NUOVA ZELANDA - Ministero dello Sviluppo

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Istituto nazionale per il Commercio Estero

                                  NUOVA ZELANDA

1.   QUADRO MACROECONOMICO

a)   Andamento congiunturale e rischio Paese
Negli ultimi tre anni l’economia neozelandese ha registrato una continua crescita: nel 2000 il
PIL e’ stato di oltre 104 miliardi di dollari neozelandesi (56 miliardi di € circa), con una
significativa variazione positiva (+7,1%) rispetto all’anno precedente. Gli anni successivi hanno
confermato il trend, sebbene a ritmi inferiori (+2,5% nel 2001 e +3.8% nel 2002), con valori del
PIL che hanno superato i 111 miliardi di dollari neozelandesi (60 miliardi di € circa). La
sorprendente crescita economica e’ da attribuire principalmente alla marcata rivitalizzazione
della domanda interna (consumi), trainata dal flusso immigratorio, da un mercato del lavoro
dinamico e in costante espansione (il tasso di disoccupazione a novembre 2003 e’ stato del
4,4%, il piu’ basso degli ultimi 16 anni) e da un mercato immobiliare ed edilizio in costante
ascesa (stimolato anche dalla progressiva riduzione del tasso di sconto, oggi al 5%).
Sul fronte dell’economia esterna il forte apprezzamento della moneta (secondo fonti ufficiali
neozelandesi, la valuta locale si e’ rivalutata del 26% rispetto al Dollaro USA negli ultimi 12
mesi e del 13% circa negli ultimi 24 mesi rispetto all’Euro) ha penalizzato significativamente
nel 2003 le esportazioni, generando una maggiore sofferenza della bilancia commerciale: cio’
non ha peraltro impedito - in base ai dati forniti dal locale Istituto di Statistica - una crescita del
4% del PIL su base annua, calcolata al giugno 2003.
In ambito OCSE la performance dell’economia neozelandese dell’ultimo decennio e’ stata al di
sopra della media. Peraltro, e nonostante gli alti tassi di crescita del PIL e delle esportazioni –
anche durante il recente rallentamento dell’economia globale –, lo standard di vita resta 17 punti
inferiore alla media dei Paesi membri. Il problema identificato dall’OCSE sarebbe quello di
un’insufficiente crescita della produttivita’, dovuta anche all’alto tasso di partecipazione alla
forza lavoro, soprattutto nel settore manifatturiero. Il governo, da parte sua, nell’ambito delle
nuove direttrici per la crescita e l’investimento (Growth and Innovation Framework) coordina le
politiche per stimolare la crescita puntando – in linea con le raccomandazioni OCSE – sul
commercio estero, sull’investmento, sul capitale umano e sulla ricerca; piu’ controversa appare
invece agli occhi dell’Organizzazione la strategia governativa di concentrarsi sulla formazione
di cluster nei settori della biotecnologia, dell’ICT e delle industrie creative come quella
cinematografica.
Secondo l’OCSE la produttivita’ potrebbe essere infatti ulteriormente migliorata attraverso: a)
investimenti nel settore dell’IT; b) eliminazione delle restanti barriere al commercio e
all’investimento; c) incentivi all’innovazione. Sul fronte della liberalizzazione economica
interna la Nuova Zelanda si colloca invece tra i primi posti tra i membri dell’OCSE.

Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero                                    2^ sem. 2003
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Fra i settori trainanti “domestic-based” particolare rilievo viene attribuito al mercato
immobiliare ed edilizio – sostenuto, oltre che dalla citata riduzione dei tassi di interesse, dal
basso tasso di inflazione e dalla domanda proveniente dagli immigrati – che ha fatto registrare
un boom di acquisti nel corso del 2002 e della prima meta’ del 2003. Per i settori “export-
oriented” ci si attende una ripresa della domanda globale, anche in considerazione del fatto che
l’apprezzamento della moneta e la stagnazione hanno ridotto notevolmente i margini di profitto.
La questione e’ anche al centro di un dibattito di politica economica nell’ambito del quale gli
esportatori auspicano un intervento delle Autorita’ competenti per un riequilibrio del valore
della moneta.
Il Governo, da parte sua, in linea con una tradizione “liberal” sembra restio ad adottare
provvedimenti nonostante l’attuale livello del dollaro NZ stia visibilmente danneggiando le
principali esportazioni del Paese. Sul fronte della stampa specializzata sono stati usati a fine
anno toni trionfalistici per descrivere l’andamento dell’economia - parlando addirittura di boom
economico - ponendo in particolare l’accento sul basso tasso di disoccupazione (negli ultimi tre
mesi del 2003 sono stati creati 26.000 nuovi posti di lavoro) e sul surplus del bilancio pubblico
(1,2 miliardi di NZ$ nei soli primi tre mesi dell’anno, 730 mln NZ$ superiore a quello previsto).
Uno dei fattori trainanti dell’ottimo andamento dei consumi sarebbe anche stata la performance
del dollaro neozelandese, che avrebbe reso piu’ convenienti i beni importati. Sul fronte
dell’occupazione, come accennato, i dati appaiono confortanti: il tasso di disoccupazione e’ ai
minimi storici, mentre il livello dell’occupazione delle comuita’ indigene e’ ancora basso, anche
a causa del loro minor livello di istruzione; il tasso di disoccupazione della popolazione Maori
(che rappresenta circa il 10% del totale) e’ tuttavia sceso al 9,7% per la prima volta negli ultimi
16 anni (nei primi anni ‘90 tale tasso era al 27%). Ancora migliore la situazione dei
neozelandesi originari degli Stati Insulari del Pacifico, la cui percentuale di disoccupati e’ calata
al 6,6%.
Le valutazioni delle Autorita’ economiche e finanziarie locali (“Budget Policy Statement 2004”
e “December 2003 Economic & Fiscal Update” del Ministero delle Finanze) confermano la
crescita economica degli ultimi due anni (crescita del Pil al giugno 2003 del 4%) e le valutazioni
sin qui espresse, ponendo anch’esse al centro della performance economica neozelandese l’alto
tasso di occupazione e la domanda interna, trainata anche dall’aumento dell’immigrazione. Per
il settore esterno, oltre al citato apprezzamento del dollaro neozelandese, queste Autorita’
attribuiscono anche al conflitto in Iraq ed all’epidemia SARS il rallentamento della crescita
dell’export. Sul fronte delle previsioni, il Ministero delle Finanze sostiene che al giugno 2004
l’economia potrebbe rallentare la propria crescita al 2.2%.
Nel settore degli investimenti immobiliari si prevede invece, a differenza di altre stime
provenienti da fonti ufficiali locali, una crescita particolarmente forte per il breve termine,
accompagnata da un generale rallentamento della domanda interna e del consumo delle
famiglie, con crescita dell’export invariata. Il Ministero delle Finanze sostiene infatti che una
ripresa delle esportazioni non possa avvenire prima della meta’ del 2005, in previsione anche
della svalutazione del dollaro neozelandese: cio’ condurra’ ad una crescita economica del paese
piu’ bilanciata, con un ulteriore flessione della domanda interna accompagnata da un
consolidamento della posizione finanziaria dei proprietari immobiliari. Nel lungo termine (fino
al marzo 2005) il Ministero delle Finanze conferma la propria previsione di crescita del Pil al
2.8% ed in generale di un decennio di robusta crescita economica.

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L’inflazione dovrebbe restare in linea con gli obiettivi della Banca Centrale, con oscillazioni tra
il 2 ed il 2.5%. Per il bilancio pubblico si prevede per il 2003 un surplus di bilancio di 6 miliardi
di NZ$ nel contesto di una politica fiscale che ha portato a dieci surplus consecutivi (e’ che e’
stata meritevolmente riconosciuta dall’OCSE).
Per quello che concerne il rischio paese, si riportano di seguito i dati forniti dalla Bank of New
Zealand all’agenzia di rating Fitch Corporate:

                   Long Term Rating:             AA    23-dec-03
                                                 New rating
                                                 Outlook: Stable
                   Short Term Rating:            F1+   23-dec-03
                                                 New rating

b)   Grado di apertura del paese al commercio internazionale ed agli investimenti esteri
La Nuova Zelanda e’ un’economia aperta (una delle piu’ aperte al mondo) e di piccole
dimensioni: la forte dipendenza dal commercio con l’estero rende il Paese estremamente
vulnerabile alle oscillazioni dei mercati internazionali (in particolare alle congiunture dei
principali partner commerciali, Australia e Stati Uniti): esportazioni ed importazioni sono fattori
determinanti per la crescita economica e, nell’insieme, equivalgono ai due terzi del totale
dell’attivita’ del Paese. Le dimensioni relativamente piccole del mercato interno (poco piu’ di
quattro milioni di abitanti) impongono lo sbocco all’estero della vasta produzione agricola
tradizionale (prodotti caseari, bovini, ovini): la politica commerciale neozelandese e’ di
conseguenza orientata ad ottenere il massimo accesso ai mercati internazionali sia attraverso le
istanze multilaterali che a livello bilaterale e regionale. Il mantenimento di adeguati livelli delle
esportazioni e’ d’altro canto indispensabile per poter importare i beni e servizi non prodotti nel
Paese che consentono gli attuali elevati standard di vita.
La Nuova Zelanda è membro dell’OMC dal 1995. A partire da allora, il Paese si e’ impegnato
ad una riduzione delle tariffe sui prodotti non agricoli ed alla loro totale eliminazione entro il
2015. In ambito commerciale la priorita’ assoluta del Paese e’ la finalizzazione - con risultati
positivi - dei negoziati lanciati con l’agenda di Doha. E’ inoltre membro attivo del
Commonwealth e, nell’area del Sud Pacifico, fa parte dell’APEC (organismo per la
cooperazione economica dell’Asia e del Pacifico).
L’appartenenza all’OMC ha permesso alla Nuova Zelanda di centrare diversi obiettivi quali, ad
esempio, l’eliminazione da parte degli USA di alcune tariffe sull’importazione di agnelli, con
notevoli effetti positivi per le proprie esportazioni. La quinta Conferenza Ministeriale OMC
svoltasi a Cancun dal 10 al 14 settembre 2003 si e’, come noto, conclusa senza l’adozione di un
documento finale di sostanza. Su un piano generale la Nuova Zelanda e’ comunque
relativamente ottimista, come espresso anche dal Ministro del Commercio Jim Sutton, nel
ritenere che esistano ancora spiragli per portare a termine l’agenda di Doha.

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L’OMC non e’ comunque l’unico canale attraverso il quale viene perseguita l’espansione
commerciale: forte e’ infatti l’impegno per la liberalizzazione degli scambi attraverso la stipula
di accordi bilaterali, regionali e multilaterali. La Nuova Zelanda permette inoltre l’entrata
“tariff-free” ai prodotti di tutto il Sud-Pacifico e di 48 tra le nazioni piu’ povere del mondo.
Accordi bilaterali (conclusi e in fase di negoziato):
       accordo Closer Economic Relationship “CER” con Singapore (novembre 2000);
       CER con l’Australia (celebrato nel 2003 il ventennale dalla sua stipula);
       progetto di intesa con gli Stati Uniti per un Accordo di libero scambio: l’apertura di una
        trattativa, congelata a seguito delle divergenze politiche sulla guerra in Iraq, sembra
        meno lontana dopo l’incontro fra il Primo Ministro Helen Clark e il Presidente degli
        Stati Uniti George Bush nel corso dell’ultimo vertice APEC a Bangkok (20-21 ottobre
        2003), dal quale e’ emerso che da parte americana non sono chiuse le porte per un
        accordo. Per quanto riguarda il recentissimo accordo di libero scambio siglato tra Stati
        Uniti e Australia (8 febbraio 2004) sono stati manifestati, accanto ai positivi auspici,
        alcuni segni di preoccupazione per gli effetti di “trade diversion” che esso potrebbe
        avere nei confronti del mercato neozelandese;
       accordi con Hong Kong e con il Cile;
       avvio di trattative per un CER con il Messico;
       annuncio del progetto di firma di un accordo di libero scambio con la Thailandia fatto a
        seguito dell’11^ Vertice APEC di Bankok (20-21 ottobre 2003);
Rapporti con la Cina: la visita del Presidente Cinese Hu Jintao dell’ottobre 2003 ha segnato un
primo passo verso l’avvio di negoziati per un accordo di libero scambio o di una “CEP” (Colser
Economic Partnership); da parte della locale Business Community (attraverso il “Business
Council”) si cerca di promuovere un accordo di libero scambio con la Corea. regionale inter-
pacifico: accordo ASEAN con Australia e Nuova Zelanda del settembre 2000;
un ruolo sempre piu’ incisivo dell’APEC (Asia-Pacific Economic Co-operation forum) potrebbe
portare nel corso della riunione del 2004 (a Santiago del Cile) ad un ulteriore impulso della
cooperazione economica in ambito regionale; la Nuova Zelanda garantisce accesso al proprio
mercato ai prodotti provenienti dagli Stati Insulari del Pacifico membri del Pacific Island Forum
e firmatari del South Pacific Regional Trade and Economic Agreement (SPARTECA) e
manterra’ queste preferenze sia in base al recente accordo quadro PACER (Pacific Agreement
on Closer Economic Relations), firmato nell’agosto del 2001, sia in base all’Area regionale di
libero scambio in fase di costituzione con l’Accordo PICTA (Pacific Islands Forum Countries
Trade Agreement).
multilaterale: annuncio fatto durante il Vertice APEC dell’ottobre 2002 in Messico, di un
programma di free-trade tra Nuova Zelanda, Cile e Singapore, con l’obiettivo di giungere alla
vera e propria firma di un Accordo entro l’ottobre 2004; La Nuova Zelanda ha dimostrato
l’importanza che attribuisce ai rapporti con l’UE firmando il 4 maggio del 1999 una
“Dichiarazione Congiunta” con la quale si e’ inteso rafforzare il dialogo politico, anche
attraverso consultazioni periodiche e riunioni interparlamentari.

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La bilancia commerciale
Dopo il significativo recupero del 2001, la bilancia commerciale neozelandese aveva segnato a
dicembre 2002 - su base annua - un netto peggioramento, passando da un deficit di circa 106
milioni di NZ$ ad un saldo negativo di oltre 2.5 miliardi di NZ$. La tendenza negativa e’ stata
confermata dai dati - sempre su base annua - del settembre 2003: 3.1 miliardi di NZ$ di deficit,
il peggiore degli ultimi tre anni. Non confortano i dati provvisori - su base annua - del dicembre
2003: 3.4 miliardi di NZ$ di deficit (occorre d’altro canto ricordare che la bilancia commerciale
della Nuova Zelanda ha fatto registrare otto deficit negli ultimi dieci anni). Il risultato negativo
e’ stato determinato anche dalla piu’ volte menzionata rivalutazione della valuta locale -
attribuita principalmente alla debolezza del dollaro USA -. Come conseguenza le esportazioni a
settembre 2003, su base annua, sono calate di oltre 8 punti percentuali, mentre le importazioni
sono cresciute del 5.9%, trainate anche dalla rinvigorita domanda interna. In particolare si e’
assistito ad una significativa crescita delle importazioni di macchine, petrolio, aeroplani (e loro
parti di ricambio), ma una diminuzione di importazione di giocattoli, giochi ed attrezature
sportive.
A mettere sotto forte pressione il deficit della bilanca dei pagamenti e della bilancia
commerciale e’ stato anche il piano di rinnovo della flotta della compagnia di bandiera Air New
Zealand, per un costo di oltre 400mln di US$. Il saldo commerciale al novembre 2003, pur
avendo fatto registrare un deficit di 400 milioni di dollari neozelandesi, e’ risultato meno
negativo del previsto. Secondo le previsioni della AMP Henderson (principale gestore dei fondi
di investimento neozelandese) il deficit di 5,89 miliardi di NZ$ della bilancia dei pagamenti,
attestato al 4.6% del Pil ad ottobre 2003, peggiorera’ decisamente nel corso del 2004,
attestandosi al 6% del Pil: tale trend sara’ soprattutto conseguenza del rafforzamento della
valuta neozelandese.
Nel periodo Giugno 2002-Giugno 2003 i 10 Paesi che hanno avuto i maggiori rapporti
commerciali con la Nuova Zelanda sono stati i seguenti: Australia (21,68%); USA (13,74%);
Giappone (11,76%); Cina (6,75%); Germania (4,18%); Regno Unito (4,04%); Corea del Sud
(3,27%); Malesia (2,32%); Taiwan (2,22%); Italia (2,08%). Suddividendo tra importazioni ed
esportazioni:
       i 10 principali Paesi acquirenti sono stati: Australia (9,84%); Usa (7,11%); Giappone
        (5,44%); Cina (2,37%); Regno Unito (2,21%); Corea del Sud (1,91%); Germania
        (1,39%); Taiwan (1,08%); Belgio (1,06%); Canada (0,99%).
       i 10 principali Paesi fornitori sono stati: Australia (22,60%); USA (12,65); Giappone
        (11,96%); Cina (8,36%); Germania (5,33%); Regno Unito (3,49); Malesia (2,69%);
        Corea del Sud (2,58%); Italia (2,57%); Taiwan (1,90%).
Il Paese e’ in linea generale aperto agli investimenti esteri fatti salvi quelli che, nel settore delle
proprieta’ terriere, possano ledere gli interessi nazionali: gli investimenti esteri nel settore
agricolo devono dimostrare infatti di poter produrre sostanziali benefici alla Nuova Zelanda.
Considerati inoltre gli inadeguati livelli del risparmio locale rispetto alla domanda per
investimenti, il Paese si trova in una situazione di parziale dipendenza dai capitali esteri. Per
colmare tale divario ed al fine di attirare investimenti dall’estero e’ stata creata una speciale
agenzia (IPA – Investment Promotion Agency) nell’ambito di “Investment New Zealand”, la
societa’ statale per la promozione degli investimenti.

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L’attuale amministrazione non sembra peraltro incoraggiare allo stato attuale una maggiore
presenza di capitali stranieri nel Paese. La posizione dell’attuale Governo laburista sul ruolo
dello Stato nell’economia ha avuto come conseguenza l’attuazione di un piano di
“deprivatizzazione” che ha incluso, fra gli altri, la rete ferroviaria della Regione di Auckland, il
mantenimento di numerosi business di proprieta’ dello Stato (quali TVNZ) e il riacquisto della
TranzRail. In questo contesto anche la Air New Zealand – una delle piu’ grandi aziende
neozelandesi di promozione del marchio “New Zealand” nel mondo – e’ stata oggetto di un
piano di riacquisto pubblico che ha interessato l’82% della della Compagnia. Peraltro, la
necessita di aumentarne la competitivita’ ha favorito l’avvio di una contrattazione con la Qantas
Airlines per la cessione del 22.5%. La proposta e’ stata poi respinta dalla Commissione
Commercio neozelandese sulla base di stime negative dei costi/benefici derivanti dal
matrimonio con la Qantas (soprattutto in termini di impatto turistico in Nuova Zelanda). Una
decisione definitiva non e’ stata al momento ancora presa.
Sul piano piu’ generale alcuni partner OCSE (inclusa l’Italia) ritengono che un aumento della
capacita’ produttiva possa essere perseguita propio attraverso una maggiore apertura ai capitali
stranieri (oltre che attraverso l’eliminazione delle barriere ancora esistenti al commercio).

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      Investimenti Stranieri in Nuova Zelanda (stock) al 31-03-2003 (milioni di $NZ)
                                2001        2002          2003         Variazione
                                                                        02/03 %
           Australia           32.361       34.391       41.526          17.18
           Germany             1.179        2.809         1.730           -38.4
           Hong Kong           11.880       11.991        4.349           -63.73

           Italy                n.d.        2.432         3.381           28.07
           Japan               5.528        4.964         4.628            -6.8

           Netherlands         7.518        5.542         5.945            6.8

           Singapore           12.450       11.660        8.515            -27
           Switzerland         1.350        1.352          961            -28.9
           U.K.                33.511       33.384       40.980           18.54
           U.S.A.              26.539       29.362       26.854           -8.54

           Altro               36.605       39.459        39.08

           TOTALE             169.968      177.345       177.949           0.34

    Investimenti della Nuova Zelanda all’estero (stock) al 31-03-2003 (milioni di $NZ)
                                2001         2002          2003         Variazione
                                                                         02/03 %
          Australia            20.326       16.330        16.165          -1.01
          Germany               4.997        7.144         8.934           20.04
          Hong Kong             463           653           876            25.46
          Italy                  72           13            n.d.
          Japan                 4.908        2.077         1.822          -12.28

          Netherlands           2.978        2.540          770            -69.7

          Singapore             915          1.017         1.888           46.13

          Switzerland           298           393          1.325           70.34

          U.K.                 10.286        8.819         7.635          -13.43

          U.S.A.               20.066       23.962        24.813           3.43

          Altro                16.551       16.092        13.298

          TOTALE               81.860       79.040        77.526             -2

                               (Fonte: Statistics New Zealand)

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c)   Andamento dell’interscambio commerciale e degli investimenti con l’Italia
Nel periodo Giugno 2002 – Giugno 2003 l’interscambio fra Italia e Nuova Zelanda e’ stato di
1.279 milioni di NZ$, con un incremento del 1,02% rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente. Il dato si colloca in un contesto di crescita ormai costante nell’ultimo quinquennio.
Le importazioni neozelandesi rappresentano il 64,7% del totale dell’interscambio e su base
annua - giugno 2003 - hanno fatto registrare un aumento del 7,71% (anche questo nel contesto
di un trend di costante crescita), passando da 768 milioni di dollari NZ$ a 827 milioni di dollari
NZ$. Le esportazioni verso l’Italia (35,3% del totale) sono invece calate dell’8,33%, passando
dai 492 milioni di dollari NZ del giugno 2002 ai 451 milioni di dollari NZ$ del giugno 2003.
Gli ultimi dati disponibili - su base annua - dell’interscambio (settembre 2003) indicano un lieve
incremento della quota di export neozelandese (in $NZ da 465.175.356 del sett. 2002 a
465.796.787 del sett. 2003, con un incremento di circa lo 0.14%) ed una contrazione di circa il
4% delle esportazioni italiane.
A livello mondiale l’Italia mantiene comunque il decimo posto quale partner commerciale della
Nuova Zelanda (quattordicesimo importatore nono fra gli esportatori). A livello UE si conferma
il terzo posto dopo Germania e Regno Unito. La quota italiana sul totale dell’interscambio
commerciale fra Nuova Zelanda e resto del mondo rappresenta il 2,08% del totale, con una
crescita - per lo stesso periodo considerato sopra - del 0,08%.
Rimane invece complessivamente carente la situazione degli investimenti diretti italiani, al
punto di costituire un’entita’ statistica pressoche’ trascurabile, con due soli casi nati nel biennio
1999/2000 (uno agricolo in Otago nell’Isola del Sud ed uno nel macchinario di lavaggio
industriale ad Auckland), a fronte di una fortissima presenza europea, soprattutto da parte del
Regno Unito. A livello di “Joint Ventures” si puo’ citare il Lanificio Loro Piana, che utilizza
lana merino neozelandese, e Antinori che produce il vino Mt. Nelson con la Daniel Schuster
Wines Ltd nella Regione di Canterbury.
I dati disponibili per l’ultimo biennio (marzo 2002 – marzo 2003) e riportati nella tabella al
punto (b) hanno peraltro segnalato un incremento degli investimenti italiani in Nuova Zelanda
(da circa 2,4 a 3,4 milardi di $NZ, con un aumento del 28%). Da parte neozelandese merita
invece sottolineare l’investimento in Italia della societa’ Zespri International Ltd che, mediante
una serie di copartecipazioni con aziende italiane, coltiva varie specie di kiwi nel nostro Paese.
Tra i settori di investimento suscettibili di sviluppo, si ricorda la cooperazione in ambito
cinematografico, in cui la Nuova Zelanda offre significative opportunita’ sia in termini tecnici
che di costi, per la quale esiste anche un Accordo bilaterale di cooperazione.
Non esistono Banche italiane presenti sul territorio neozelandese: l’unica banca ad avere
competenza per la Nuova Zelanda e’ la BNL con sede a Sydney.

2.   INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI INTERVENTO

a)   Valutazione della penetrazione commerciale dei prodotti italiani sul mercato locale
Per l'Italia la Nuova Zelanda rappresenta un Paese interessante, sia per la sua collocazione in
seno all'APEC sia per la sua vicinanza geografica al Sud-Est asiatico.

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Istituto nazionale per il Commercio Estero

Le dimensioni del rapporto commerciale tra i due Paesi, gia' di per se' non prive di significato
quantitativo, vanno dunque – anche alla luce dell'evoluzione registrata nell'ultimo biennio -
valutate come suscettibili di ulteriore accrescimento. La natura dell'interscambio caratterizzata,
sul versante dell'Italia, dall'articolazione e frammentazione del "mix" esportativo (le prime 20
voci rappresentano soltanto il 40% del totale, spaziando dai prodotti di consumo - quali
elettrodomestici e alimentari di lusso – ai prodotti industriali, sia leggeri che pesanti) e, su
quello neozelandese, da una prevedibile concentrazione (20 voci totalizzano il 95%), offre, in
sostanza, ampi spazi di miglioramento, sia in considerazione dell'ampio volume dell'import
neozelandese che della possibilita' di utilizzare tale mercato come ponte verso le aree
circonvicine del Pacifico. Inoltre, molte "success stories" (quali la De Longhi per gli
elettrodomestici) dimostrano come una presenza diretta sul mercato neozelandese può
rapidamente allargare una già crescente domanda collegata allo "stile di vita" italiano.
Gli ultimi dati relativi alle esportazioni italiane in Nuova Zelanda dimostrano come alcuni
prodotti/settori abbiano registrato incrementi rilevanti. Prendendo in considerazione il periodo
Luglio 2002 - Giugno 2003 si segnalano in particolare: a) il settore automobilistico: le categorie
“veicoli” e “accessori per veicoli” registrano un complessivo +57.47%; b) il settore delle stufe e
degli apparecchi per riscaldamento o raffreddamento, che totalizzano un +41.24%; c) la
categoria “medicinali” che dopo una flessione nei 12 mesi precedenti fa segnare l’impennata del
+94.32%. Stabile, invece, la vendita di macchine agricole e mobili. Preme rilevare inoltre che il
settore delle piastrelle registra aumenti costanti anno dopo anno come dimostra il risultato degli
ultimi 12 mesi: +16.34% (ottava posizione fra i prodotti importati dall’Italia).
I prodotti piu’ esportati dalla Nuova Zelanda provengono principalmente dai settori
dell’allevamento e dell’agricoltura: cuoio (bovino ed equino) e lana rappresentano le due voci
fondamentali dell’ ”import mix” italiano (quasi il 50% delle esportazioni neozelandesi). Al terzo
posto vi sono le carni ovine, seguite dalle Pelli grezze bovine ed equine, Caseina e Kiwi. E’
inoltre interessante rilevare come l’Italia, pur essendo il quattordicesimo paese tra gli
importatori di prodotti neozelandesi, sia al quarto posto per importazioni di lana e il settimo per
quanto riguarda la caseina. Cio’ premesso, i settori piu' interessanti per il sistema produttivo
Italiano appaiono i seguenti:
Agroalimentare-macchine per trasformazione (questo settore si presta facilmente ad interventi
mirati ed efficaci a sostegno dell'export italiano; iniziative quali manifestazioni promozionali e
trade-delegations avrebbero un sicuro impatto sui volumi correnti di export);
Design, in particolare nei settori dell’arredamento, delle lampade e delle piastrelle;
Costruzioni antisismiche (trattandosi ovviamente di un settore di nicchia, gli interventi a
sostegno in questo caso potrebbero essere sviluppati direttamente dagli Enti preposti
all'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, con iniziative mirate e contatti diretti
tra le aziende locali del settore e le aziende italiane di punta appartenenti al medesimo
segmento);
Tecnologie ambientali (questo settore e' in piena espansione e necessiterebbe di una serie di
interventi mirati con incontri di match-making tra aziende a cui andrebbero associate iniziative
di comunicazione al fine di promuovere l'immagine moderna e tecnologicamente avanzata di
tale industria in Italia);

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Cantieristica per yacht. La Nuova Zelanda e' rinomata per avere la piu' alta percentuale al
mondo (pro capite) di possessori di barche a vela; tale primato, pur non necessariamente
riscontrabile in un alto volume di affari, andrebbe considerato con attenzione nella
programmazione di interventi a sostegno dell'industria cantieristica italiana. Interventi a favore
di missioni di delegazioni commerciali selezionate (importatori neo-zelandesi) in Italia (Salone
Nautico a Genova) potrebbero portare benefici allo scambio commerciale bilaterale nel settore;
Produzione e lavorazione olio d’oliva;
Componentistica per machine agricole e lavorazione legno;
Trasformazione latte e derivati;
Confezionamento e conservazione prodotti alimentari e carni (“food processing”).
Per questi ultimi quattro sarebbero in particolare auspicabili attivita' di promozione commerciale
coadiuvate dagli enti istituzionali italiani competenti al fine della selezione di aziende locali e
“match-making” con le loro potenziali controparti in Italia; la realizzazione di un “Punto Italia”
(catalogoteca) presso una o piu' Fiere locali potrebbe risultare funzionale a tale selezione. Si
potrebbero altresi’ effettuare iniziative di comunicazione finalizzate a promuovere la qualita' dei
prodotti italiani (soprattutto nel settore del confezionamento e conservazione dei prodotti
alimentari e carni).
Esistono infine alcune opportunita’ derivanti dall’eliminazione di specifiche barriere all’entrata,
segnatamente per i seguenti prodotti:
Prosciutto di Parma: a seguito di negoziati avviati da questa Ambasciata e’ stato emesso dalle
Autorita’ locali (febbraio 2002) un “import health standard” che determina le condizioni per la
libera importazione del prosciutto in Nuova Zelanda;
Pasta (spaghetti) in scatola in salsa di pomodoro: il 12 settembre 2001 le Autorita’ locali hanno
annunciato la totale eliminazione dei dazi sul prodotto.

b)   Valutazione degli investimenti diretti da e verso l'Italia
Per quanto concerne la valutazione degli investimenti diretti (IDE) da e verso l'Italia e la
conseguente individuazione di segmenti di settore sui quali sviluppare azioni di promozione
degli IDE, la Nuova Zelanda risulta essere alquanto peculiare. L'export mix italiano, cosi'
articolato e variegato, fa si che si richieda attenta valutazione nel decidere ove sviluppare azioni
di promozione. L’importanza in termini quantitativi del settore del commercio della lana
giustifica, ad esempio, la citata joint venture a cui partecipa il Lanificio Loro Piana. Altri
investimenti si potrebbero indirizzare verso il settore minerario. Per quanto concerne invece gli
investimenti diretti verso l'Italia, la situazione e' inversa, con un mix limitato e di facile
identificazione.
A tale proposito si potrebbe identificare la potenzialita' di joint ventures e/o di investimenti in
Italia per quanto concerne aziende neo-zelandesi nei settori della carne e delle pelli conciate. Si
fa pero' presente che le dimensioni e le conseguenti capacita' finanziarie della stragrande
maggiornaza di tali aziende, renderebbero difficile la realizzazione di un investimento sul suolo
italiano. Non va peraltro dimenticata la “Succsess Story” di Zespri Ltd nel settore della
coltivazione di Kiwi, di cui si e’ accennato nella precedente sezione 1(c).

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La possibilita' di utilizzare il mercato neozelandese come ponte verso le aree circonvicine del
Pacifico porta a dover considerare la possibilita' di partecipazione congiunta ad appalti nel
settore costruzioni civili nell’area far east (Cina, Malesia, sud Corea, Indonesia). In tal senso si
potranno segnalare i vari settori nei quali si prevede lo sviluppo di commesse e lavori pubblici,
sia su suolo neozelandese che per tramite di aziende locali che abbiano vinto bandi di gara ai
quali, per entita' o per natura, si vedano forzate a subcontrattare parte dei lavori.

3.   POLITICA COMMERCIALE E DI ACCESSO AL MERCATO
Nell’ambito di una serie di riforme economiche avviate a meta’ degli anni ’80 la Nuova Zelanda
ha ridotto in maniera drastica - nella maggior parte dei casi unilateralmente - le proprie barriere
alle importazioni (sia quantitative che tariffarie, queste ultime passate da una media del 30%
all’attuale 4%). La politica di riduzione unilaterale delle tariffe e’ stata sospesa fino al 2005 per
lasciare spazio ai negoziati commerciali nell’ambito dei fori multilaterali nei quali la Nuova
Zelanda utilizza il proprio regime tariffario come strumento di contrattazione. La sospensione
tiene anche conto dell’obiettivo fissato regionalmente in ambito APEC di totale rimozione delle
barriere al commercio ed agli investimenti entro il 2010.
Secondo le valutazione dell’OMC i livelli delle tariffe rimangono comunque al di sotto degli
standard internazionali: tuttavia, l’uso delle tariffe “alternative specific” (come definite
dall’OMC stesso) renderebbero il regime in vigore non completamente trasparente. Le attuali
barriere all’accesso del mercato neozelandese sono infatti prevalentemente di tipo non tariffario
e si manifestano in generale in un’accentuata attenzione verso i problemi relativi alla
biosicurezza animale e vegetale - giustificata dall’inesistenza in Nuova Zelanda di alcune
tipologie di germi e batteri - con rigorosi controlli fitosanitari per i prodotti agricoli, forestali e
alimentari in genere. Cio’ anche nello spirito generale di voler creare una forte fiducia nei
prodotti provenienti dalla Nuova Zelanda e proteggere la flora e la fauna locale da pesti e
malattie.
Dal punto di vista della tutela delle Indicazioni Geografiche la Nuova Zelanda e’ un paese
tradizionalmente contrario al loro rafforzamento e/o estensione e considera sufficienti le tutele
generiche gia’ previste dall’articolo 22 dell’Accordo multilaterale TRIPS (Trade Related
Aspects of Intellectual Property). Non viene pertanto ritenuto – in linea con la posizione degli
altri Paesi membri del Gruppo di Cairns – di dover effettuare concessioni sul tale fronte
nell’ambito del negoziato agricolo in corso fra i membri dell’OMC.
Si tratta di un tema di vitale importanza per l’economia neozelandese considerato che la quasi
totalita’ della produzione casearia viene destinata all’estero, costituendo un quarto del valore
complessivo delle proprie esportazioni. Riconoscere l’esclusivita’ - attraverso le Indicazioni
Geografiche - di alcuni prodotti significherebbe per questo Paese non solo precludersi i mercati
esteri attualmente serviti ma riorientare la produzione attraverso nuove, costose e penalizzanti
stategie di marketing.
Non si e’ peraltro mai verificata l’esistenza di violazioni alla normativa sulla tutela della
proprieta’ intellettuale riguardante brevetti, marchi registrati, denominazioni di origine ed
indicazioni geografiche, anche se alcune questioni concernenti la legislazione neozelandese sui
diritti della proprieta’ intellettuale sono allo studio del WTO.

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Segnalazioni ricevute da parte di operatori in loco hanno riguardato:
        pesche in scatola: all’inizio del 2003 era in revisione il dazio compensativo applicato
         sulle pesche in scatola importate dall’Unione Europea, applicato nel gennaio 1998;
        funghi essiccati: nel dicembre 2003 ci e’ stato segnalato da parte francese che per
         ragioni sanitarie il locale Ministero dell’Agricoltura ha recentemente introdotto
         l’obbligo per i funghi essiccati - al fine della loro immissione sul mercato neozelandese
         - di essere sottoposti ad un procedimento di riscaldamento ad altissime temperature. Per
         ora sono stati esclusi da questo trattamento i funghi porcini;
        gioielli: nel giugno 2001 il locale Ministero per lo Sviluppo Economico ha reso nota
         l’apertura di una procedura per asserito “dumping” da parte della Societa’ “Uno A Erre”
         di Arezzo per l’esportazione di oro a 9 carati sul mercato neozelandese;
        grappa: nel settembre 2002 l’AssoDistill (associazione Nazionale Industriali Distillatori
         di Alcoli e di Acquaviti) aveva lamentato la commercializzazione da parte della
         “Saratoga Estate” di prodotti etichettati come “grappa”. L’Associazione di Categoria
         italiana rivendicava la definizione del nome “grappa” quale denominazione geografica
         protetta e chiedeva alla Societa’ neozelandese di sospenderne l’uso e di sostituirla con il
         termine piu’ generico “acquavite di vinaccia”.

4.   POLITICA PROMOZIONALE E PROPOSTE OPERATIVE DI INTERVENTO
     CONGIUNTO

a)   Mappatura delle iniziative di sostegno all’internazionalizzazione da realizzare nel
     2004
Nel corso del 2004 sono state pianificate le seguenti iniziative (alcune gia’ inserite nel Piano
Promozionale ICE 2003 e poi non realizzate):
    Missione istituzionale/economica della Fiera di Vicenza;
    Seminario/Workshop settore nautico (Piano Promozionale 2003);
    Seminario/Workshop di collaborazione industriale (Piano Promozionale 2003)
    Presentazione in Italia risultati indagine sui macchinari per enologia (Piano Promozionale
     Ice)
Tale elenco non puo’ considerarsi esaustivo in quanto devono ancora essere definite una serie di
iniziative nell’ambito degli Accordi di settore con le categorie nonche’ delle convenzioni
esecutive con le Regioni.

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b)   Proposte per iniziative promozionali nel 2005
Vengono qui indicate alcune anticipazioni sommarie dei settori e delle iniziative che verranno
successivamente approfondite nell’ambito degli adempimenti previsti dal ciclo di
programmazione del Programma Promozionale ICE che, come noto, prevede un confronto delle
proposte della rete estera con le aspettative delle categorie produttrici, adeguamento alle “linee
direttrici” del MAP.
Le positive previsioni di crescita dell’economia neozelandese confermano la necessita’ di
consolidare il posizionamento e l’immagine dei prodotti italiani attraverso l’attivazione graduale
di un programma promozionale volto da un lato ad identificare nicchie ad alto potenziale per
specifici prodotti e dall’altro a consolidare la presenza dei prodotti gia’ introdotti nel mercato. I
settori gia’ indicati come prioritari sono:
    Agroalimentare
    Macchinari per l’industria alimentare
    Macchine agricole
    Nautica
Nel corso del 2005 l’ICE intende organizzazare missioni di operatori e giornalisti neozelandesi
in visita in Italia alle fiere specializzate dei settori; tali missioni dovrebbero portare alla
realizzazione di workshop bilaterali in loco allo scopo di consolidare i rapporti attivati. Sempre
nel 2005 l’ICE proporra’ inoltre l’attivazione in Nuova Zelanda dell’Italian Festival, in
concomitanza con le celebrazioni per il 2 giugno, cosi’ da poter fornire un valido supporto ed un
coordinamento alle attivita’ dei distributori di prodotti italiani. Verranno infine considerate, al
fine di contenere i costi, iniziative abbinate alle attivita’ promozionali che si svolgeranno in
Australia.

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