LABORATORIO PLS "MATERIALI PER LE ENERGIE RINNOVABILI" - (PNLS1)

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LABORATORIO PLS "MATERIALI PER LE ENERGIE RINNOVABILI" - (PNLS1)
PIANO             NAZIONALE LAUREE SCIENTIFICHE     (PNLS1)

                                     la scienza per una migliore qualità della vita

                                                LABORATORIO PLS

    “MATERIALI PER LE ENERGIE RINNOVABILI”

Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011                       pag. 1 di 32
LABORATORIO PLS "MATERIALI PER LE ENERGIE RINNOVABILI" - (PNLS1)
PREMESSA
Il settore di attività sul fotovoltaico tradizionale affronta il tema dell'impiego dell'energia solare per la
produzione di elettricità mediante l'utilizzo di celle fotovoltaiche basate sulla tecnologia del silicio.
Le celle utilizzate sono 6 di silicio policristallino collegate e inserite in un pannello.
La parte teorica, in cui vengono descritte le problematiche legate alla produzione sostenibile di energia, alla
tecnologia del fotovoltaico in generale e quello innovativo in particolare è supportata ed ampliata dall'attività
sperimentale che ci apprestiamo ad affrontare.
In questo laboratorio si realizzerà lo schema elettrico di collegamento dei vari componenti circuitali e si
eseguiranno le misure elettriche. La luce di illuminazione del pannello è fornita da un sistema di fari a led
multicolore programmabili e controllabili. L’intensità della radiazione è misurata con luxmetro.

I risultati sono riassunti e discussi dallo studente che prepara una relazione di misura.

Resp. Prof. Enrico Sappa

Collaboratori all’attività: Dr. C. Gandini; Prof. A. Masoero; Prof. Vittorio Mariano; Prof. Stefano Bolognini
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LE CELLE FOTOVOLTAICHE
Da qualche anno si sente parlare sempre più spesso di energie alternative, di energie rinnovabili, di energia
solare....rinnovabile.
Ma è possibile rinnovare l'energia?
Tutti sappiamo che l'energia non si crea e non si distrugge, può soltanto trasformarsi.
Ed infatti la quasi totalità dell'energia usata in tutto il mondo (più precisamente il 93,2%, il restante 6,8%
proviene dal nucleare) è energia solare trasformata.
Infatti il petrolio, il gas, il carbone, la legna il vento e anche il fluire dell'acqua dipendono dal sole.
Eh si, anche il vento che fa girare le pale dei generatori eolici, perché è il sole che riscalda l'aria mettendola in
movimento.
E anche l'acqua, che fa girare le turbine degli impianti idroelettrici, è portata in alto dal sole che la fa evaporare
dal mare.

Prima di iniziare a vedere cosa sono e come funzionano le “celle solari”, facciamo un breve excursus
temporale dai primi studi ad oggi.

1839 Alexandre E. Becquerel osserva per la prima volta l’effetto fotoelettrico.
1883 Charles Fritts costruisce una cella solare di circa 30 centimetri quadrati a base di selenio e oro, con
      un’efficienza di conversione dell'1%.
1890 Vengono depositati i primi brevetti.
1904 Albert Einstein pubblica il suo lavoro sull’effetto fotoelettrico che gli varrà il Nobel.
     Wilhelm Hallwachs costruisce la prima cella solare a semiconduttore (rame e ossido di rame).
1950 I laboratori Bell cominciano la produzione di celle solari per attività aerospaziali.
1955 La Hoffman Electronics, su licenza Western Electric, commercializza per la prima volta una cella solare
      (efficienza del 2%, costo $ 25 al pezzo, cioè $ 1785/W).
1960 Le celle solari raggiungono il 14% di efficienza.
1961 1a conferenza mondiale delle Nazioni Unite sull’energia solare.
1963 La giapponese Sharp produce i primi moduli fotovoltaici commerciali.
1976 David Carlson e Christopher Wronski creano la prima cella a silicio amorfo, con un’efficienza dell’1,1%.
1977 La produzione mondiale di celle solari supera i 500 kW.
1980 Prima cella solare a film sottile (solfuri di rame e cadmio) che supera il 10% di efficienza.
1985 Prima cella al silicio con efficienza del 20%.
1991 Sviluppo delle celle fotoelettrochimiche.
1994 Costruita una cella a giunzioni multiple che supera il 30% di efficienza.
1996 Prima cella solare fotoelettrochimica che supera il 10% di efficienza.
1999 La produzione mondiale di celle solari supera i 1000 MW.
2005 Realizzazione di moduli di celle solari capaci di convertire circa il 17% delle luce incidente in corrente
     elettrica.
2011...........

Noi ora proseguiremo entrando più in dettaglio nel funzionamento delle odierne celle fotovoltaiche al silicio,
anche comunemente chiamate celle solari al silicio.
Ne esistono di due tipi principali:

Celle solari al silicio monocristallino
Celle solari al silicio policristallino.
Una cella fotovoltaica al silicio si compone di due strati sovrapposti di materiale semiconduttore (silicio) drogati
con portatori di carica diversa (generalmente boro e fosforo).

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L'interfaccia tra le due regioni del semiconduttore costituisce una giunzione (pn).
La giunzione pn costituisce un fotodiodo che è alla base del fenomeno di conversione dei fotoni della luce in
energia elettrica.
Il silicio non è l'unico materiale che si può utilizzare per realizzare celle fotovoltaiche ma è attualmente il più
usato.
Altri materiali adatti per la conversione fotovoltaica della radiazione solare sono l’arseniuro di gallio, il
diseleniuro di indio e rame, il telloruro di cadmio, e altri ancora.

L'ATOMO DI BOHR E I LIVELLI QUANTICI
Tutto inizia con Rutherford che agli inizi del XX secolo aveva proposto un modello di atomo in cui tutta la
massa (quasi tutta) è concentrata in un nucleo con carica positiva intorno a cui ruotano particelle di massa
piccolissima e carica negativa: gli elettroni.

Per Niels Bohr, il modello di Rutherford poteva funzionare se, e solo se, agli elettroni erano permesse non
tutte le orbite ma solo alcune.

Un elettrone può passare da un'orbita più interna ad una più esterna se riceve energia (ad es. sotto forma di
luce).
Quando invece passa da un'orbita esterna ad una interna restituisce l'energia sotto forma di radiazione
elettromagnetica.
Ma in entrambi i casi l'energia non può assumere un valore qualsiasi, ma solo alcuni ben precisi e che
dipendono dall'atomo considerato.
In definitiva ogni atomo assorbe ed emette soltanto luce di colori ben precisi.

Gli atomi che nella tavola degli elementi seguono l'idrogeno hanno un nucleo composto da più protoni e
neutroni.
Anche gli elettroni sono in numero maggiore e sono identici al numero dei protoni.
La tavola periodica degli elementi indica con esattezza sia il numero di elettroni (e protoni) sia le loro orbite
(livelli energetici).

Se guardiamo più da vicino la tavola periodica notiamo in alto a destra una serie di numeri in colonna.
Questi numeri indicano quanti elettroni si trovano sulle varie orbite partendo dalla più interna.
Ad es. per il Si (silicio) troviamo 2,8,4.

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Questo significa che il Si ha 2 elettroni sull'orbita (shell) più interna, 8 sulla seconda e quattro sulla terza.
Come abbiamo già detto il numero e la disposizione degli elettroni sono determinati dalle equazioni della
meccanica quantistica (modello atomico di Bohr).
Quando noi disponiamo più atomi ben allineati a formare un reticolo cristallino, accade che due atomi contigui
“mettano in comune” un elettrone.
Il legame che si viene a creare è il legame covalente.
Il legame covalente è un legame molto forte e stabile.
Ogni atomo di silicio mettendo in comune i suoi quattro elettroni esterni con quelli degli atomi vicini raggiunge
la condizione di massima stabilità (minima energia).
Si viene così a formare un cristallo con un ben definito reticolo.
Ogni atomo di silicio condivide un elettrone con i quattro atomi adiacenti formando con essi legami covalenti.
L‘energia dei sistemi covalenti costituisce la banda di valenza, ed è quella corrispondente alla terza shell.
Se gli elettroni acquistassero energia si sposterebbero su altre shell, iniziando dalla quarta.
L'insieme di tutti i livelli energetici di queste shell viene detta banda di conduzione
Tra le due esiste una differenza di energia detta gap o gap di banda.
Per il silicio questo gap è di 1,14 eV; vi ricordo che un eV è l'energia necessaria per spostare un elettrone
attraverso una differenza di potenziale di 1 V.
Fatti gli opportuni calcoli 1 eV = 1.6·10-19 J.
Tanto per avere un termine di paragone, per sollevare un oggetto che “pesa” 1 kg di 1 metro è necessario un
lavoro pari a 9,8 J.
Una volta sollevato l'oggetto avrà la stessa energia che restituirà, sotto forma di calore e/o deformazione
meccanica, se lasciato cadere.

BANDE DI VALENZA E DI CONDUZIONE
In condizioni normali tutti gli elettroni (quasi tutti) si trovano nella banda di valenza.
Come possiamo portarli nella banda di conduzione?
Semplice! Fornendo loro l'esatta l'energia (sotto forma di luce) necessaria per farli muovere in una delle orbite
superiori.
Nella banda di conduzione gli elettroni sono liberi di muoversi e quindi, potenzialmente, di fornire “lavoro utile”
tornando nella banda di valenza.
Ma gli elettroni non sono i soli in grado di produrre lavoro.
Un elettrone che si sposta nella banda di conduzione lascia un “posto” vuoto in quella di valenza, posto che
può essere occupato da un altro elettrone.

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Ma anche questo muovendosi lascia un posto vuoto e questo movimento può essere interpretato come una
carica positiva che si muove in direzione opposta a quella degli elettroni.
Tale “pseudo” carica viene chiamata lacuna.
Qualche elettrone torna nella banda di valenza ricombinandosi con le lacune ma la maggior parte resta
confinato nella banda di conduzione.
Ora dato che gli elettroni sono negativi e le lacune positive, esse formano una “batteria”.
Se colleghiamo i due poli di questa batteria ad un utilizzatore circolerà una corrente elettrica, esattamente
quello che volevamo: CONVERTIRE ENERGIA LUMINOSA IN ENERGIA ELETTRICA

IL DROGAGGIO
Vi ricordate la tabella periodica degli elementi e le due sostanze che avevamo evidenziato, il boro e il fosforo?
Il boro aveva tre elettroni sulla shell esterna ed il fosforo cinque.
Cosa succede se sostituiamo qualche atomo di silicio con qualche atomo di fosforo o di boro?

SEMICONDUTTORE DI TIPO N
Se sostituiamo un atomo di fosforo ad uno di silicio, quattro dei suoi elettroni della shell esterna formeranno
legami covalenti con i quattro atomi di silicio vicini.
E il quinto elettrone?
Il quinto elettrone rimarrà nelle vicinanze attratto dalla carica elettrostatica del nucleo di fosforo.
Ma non trovandosi su un'orbita particolare, sarà sufficiente una piccolissima energia, come quella dovuta alla
temperatura a cui si trova il materiale, a staccarlo dalla sua posizione per vagare libero nel cristallo.
La situazione che si verrà a creare sarà la seguente:
Cariche positive immobilizzate nel reticolo cristallino
Cariche negative, elettroni, libere di muoversi nel cristallo
Ad un cristallo così fatto viene dato il nome di semiconduttore di tipo N.

È da precisare che il numero degli atomi di fosforo (atomi droganti) è estremamente esiguo
(1 ogni 10-100 milioni) e tale da non alterare l'uniformità del cristallo di silicio.

SEMICONDUTTORE DI TIPO P
Se invece sostituiamo un atomo di boro ad uno di silicio, i suoi tre elettroni della shell esterna formeranno
legami covalenti con tre atomi di silicio vicini: manca un legame covalente.
Ma a temperatura ambiente può succedere che qualche altro elettrone riceva sufficiente energia per liberarsi
dal legame e muoversi nel cristallo andando magari a completare il legame mancante.
Ma in questo modo lascerà una carica positiva dove si trova l'atomo da cui si è staccato ed una negativa
vicino all'atomo di boro.
La situazione che si verrà a creare sarà la seguente:
Cariche negative immobilizzate nel reticolo cristallino
Cariche positive, lacune, libere di muoversi nel cristallo
Ad un cristallo così fatto viene dato il nome di semiconduttore di tipo P.

GIUNZIONE PN
Siamo ormai quasi giunti alla fine del nostro percorso.
Per realizzare una cella fotovoltaica non ci resta che “unire” un semiconduttore di tipo N ad un semiconduttore
di tipo P.

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Unire non significa certo prendere due pezzi di silicio drogati in modo opposto e metterli a contatto.
Significa piuttosto drogare un unico monocristallo di silicio (ovverosia un cristallo di silicio senza deformazioni
e impurezze) con boro e fosforo alle estremità.

     Per motivi che chi vorrà potrà approfondire, elettroni e lacune tendono a fluire alle due estremità del
     cristallo “ricreando” la nostra batteria .

Se una radiazione di lunghezza d'onda appropriata colpisce la nostra giunzione molti elettroni lasceranno la
loro orbita e, se connettiamo alle due estremità del cristallo un carico in esso fluirà corrente producendo
lavoro.
Bene, ora sapete, almeno per grandi linee come sono fatte le “celle solari”.
Ma ci sono ancora moltissime domande a cui dare un risposta:
    Perché le celle sono così poco efficienti?
    Che differenza c'è tra celle fotovoltaiche di silicio monocristallino e policristallino?
    Quali altri materiali si possono usare?
    Come aumentare il rendimento e ridurre i costi di produzione?
    Qual è lo stato dell'arte?
    Cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro?
    E in un futuro ancora più lontano?
    E ancora tante altre domande.

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MODALITA' DI ESECUZIONE DELLA MISURA

Una cella fotovoltaica converte la radiazione di una sorgente luminosa (sole) in energia elettrica.
L'energia fornita dipende da:
      lunghezza d'onda della radiazione
      intensità della radiazione
Si dovranno pertanto effettuare misure della tensione d'uscita.
      variando la lunghezza d'onda (colore) della radiazione ad intensità costante
      variando l'intensità della radiazione a lunghezza d'onda costante (colore bianco)
Una terza misura effettuata mantenendo costante sia l'intensità che la lunghezza d'onda della radiazione
(intensità massima, colore bianco) e variando invece il carico, permetterà di determinare il punto di lavoro
ottimale (massima potenza erogata) della cella.
NOTA: Nel banco di prova indicato (sorgente luminosa con fari LED) l'intensità della radiazione varia al variare
della lunghezza d'onda, è pertanto indispensabile utilizzare un luxmetro per misurare l'intensità della
radiazione ed agire sul controller per mantenerla costante.

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SCHEMA DEL BANCO DI PROVA

         SOLAR CELL TEST
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                                                                                       cavi DMX

            .             V              .
opzionale

            I

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1. LED DMX Operator (Controller)

                        LEGGERE IL MANUALE DEL CONTROLLER PRIMA DI CONNETTERE
                                            L'ALIMENTAZIONE.

            Il controller non ha interruttore di accensione, é operativo subito dopo il collegamento
            dell'alimentazione, premere il tasto BLACKOUT per spegnere i fari.

1. Color-buttons for SELECT-COLOR MODE
2. HOLD button
3. SELECT-COLOR MODE Button
4. PROGRAM SELECT MODE Button
5. PROGRAM SELECT channel fader
6. SPEED channel fader
7. FLASH FREQUENCY/SENSITIVITY channel fader
8. Microphone
9. BLACKOUT- Button
10. SOUND CONTROL Button
11. AUTO Button
12. R G B Buttons

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FOGLIO RACCOLTA DATI

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RISULTATI DELLE MISURE

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Premessa
Il settore di attività sul fotovoltaico innovativo (Celle di Graetzel) affronta il tema dell'impiego dell'energia solare
per la produzione di elettricità mediante l'utilizzo di celle fotovoltaiche non basate sulla tecnologia del silicio.
Dette celle utilizzano coloranti organici, anche di origine naturale, legate a supporti inorganici di basso costo.
La parte teorica, in cui vengono descritte le problematiche legate alla produzione sostenibile di energia, alla
tecnologia del fotovoltaico in generale e quello innovativo in particolare è supportata ed ampliata dall'attività
sperimentale che ci apprestiamo ad affrontare.

 In questo laboratorio si costruirà e si testerà un prototipo di cella di Graetzel utilizzando materiali facilmente
reperibili ed a costi limitati.

Resp. Prof. Enrico Sappa

Collaboratori all’attività
Dr. A. Arrais; Dr.ssa C. Busco; Dr. G. Gatti

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Le Celle Solari a Coloranti

La guida di montaggio
         per costruire le celle solari a coloranti

Questa dispensa è stata ispirata da richieste da parte di appassionati alla ricerca sulle celle solari a coloranti e
vuole essere una breve giuda per riuscire ad ottenere Dye Solar Cell (DSC) su scala di laboratorio; ci
auguriamo che troverete questo manuale utile per riuscire a creare con successo la vostra cella solare a
colorante organico.

Ci sono molti modi di costruire una cella solare a colorante, che prevedono molte combinazioni di materiali
differenti e anche schemi costruttivi differenti. Ad esempio, alcune versioni possono essere di celle “aperte” a
contatto con l'aria, mentre altri sistemi possono prevedere sistemi di deposizione della Titania più complessi
per ottenere strati più omogenei. Alcuni sistemi si basano su coloranti di origine naturale invece che su
coloranti sintetici a base di rutenio, o catodi di carbonio al posto di catodi di platino, il che rende questi sistemi
più semplici ed economici ed ideali per attività didattiche.

Pertanto sono stati preselezionati alcuni metodi, tra i diversi metodi descritti nella letteratura scientifica per
ottenere celle solari a colorante, quale ad esempio potrebbe essere il catodo fatto di platino o di carbonio;
questo per arrivare ad ottenere un sistema su scala di laboratorio efficiente e al tempo stesso di facile
assemblaggio e poco costoso.

Non esitate a darci i vostri commenti e dei suggerimenti, questo favorirà il miglioramento di questa guida.

Il funzionamento di una cella solare a colorante è magico.
Fortunatamente, costruire una cella non richiede la magia, ma gli strumenti giusti, i materiali e le
tecniche, che siamo felici di condividere con voi qui !
Buona fortuna per l’assemblaggio della vostra cella e buon divertimento !

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Un po’ di teoria
Facciamo un breve ripasso della teoria prima di metterci al lavoro. Non spenderemo troppo tempo sulla
scienza di base che fa funzionare questi dispositivi, ma piuttosto ci concentreremo sulla loro struttura e sul
principio di funzionamento.

Struttura di una Cella Solare a Colorante

Capire innanzitutto come le celle solari a colorante sono costruite è un ottimo modo per evitare molti errori
comuni durante l'assemblaggio dei dispositivi perché imparare dal fallimento potrebbe essere un’opzione, ma
è soprattutto frustrante. Una cella solare a colorante è costituita da due elettrodi, l'anodo e il catodo. Questi
elettrodi sono fatti da un vetro che ha un rivestimento su un lato di una specifica trasparente conduttiva (TCO
transparent conductive oxide). Il materiale TCO è un sottile strato di ossido di stagno-fluoro, chiamato anche
FTO. La trasparenza del supporto permette alla luce del sole di entrare nelle celle, mentre la sua superficie
conduttiva raccoglie le cariche elettriche permettendo il flusso di corrente.
L'anodo è il polo negativo della cella solare. Sull’anodo vengono depositate nanoparticelle di biossido di titanio
(o Titania) sinterizzato. Questo materiale è come una rete porosa che offre una alta superficie interna che è
mille volte superiore alla superficie di una materiale equivalente ma con una superficie piatte, e si comporta
come una "spugna di luce", in cui la luce solare può rimanere “intrappolata”. Il biossido di titanio è un
semiconduttore bianco che non è sensibile alla luce visibile. Le particelle di biossido di titanio devono essere
sensibilizzate con uno strato di molecole di colorante che assorba la luce dello spettro visibile (400-750 nm).
Per tale scopo possono essere utilizzati alcuni coloranti naturali, anche se i pigmenti più efficienti sono stati
sintetizzati dopo intense ricerche scientifiche.
Il polo positivo della cella solare, detto anche il catodo, è rivestito con un materiale catalitico per il
trasferimento di elettroni. Nella maggior parte dei casi, questo catalizzatore è carbonio o platino. Dal momento
che la quantità di catalizzatore necessaria è molto piccola, questo elettrodo rimane trasparente.

                                 Figura 1: schematizzazione del funzionamento di una cella solare a colorante

Lo spazio lasciato tra i due elettrodi viene riempito con un elettrolita che assicura il trasporto di carica
attraverso una coppia redox. In genere per questo scopo è utilizzata la coppia Ioduro/triioduro ( I-/I3- ) in
solvente nitrile. Alla fine, in generale, i due elettrodi sono sigillati insieme per prevenire l’evaporazione
nell’elettrolita del solvente. Tuttavia, le celle assemblate possono restare aperte quando si preferisce la
semplicità costruttiva alla lunga durata, come ad esempio le prove di breve che vengono portate a termine in
nun breve periodo di tempo.

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Vedremo in questa guida come costruire le diverse parti di una cella solare a colorante in una configurazione
semplice
Ora che sapete che cosa c’è “sotto il cofano”, probabilmente vi chiederete come questo dispositivo sia in
grado di produrre energia elettrica.
L'effetto fotovoltaico è alla base del funzionamento in questo tipo di celle solari.
La natura ama tenere cariche le opposte insieme in modo che la materia appaia nel suo complesso neutra.
L'effetto fotovoltaico viola in apparenza questa regola, infatti nelle celle fotovoltaiche si crea una separazione
di cariche sotto condizioni di illuminazione.
Le coppie di elettroni e la conseguenti "buche" si adopereranno per tornare di nuovo insieme, ma nella cella
solare questo è permesso solo dopo un breve viaggio attraverso un circuito esterno. In una cella solare a
colorante questa separazione di carica avviene a livello di interfaccia tra il biossido di titanio ed il colorante.
Ricordiamoci che questa interfaccia è presente su tutta la superficie interna dello strato poroso.
In questo modo per una determinata zona della cella solare si creano tante separazioni di carica per formare
una corrente elettrica. La struttura della cella solare a colorante è uno dei segreti della sua efficacia.

Le molecole di colorante hanno la capacità di assorbire la luce visibile. Questo fenomeno “eccita” le molecole
di colorante, che potranno così cedere un elettrone al biossido di titanio tramite l’iniezione dell'elettrone nella
banda di conduzione del semiconduttore.. La separazione di carica avviene quando l'elettrone viene iniettato
nella Titania e il "buco" è invece lasciato nella molecola del colorante, che perdendo un elettrone si ossida.
L'elettrone dovrà a questo punto tornare alla molecola di colorante ossidato il più presto possibile. I percorsi
possibili sono più di uno , ma solo uno andrà a produrre il flusso di carica desiderato, gli altri alimenteranno le
cosiddette “correnti nere” che assorbiranno parte dell’efficienza della cella deprimendola.
La velocità dei vari percorsi è quello che determina la cinetica finale, qui entrano in gioco vari fattori che non
esamineremo nel dettaglio, ma alla fine: vince il processo di trasferimento della carica più veloce. Il percorso
più rapido per il ritorno al colorante per l'elettrone è quello attraverso il circuito esterno. Il fenomeno è
paragonabile al percorrere una distanza maggiore quando si prende un’autostrada di prendere l'autostrada,
che però è più veloce rispetto ad un sentiero. Infatti gli elettroni iniettati migrano attraverso particelle di
biossido di titanio e raggiungono il vetro TCO dell'anodo, il polo negativo della cella solare. Quando si collega
un carico (ciò che consuma la nostra corrente prodotta), gli elettroni si muovono spontaneamente al terminale
positivo della cella solare, il catodo. Questo movimento degli elettroni è ciò che noi chiamiamo una corrente
elettrica. Infine, grazie alla coppia redox presente nel elettrolita, gli elettroni possono finalmente essere
trasportati dalla superficie del catodo alle molecole di colorante ossidato, per rigenerare il colorante. Ora che
le cariche sono di nuovo insieme, saranno possibili nuovi cicli, fino a quando il sole continua a splendere.

Questo dovrebbe essere sufficiente per placare la vostra sete intellettuale, per il momento !

Ed ora la pratica!

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Preparazione del vetro conduttivo
Questa sezione si concentra sulla preparazione dei substrati di vetro per coloro che vogliono preparare i loro
elettrodi da zero e dà consigli per la pulizia necessaria prima di effettuare qualsiasi deposizione di materiale
sul vetro conduttivo. Il substrato tipico per fare le celle solari a colorante (DSC dye solar cells) è una lastra di
vetro rivestito su un lato con uno strato trasparente e conduttivo di ossido (TCO). Il materiale conduttivo più
utilizzato a tale scopo è l'ossido di stagno-fluoro (FTO). I termini TCO o vetro FTO sono spesso usati per
riferirsi a questo tipo di substrato per le deposizioni.

                    Immagine 2: verifica della presenza di FTO sulla superficie di conduzione
                    Immagine 3: prepulizia dello strato conduttivo

Identificare il lato conduttivo
Le lastre di vetro TCO sono conduttive solo su un lato. Assicurati di identificare chiaramente il lato appropriato
per la deposizione dei materiali nelle vostre celle. La deposizione di materiali sarà sempre eseguita sul lato
conduttivo. Un tester impostato per misurare la resistenza dovrebbe in genere leggere circa 10 ohm, quando
le due punte sono poste ad uno millimetri di distanza nella parte centrale del vetro (Immagine 2). Questo
valore può variare a seconda del tipo di vetro TCO. C'è anche un trucco semplice che non richiede alcun
strumento. Ciò è particolarmente utile per identificare quale è il lato conduttore in qualsiasi momento durante
l'assemblaggio. Raschiare (delicatamente per non rischiare di rovinare lo strato) ogni dei due lati del vetro con
una spatola di plastica o anche un unghia. La parte conduttrice è quella che offre maggiore attrito tra le due
poiché il rivestimento TCO ha una superficie più ruvida rispetto al vetro. Visivamente, il lato rivestito è anche
quella che appare più “nebuloso”.

Pulizia del vetro conduttivo
E’ sempre una buona idea pulire le lastre di vetro TCO prima di qualsiasi tipo di deposizione. Assicurarsi di
non utilizzare un sistema di lavaggio che potrebbe graffiare il lato conduttivo, preferite sempre una spugna
morbida ( come quelle per pulire le posate o cose simili).
La scelta del detergente è anche importante. Saponi per lavare i piatti non sono adatti per la pulizia del vetro
TCO, preferite l'uso di detergenti specifici per vetreria (nei laboratori si usa normalmente deconex ® da Borer
Chemie). Questi detergenti sono ottimizzati per non lasciare residui in sufficiente dopo il risciacquo.
Attenzione, dopo la pulizia risciacquate accuratamente le lastre di vetro con acqua deionizzata per evitare
tracce di minerali. Può anche essere usato allo scopo alcool denaturato. Per una più rapida asciugatura si può
utilizzare un comune asciugacapelli elettrico.

Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011                                         pag. 22 di 32
L’ elettrodo di Titania
L'elettrodo di ossido di titanio ( normalmente si preferisce usare il termine Titania) è costituito da uno strato di
nanoparticelle di biossido di titanio depositato sulla lastra di vetro TCO. Tale strato si ottiene attraverso la
deposizione di una pasta (ha la densità di un denso gel) che contiene una sospensione di particelle di ossido
di titanio. In commercio sono disponibili formulazioni differenti adatte ad ogni tecniche di deposizione. Le
particelle di titania devono essere nell’intervallo di dimensioni di 10 - 40 nm, in modo che lo strato risultante sia
estremamente poroso una volta sinterizzato. Questo strato è al centro del principio di funzionamento e si
comporta nella cella solare, in ultima analisi, come una spugna per la luce solare. Usiamo il termine
nanoparticelle quando parliamo di particelle in un intervallo di dimensioni fino ai 100nm. Le nanoparticelle per
le DSC sono preferibilmente i cristalli di Titania di fase di anatasio, la presenza di altre fasi cristallino (rutilo)
possono essere “dannose” per le prestazioni della cella solare.

                                      Immagine 4: lo stato di Titania completato il processo di deposizione

Le nanoparticelle di solito portano ad un livello di semitrasparenza del vetro su cui sono depositate dopo il
riscaldamento (vedremo in seguito come) e la relativa sinterizzazione (processo in cui le particelle vengono
coagulate le une vicino alle altre). Ne risulta una trasparenza degli elettrodi, questo non è sempre desiderato a
livello di design della cella poiché vuol dire che una significativa frazione di luce non viene raccolta, ma passa
attraverso la cella solare, diminuendo nel complesso l'efficienza di conversione dell’energia luminosa in
elettrica. Questo comportamento non gradito può essere minimizzato con l'uso di particelle di titania più
grandi. Infatti le particelle di titania di dimensioni superiori ai 100 nm sono abbastanza grandi per interagire
con la luce in entrata nella cella e dare effetti di diffusione che massimizzano l’assorbimento della luce da
parte del colorante. Per questo motivo si utilizza spesso particelle di grandi dimensioni nella fabbricazione di
elettrodi di titania opachi, sia miscelate con le nanoparticelle, o depositate in strati differenti con operazioni di
deposizione distinte. Ci sono in commercio molti tipi di paste di titania contenenti nanoparticelle e/o le
particelle non nanometriche. E 'anche possibile acquistare elettrodi di Titania pre-assemblati. Nel nostro caso
ci divertiremo a preparare anche gli elettrodo, passo passo.

Preparazione del sottofondo per la deposizione
Il metodo più semplice e più ampiamente usato per il deposito della pasta di ossido di titanio su un substrato è
il cosiddetto metodo doctor-blade. La tecnica è conosciuta anche come rivestimento sottile nella sua versione
meccanizzata. Utilizza una lama o una superficie piatta dura, per spalmare una piccola quantità di pasta
Titania sul vetro.
Con questa tecnica, lo spessore dello strato di biossido di titanio è determinata dallo spessore di un
distanziale posizionato su entrambi i lati. Si consiglia di utilizzare comune Scotch ad esempio : Magic 810"
nastro della 3M o Tartan tape (nastro adesivo bianco da carta) che hanno spessori di circa 50 micron. Questi
nastri possono essere facilmente rimossi dal vetro senza lasciare tracce di colla.

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Immagine 5 e 6: prima fase della preparazione della deposizione doctor-blade: attaccare il nastro adesivo

Con il lato conduttivo rivolto verso l'alto, applicare due strisce parallele di nastro adesivo sui bordi della lastra
di vetro, coprendo circa 5-7 mm di vetro (immagine 5). La zona di vetro scoperto nel centro del vetro è dove il
biossido di titanio sarà depositato. I bordi mascherati dal nastro daranno spazio per agganciare i contatti
elettrici del circuito esterno. Possiamo approfittare del nastro adesivo per tenere la lastra di vetro in posizione
corretta sul banco di lavoro (immagine 6). Questo consentirà di evitare che la piastra si muova rendendo la
deposizione molto più semplice.

Ripristinare una buona miscelazione della pasta di titania
La miscela di titania sotto forma di pasta densa può subire nel tempo delle divisioni delle fasi che la
compongono. Per questo motivo è bene assicurarsi di iniziare la deposizione con una pasta omogenea:
 - miscelare bene prima dell'uso - con una bacchetta di vetro o un attrezzo simile.
 Evitate assolutamente di agitare il contenitore poiché questo creerebbe la formazione di bolle d'aria nella
 miscela portando ad una deposizione non omogenea della pasta sulla superficie del vetro in cui le bolle
 scoppiando lascerebbero delle zone non coperte del vetro.

                                                 Immagine 7: rimescolamento della pasta di titania

Doctor-blade della pasta di Titania
Applicare inizialmente una dose di pasta vicino al bordo superiore del vetro TCO tra i due pezzi di nastro
(attenzione non esagerate con le quantità !) (immagine 8). Con una spatola rigida, va benissimo un vetrino da
microscopio (preferibilmente molato sui lati o con una bacchetta di vetro, si stende la pasta per tutta la
superficie del vetro facendo attenzione ad appoggiandosi come supporti ai nastri adesivi su entrambi i lati. Lo
spessore creato dalle strisce di nastro adesivo sarà così riempito con uno strato di pasta di Titania. Ripetete
l'operazione fino ad avere un livello il più omogeneo possibile.

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Immagine 8: le varie fasi del procedimento di deposizione doctor-blade

Questa tecnica di deposizione può essere utilizzata anche per ottenere uno strato di biossido di titanio
leggermente più spesso. Questo può essere utile per aumentare la conseguente produzione di elettricità della
cella solare. Seguendo lo stesso metodo, si possono sovrapporre due strati di nastro adesivo così da ottenere
un distanziatore più spesso per la deposizione della pasta. Attenzione però che avere uno strato di biossido di
titanio più spesso lo rende anche più delicato da trattare nel successivo passaggio di cottura. E’ bene iniziare
ad impratichirsi con strati sottili. Ci sono molti altri metodi di deposizione, come ad esempio lo spin-coating e la
serigrafia che richiedono apparati più complessi e formulazioni delle paste per la deposizione più complesse,
qui ci limiteremo a questo metodo che risulta essere nel contempo di semplice applicazione ed efficace nel
produrre strati di spessore costante.

Sinterizzazione dello strato di Titania
Per completare la deposizione dell’elettrodo di titania è necessario riscaldare il tutto ad elevata temperatura.
Con questo riscaldamento facciamo si che la parte dei leganti della pasta di tittania vengano allontanati
attraverso una decomposizione /combustione della frazione organica. Alla fina otterremo uno nstrato di solo
ossido di titanio sotto forma di nanoparticelle sinterizzate insieme. Questo processo ha il duplice effetto di
assicurare il contatto elettrico tra le particelle e la buona adesione delle stesse al substrato di vetro TCO. La
sinterizzazione può avvenire in un forno, o su una piastra riscaldante programmabile. Innanzitutto è
necessario rimuovere qualsiasi nastro adesivo utilizzato per la deposizione doctor-blade; poi ponete la lastra
di vetro appena rivestita nel o sul dispositivo di riscaldamento a temperatura ambiente.

                                                  Immagine 9: fase di sinterizzazione dell’elettrodo

Impostare la temperatura a 450 ° C. Durante il riscaldamento, è possibile osservare che lo strato di biossido di
titanio diventa prima marrone poi rilasci fumi di coloro giallognolo. Ciò corrisponde alla evaporazione e la
combustione delle sostanze chimiche non tossiche utilizzate nella formulazione della pasta. Dopo un tempo
compreso tra i 15 e i 20 minuti a 450 ° C, lo strato di biossido di titanio appare di nuovo bianco o trasparente, il
che indica che il processo di sinterizzazione è finito e completato. Lasciate che il dispositivo di riscaldamento
si sia raffreddato prima di togliere l'elettrodo. Un improvviso cambiamento di temperatura del supporto di vetro
e dello strato appena sinterizzato di titania possono provocarne la rottura sia dello strato, sia anche del vetro.

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Occorre avere un po’ di pazienza per non compromettere il nostro esperimento.
Lo strato di nano particelle di titania assorbe l'umidità dell'aria con estrema facilità, è bene assicurarsi di
conservare gli elettrodi sinterizzati in un ambiente chiuso subito dopo la cottura, nel vostro caso la cella sarà
assemblata tra poco quindi possiamo trascurare questa precauzione.

Creazione dello spazio per i contatti elettrici e/o per la tenuta dei morsetti del tester
L'elettrodo sinterizzato Titania è uno strato di biossido di titanio in centro ad un vetrino che deve presentare
uno spazio per il collegamento su una delle estremità. Grattate via l'eccesso di materiale sulle due estremità
con un attrezzo non metallico. L'area di deposizione della Titania dovrebbe essere limitata al centro del piatto
di vetro (immagine 10). L'energia elettrica prodotta dal dispositivo finito viene raccolta dai bordi degli elettrodi
di vetro. Pertanto, è necessario avere abbastanza spazio per i contatti elettrici, potrebbero essere delle clip o
dei fili saldati.

                               Immagine 10: rimozione dell’eccesso di titania (sinistra); elettrodo finito (destra)

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Adsorbimento del Colorante sulla Titania
Il biossido di titanio è un semiconduttore bianco che non assorbe la luce visibile. Pertanto, è necessario per
assorbire la luce visibile un colorante (o sensibilizzante), che possa assorbire quanta più luce possibile nello
spettro della luce visibile. Vi sono varie metodiche che portano alla deposizione del colorante, sia coloranti
questo di origine naturali, che sintetici. In questa metodica ci concentreremo su coloranti di origine naturale.

Adsorbimento di un colorante naturale
Le piante verdi e i loro frutti sono una fantastica fonte di coloranti naturali che assorbono la luce visibile. I
pigmenti rossi che si trovano nei lamponi o nelle more possono funzionare particolarmente bene nelle DSC.
I frutti rossi sono molto utili per la sperimentazione nei corsi di formazione, in cui l'uso dei coloranti sintetici
possono essere un problema per gli elevati costi. La sensibilizzazione di biossido di titanio con tinture naturali
consiste di un ammollo nell’estratto di frutti sotto forma di purè o preferibilmente di succi. La completa
deposizione del colorante può richiedere da alcuni minuti a diverse ore. In questa fase le molecole di colorante
dal succo di frutta vengono “legate” dalle particelle di biossido di titanio. Più lunga sarà il tempo di contatto con
la soluzione e maggiore sarà la quantità di colorante che verrà impregnata sull’elettrodo, e di conseguenza
migliore sarà la “tintura” della titania.

                             Immagine 11: la fase di deposizione del colorante sullo strato sinterizzato di titania

Per ottenere il succo è possibile utilizzare succhi pronti, avendo l’accortezza di filtrarli su carta da filtro per
eliminare i residui di particella del frutto di maggiori dimensioni, oppure utilizzare frutta fresca, in quest'ultimo
caso frantumate i frutti rossi (more, mirtilli o lamponi che siano ) in una capsula di Petri o un contenitore
analogo. Attenzione: I frutti devono essere in quantità sufficiente per ottenere succo con cui ricoprire
completamente l’ elettrodo di Titanic.
Chiudere il contenitore ed attendere che la colorazione sia completa. Il processo di sensibilizzazione dura
un'ora o più. Attendere più a lungo possibile, in modo che più molecole di colorante possano legarsi alla
superficie della Titania.

ATTENZIONE: non sprecheremo questo tempo, ma costruiremo il nostro contro-elettrodo di carbonio
(sezione successiva) !

Infine, rimuovere l'elettrodo ormai colorato e sciacquarlo con etanolo. Attendere qualche minuto per far
evaporare l'etanolo o usare un asciugacapelli per asciugare delicatamente l'elettrodo più velocemente.
La Titania risultante dovrebbe ora apparire rossa in tutta la sua superficie. Se no lo fosse sarà necessario
rimettere l’elettrodo a contatto con la soluzione.

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L'elettrodo di carbonio
Il catodo di una DSC è spesso fatto con platino, ma anche il carbonio dimostra interessanti attività catalitiche.
L'alternativa del carbonio, anche se meno efficace rispetto al platino, è più facile da preparare e meno costosa
da realizzare. Questo rende gli elettrodi di carbone di grande interesse per scopi didattici.

Da una matita
Le matite possono essere una comoda fonte di carbonio che è anche molto facile da applicare. Iniziate con
una lastra di vetro TCO di adeguate dimensioni rispetto a quella dell’elettrodo di titanio che viene utilizzato per
l'assemblaggio. Coprire tutta la superficie conduttiva passando su di essa la matita. Dopo questo
procedimento un discreto strato di carbonio sarà attaccato al vetro. Il vostro elettrodo è già pronto per essere
assemblato nella cella, senza bisogno di cottura o altri procedimenti.

Da una candela
Un altro modo per ottenere un elettrodo di carbone è attraverso la deposizione di fuliggine da una candela
accesa. Iniziate con una lastra di vetro TCO anche in questo caso di adeguate dimensioni rispetto all’elettrodo
con la titania. Accende una candela e tenere in prossimità della fiamma il pezzo di vetro TCO con lato
conduttivo verso il basso a circa 10 cm al di sopra la fiamma. Il carbonio dalla combustione delle cere di cui è
fatta la candela si degrada in mezzo alla fiamma e produce nerofumo che si deposita sotto forma di un
deposito nero sul lato del vetro conduttivo TCO.

                   Immagine 12: preparazione del contro elettrodo attraverso al deposizione di uno strato di nerofumo

Il processo è molto veloce, quindi non è necessario ripeterlo. Uno strato grigio omogeneo tendente al nero è
sufficiente.

Attenzione: Lasciate la lastra di vetro a raffreddare su una superficie adatta prima di procedere
all’assemblaggio della cella, questo vi eviterà spiacevoli scottature e preverrà la rottura del vetro TCO.

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Assemblaggio degli Elettrodi
Abbiamo visto come preparare un anodo di titanio e un contro-elettrodo a base di carbonio. Vediamo ora
come assemblare i due elettrodi in una cella solare. Quando gli elettrodi sono messi insieme, i lati attivi l'anodo
e il catodo saranno uno di fronte all'altro. In altre parole, il biossido di titanio colorato dovrà affacciare il contro-
elettrodo di carbonio. Il vuoto lasciato tra le due lastre di vetro sarà riempito con l’elettrolita durante una fase
successiva.

Rapido e facile: la configurazione di cella aperta
Iniziate a prendere gli elettrodi appena fatti. Mettete gli elettrodi l'uno contro l'altro in modo che il biossido di
titanio colorato sia rivolto verso il carbonio del contro-elettrodo. I lati conduttori di ogni elettrodo saranno così
faccia a faccia, e rivolti verso l'interno della cella. Fate attenzione a spostare leggermente le due lastre di vetro
una rispetto all’altra in modo da lasciare spazio per i contatti elettrici.

                                                     Immagine 12: assemblaggio degli elettrodi

Leganti
Utilizzate le clip che si utilizzano normalmente per rilegare fogli di carta (immagine 12, riquadro centrale) ) per
tenere insieme gli elettrodi. Tale cella deve essere immediatamente riempita con l’elettrolita poiché
l’esposizione degli elettrodi all’aria ne provoca un rapido deterioramento.

Riempimento della cella con l’elettrolita
Lo spazio che si è creato tra i due elettrodi può essere riempito con elettrolita per completare la DSC.
Questo avviene per effetto capillare a celle aperte. Si consiglia di riempire le celle con l’elettrolita non appena
gli elettrodi sono messi insieme.

Riempimento di un cella aperta
Gli elettrodi sono stati messi insieme e tenuti con u sistema a molla, iniziate a riempire con l’elettrolita prima
che l'umidità dell'aria degradi e gli elettrodi. Versare qualche (poche) goccia di elettrolita all'interfaccia tra le
due lastre di vetro con una pipetta, e osservate come il liquido venga trascinato per effetto capillare nella cella.
Se necessario, ripetete l'operazione finché l'intera superficie interna della cella solare è bagnata con
l’elettrolita. Pulite il liquido in eccesso con carta assorbente. Manipolate la cella con attenzione per evitare il
contatto della pelle con l'elettrolita, poiché contiene iodio che macchia facilmente pelle e vestiti.

La cella solare a colorante è a questo punto OPERATIVA e durerà fintanto che il solvente evaporerà
seccando l’ elettrolita.

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Immagine 13: la fase finale di assemblaggio, l’introduzione dell’elettrolita.

Dal momento che l'assemblaggio è stato fatto con una cella aperta, la performance della cella diminuisce nel
tempo. Questo assemblaggio però darà tutto il tempo per misurare e dimostrare la produzione elettrica del
dispositivo fotovoltaico.

Test delle performance della cella solare
Se siete come noi, il vostro entusiasmo per la fabbricazione delle celle solari è adesso al suo apice!

                                                            È ora di fare un tentativo!

                                     Immagine 14: Infine : la misura della corrente disponibile !

    Collegate un voltmetro, polo negativo verso l'anodo (elettrodo Titania) e polo positivo al contro-elettrodo.

                            Misurate la tensione a circuito aperto con l'illuminazione in pieno sole…

                                                       …dovrebbe essere di circa 0,6 V.

Se non avete a disposizione il sole, preferite una lampade ad incandescenza o alogena rispetto alle lampade
fluorescenti.

     Allo stesso modo, un amperometro consente la misura della corrente di corto circuito della cella solare.

Questo valore può variare notevolmente, a seconda della geometria della cella e delle condizioni di luce, così
come altri parametri interni alla cella, come lo spessore dello strato di titania e della composizione
dell’elettrolitica.

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Misure delle curve I/V

Se avete a disposizione uno strumento I / V potete fare qualcosa di più accurato e calcolare alcuni dei
parametri caratterizzanti di una cella DSC, questo tipo di misure sono quelle che i ricercatori che studiamo
questa tecnologia utilizzano più soventemente per poterla rendere affidabile e duratura !

Impostate il vostro strumento in modo da ottenere una scansione di Voltaggio tra -0,1 e 0,8 V, così potete
misurarvi i valori di amperaggio (espressi in mA) relativamente all’intervallo impostato di V.

Attenzione: dovrete fare due misure
    1) In assenza di luce (potete coprire la cella con un panno scuro)
    2) In presenza di luce solare

Ora plottiamo i dati ottenuti, quello che otterrete sarà una curva simile a quella proposta qui di seguito.

                                                           ISC
                                                       X
                                                     -0,0010                                                       Impp
                                                     -0,0005
                                                                Cella illuminata                                    Voc
                                                     0,0000
                                                                                                                   X
                                                                Cella al buio
                                                     0,0005
                                       Current [A]

                                                     0,0010

                                                     0,0015

                                                     0,0020

                                                     0,0025

                                                     0,0030                                             Vmpp 0,6
                                                               0,0     0,1      0,2    0,3      0,4
                                                                                                       X
                                                                                                       0,5
                                                                                             Voltage [V]
                                                                                                                       0,7   0,8

                                                                     Immagine 15: Curva I/V di una cella DSC

Dalle due curve possiamo misurare alcuni punti caratteristici del sistema che ci permetteranno di analizzare le prestazioni delle celle
a coloranti.

Calcolo dei parametri caratteristici di cella

Applicando due semplici formule possiamo misurare il fattore di riempimento che stima quanta Potenza
utilizziamo rispetto al valore massimo ottenibile ISC x VOC

FF = Fill Factor (fattore di riempimento)

                                                          I mpp× V mpp
                                       FF=
                                                           I SC × V OC
                                                                                   (attenzione è sempre un numero < 1)

dove:
Voc = tensione di circuito aperto
Icc = corrente di corto circuito
Impp e Vmpp = corrente e della tensione al punto di massima potenza

Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011                                                                  pag. 31 di 32
Avendo a disposizione il sole o una lampada con un’analoga potenza radiante possiamo anche calcolare
l’efficienza di conversione effettiva della cella solare a colorante, attraverso l’equazione:

                                                                     V OC× I SC× FF
                                                               ηe=
                                                                          P in
dove:

Pin = densità di potenza della luce incidente
(standardizzato a 1000 W/m2 alla distribuzione spettrale di intensità pari a quello degli sole sulla superficie
terrestre con un angolo di incidenza di 48,2, che si chiama spettro AM 1,5).

Il valore che si ottiene è una percentuale, più alto sarà questo valore e più la vostra cella avrà un’efficienza di
conversione elevata.

Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011                                        pag. 32 di 32
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