioni in azienda speciale82.

4. La trasformazione delle società di capitali in aziende speciali
La pubblicizzazione del SII mediante trasformazione in azienda speciale è volta alla promozione di
dinamiche gestionali in grado di incidere concretamente sul piano della partecipazione attiva dei
cittadini83. D’altronde il modello giuridico dell’azienda speciale, a differenza dei modelli organizzativi di
diritto privato, non permette l’ingresso di soci privati nelle partecipazioni e obbliga l’azienda – ex art. 114,
quarto e sesto comma, Tuel – al pareggio di bilancio tenendo conto dei “costi sociali” del servizio84,

78 La gestione diretta dei SPL è stata ulteriormente sviluppata nella legislazione successiva alla legge n. 103/1903, in
particolare, nel r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, contenente il Testo Unico sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da
parte dei comuni e delle province.
79 A. PETRETTO, La regolamentazione del SII, in F. MERUSI – S. ANTONIAZZI (a cura di), Vent’anni di regolazione accentrata dei

servizi pubblici locali, Torino, 2017, p. 230.
80 Cons. St., sez. VI, sentenza del 26 maggio 2017 n. 2481.
81 F. SORRENTINO, L'acqua come bene comune e come servizio pubblico, in DeS 3/2016, p. 549. Sul tema si cfr. A. M. ALTIERI,

Le modalità di gestione e l’affidamento del servizio idrico integrato dopo il referendum, (nota a Corte cost., 7 marzo 2012, n. 62, in
Giornale di diritto amministrativo 11/2012, pp. 1069-1079.
82 La delibera n. 32 del 26 ottobre 2012 il Consiglio comunale napoletano disponeva la trasformazione della società

ARIN in azienda speciale ABC (Acqua Bene Comune), approvandone lo schema di statuto, ed istituendo un comitato
di sorveglianza con funzioni consultive, di controllo, di informazione, d’ascolto, di concertazione e di dibattito, anche
propositivo, sul servizio pubblico idrico ed in particolare rispetto alle decisioni inerenti gli atti fondamentali di
pianificazione, programmazione e gestione, composto da rappresentanti degli utenti, del mondo ambientalista e dei
dipendenti dell’Azienda stessa. Al 2020, l’acquedotto napoletano è un soggetto a controllo pubblico che gestisce la
distribuzione dell'acqua, ma la proprietà delle fonti sorgive è stata trasferita a paesi esteri, dalle quali il bene idrico viene
acquistato per essere rivenduto alle utenze finali. M. FORTI, A Napoli si beve l’acqua pubblica e la bolletta costa meno, su
internazionale.it, 19 febbraio 2016.
83 Tradizionalmente l’azienda speciale si caratterizza come “longa manus” dell’ente locale dotata di autonomia imprenditoriale

e di un proprio statuto. R. CAVALLO PERIN, Commento sub art. 114, Ibidem, p. 671 ss. Si tratta di un ente pubblico senza
scopo di lucro strumentale dell'ente locale e dotato di personalità giuridica che trova il proprio fondamento normativo
nell'art. 114 del Tuel. Sul tema, si v. tra i tanti, L. COZZARELLI, Fondamenti giuridici della trasformazione di una s.p.a. totalmente
pubblica in azienda speciale: aspetti di diritto societario, in A. LUCARELLI (a cura di), Nuovi modelli di gestione dei servizi pubblici locali,
Torino, 2014, pp. 65 ss.; D. GATTI - P. ROSSI, L'azienda speciale: una forma di gestione associata dei servizi alla persona, in Welfare
Oggi n. 6/2011 pp. 1-7; A. LUCARELLI, L’azienda speciale e la legittima circolazione dei modelli d’impresa: riflessioni a margine di due
pronunciamenti della Corte dei Conti, in Il Foro Amministrativo 1/2014, pp. 345-357.
84 L’ente locale provvede alla copertura di eventuali costi sociali tramite trasferimenti, coadiuvando l’azienda speciale

nell’osservanza dell’obbligo di pareggio di bilancio attraverso la copertura finanziaria della differenza tra il valore delle

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