POLVERI SOTTILI ED EMISSIONI NELLA COMBUSTIONE A BIOMASSA: COME NON INQUINARE CON L'INSTALLAZIONE CORRETTA - Arezzo, 13 Febbraio 2015
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POLVERI SOTTILI ED EMISSIONI NELLA COMBUSTIONE A BIOMASSA: COME NON INQUINARE CON L’INSTALLAZIONE CORRETTA Arezzo, 13 Febbraio 2015
LA TERMINOLOGIA TECNICA Normal Metro cubo: Nm³: unità di misura della quantità di sostanza usata per le sostanze che si trovano allo stato gassoso in condizioni "normali", ovvero a pressione atmosferica e alla temperatura di 0 °C. Corrisponde alla quantità di sostanza che occupa un metro cubo in condizioni normali, ed è equivalente alla quantità di sostanza contenuta in 1 m³ alla temperatura di 0 °C (273,15 K) ed alla pressione assoluta di 1,01325 bar; COV – composti organici volatili TEQ ‐ Tossicità equivalente di sostanze nocive; megajoule (MJ), equivalente a 1000 kilojoule (106 J) PCDD/F : le P‐dibenzodiossine policlorurate e i p‐dibenzofurani policlorurati, o in breve 'diossine' sono una famiglia composta da 210 diversi sottoprodotti dannosi principalmente derivanti dalla combustione di materiale organico, contenente cloro o meno
“La scelta attenta degli impianti di riscaldamento delle abitazioni, in particolare quelli alimentati a biomassa, e il loro mantenimento in efficenza, garantiscono nel corso degli anni costi di gestione e bollette energetiche più basse, minori consumi e minore inquinamento.” fonte: Ministero Sviluppo Economico ‐ 2010 È giusto quindi dare il corretto ruolo e attenzione ai generatori a biomasse legnose
Quando si parla di poveri sottili si è al confine tra tecnica e medicina Qualsiasi combustione, sia grande sia piccola, produce residui polverosi: questo vale per le centrali elettriche a gasolio, gli inceneritori, i cementifici, tutte le attività industriali, le auto, gli aerei, fino ad arrivare al fumo della sigaretta. La differenza, però, sta nelle sostanze chimiche che le compongono, perché occorre sottolineare che i parametro PM (10 – 2,5) rappresentano una misura quantitativa, non qualitativa del particolato e che, dal punto di vista della composizione chimica, esistono diversi tipi di polveri. Le polveri fini sospese in aria hanno certamente effetti diretti sulla salute umana, ma il grado di tossicità risulta diverso in relazione alla loro origine e composizione chimica. La qualità del combustibile è determinante: è chiaro che nell'aria troveremo ciò che abbiamo messo nel focolare. Gli elementi naturali (carbonio, idrogeno, ossigeno) costituenti il legno dell'albero li ritroveremo nell'aria completamente biodegradabili perché gli agenti atmosferici li ridurranno ad elementi chimici primari, così come avviene da milioni di anni. Diversamente accade se bruciamo sostanze o materiali di scarto derivanti da residui di lavorazioni, impermeabilizzazioni, verniciature: questi combustibili, prodotti da materiali artificialmente manipolati dall'uomo, producono polveri altamente inquinanti per l'uomo e per l'ecosistema.
L'Organizzazione Mondiale per la Sanità ritiene che il PM10 non sia proporzionale ai danni sulla salute umana. Ad esempio la presenza di aerosol marini naturali o di polveri sahariane in molte città elevano notevolmente le concentrazioni di PM10. Le polveri sottili e le nanoparticelle di polvere hanno una composizione prevalentemente inorganica, priva di Carbonio. Le fonti inquinanti sono innumerevoli: traffico veicolare, traffico aereo, cave, cementifici, discariche, depositi di rifiuti tossici e non, deterioramento stradale e degli edifici, usura di freni e pneumatici,impianti a combustione. In condizioni di combustione ottimizzata della biomassa legnosa, le polveri sottili sono composte principalmente da sali. Le moderne tecnologie di combustione hanno infatti elevata resa energetica e generano un bassissimo livello di emissioni
Oggi il fuoco del legno viene trattato nei focolari moderni con processi di catalizzazione o di post‐combustione per emettere fumi sempre più puliti, privi di monossido di carbonio (CO) e, in conseguenza, di polveri. La tecnologia ha fatto passi da gigante anche per quanto riguarda i rendimenti: nei nuovi impianti si bruciano quantità di biomassa legnosa inferiori del 50% rispetto ai modelli precedenti e con una riduzione delle polveri emessi di oltre il 70%, per ottenere lo stesso calore reso
Rendimento 15%? Malgrado le antiche origini, gli apparecchi a biomassa Rendimento > 75% rappresentano macchine termiche tanto semplici nella struttura quanto sofisticate nelle modalità di propagazione del calore.
La semplicità è quindi solo apparente. L’evoluzione dei moderni generatori di calore implica maggiori prestazioni e sollecitazioni a cui gli impianti fumari sono sottoposti. Per questo il loro corretto funzionamento risulta fortemente vincolato a schemi e procedure realizzative e manutentive che ne determinano la sicurezza e l’efficienza anche in termini di emissioni.
Nuove professionalità o antichi mestieri? Quale è quindi il compito di progettisti, rivenditori, installatori e manutentori ? Rispettare: ►La normativa tecnica e legislativa cogente; ► Le istruzioni fornite dai rispettivi produttori del generatore e del sistema fumario compatibilmente alle condizioni di esercizio
Nuove professionalità o antichi mestieri? Istruzioni che devono essere seguite per quanto concerne sia l’apparecchio sia l’impianto fumario ai fini della sicurezza del sistema. Diversamente dagli apparecchi a gas, quelli alimentati a biomassa non si spengono immediatamente togliendo loro l’elettricità. L’installazione o la taratura di un qualsiasi generatore non può e non deve essere soggettiva.
La combustione della legna IL LEGNO Usare legno stagionato, piuttosto che legno verde tagliato di fresco, è molto conveniente, è infatti intuitivo capire come l’umidità della legna necessiti di “calore” per evaporare, e che il vapore acqueo generato se ne vada per il camino assieme all’energia utilizzata. Si consiglia quindi di lasciare la legna in un luogo coperto e moderatamente ventilato, per alcune settimane prima dell’utilizzo, così da ridurre il livello di umidità, migliorando la resa e riducendo gli interventi di pulizia. È preferibile inoltre tagliare i ciocchi di sezione troppo grande. Le dimensioni ottimali della legna da ardere nel termocamino sono riportate nella tabella dati tecnici del generatore. Vari tipi di legna ed il relativo potere calorifico, allo 0 % umidità.
Quanto rende la legna o il pellet pellet legna un albero appena tagliato
La combustione della legna
La combustione valenza energetica: rendimento combustione valenza ambientale: inquinanti La combustione stechiometrica della legna richiederebbe 5 mc/kg . Ma essendo un combustibile solido la miscelazione ossigeno – carbonio non è intima ed occorre quindi un “eccesso d’aria” (8 mc/kg) che non partecipa alla combustione e viene dispersa dall’impianto fumario insieme ad una parte del calore prodotto, diminuendo il rendimento dell’apparecchio
La combustione della legna La quantità di aria strettamente necessaria alla combustione (aria teorica o aria stechiometrica) dipende quindi dalla composizione chimica del combustibile, ed è tanto maggiore quanto più elevato è il potere calorifico del combustibile stesso.
La combustione della legna Fase 1 ‐ essiccazione totale del combustibile: Quando la legna viene riscaldata inizia subito il processo di essiccazione dell’umidità ancora presente. L’umidità evapora alla temperatura di 100°C dal legno per azione del fuoco circostante. Qualunque legno contiene una certa percentuale di umidità. Poiché parte del calore prodotto dal fuoco è impiegata nella sua evaporazione, è molto più conveniente, ed anche meno inquinante, usare legno stagionato (max 20% di umidità) piuttosto che legna verde tagliata di fresco (50% o più di umidità). Questa fase è completa quando il legno raggiunge la temperatura di 100°C (Punto di ebollizione dell’acqua).
La combustione della legna Fase 2 – combustione energetica, gassificazione dei componenti combustibili: Aumentando la temperatura, il legno si decompone in gas volatili e carbone. Il combustibile legna non brucia, ma bruciano i gas combustibili in esso contenuti, come il carbonio e l’idrogeno. Questi gas combustibili devono essere resi gassosi con apporto di calore a ca. 600°C bruciando poi come una fiammella a gas. Infatti nella prima fase si può osservare le fiammelle leggermente staccate dalla legna stessa. Questa fase viene chiamata anche fiamma calorica, perché fornisce la maggiore quantità di calore.
La combustione della legna Fase 3 ‐ combustione della carbonella: Attraverso la fiamma della gassificazione viene prodotta la carbonella dalla legna e si ottiene la terza fase della combustione. La combustione della carbonella porta ancora circa 1/3 del calore della combustione e dura il maggior tempo. I gas e il carbone bruciano. Il carbone comincia a bruciare emettendo calore tra i 540°C ed i 705°C, riducendosi in cenere. In questa fase si produce la maggior parte del calore sfruttabile.
La combustione della legna I gas volatili si accendono tra i 600°C ed i 650°C, purché abbiano sufficiente ossigeno. I gas di rado raggiungono questa temperatura, a meno che non siano in qualche modo confinati e dirottati verso la fiamma, od in un area della camera di fuoco dove questa temperatura sia stata raggiunta. L’efficienza delle stufe, non catalitiche, dipende dalla loro capacità di ottenere questo.
La combustione della legna Le tre fasi della combustione non sono completamente separate, ma interagiscono tra loro. Durante la gassificazione si avrà l’essiccazione ed anche la formazione di carbonella. Per non disturbare l’equilibrio della combustione si consiglia di osservare attentamente le indicazioni del produttore: fare la ricarica sempre con la quantità di legna indicata, usare sempre legna asciutta e non mettere mai solo un pezzo di legno dopo l’altro. Il migliore risultato si ottiene con le centraline di regolazione della combustione. Se la temperatura di fiamma è troppo bassa si avrà una cattiva combustione che produce un’alta concentrazione di polveri, di fuliggini e di monossido di carbonio CO. Una buona combustione avviene in camera di combustione calda e con il giusto dosaggio dell’aria comburente.
La combustione della legna Siccome il tiraggio della canna fumaria influenza direttamente la qualità della combustione e l’aria comburente, il fumista installatore deve assicurare che queste siano costanti e non eccessive. Il processo di combustione inizia con l’accensione e si conclude quando termina la combustione della carbonella. Tutto il processo generalmente dura diverse ore e, con le centraline di regolazione della combustione, è possibile prolungarlo ulteriormente.
La combustione della legna Le emissioni dell’impianto H2O Vapore d’acqueo della legna Emissioni inevitabili CO2 Anidride Carbonica SO2 Anidride solforosa H2O Vapore d’acqueo nella comb. NOx Ossidi di Azoto CO Monossido di Carbonio Poco ossigeno Polveri (PM10) VOC (composti organici volatili)
La combustione della legna Residui della combustione Il legno, qualunque sia la sua origine, è costituito da una parte organica combustibile (la cui composizione chimica media è Carbone 50%,Ossigeno 42,5%, Idrogeno 6,5%, Azoto 1%), da una parte minerale inerte, da acqua e da residui di sostanze inorganiche. Le sostanze organiche, cioè le resine, i tannini, ed i polimeri (cellulosa, emicellulosa e lignina), per azione della ossidazione ad alta temperatura durante la combustione, subiscono delle profonde modificazioni chimiche, liberando energia e producendo dei residui, che, a seconda della qualità della combustione, possono variare entro certi limiti. I principali residui sono: - Le ceneri - Ossidi di Azoto - Ossidi di Zolfo - Ossidi di carbonio (CO e CO2) - Idrocarburi incombusti - La fuliggine - La condensa
Sfortunatamente la legna contiene già di per sé particelle inorganiche, che sono considerate “eterne” poiché non esiste alcun metodo (naturale o meno) di smaltimento di esse. Le polveri sottili contengono quindi una parte inorganica avente grandezza inferiore al micron. Per dare un’idea delle dimensioni basti pensare che : Molecola di H = 10‐10 mt (miliardesimo di metro) Nanoparticelle = 10‐9 ↔10– 7 mt (da 10 a cento volte più grande della molecola di H) Microparticelle = 10‐6 ↔10–5 mt (dal milionesimo di mt a centomillesimi di mt) Foto al microscopio di una particella di polveri sottili
I controlli della combustione hanno quindi anche una finalità sanitaria ed ambientale Eventi naturali Spore e Industria pollini SORGENTI Incendi e Traffico combustioni Aerosol marino
I controlli della combustione hanno anche una finalità sanitaria ed ambientale EFFETTI DEL PM10 9 Effetti sulla salute umana: ¾ Riduzione della capacità polmonare; ¾ Trasporto di sostanze tossiche nel sangue; 9 Danneggiamento del patrimonio artistico/monumentale; 9 Diminuzione della visibilità atmosferica.
GLI EFFETTI SULLA SALUTE UMANA
Il fenomeno delle polveri sottili in Italia é più marcato nella Pianura Padana
Il reticolo stradale nella Pianura Padana
Le rilevazioni dei PM 10 nella Pianura Padana
Foto difrattometrica scattata dallo Space Shuttle nel 2004 per la valutazione della componente idrocarburica nell’aria nel bacino del Mediterraneo
In Europa, la produzione d’energia elettrica e di calore dalla combustione di biomasse è in costante aumento (12%annuo), anche grazie agli incentivi per favorire la produzione di elettricità da fonti rinnovabili e la riduzione delle emissioni di gas serra. Un’elevata emissione di polveri sottili (PM2,5) è un’altra caratteristica della legna usata come combustibile.Misure effettuate in Svezia12 in abitazioni riscaldate con la legna, segnalavano concentrazioni interne di PM2,5 di 14.8 ± 14.5 μg/m3 Nei pressi di Vienna, il 10% delle PM10 ha origine dal fumo di legna e questa percentuale raddoppia nelle aree austriache con maggiore presenza di boschi, quali la Stiria e i dintorni di Salisburgo. In un quartiere residenziale del sud della Germania, l’analisi del levoglucosano nell’aria ha permesso di stimare che il 59% del PM10 sia attribuibile al riscaldamento domestico a legna. In cinque comunità rurali nel Montana, sulle Montagne Rocciose, una procedura di identificazione delle fonti inquinanti, individuava nel fumo di legna, molto probabilmente prodotto da impianti di riscaldamento domestici, la fonte del 56‐77% delle PM2,5 presenti in queste aree
Uno studio condotto in Austria ha misurato le emissioni di PCDD/F di 30 diversi modelli d’impianti di riscaldamento a legna, in particolare stufe per uso cucina e caldaie, con potenza nominale di 50kw, testati in condizioni operative reali. La maggior parte degli impianti aveva un fattore di emissione di PCDD/F, per unità di calore prodotto, compreso tra 0,01‐0,3 ngTEQ/MJ. Le emissioni più basse erano quelle di caldaie ventilate con post combustore e quelle di caldaie alimentate in continuo con pellet e cippato. E’ interessante segnalare che le prestazioni peggiori si sono avute con gestioni scorrette da parte dei conduttori degli impianti, quali la co‐ combustione di rifiuti domestici o eccessivi carichi di legna nel forno. In particolare, uno studio36 ha messo a confronto i fattori d’emissione di numerosi inquinanti presenti nel fumo di legna emessi da due caldaie di tipo tradizionale, due moderne caldaie con forno ceramico e tre bruciatori alimentati a pellet. Le maggiori concentrazioni di particolato (2.200 mg/MJ) si sono registrate con una caldaia tradizionale senza accumulo di acqua calda, a fronte di 12 mg/MJ misurate misurate nei fumi di una caldaia alimentata a pellet. La stessa caldaia tradizionale emetteva 64 mg di IPA (Σ27 IPA) per MJ di energia prodotta, mentre nei fumi di una caldaia a pellet si registravano i valori più bassi di IPA, 0,06 mg/MJ.
I LIMITI INDICATI DALLA EN 303 COME RIFERIMENTO PER IMPIANTI < 35 KW
I LIMITI INDICATI DAL D.L.152/06 PER IMPIANTI > 35 KW
Apparecchi domestici manuali (tradizionali) sono caratterizzati da maggiori emissioni e soprattutto mostrano il più ampio range di variazione (da 50 mg/Nm3 nelle condizioni ottimali a oltre 1500 mg/Nm3nelle peggiori condizioni di funzionamento). È evidente come, in questo tipo di apparecchi, la gestione (qualità del combustibile e modalità di accensione in primis) influenzi il fattore di emissione: accendendo il fuoco dall’alto si ottiene una riduzione del fattore di emissione variabile tra il 50 e l’80%; Le moderne stufe a legna prevedono un vano di carico separato, una doppia combustione e l’immissione forzata di aria secondaria e, in condizioni di utilizzo simili alla pratica quotidiana, consentono di ottenere un fattore di emissione inferiore ai 100 mg/Nm3; Le stufe a pellet mostrano i più elevati rendimenti e i minori fattori di emissione, variabili tra 15 e 75 mg/Nm3. Questi apparecchi risultano i meno influenzati dalla gestione (combustibile standardizzato e alimentazione automatica); Le caldaie a pellet anche di potenza molto bassa, sono caratterizzate dai migliori valori di rendimento ed emissioni (10‐50 mg/Nm3). Inoltre, si evidenzia che le moderne caldaie e le stufe tecnologicamente avanzate producono un particolato composto prevalentemente da sali minerali e si tratta quindi di un particolato inorganico la cui tossicità è 5 volte inferiore alla fuliggine del Diesel.
La Scuola di Assocosma, creata per la formazione continua, di tecnici esperti nel settore della biomassa, è impegnata nella divulgazione la corretta gestione del generatore di calore, in particolar modo quello domestico, per migliorare il rendimento della combustione a legna e pellet e ridurre le emissioni delle polveri in atmosfera.
Da prove eseguite nel laboratorio di Assocosma presso l’Istituto Ceconi di Udine si è visto che i passaggi fondamentali per ottimizzare la combustione dei combustibili solidi sono pochi ma essenziali: 1) La presa visione della pezzatura della legna e controllo dell'umidità; 2) La corretta sequenza del posizionamento della legna all'intermo del focolaio e l'accensione del fuoco dall’alto, a candela; 3) La carica del combustibile in camera di combustione non deve essere “a singhiozzo” con ripetute aperture della portina di carico, ma solo dopo il totale esaurimento della carica precedente 4) Nella gestione del fuoco durante la fase di avvio e nel normale funzionamento deve essere assicurato il giusto apporto dell'aria comburente proveniente dall'esterno senza mettere in depressione l'ambiente riscaldato; 5) Il sistema fumario deve essere correttamente installato, manutenzionato e dotato di registro automatico del tiraggio, poiché senza questo dispositivo per effetto del maggiore tiraggio del camino viene aumentata la quantità di emissione. La sola presenza del registro implica il miglioramento del rendimento di una semplice stufa domestica di circa il 15÷20%
L’analisi di combustione, questa sconosciuta……
La strumentazione necessaria
Ma queste emissioni sono da vietare questa è condensa
…queste emissioni sono da vietare
L’effetto della cattiva combustione a biomassa su un paese o città che si trova in una depressione non ventilata bene!
In particolare per le pizzerie con forni a legna per eliminare i problemi di emissioni e mantenere buoni rapporti col vicinato sulle pizzerie serve un sistema a doppia filtrazione: 1. filtri grossolani (a manica, ad acqua con ciclo chiuso ecc.) più 2. filtro elettrostatico contro le polveri sottili
Filtro elettrostatico per caldaie a biomassa per rispettare i limiti di emissione previsti dalla legislazione vigente.
Esempio di collaudo di filtro elettrostatico in laboratorio Rendimento del filtro Con filtro spento Con filtro acceso
Una ricerca bibliografica pubblicata nel 2011 riporta le concentrazioni di polveri nei fumi di ventotto impianti di teleriscaldamento di piccola e media potenza, alimentati con diversi tipi di biomasse legnose e con diversi trattamenti fumi: ciclone, multi ciclone, filtro elettrostatico. Le più basse concentrazioni di polveri totali nei fumi sono stati registrate con i filtri elettrostatici (15,8‐2,3 mg/m3). A valle dei multi cicloni le concentrazioni di polveri totali sono risultate maggiori, da 50‐100 mg/m3. L’autore conclude che per garantire il rispetto del limite delle concentrazioni di polveri nei fumi, in vigore a Vancouver (18 mg/m3) e applicato alle emissioni di impianti a biomasse, sia necessario ricorrere a filtri elettrostatici e a filtri a manica, entrambi con una efficienza di abbattimento superiore al 90%.
L’analizzatore delle polveri certificato per l’impiego su tutte le emissioni da 0,0 fino 1.000 mg/m3 Questi strumenti sono oramai molto semplici da usare e si devono fare solo sugli impianti termici previsti dal D.Legs. 152/06: •accendere e attendere il buon funzionamento della caldaia • premere start per iniziare l’analisi che dura 15 minuti
Sulle stufe o le piccole caldaie si fa un lavoro corretto procedendo con: 1. analisi dell’umidità legna 2. misura del tiraggio 3. misura delle emissioni di monossido di carbonio CO 4. analisi di combustione a conferma dei dati del produttore Le analisi e la consulenza tecnica dell’installatore e del manutentore sono ancora più importanti sulle stufe a pellet, perché sono macchine più sofisticate che hanno bisogno di un maggiore equilibrio combustione/tiraggio camino!
LAVORARE INSIEME TUTTI PER OTTENERE UN SISTEMA DI COMBUSTIONE A BIOMASSA ECOLOGICO SANO ECONOMICO E CHE NON INQUINA! Giovanni Cardamone
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