Colle...ghiamoci Rivista letteraria on-line della Scuola Secondaria di primo grado " Mastai", Istituto Colle La Salle

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Colle...ghiamoci Rivista letteraria on-line della Scuola Secondaria di primo grado " Mastai", Istituto Colle La Salle
Colle...ghiamoci
Rivista letteraria on-line della Scuola Secondaria di
  primo grado ” Mastai”, Istituto Colle La Salle
               Numero di ottobre-novembre 2014
Colle...ghiamoci Rivista letteraria on-line della Scuola Secondaria di primo grado " Mastai", Istituto Colle La Salle
Colle…ghiamoci, numero 1, ottobre-novembre 2014       1

                             Sommario
Pag. 1    Sommario

Pag. 2    Editoriale

Pag. 3    Prima Parte: Fiabe in Libertà
Pag. 4    Lo scambio

Pag. 7    Le Quattro Principesse in cerca
Pag. 10   La Ladra di Parole

Pag. 13   Un Cavaliere a Scuola

Pag. 15   Katherine e la Maledizione di Kindom
Pag. 19   “il Visconte Dimezzato” di Italo Calvino
Pag. 22   Parte Seconda: Halloween che Passione

Pag. 23   La Scuola Maledetta
Pag. 25   La mia ora era arrivata
Pag. 26   Peccati di Curiosità

Pag. 28   Incubo di Note
Pag. 30   Un Iferno a Scuola

Pag. 31   La Misteriosa Scomparsa di Giampaolo Panza
Pag. 34   Io sono Te e Tu sei Me
Pag. 43   Parte Terza: Io Scrivo, tu leggi, egli legge, Noi Scriviamo, voi leggete, essi leggono

Pag. 44   L’uccello di Metallo

Pag 46    Il Cielo
Pag. 48   Un Viaggio da non Dimenticare
Pag. 49   Il Mare
Pag. 51   Vita Particolare
Pag. 53   Giornata Mista
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                                          Editoriale
La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per
strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo.

Gianni Rodari

Care lettrici e cari lettori,
“C’era una volta, in un antico castello…” quante volte queste parole hanno arricchito da bambini
le nostre serate e ci hanno condotto in mondi lontani e antichi popolati da creature fantastiche.
Le origini della fiaba risalgono alla notte dei tempi e sono radicate nell’espressione culturale
popolare di ogni civiltà e in ogni parte del mondo. Dapprima tramandate oralmente, le fiabe si
sono trasformate in un vero e prorio genere letterario colto che annovera tra i suoi autori più
illustri Dickens, i fratelli Grimm, Collodi, Calvino, Rodari, Saint Exupery e tanti altri. Molti sono
stati gli studiosi di antropologia che hanno approfondito gli aspetti relativi alla struttura della
fiaba e alla sua funzione socio-culturale. Il più illustre è stato l’etnologo sovietico Vladimir Propp
che attraverso i suoi studi stabilì che ogni racconto avesse dei tratti caratteristici ripetitivi e
riconoscibili che chiamò“funzioni”. Stabilì inoltre che esistono trentuno funzioni e che la loro
successione all’interno della fiaba è sempre la stessa. I Ragazzi della classe prima si sono cimentati
in questo genere letterario con grande fantasia: pubblichiamo volentieri i loro lavori più
significativi.
La seconda sezione di questo numero è dedicata al racconto Fantasy e al giallo. Gli autori sono i
ragazzi delle terze classi.
Conclude il presente numero un’antologia di brani tratti dal laboratorio di scrittura dedicato alla
poesia e all’osservazione, oltre ad un racconto sulla solidarietà che ci è sembrato così valido da
meritare la pubblicazione.
Un apprezzamento e un ringraziamento va ai docenti che con passione, fatica ed abnegazione si
prestano alla realizzazione di questo progetto. Un’esortazione all’impegno nella lettura e nella
scrittura va invece ai ragazzi: solo così potranno avere la soddisfazione di leggere il proprio scritto
su un periodico come questo. A noi quel giorno sarà riservata la soddisfazione e la consapevolezza
che i nostri alunni hanno raggiunto il livello sperato.

“e vissero tutti felici e… scrittori”

Salvatore Rotunno
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Fiabe in libertà
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                                         Lo scambio

       C’era una volta, in un regno lontano, una coppia di reali che dopo molti tentativi riuscirono
ad avere un figlio.
       Purtroppo però il Re voleva assolutamente un erede maschio mentre loro avevano avuto una
bambina. Allora decisero di portare la neonata in un convento di suore affinché la accudissero e
presero, come figlio, il bambino del loro servo, facendolo crescere come un futuro re.
       Alla bimba fu dato il nome di Gioia e venne vestita con un abito simile a quello delle suore
che la chiamavano "la Suorina". La ragazzina cresceva serena nel convento e trascorreva molto del
suo tempo nel giardino dove aveva fatto amicizia con gli animali che vi risiedevano, in particolare
con una tartaruga.
       La tartaruga, di nome Tartara, non era un normale animale: essa parlava con Gioia e le
dava ottimi consigli. In realtà nel carapace di Tartara risiedeva la maga Tartara che era ridotta a
vivere così per non essere riconosciuta da tutti.
       Una mattina, chiacchierando con la tartaruga, Gioia venne a conoscenza della sua vera
identità: Tartara le raccontò l’accaduto e le disse che il figlio del servo, di nome Tito, aveva ucciso
i suoi genitori per farsi incoronare Re.
       La ragazzina ne rimase sconvolta e confidò alla tartaruga di voler riprendere il posto che le
spettava di diritto. Nonostante la piccola maga cercasse di dissuaderla ripetendo :”Gioia, lascia
stare, qui sei felice … Tito è un essere malvagio e pericoloso tanto che tutta la popolazione lo
chiama Tito "il Cagnoso"; potrebbe farti del male, non ha esitato ad uccidere coloro che lo hanno
allevato con cura ed amore, pensaci bene!“, Gioia era irremovibile e rispondeva: ”Amica mia, nelle
mie vene scorre il sangue reale: io ho il dovere di rendere felice il mio popolo, sono grata alle suore
del convento che mi hanno accolta con tanto amore ma … devo salvare la popolazione, devo
creare un regno felice. “
       Tartara era felice di ascoltare queste parole: Gioia era cresciuta responsabile e tenace. Decise
così di aiutarla e le propose di superare una prova affinché potesse ricevere un regalo che le sarebbe
stato di aiuto per riprendersi il regno.
       “ Cara piccola” -disse la maga, – “io posso aiutarti ma dovrai fidarti di me: se riuscirai a
trascorrere una notte da sola nel bosco maledetto, io ti donerò un oggetto che ti tornerà utile al
bisogno! “ Gioia si fidava ciecamente della sua amica, e decise così di trascorrere la notte nel bosco
maledetto. La stessa sera, dopo la cena, uscì di soppiatto dalla sua stanza e si recò in quel bosco.
Era buio e faceva freddo, la ragazza aveva paura e più volte fu tentata di tornarsene al convento;
sapeva tuttavia che avrebbe dovuto superare la notte se voleva riuscire nel suo progetto.
       I rumori del bosco, di notte, sono terrificanti: il vento ulula tra gli alberi, il buio non ti
permette di sapere cosa succede intorno a te, hai paura, hai freddo ma…. finalmente un raggio di
tiepido sole annuncia l’arrivo del nuovo giorno …la notte era finita e Gioia poteva tornare
orgogliosa dalla sua amata Tartara.
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       La tartaruga fu molto felice di rivedere la bambina, che era riuscita nel suo intento.
       Gioia le disse: “ Bene Tartara, sono riuscita a superare la notte, ho avuto paura e ho pensato
anche di rinunciare ma nel mio cuore sapevo che potevo riuscirci e volevo tornare da te vincitrice “.
“ Tu non sai quanto mi rendono felice le tue parole, piccola: io so che tu sei un essere speciale,
buona, forte ed onesta ed io sono fiera di te. Adesso ti donerò una borsa magica..” Detto questo,
recitò una formula magica:
“MAGA MAGHETTA,
 GIORNATA PERFETTA,
GIORNO SERENO,
TEMPO NON C’E’
 CHE PIOVA LA BORSA ,
CHE IO DARO’ A TE.
 MAGA MAGHETTA
GIORNATA PERFETTA “
Comparve nel giardino una borsetta verde come il prato, la ragazza la prese ma si rese conto che
non conteneva nulla. “Tartara, cosa devo farmene di una borsa vuota? Non capisco!“ “Gioia,
fidati di me, porta con te la borsa e quando avrai bisogno di un aiuto, aprila e ci troverai ciò che ti
occorre. Fidati di me!” “ Ma certo, maghetta mia, io mi fido ciecamente di te, prenderò la borsa e
mi avvierò al castello…..mi accompagnerai?” Purtroppo la tartaruga non poteva accompagnarla:
doveva farcela da sola, lei sarebbe restata nel giardino ad aspettare il suo ritorno.
       Finalmente la ragazzina giunse al castello. Il portone era aperto perché Tito il Cagnoso
stava dando una festa in onore della sua incoronazione. La Suorina entrò temeraria, si diresse sul
trono e gridò a tutti: “Sono io la regina! Tito è un impostore, ha ucciso i miei genitori per diventare
Re, ma sono io che ho il diritto di regnare e rendervi felici. “ Tutti i presenti erano molto stupiti ed
increduli: poteva essere vero? Oppure la Suorina era solo un po’ pazza? Qualcuno la derise, Tito
cercava di allontanarla e la bambina era furiosa, dal momento che nessuno le credeva.
       Nel momento in cui la stavano buttando fuori dal castello le venne in mente la borsa.
“Aspettate “disse, “ ho qualcosa che potrà dimostrare che non sto mentendo.“ Detto questo, aprì la
sua borsetta verde e ci trovò una pergamena.
       Il documento conteneva la dichiarazione dei reali sulla sorte della figliola: era una carta col
sigillo reale secondo la quale le suore del convento si impegnavano a far crescere Gioia felice e
serena in quanto lei era la loro figlia naturale.
       A questo punto tutto il popolo insorse contro Tito il Cagnoso: come aveva potuto ingannare
tutti ? Che uomo malvagio era …. venne cacciato dal castello e dalla città e la Suorina finalmente
fu riconosciuta come principessa.
       Mentre tutti festeggiavano, Gioia aveva un unico pensiero: dove era Tartara? Aveva
bisogno della sua amica per poter governare bene. Ed ecco che apparve una fata bizzarra, tutta
colorata con un buffo cappello, le si avvicinò e le disse: “ Eccomi piccola mia, sono la maga
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Tartara, sono qui per te. Non ti avrei mai abbandonata. Noi due resteremo sempre insieme ed io ti
aiuterò.”
       La ragazza era felicissima: finalmente aveva ottenuto tutto ciò che voleva ed aveva con sè
la sua cara amica. “ Tartara”- le chiese, – “ avrei un favore da chiederti.“ “ Certo, mia cara, chiedi
pure. “ “ Mi piacerebbe che tu qualche volta potessi trasformarti di nuovo in una tartaruga, era
bellissimo parlare con te nel prato. “ “ Ma certamente!" rispose Tartara sorridendo “ Ero un po’
strettina in quel guscio ma lo farò volentieri per te “.

       Da quel giorno, il regno fu amministrato in modo felice, tutti gioivano e ringraziavano la
ragazza e la sua maga di essere buone ma non riuscivano a spiegarsi come mai, in alcuni giorni di
sole, si vedesse una placida tartaruga che se ne andava a passeggio nel giardino del castello.

Fusco Elena
Manosperta Dalila
Panella Luca

Sequenzia Marco

Classe prima A
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                              Le quattro Principesse
                                           in cerca

C’erano una volta quattro principesse di nome Camomilla, Rosa, Viola e Margherita.
Quando erano ancora molto piccole, il Re e la Regina scomparvero e le loro quattro figlie dovettero
andare all’orfanotrofio. Da grandi decisero di scoprire cosa fosse successo ai loro amati genitori.

Un giorno incontrarono una passante che raccontò loro una storia riguardante proprio il
rapimento di un Re e di una Regina. Le ragazze, sorprese, subito dissero di essere le loro figlie. Le
domande si susseguirono, si sovrapposero, tutte chiedevano informazioni sulla sorte dei loro
genitori… ma nulla!
Le fanciulle continuarono a chiedere a chiunque incontrassero ma nessuno riusciva a dare loro una
risposta. Un bel giorno, tornando all’orfanotrofio, notarono una grotta buia.
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Incuriosite, ma anche un po’ impaurite, entrarono. Da dietro un masso spuntò come per magia una
donna anziana, dall’aspetto alquanto spaventoso… sembrava proprio una strega! Dopo qualche
minuto, guardandola con attenzione, capirono che si trattava proprio della viandante incontrata
per caso e si insospettirono.

Il giorno dopo tornarono alla grotta ma non trovarono nessuno. Le sorelle entrarono e notarono
dei tavoli con alcune ampolle ricolme di sostanze colorate…. erano delle vere pozioni magiche!

Mentre le altre esaminavano quelle strane sostanze, Camomilla, la più pigra, si sedette su una
roccia e inavvertitamente aprì un passaggio segreto. Impaurite, tentarono di fuggire, ma
improvvisamente apparve la vecchia strega che disse loro con fare minaccioso: “Cosa fate qui??
andate via se non volete cacciarvi nei guai!!” Le quattro fanciulle fuggirono via veloci come il
vento. Ansimanti si fermarono in mezzo al bosco e Viola, la più saggia, disse alle altre che la
responsabile della scomparsa dei genitori poteva essere proprio la vecchia strega.
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Continuarono a camminare ed incontrarono una giovane a cui chiesero notizie della donna
anziana che si aggirava nel bosco. Lei, stupita della domanda, rispose che era meglio starne alla
larga, non avvicinandosi alla grotta in cui viveva.
Le quattro principesse, dal carattere tenace e temerario, non si fecero impaurire e, tornate sui loro
passi ,entrarono di nuovo nella grotta. Aperto il passaggio segreto, percorsero il cunicolo fino a
giungere in un ambiente più ampio. Lì, imprigionati in una gabbia, c’erano i loro genitori.
Dovevano assolutamente liberarli… ma la gabbia non era chiusa con lucchetti o sbarre ma con la
MAGIA. L’incantesimo però si ruppe al canto della melodia che la Regina cantava loro prima di
coricarsi “Viola, Margherita, Rosa e Camomilla dormite liete”.
Liberati i genitori, cercarono di fuggire ma incontrarono la strega. Dopo un breve scontro la strega
fu sconfitta dalla forza della famiglia ormai di nuovo unita, pronunciando insieme le parole: “Tu,
o malvagia, fai uscire la cattiveria da te stessa!!!”.

Eleonora De Carolis
Serena Toti
Elisa Giuliani
Giorgia Demofonte
Classe prima A
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                                   La ladra di parole

C’era una volta un regno lontano, governato da un sovrano buono e saggio, che aveva quattro
figlie tenaci e coraggiose. Gli abitanti di questo regno vivevano felici e in armonia: stavano
insieme, dicevano la verità e si raccontavano storie. Certo, a volte discutevano, litigavano ma poi
si chiarivano e facevano pace. Il segreto di tanta armonia risiedeva nella capacità di esprimere le
proprie opinioni e i propri sentimenti con parole chiare che venivano comprese da tutti.
Ma un giorno la quiete fu rotta dal malvagio comportamento della strega Karimbà che, infastidita
da tutta quella armonia, decise di rubare gli strumenti della comunicazione: le parole.
Cominciò da quelle meno conosciute affinché nessuno se ne accorgesse per poi rubare parole
indispensabili come rispetto, amore, diritto, ascolto, uguaglianza, legge, religione, idee, sorriso,
democrazia, protesta, paura, scusa, permesso, accoglienza, istruzione …
Le parole rubate aumentavano sempre di più e per gli abitanti la capacità di esprimersi diminuiva
rendendoli tristi, indifferenti e litigiosi.
A gran voce, i sudditi chiesero l’intervento di Ecolina, la fata delle parole e della Natura.
Ma la fata viveva in un bosco pieno di misteri, particolarmente difficile da raggiungere.

Tutti avevano paura di affrontare le difficoltà e gli ostacoli del bosco. Solo le quattro principesse
non si persero d’animo e si fecero avanti per salvare il regno.
Il sole non era ancora sorto ma già il cielo si tingeva del colore rosa delle prime luci del mattino,
quando le quattro fanciulle si inoltrarono nel fitto bosco con i loro cavalli bianchi.
Le quattro principesse non sapevano come arrivare al bosco dei misteri; allora Cleo, la più
intelligente, si ricordò di un’ antica leggenda e decise di raccontarla alle sorelle:” Tanto tempo fa
una ragazza, mentre passeggiava per questo sentiero, si accorse di una grande buca e decise di
entrarci. La buca era l’ingresso di un percorso sotterraneo fatto di grotte e cunicoli. Mentre
vagava per questo percorso sotterraneo vide cose che noi non riusciamo neanche a immaginare, e,
spaventata, decise di tornare indietro per uscire all’aria aperta. Fu bloccata dalla fata Ecolina,
che le offrì la possibilità di portare una cosa con sé una volta uscita dalla buca. La ragazza
rispose che voleva un oggetto per poterla incontrare quando ne avesse avuto bisogno. Allora la
fata le diede un ciondolo a foglia, che la ragazza nascondeva ogni volta all’ interno di un albero.
Ma la ragazza giorni dopo morì e l'oggetto andò perduto. Ora si dice che per incontrare la fata
Ecolina serva tale ciondolo.”
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Le ragazze iniziarono a cercare, cercare e cercare ma senza alcun risultato. Rinunciarono tutte
tranne Zoe, amante della natura e dell’avventura, che si impegnò tantissimo e lo trovò nell’albero
più giovane. Stanche per l’intensa giornata, le quattro sorelle decisero di riposare.

Il giorno seguente, appena svegliate, le ragazze presero il ciondolo a foglia ed immediatamente si
trovarono davanti la fata Ecolina. Subito raccontarono cosa stava accadendo nel loro regno. La
fata disse loro:” E' stata la strega Karimbà, e per far tornare le parole basta ripetere all’
incontrario l’incantesimo, ma vi dico subito che sarà molto difficile, quindi vi consiglio di fare
attenzione”. Kim, la curiosona, chiese:” Perché ci dici di fare attenzione? “. Pam, la più giovane,
interruppe la sorella dicendo:”Non verrai con noi?” La fata rispose: ”Non è che non voglia: io non
posso, perché senza di me nel bosco non fiorirebbero più le piante. Ma ti affido questo bracciale,
Pam, che vi aiuterà quando più ne avrete bisogno, e vi indicherà la strada”
Le ragazze si incamminarono, seguendo sempre le indicazioni del bracciale. Arrivate, notarono che
il posto, vicino al loro regno, dove si era stabilita la strega Karimbà, era orrendo: la terra era arida,
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l’ aria era verde e tutte le piante erano morte.                                                Zoe,
Cleo e Kim, le sorelle maggiori, svennero istantaneamente e Pam, spaventata, disse: ”Perchè solo io
non sono svenuta ? Sono la più piccola e indifesa tra di noi, non so cosa devo fare”. Piangendo si
rese conto che la fata Ecolina aveva affidato a lei il bracciale, e pensò che fosse suo il compito di
completare la missione.
Pam si diresse verso la strega, nascondendosi dietro un cespuglio, e aspettò che la strega
pronunciasse l’incantesimo. Dopo qualche minuto sentì la strega iniziare a pronunciare
l’incantesimo:
                                    “ANTICHE MODERNE,

                                    IMPORTANTI BANALI,

                          NASCONDETEVI DA QUESTI MORTALI.

                           LASCIATELI SOLI COSÌ SENZA VOCE,
                          PERCHÉ SOLO VOI PORTATE LA LUCE.”

Il bracciale magico, con i poteri della fata, cominciò a ripetere l’incantesimo al contrario e Pam,
anche se terrorizzata, capì di doverlo ripetere. E così pronunciò:

                          “LUCE LA PORTATE SOLO VOI PERCHÉ,
                           VOCE SENZA COSÌ SOLI LASCIATELI.
                          MORTALI QUESTI DA NASCONDETEVI,

                                    BANALI IMPORTANTI,

                                    MODERNE ANTICHE.”

Il contro-incantesimo funzionò, le tre sorelle si risvegliarono e abbracciarono Pam, e nel cielo
apparvero a migliaia, come farfalle che volano, i forzieri magici custodi delle parole: I LIBRI.

Gli abitanti finalmente ebbero di nuovo tutte le parole e con esse la capacità di esprimere se stessi:
le proprie emozioni, ansie, paure, sentimenti, amore, scoperte, idee, opinioni, divergenze e tanto
tantissimo altro … e così vissero felici e contenti.
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Personaggi:
    La strega Karimbà
    La fata Ecolina
    Zoe, Pam Cleo e Kim

Caterina Borfecchia

Sara Longo
Federica Percario
Classe prima A

                               Un cavaliere a scuola

Era una giornata come le altre, o almeno cosi io credevo. Come tutti i giorni andai a scuola. Una
volta entrato in classe, poco dopo, entrò anche il prof. Giorgi che diceva di aver preparato un vino
non alcolico che teneva in una bottiglia. Il vino non era per niente invitante per il suo colore
verdastro. Ma il prof. riteneva che fosse buono e voleva anche farcelo assaggiare. Il primo
volontario fù Matteo. Il prof. gli riempì il bicchiere con l’intruglio, che secondo me era un vino
invecchiato, anche di molto, ma forse troppo: infatti dopo il primo sorso il povero Matteo, con
grande stupore di tutta la classe, si trasformò in un cavaliere medioevale. Si guardava intorno
come per dire:In preda alla confusione uscì dalla classe correndo. Io
rincorrendolo lo trovai in sala di informatica mentre cercava di acchiappare la scritta del
salvaschermo che passava sullo schermo di un computer. Allora gli dissi di fermarsi e che non
l’avrebbe mai presa perché non era vera ma virtuale. Ma compresi che gli avrei dovuto spiegare che
cosa significasse virtuale perché stava facendo una faccia delle più strane che io avessi mai visto.
Allora gli dissi che si trattava di un immagine finta creata da un’"energia magica" perché non
credevo che un cavaliere avrebbe capito cosa fosse l’elettricità. Ma mentre parlavo lui guardava
stranamente la tastiera: riuscii a fermarlo prima che scagliasse la sua spada contro lo sfortunato
oggetto. Cosi lo portai a mensa per fargli capire cosa fosse un frigorifero e cominciai a spiegare:
. Che usasse il freddo avrei anche potuto non
dirglielo perché mentre continuavo la spiegazione lui infilò la testa nel frigo e tirandola fuori
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disse: . Poi salimmo per le scale ma lui, avendo visto che era buio, tornò indietro dicendo
che voleva prendere una candela. Gli dissi che non avevo ancora acceso la luce; allora lui mi chiese:
 Gli spiegai che con l’"energia magica" si poteva fare
la luce. Poi ci dirigemmo in portineria; ho preso il telefono, e lui mi chiese: disse guardando il display. Provai a spiegargli:.

Allora lui mi chiese di provarlo e io glielo diedi dato pensando che avesse capito come funzionasse;
invece cominciò a pigiare i tasti all’impazzata con una forza inaudita e poi gli scivolò dalle mani
cadendo ma, per fortuna, senza rompersi. Allora pensai:,
così lo portai in sala d’attesa e indicando il videoproiettore dissi: E lui per tutta
risposta osservò: Io gli
spiegai:. E’ stato
divertente far conoscere la tecnologia di oggi a un cavaliere medioevale ma credo che sia il caso di
dire al prof. di lasciar stare le bevande perché non sono proprio il suo forte.
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                                 Matteo è diventato un cavaliere,

                              perché quell’intruglio non doveva bere;

                                     con quel vino invecchiato

                                       è tornato al passato.
                               Il prof. le bevande deve lasciar stare,

                                  è meglio se torna ad insegnare!
Guido Percavalieri alias Giacomo Pignotta

Classe prima A

                 Katherine e la Maledizione di Kindom

Katherine Elisabeth De Santis era una giovane principessa del regno di Kindom, ma di certo
questo ruolo non le si addiceva affatto. Prima di tutto odiava indossare quei vestiti ampi e quelle
scarpe dai tacchi vertiginosi, non perché non le piacessero ma perché non la rispecchiavano. Aveva
tutto ciò che qualunque sedicenne avrebbe desiderato, ma a lei non importava più di tanto. Tutto
quello che chiedeva era di vedere felice e spensierato il suo popolo, i Kindomiani, che ormai, a
causa di una maledizione, non sorrideva da tempo…
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Katherine si guardò un altro po’ allo specchio, non ancora soddisfatta del suo aspetto per la festa
in suo onore. Di certo l’idea di stare in mezzo a tutte quelle persone false e un po’ snob non la
entusiasmava più di tanto, ma era costretta a farlo. Contemplò ancora un po’ il suo riflesso. Era
una ragazza bellissima: magra, con grandi occhi azzurri, il naso all’insù e con lunghi capelli
biondi come il grano e boccolosi. Passarono altri dieci minuti.

       - Elisabeth! - Si sentì chiamare la ragazza.
       - Eccomi, sono qui – rispose lei calma.
       - Che ci fa ancora così?! Sono già arrivati gli ospiti! – Disse la sua cameriera.

Katherine uscì dalla stanza e andò un secondo in terrazza. Si guardò intorno: non riusciva a
capacitarsi di quanto Kindom fosse cambiata. Non aveva più quei colori allegri da quando quella
strega fece quell’incantesimo. Se lo ricordava come fosse stato il giorno prima…

       - Ecco, adesso una maledizione incombe su di noi: Kindom non sarà più un paese felice e
         colorato come una volta, ma sarà sempre grigio e triste! L’unico rimedio, per i
         Kinfdomiani, è quello di farmi sconfiggere dalla principessa, ma sappiamo tutti che non
         succederà mai! –

Kat sarebbe tanto voluta partire per sconfiggere una volta per tutte la strega, però sua madre, la
regina, diceva che era troppo piccola. Il tempo sembrava non passare più per la principessa,
costretta a partecipare a quella festa. Al temine del banchetto, andò a parlare con sua madre.

       - Madre, la prego, mi faccia partire per sconfiggere la strega! – esclamò lei speranzosa.
       - Tesoro, mi dispiace, ma potresti anche non farcela e non voglio rischiare. -
       - La prego, non vede com’è ridotto il regno?! -
       - Si, me ne rendo conto, ma… -
       - Niente scuse, madre, ho sedici anni, so cavarmela da sola ormai! – disse Katherine
         interrompendo la regina.
       - Va bene, se sei tanto convinta ti lascio partire, ma fai attenzione! -
       - Grazie madre. –

Detto questo, Kat si convinse che avrebbe fatto qualunque cosa per salvare il suo regno,
qualunque… Andò a dormire prestissimo, l’indomani sarebbe stato un giorno difficile da
affrontare.
Colle…ghiamoci, numero 1, ottobre-novembre 2014       17

Si svegliò piena di energie. Fece colazione, si vestì e si preparò per il lungo viaggio. Andò nella
stalla e prese Pegaso, il suo fedele cavallo alato. Prima di incamminarsi verso il bosco incantato,
andò a salutare sua madre.

       - Mi raccomando, sta’ attenta – disse la regina prima di darle una boccetta.
       - Che cos’è?
       - È una pozione magica, adesso non ti posso dire a cosa serve, ma lo scoprirai da sola… -

La fanciulla guardò un’ultima volta Kindom, prima di cominciare a galoppare in sella al cavallo,
mentre la madre vedeva la sua figura piano piano scomparire tra gli alberi. A mezzanotte, Kat
decise di accamparsi con Pegaso nel bel mezzo del bosco. La principessa rimase letteralmente a
bocca aperta davanti a quello spettacolo della natura. La primavera aveva colorato gli alberi di un
verde intenso con delle macchioline color rosa chiaro. Poco distante scorreva un fiumiciattolo.
L’acqua era cristallina e c’erano dei graziosi pesci rossi che sguazzavano nel fiume. Prese due
pietre e cominciò a sfregarle, così da creare il fuoco per riscaldarsi. Il resto della serata passò
velocemente finché non si addormentò. Il giorno seguente riprese il viaggio. Ad un certo punto
sentì qualcosa muoversi fra i cespugli, perciò si fermò. Man mano che si avvicinava il rumore, Kat
si faceva sempre più forte. All’improvviso sbucò dalle foglie un simpatico folletto; Katherine
sobbalzò dallo spavento.

       - Ciao, sono Tim e sono incaricato di parlarti della strega- esclamò allegramente lui.

Passò un’oretta e Tim non aveva smesso nemmeno un secondo di parlare. Verso il tardo pomeriggio
arrivarono a destinazione. Quel castello faceva venire i brividi solo a guardarlo; infatti era tutto
nero con delle bandiere rosse. Il cielo era grigio e ogni tanto rimbombava qualche tuono, il che era
molto strano considerando che nemmeno pioveva. Arrivati all’entrata, chiusero i ponti levatoi.

       - E ora come facciamo? – chiese Kat scendendo dal cavallo e legandolo a un tronco.
       - Lascia fare a me! – rispose Tim convinto.

Prese una strana polverina e la mise su tutto il ponte. All’improvviso le catene cedettero e il ponte
si abbassò, così lo attraversarono. Entrarono nel castello, stranamente, con estrema facilità.
All’interno era bellissimo: le pareti erano rosse ed era pieno di mobili d’oro e d’argento.
Continuarono ad avanzare nel corridoio. Kat si fermò ad osservare un quadro, che ritraeva la
Colle…ghiamoci, numero 1, ottobre-novembre 2014       18

strega da giovane. “Era davvero una bella ragazza” pensò la principessa. Rimase altri dieci minuti
a contemplare quel dipinto, ma ad un certo punto si sentì afferrare da due braccia possenti e perse
i sensi. Si risvegliò in una camera abbastanza ampia, dalle pareti grigie; all’interno c’erano anche
degli strani macchinari e delle ampolle enormi. Si guardò un po’ intorno ancora sconvolta per
l’accaduto. Notò una figura che si avvicinava piano piano. Era la strega! Katherine si rese conto
di essere legata, cercò subito di liberarsi, ma non ci riuscì. Passarono le ore e lei era ancora
intrappolata lì. Vide Tim in lontananza, così gli chiese aiuto; lui riuscì a liberarla mordicchiando
la corda. Kat cominciò a cercare la strega e dopo un po’ la trovò.

       - Non mi sconfiggerai mai! - Esclamo lei.

Tirò fuori da un cassetto una bacchetta magica e cominciò a fare incantesimi. Lei cercò di
schivarli, però non poteva continuare così. Doveva trovare un modo per sconfiggerla, ma quale? Si
ricordò della pozione che la regina madre le aveva dato, la prese e la bevve tutta in un sorso. La
strega riuscì a colpirla, però non successe nulla. Così la principessa capì il compito della pozione.

       - Dannazione! Tua madre ti ha dato la pozione per renderti immune ai miei incantesimi!
         – esclamò lei preoccupata.
       - Già, ora ti sconfiggerò!

Detto questo, prese la spada e gliela conficcò in gola, mozzandole la testa. Sangue freddo scorreva
dal corpo della strega, mentre piano piano il suo corpo si dissolveva nell’aria fresca sotto forma di
tante farfalle. Dopo dieci minuti non era rimasto più niente.
Colle…ghiamoci, numero 1, ottobre-novembre 2014      19

Katherine tornò a casa vittoriosa con Pegaso e Tim. Kindom era tornato il regno felice, spensierato
e colorato di una volta, così tutti si congratularono con lei e ripresero a sorridere.

Qualche anno dopo venne incoronata regina e governò felice sui Kindomiani.

Così, come in ogni fiaba che si rispetti, vissero tutti felici e contenti.

Aurora Roio Classe econda B

               “Il Visconte dimezzato” di Italo Calvino
                                  Pensieri in libertà di Lavinia Scimìa

Era il giorno che precedeva la data di scadenza per la consegna della recensione sul libro
assegnatoci e io purtroppo non l’avevo ancora fatta. Potete immaginare quanto fossi disperata, ma
visto che purtroppo tutto si deve affrontare quel giorno andai a scuola ansiosa di conoscere il voto
dell’ultimo compito di grammatica, con mio grande stupore scoprii di avere preso quattro e mezzo!
Un brivido mi percorse tutta la schiena, fino al cervello e per lo spavento, dovuto a quel pessimo
voto, svenni. Quando alla fine mi risvegliai mi trovai seduta sulla poltrona della segreteria in
fondo alle scale con un enorme bozzo proprio in mezzo alla mia testa. Mi sentivo libera e anche
più leggera, mi avvicinai a Rossella e le chiesi un foglio di carta e una penna, poi ritornai a sedermi
con l’intenzione di cominciare a scrivere la relazione sul libro, ed ecco cosa scrissi:
Colle…ghiamoci, numero 1, ottobre-novembre 2014      20

Relazione su un libro a piacere:
Il libro che ho letto “Il visconte dimezzato” di Italo Calvino non mi è piaciuto per niente.
Innanzitutto l’immaginazione dell’autore mi è sembrata davvero troppo sconfinata, tutto ciò
che è stato scritto non ha niente di reale. Non sono rimasta per niente colpita dalla bontà del
visconte che curavae aiutava le persone malate o del dottor Trelawneyche aveva interrotto la
ricerca dei fuochi fatui per andare ad aiutare la gente che necessitava di un medico, troppo
buonismo! Decisamente meglio la cattiveria del Gramo che ho trovato invece un personaggio
molto positivo. Inoltre, non mi è piaciuta nemmeno l’impostazione narrativa del testo, ho avuto
l’impressione che
tutti i tempi verbali fossero sbagliati e …

A quel punto una donna con un cappello e un cappotto nero entrò in segreteria e con lei il vento
che proveniva dall’esterno, così un altro brivido mi percorse la schiena. Rilessi quello che avevo
scritto, ma dato che lo trovai inadatto da consegnare alla professoressa, ricominciai da capo, ed
ecco cosa scrissi:

Relazione su un libro a piacere:
Il libro che ho scelto, tra quelli assegnati dalla professoressa Carucci, si intitola “Il visconte
dimezzato” di Italo Calvino. Questo libro mi è piaciuto molto, soprattuttoper l’ironia e la
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fantasia dimostrati dall’autore. Ho trovato molto divertente la parte in cui il visconte buono
passa e cura tutti e dopo di lui arriva il Gramo che distrugge tutto ciò che l’altro aveva
fatto.Era una descrizione particolarmente comica, come quando in un film due personaggi
girano intorno a un albero senza incontrarsi mai. Anche se ho trovato un po’ esagerata la
cattiveria del Gramo che uccideva o appiccava fuochi alle case delle persone come se fosse un
gioco, il libro nel complesso mi è piaciuto per la sua originalità e mi ha appassionato
dall’inizio alla fine e …

A quel punto sentii un rumore di passi affrettati scendere per le scale e apparve di fronte ai miei
occhi la figura dolce e minuta della professoressa Carucci. Lei si avvicinò a me e mi disse: “Scusa
Lavinia, volevo dirti che ho fatto un po’ di confusione con le verifiche, in verità al compito di
grammatica hai preso otto e mezzo e quello che ti ho consegnato erroneamente non era il tuo
compito ma quello di un tuo compagno”.
A quel punto un’ondata di sollievo mi percorse la colonna vertebrale e mi alzai dalla poltrona, mi
sentivo leggera come una piuma e camminando a un palmo da terra per la felicità seguii la
professoressa che si dirigeva in classe.

La Lavinia (Scimìa) dimezzata classe terza A
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Halloween che passione!
Colle…ghiamoci, numero 1, ottobre-novembre 2014       23

                             La Scuola maledetta…
Il 2014 era iniziato da un mese. Intorno al Colle si aggirava un alone un po’ più “malvagio”
rispetto agli anni passati. Nell’ultima settimana di gennaio erano accaduti strani … ma che
dico… stranissimi fatti che avevano scioccato l’intera scuola … Driiiin! L’intera classe si mise ad
implorare a causa dell’inizio della lezione di grammatica: -Nooo Nooo! Scappate, ci saranno morti
e sepolti… Nooo!!- All’entrata della Professoressa C. gli animi bollenti si placarono e … -
Buongiorno professoressa!- Pian piano l’insegnante si diresse sul suo trono; tutti noi ci
rifugiammo nelle trincee e prendemmo il “sacro” libro di grammatica, però dalle retrovie emerse un
verso primordiale  Il verso proveniva dall’alunno Flavio Binanti. Ovviamente

il colpevole rinnegava l’evidenza ma su di lui incombette il peso della nota disciplinare seguita
dall’e-mail. Un secondo dopo una penna esplose e macchiò gli indumenti del povero Pelliccioni. La
macchia però era molto strana, infatti sulla maglietta dell’alunno si formò una scritta: I can see
you… La classe era atterrita e scossa dall’accaduto ma la lezione proseguì comunque. Trascorsero
lentamente le quattro ore e finalmente giunse la ricreazione. Gli alunni si chinarono per prendere i
viveri dallo zaino ma … erano tutti spariti, volatizzati, scomparsi! -Mistero oppure un ingenuo
scherzo!?- esclamò il povero e affamato Nanni. Gli alunni decisero di passar sopra a tutto ciò e
scesero giù in cortile. Finita la ricreazione la III A era affamata e stanca. Ritornati in classe gli
alunni trovarono scritto sulla lavagna: Have you hungry!?- Eravamo tutti un po’ frastornati ma
riuscimmo a terminare le due ore prima della fine della scuola. Suonò la campanella e ci dirigemmo
verso la porta che però non si apriva. -Ma non mi dire!!- esclamò Nanni con tono ironico.
Eravamo rimasti chiusi dentro la classe e non vi erano vie di uscita. Decidemmo allora di indagare
Colle…ghiamoci, numero 1, ottobre-novembre 2014        24

su questi fatti. Formammo un gruppo di sei persone chiamato “I giovani detective”; eravamo io,
ovvero Brusca il tuono, Binanti Mad6, Alessandro Ale 2020, Nanni il Ciccio ed Alice … beh!
Alice. Indagammo sulla scena del “crimine” (la lavagna) e trovammo solo un gessetto, il cancellino
e un cappello blu nell’angolino sinistro dietro la cattedra. Prendemmo l’oggetto e lo esaminammo
… riflettemmo e capimmo che quel cappuccio apparteneva a Fratel Vincenzo. Ad un tratto nel
corridoio vedemmo un “piccolo omino pelato”; tutti noi esclamammo ; subito
dopo saltò la luce e si sentì un urlo. Si riaccesero le luci …-Il Capoccia, il Capoccia è sparito!-.
D’Agostino aveva fatto la stessa fine delle merendine. Passarono due, tre, quattro giorni e intanto
l’intera scuola era rimasta chiusa nelle proprie classi; a volte si verificavano atti di cannibalismo.

Infatti Nanni, il più affamato, mangiò Filippo e Pelliccioni. Fatto sta che il giorno successivo
morì di mal di stomaco. Negli ultimi giorni risuonava continuamente una serie di lamenti che
provenivano dal sotterraneo, però ad un certo punto sentimmo un urlo e vedemmo il povero Fratel
Vincenzo steso a terra con una gamba rotta. Allora fu in quel momento che comprendemmo che il
povero omicciolo non era colpevole. -E allora chi è??- esclamò Alice -Ho capito chi è! … No, non è
vero …-. Poco dopo il corpo del povero Frère venne portato via da un uomo; non si riusciva a
comprendere bene chi fosse ma una cosa era certa: chi aveva rapito Marco e il povero Frère. Ad un
tratto si aprirono di colpo tutte le porte delle classi; il portone principale della scuola però era
ancora chiuso e quindi vietava l’uscita. All’interno del gruppo d’investigazione si erano verificati
radicali cambiamenti a causa della morte di Nanni. Infatti la brigata si sciolse e restammo solo io
ed Ale 2020. Ci dirigemmo verso la scena del fattaccio ed esaminammo le tracce; vi era un pezzo di
carta su cui era scritto NOT … Il pezzo di carta era strappato e pertanto impediva la
“decifrazione” della parola. Poi vedemmo delle impronte di scarpe che attraversavano l’intero
corridoio ed andavano a finire nella stanza del Preside. Nella stanza però non vi era nessuno;
allora io ed Ale entrammo con cautela per vedere fino a dove arrivassero le impronte. Seguimmo
con lo sguardo i segni del cammino che si interruppero davanti ad una botola; -Sono i sotterranei-
esclamò Ale. Entrambi avevamo paura ma alla fine entrammo (ovviamente io entrai per primo…).
Più scendevamo e più i lamenti si facevano forti. Arrivati nei sotterranei vedemmo intorno a noi i
vari apparecchi tecnologici e una scrivania con un computer; dietro il monitor scorgemmo il preside
Colle…ghiamoci, numero 1, ottobre-novembre 2014       25

Rotunno! Passava le intere giornate ad inviare e-mail di note disciplinari agli alunni.
Ultimamente si era concentrato su D’Agostino per punirlo dei continui versi. Durante la
settimana lo sciagurato aveva accumulato sei note. Ad un tratto … Driiiin! -No, il suono della
campanella Nooo!-. –Su, ragazzi, consegnatemi i vostri temi d’italiano-.-Nooo! Prof., non ho
finito il tema!!!-.

Lorenzo Bruschini classe terza A

                             La mia ora era arrivata
Da alcuni giorni nella scuola di Colle La Salle accadono fatti strani. I pennarelli spariscono dagli
astucci delle ragazze; le penne esplodono all’improvviso durante i compiti in classe mentre le
merende degli studenti si volatilizzano prima che inizi la ricreazione. Note di demerito appaiono
sul registro come per magia. I professori e i genitori sono molto preoccupati e spaventati. Al
contrario gli studenti, che dovrebbero essere terrorizzati, non hanno né timore né
sospetto;piuttosto dimostrano di divertirsi molto in una simile situazione. I ragazzi sono certi che
la magia e le favole ascoltate fin da bambini sono divenute finalmente realtà e pertanto non
vogliono perdere neppure un minuto di divertimento prima che questa storia volga al termine.

Questa storia non mi quadrava. Mangiai un biscotto ed esaminai la lista degli indagati per la
seconda volta. Nessuno di questi suscitava in me un minimo sospetto. La mattina seguente mi
recai a scuola e chiesi alla bidella se fosse possibile conversare con il Direttore; lei annuì. Nel
frattempo udivo delle voci provenire dalla porta dell’ufficio: c’era qualcuno a colloquio con il
Preside. Bussai ed entrai. Nella stanza semibuia accanto all’anziano Direttore c’era il Prof.
Rotunno, il Preside della scuola secondaria di primo grado. L’atmosfera era seria e tesa. “Qual è il
suo parere riguardo ai fatti accaduti?” mi chiese il Preside. “Ho iniziato l’indagine. Sono stupita e
preoccupata. Non ho mai lavorato ad un caso così complesso. È molto probabile che si tratti di
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fenomeni soprannaturali dato che tali fatti in natura non possono verificarsi”. Per qualche
secondo regnò uno silenzio oscuro che mi fece rabbrividire; furono attimi durante i quali ero in
grado di percepire ogni pensiero e stato d’animo. Ebbi il coraggio di rompere quel silenzio
riprendendo a parlare con voce solenne: “Signor Direttore, vorrei essere testimone oculare del
fenomeno. Vorrei trattenermi in una delle classi durante l’orario di lezione.” Salutai ed uscii dalla
stanza tirando un profondo respiro. Ero stanca e quell’atmosfera m’inquietava. Entrai in una
delle classi. I ragazzi erano allegri come sempre, quasi fossero estranei a ciò che stava accadendo.
La Professoressa Carucci si avvicinò subito a me. Lessi nei suoi occhi grande timore e
preoccupazione; si trattava del medesimo stato d’animo che tormentava tutti gli adulti della
scuola. Le delineai un breve riassunto delle indagini che stavo svolgendo quando si spense
improvvisamente la luce. La Professoressa iniziò a tremare mentre i ragazzi emettevano gridolini
di agitazione. Cercai di rassicurarla. Mi affacciai fuori dall’aula; il corridoio era immerso nella più
completa oscurità. Qualcuno mi puntò la luce accecante di una torcia sul viso; era il Preside che
faceva capolino attraverso la porta dell’aula. Lui ci porse una torcia e raccomandò alla
Professoressa di badare ai ragazzi mentre i tecnici tentavano di far tornare la corrente. Gli alunni
sembravano cavalli impazziti. Non riuscivo a comprendere il significato di quelle grida; erano
dovute alla gioia o allo spavento? Tutto era molto confuso. Presi il controllo della situazione dato
che l’insegnante non ne era in grado a causa dello spavento. Imposi ai ragazzi di smettere con le
loro grida che creavano maggiore tensione e trambusto. In quel momento avvertimmo il rumore
cadenzato di lugubri e lenti passi provenienti dal corridoio che si avvicinavano sempre di più. Poi
il rumore cessò improvvisamente; feci per voltarmi per scoprire di chi si trattasse ma una mano
gelida e fredda mi toccò la spalla. A quel punto il gran frastuono che dominava la classe svanì di
colpo. Non riuscivo più a respirare. Sentivo il sangue raggelarsi nelle vene ed il mio cuore smise di
battere. Il tempo si era fermato. Avvertii un silenzio inanimato come quello che regnava sulla
terra prima della comparsa dell’uomo. La mia ora era arrivata.

Carlotta Budini classe terza A

                                  Peccati di curiosità
Io riesco a scorgere la paura negli occhi dei miei compagni. Loro vivono nel terrore dalla prima
all’ultima ora e non a causa di verifiche ed interrogazioni; hanno comportamenti strani e
soprattutto ultimamente, visto che gli episodi si fanno via via più frequenti. I professori, però,
sembrano più preoccupati che impauriti; è come se sapessero qualcosa… E’ tremendo vedere la mia
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classe così mansueta a causa della paura; siamo sempre stati euforici mentre quest’anno… Non
abbiamo più il coraggio di uscire per andare in bagno!
Cosa si nascondeva dietro tutto ciò? Saremmo riusciti ad arrivare al nostro Esame di Stato sereni?
Avremmo dovuto temere che la nostra tesina si smaterializzasse? Bisognava porre fine a questa
situazione…

Erano le 8.10 ed ecco lo squillare della prima campanella che segnava l’inizio delle lezioni. La
Professoressa Carucci ci scortò in classe; le tremavano le gambe ed aveva gli occhi fissi in un punto
preciso del pavimento; si poteva facilmente dedurre che non era un bel pensiero ciò che la
tormentava. Sperando si trattasse di un incubo, chiesi con voce titubante di andare in bagno. Il
corridoio era deserto; si potevano percepire a malapena le voci flebili degli altri insegnanti.
Sorpassai velocemente il bagno dei maschi, ormai vuoto da quando un ragazzo della prima media
non fece più ritorno da lì. Il bagno delle ragazze era situato a fianco della biblioteca. Quel luogo
mi metteva i brividi. Le porte cigolavano in continuazione mentre la luce andava sempre più
affievolendosi. Si poteva avvertire chiaramente un rumore di gocce che cadevano dal rubinetto dei
lavandini; inspiegabilmente, però, non vi erano tracce d’acqua nei lavabi. Decisi di tornarmene in
classe il prima possibile e, non appena mi sedetti al mio banco, ci fu un black-out. Il corridoio
divenne nero, la porta e le finestre si aprirono contemporaneamente lasciando entrare aria gelida.
Dopo qualche minuto la luce tornò e mi accorsi che l’insegnante era scomparsa insieme a cinque
miei compagni. Un brivido percorse la schiena di ciascuno di noi e non a causa del freddo che
proveniva dalla finestra. Al suono della campanella la porta dell’aula si chiuse di colpo e si
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avvertirono i soliti misteriosi mugugni risalire da un punto non decifrabile dell’edificio;
sembravano grida di bambini torturati. In genere le urla cessavano al riaprirsi della porta dell’aula
ma quel giorno esse continuarono a riecheggiare attraverso il corridoio. Afferrai il braccio di
Lavinia e corsi verso la biblioteca; più ci avvicinavamo più i lamenti diventavano forti. Sulla
porta trovai impronte di mani mentre sul pavimento notai deformi macchie di sangue. Lavinia mi
strinse a sé pregandomi di andarcene immediatamente da quel luogo. Io non risposi ed entrai
trascinandola con me. Ci saranno stati cento libri disposti in ordine alfabetico entro due scaffali.
Le grida provenivano da uno di questi; cominciammo a cercare tra dizionari e libri di narrativa.
Finalmente trovammo il volume dal quale uscivano i terrificanti lamenti; era un testo dalla
copertina rovinata e piena di polvera che nascondeva un titolo in latino; mi voltai verso Lavinia
ma lei era scomparsa. Atterrita aprii il libro ed iniziai a leggere. Il testo narrava la storia di una
bambina della mia età ambientata negli anni 70. La ragazza aveva trovato il libro che io tenevo
in mano ed all’interno del quale era contenuta una maledizione che incombeva da molto tempo
sulla scuola per un motivo sconosciuto. La poverina aveva tentato di bruciare il testo ma
quest’ultimo le aveva strappato la vita trascinandola al suo interno. Arrivata a quel punto della
storia, il libro si chiuse di colpo trascinando dentro anche me a causa della mia eccessiva
curiosità…

Alice Valente classe terza A

                                      Incubo di note
Ricordo ancora quando tutto è iniziato. Era un lunedì cupo e triste; salivo le scale con il mio
amico Gianmarco quando sentimmo degli strani rumori provenire dalla nostra aula. Una volta
arrivati, notai che si trattava semplicemente dei nostri compagni i quali passavano il tempo
saltando da un banco all’altro o giocando a calcio in classe. Tutto sembrava tranquillo, troppo
tranquillo… Un secondo dopo entrò la Professoressa C. e un tuono risuonò nel cielo. Sulla classe
piombò il silenzio e l’insegnante guardò fisso negli occhi il povero Flavio che cadde sul banco
tramortito. La stessa tirò fuori dal cassetto l’orribile Registro e la sua complice Penna ed annunciò
con voce inquietante: “Oggi è il giorno del sorteggio alla nota!”. Era un gioco che aveva messo in
pratica da qualche settimana che consisteva nel sorteggio di un fortunato alunno che avrebbe
ottenuto una nota sul registro. Si trattava di una tortura orrenda per i ragazzi. Quel giorno
sarebbe toccato a Marco ma il ragazzo stranamente era assente da diverse settimane. La domande
mi sorse spontanea: “Cosa stava accadendo? Qual era la fonte di quegli strani versi provenienti dal
seminterrato?”. Mentre la Professoressa Carucci ordinava crudelmente agli alunni di pulire il
pavimento, entrò il Professor R. Il Preside aveva una giacca nera in pelle, una benda sull’occhio
destro e, nonostante ciò, mostrava uno sguardo sinistro. I miei compagni ed io facemmo il consueto
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inchino scolastico. Il Professore ci informò: “Da oggi in poi non avrete più la ricreazione!” e uscì
velocemente dall’aula per diffondere la terrificante notizia nelle altre classi. Al termine delle

lezioni io e Gianmarco stavamo attraversando il corridoio quando, arrivati davanti alla porticina
dell’ascensore, una mano tenebrosa afferrò il mio compagno; io provai a trattenerlo ma non feci in
tempo. Atterrito tornai a casa ma neppure le ultime terrificanti vicende mi spinsero a svolgere i
miei compiti. Il giorno successivo entrai in classe e trovai Manuel, Lorenzo e Alessandro seduti in
un angolo della classe con un’espressione terrorizzata. Immediatamente corsi verso di loro e chiesi
cosa stesse accadendo. Loro risposero: “Nella scuola non c’è più nessuno! Siamo rimasti soltanto
noi quattro e l’intero corpo Docente!” a quelle parole sbiancai e svenni. Ci vollero quasi venti
minuti per farmi rinvenire. Tornai al mondo reale ed esclamai: “Dobbiamo attraversare la scuola
per arrivare nei seminterrati dove sono sicuro che troveremo spiegazioni tutta questa assurdità;
tuttavia bisogna stare attenti a Marco!” La leggenda narra che un giorno un ragazzo di nome
Marco era stata posto a guardia del seminterrato poiché aveva un potere mistico. I suoi
agghiaccianti versi potevano essere percepiti da una distanza di più di tre chilometri. Io mi armai
di una squadra che affilai personalmente; i miei compagni con la mano destra agitavano in aria le
gambe del banco, che loro utilizzavano come spada, mentre tenevano nella sinistra le tavole di
quello come scudo. Eravamo pronti per l’avventura! Ormai era calata la notte e nell’oscurità la
scuola sembrava ancor più terrificante. Mentre ci dirigevamo verso il pericolo spuntò sul nostro
cammino il Professor F. con una cartina muta dell’Asia in mano minacciando: “Venite qui che vi
interrogo!”. A quel punto io ed i miei amici ci affrettammo verso il seminterrato. Finalmente
arrivammo a destinazione e già potevamo avvertire i versi di Marco; ci inoltrammo sempre più
nelle profondità dell’edificio quando ci ritrovammo davanti il “Capoccio”, chiamato così dagli
alunni della scuola. Marco fece un grande balzo mentre faceva versi tenebrosi come Diuuuuuuu,
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Woile e Mmmmmmmm. Era troppo tardi per tentare la fuga poiché davanti a noi si era schierata
un’orda di crudeli professori. Non avevamo paura perché eravamo armati. La battaglia durò più di
un’ora ma alla fine vincemmo noi. Al di là di tutto sentivo che qualcosa era rimasto in sospeso.
Dov’era finito Lorenzo? Purtroppo giaceva a terra con una nota infilata nel petto. Io corsi subito
da lui che mi confidò le sue ultime parole: “Non dire… a mia madre... che ho preso la nota!”.
Daniel Maroni classe terza A

                                Un inferno di scuola
“Sei davvero sicura di conoscere la tua scuola? Anche le sue viscere?”. -Ma che diavolo di domanda
è ?- penso. Il Professore mi sta rivolgendo degli strani quesiti… In realtà deve svolgere un
sondaggio sul grado di conoscenza della scuola da parte degli alunni. Credo che dovrebbe saperlo,
insomma, è il Preside! “Giulia” esclama. “Sì, sì la conosco! Insomma, la frequento da undici anni!”
rispondo io. “Bene, puoi andare.”. Mi alzo e me ne vado. Arrivo sotto il porticato e noto una nera
scia di fumo che decido di seguire. Arrivo in palestra e scorgo due torce antiche accese che
sprigionano delle potenti fiamme rosso sangue. Attraverso la sala e mi fermo davanti al canestro.
Dopo qualche secondo sento un coro che intona una melodia cupa e oscura; ad un tratto questa
s’interrompe e vedo avvicinarsi un cagnolino nero. La bestiolina inizia a mordermi come se volesse
dirmi “Seguimi!”. E’ allo stesso tempo fastidioso e incantevole così lo seguo lasciando che mi
mostri il suo mondo. Lo seguo fuori dalla palestra dove ci sono due uomini ad aspettarci. Il cane
s’intrufola tra le loro gambe mentre quella musica cupa riprende. Inizio ad avere paura; è una
strana reazione poiché io non ho mai paura. Li guardo con occhi pieni di spavento e poi chiedo
loro: “chi siete? Cosa volete?” Loro non rispondono ma dopo qualche attimo il cane inizia a
ringhiare. Si avvicina a me e mi mostra i suoi occhi rosso sangue. Non so cosa fare; appoggio la
mia mano sulla sua testa e lui inizia a diventare sempre più grande fino a raggiungere i quattro
metri d’altezza. Grido disperata guardando il suo collo dal quale spuntano altre due teste. -Oh,
mamma… è Cerbero!- Ha gli occhi rosso sangue, una lurida barba, degli artigli taglienti come
denti di squalo ed un possente latrato! Continuo a gridare immobilizzata dal terrore. Il mio cuore
batte all’impazzata e sembra che stia per esplodere quando l’essere inizia a minacciarmi: “Avrei
potuto divorarti ma me ne sono guardato; il morso è letale e non fa soffrire… invece Lui vuole che
tu soffra!”. -Mio Dio, parla! Cosa mi sta succedendo? I mostri non esistono!- continuo a ripetere
dentro di me ma è tutto inutile. Lo vedo, è davanti a me. Che fare? Inizio a correre inseguita da
Cerbero che nel frattempo lascia tracce di sangue dietro di lui. -E’ orribile!- continuo a ripetermi.
Finalmente raggiungo il cortile della scuola, mi giro e non c’è più nessuno. Era solo un sogno.
Faccio un respiro di sollievo. Vedo i Professori seduti sul muretto. Manca il Professor R. Mi
chiedo dove sia finito e il dubbio mi tormenta. Arrivo in classe e scoppio in lacrime; i miei
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