Liceo Classico Lorenzo Costa, La Spezia Maggio 2017 - Sfogliami

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Liceo Classico Lorenzo Costa, La Spezia
Maggio 2017

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La nostra redazione
                          Caporedattori
                            Asia Rolla
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  Impaginazione                                Prof.ssa Paola Palmieri
  Martina Bruschi                                Don Giordano Biso

                            Redattori
      Sofia Capone                      Chiara Sanguineti
      Diego Sebastiani                  Serena Raja
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      Francesco Ferrari                 Virginia Bendinelli
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                           Copertina
                          Marta Milone

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Indice
Attualità
     Ricominciamo da qui…
     Ancora una volta l’Europa è salva!
     Se l’Australia è un continente, perché Plutone non è un pianeta?
     PRO-MEMORIA

Il disegno del mese
Riflessioni
     Non omnis moriar
     La scuola
     La maledizione dell’acceleratore
     Volontà di vivere; l’adolescenza e il dolore silente

Il disegno del mese
Un altro anno se ne va…
   Cinque lettere, cinque anni
   5 anni e…
   Intervista ai quartini

Playlist del mese

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Attualità
Ricominciamo da qui…
Padova, 13 maggio 2017: Prato della Valle era gremito di entusiasmo, di colori, di voci, gremito
di noi, 40.000 giovani del SERMIG (Servizio Missionario Giovani) provenienti da tutta Italia ma
anche dal Brasile, dalla Giordania, dall’Albania, tutti insieme riuniti in occasione del quinto
‘Appuntamento mondiale dei Giovani per la pace’. Portavamo (e continuiamo a portare, sempre)
un messaggio importante: l’odio non ci fermerà, basta egoismo, individualismo, abbracciamo la
solidarietà, l’amore, il rispetto. Costruiamo tutti, insieme, la pace.
Intanto, prima dell’inizio ufficiale, ospiti e testimoni sfilavano sul palco: Max Laudadio, la famiglia
Calò, una famiglia di 12 figli di cui 10 adottati. E poi sindaci, amministratori, vescovi, lo stesso
Patriarca Francesco Moraglia. E poi, tutto ha inizio…
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importante di sé. Con i suoi genitori, Sammy ha poi fondato l’AIPROSAB, l’Associazione Italiana
Progeria Sammy Basso che raccoglie fondi destinati alla ricerca a cui tutti possono contribuire e
che ha già ottenuto risultati notevoli: inizialmente infatti, si pensava di scoprire il gene
responsabile della malattia nel 2020 e invece è stato scoperto nel 2003, mentre nel 2007 già
c’erano le prime sperimentazioni cliniche. Tutto ciò dimostra che quando siamo in tanti e
crediamo in ciò che facciamo, quando ci impegniamo davvero, tutto è possibile.
Poi, Rosaria Schifani, moglie di uno degli agenti della scorta del giudice Falcone.
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Ancora una volta l'Europa è salva!
Le elezioni presidenziali francesi, tenutesi il   personali dei due politici: lui uomo tranquillo
23 aprile 2017(primo turno) e il 7 maggio         e diplomatico, come ha subito dimostrato nel
(secondo turno), hanno visto concorrere per       gestire il piccolo “scandalo” suscitato
l'Eliseo due figure politicamente opposte tra     dall’età della moglie di molti anni più grande
loro: Marine Le Pen, per il Front National ed     del marito; la signora Macron, per il resto, è
Emmanuel Macron per En Marche!. La                una figura che, per ora, non dovrebbe
vittoria finale di Macron è stata una vittoria,   suscitare dubbi sulla sua onestà e
non solo per chi crede ancora che l'Europa        rettitudine. Marine Le Pen, invece, è stata
possa essere un “Buon partito” per                contestata molte volte per la sua politica, a
l'economia del proprio paese, ma per              mio avviso, folle, basata sul razzismo, sul
l'Europa stessa. Gli europeisti infatti hanno     nazionalismo e su un anti-europeismo
già visto come è stato difficile sopportare la    incosciente. Macron, tuttavia, pur avendo
Brexit; un’eventuale fuoriuscita della Francia    ottenuto il 68% delle preferenze al secondo
dall' unione, come proponeva Marine Le Pen,       turno, non piace a quella gioventù che ha
avrebbe posto, non dico fine, ma quasi, al        preferito votare a sinistra e che ovviamente
progetto di un'Europa unita, visto che la         non voleva neanche votare la Le Pen. La
Francia è uno stato influente nella politica      vittoria di Macron sembra pur sempre a molti
europea. Infatti durante la campagna              la vittoria del liberalismo economico, dettata
elettorale      si   notava      una     certa    anche da un incitamento, da parte delle forze
preoccupazione anche da parte degli               politiche che erano fuori gioco al secondo
europeisti italiani, che speravano in una         turno, a votare per Macron; da qui una certa
vittoria del candidato liberale. Nonostante la    scontentezza da parte dei giovani, che fin
soddisfazione per la sconfitta della Le Pen, la   dall'inizio avevano espresso la loro
cui campagna elettorale ha destato                preferenza per la sinistra. Esemplare è una
preoccupazioni sia da parte della sinistra sia    frase riportata da una ragazza manifestante
dalla parte della destra moderata, a cui fa       ad un telegiornale: “Noi non vogliamo né il
riferimento Macron, (la Le Pen ha fatto leva,     liberalismo né il fascismo...”; questa frase,
come si suole fare nei periodi di massima         pronunciata magari un po' di fretta e ‘ a
delicatezza per uno stato, sulla forte            caldo’, nel pieno della bolgia e dei rumori
preoccupazione per il terrorismo, che ha          della       manifestazione,      sta     pero’a
colpito parecchie volte la Francia). Le due       simboleggiare, secondo me, che ancora una
campagne elettorali, per quanto di destra         volta i giovani perdono, qualsiasi sia il
entrambe,       avevano     parecchi     punti    vincitore delle elezioni.
contrapposti, in primo luogo i caratteri
                                                                            Nicola Vairani, III E

                                                                                                6
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Se l'Australia è un continente, perché Plutone
                non è un pianeta?
E' trascorso più di un decennio da quando l'International Astronomical Union (IAU) ha deliberato
ufficialmente di riclassificare Plutone come "pianeta nano", ma scienziati e persone comuni
stanno ancora discutendo animatamente sulla decisione.
Alcuni fedeli sostenitori della natura planetaria di Plutone sono tornati a chiedere alla IAU di
annullare la retrocessione di Plutone. I loro avversari insistono che essa debba rimanere. Altri
- forse la maggioranza silenziosa - osservano con sentimenti contrastanti (se non con aperto
fastidio) i loro colleghi più appassionati che litigano furiosamente e pubblicamente su un
problema di nomenclatura. Tutte e tre le fazioni erano presenti la scorsa settimana alla 48°
Lunar and Planetary Science Conference (LPSC), uno dei più prestigiosi raduni di scienziati
spaziali del globo. Comunque lo si voglia definire, non c'è dubbio che il primo sguardo
ravvicinato a Plutone - ottenuto nel 2015 grazie al flyby della sonda New Horizons della NASA
- ha rinfocolato il dibattito su questo famoso oggetto del nostro sistema solare. Con le sue
cinque lune, le catene montuose ghiacciate, le gelide stagioni e l'atmosfera criogenica, la
frigida bellezza e complessità di Plutone rivaleggia con quelle di qualsiasi altro mondo in orbita
intorno al Sole. Se queste stupefacenti caratteristiche permetteranno a Plutone di
riconquistare il titolo di pianeta resta tuttavia da vedere.
Verso una fioritura di pianeti?
Plutone non è stato declassato per mancanza di bellezza, ma perché non corrisponde alla
nuova definizione di pianeta della IAU. In base a una decisione presa dall'organizzazione nel
2006, i pianeti, per essere definiti tali, devono: orbitare intorno al Sole; essere abbastanza
grandi perché la loro gravità faccia assumere loro una forma sferoidale; spazzare i detriti più
ingombranti dalle loro orbite. Plutone soddisfa i primi due criteri - e questo basta per definirlo
pianeta nano - ma non il terzo (anche se non tutti sono d'accordo): ha infatti come vicini di
orbita altri grandi oggetti ghiacciati. Senza il terzo criterio, andrebbero classificati come pianeti
anche molti di quegli oggetti, ampliando notevolmente il numero dei pianeti del sistema solare.
                                                        Tra le centinaia di poster appuntati sui
                                                        tabelloni nell'atrio della LPSC, uno sfidava
                                                        la concezione di pianeta della IAU
                                                        proponendo una nuova definizione basata
                                                        più sulla geofisica che sulla meccanica
                                                        orbitale. Il suo autore è Kirby Runyon,
                                                        specializzando in geologia planetaria alla
                                                        John Hopkins University, che fa parte del
                                                        gruppo di ricerca di geologia della
                                                        missione New Horizons. L'idea di Runyon
                                                        è che si possa chiamare "pianeta"
                                                        qualsiasi corpo celeste di massa inferiore
                                                        a quella di una stella che abbia una
gravità sufficiente a fargli assumere una forma sferoidale, indipendentemente dalla sua orbita.
Come si legge nella sua presentazione alla conferenza LPSC: "Gli astronomi interessati allo
studio della dinamica possono considerare utile la definizione IAU. Ma molti planetologi sono
più attenti alle scienze geologiche. Di conseguenza, la nostra definizione geofisica è più utile ai
planetologi geofisici, agli insegnanti e agli studenti". E potrebbe anche aumentare la generale
alfabetizzazione scientifica del pubblico, osserva Runyon. Oltre che a Plutone, la definizione di
Runyon concederebbe l'appellativo di pianeta ad altri pianeti nani riconosciuti, come l'asteroide

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gigante Cerere, e anche a "pianeti-satelliti", tra cui la luna di Plutone, Caronte, le lune più grandi
di Giove e Saturno, e anche la nostra Luna. Così, con questa nuova definizione si
aggiungerebbero almeno 110 pianeti conosciuti al nostro sistema solare. E il numero
aumenterà, osserva Runyon, via via che gli astronomi troveranno altri oggetti nella fascia di
Kuiper, la regione dello spazio che si estende oltre l'orbita di Nettuno e Plutone, arrivando
magari a centinaia di migliaia di altri mondi ghiacciati.
Vecchie regole per nuove frontiere
La ridefinizione proposta da
Runyon è stata oggetto di
commenti contrastanti. "La
mia opinione è semplice",
dice James Green, direttore
della divisione di scienze
planetarie della NASA. "La
NASA non si preoccupa della
nomenclatura. Tutto quello
che posso dire dopo aver visto
Plutone grazie al flyby di New
Horizons è che è ancora più
affascinante di quanto avrei
potuto immaginare!"
Le sorprendenti immagini
ravvicinate catturate dalla sonda mentre sfrecciava vicino a Plutone non sono che il preludio a
ciò che verrà, dice Carle Pieters, docente di scienze planetarie alla Brown University. Si prevede
che nel 2019 la sonda spaziale incontrerà un secondo oggetto della fascia di Kuiper, molto più
piccolo. E intanto, sulla Terra gli astronomi sono costantemente impegnati ad aggiungere nuovi
oggetti ai loro cataloghi. Le nuove scoperte fatte nello sforzo di sollevare il velo su una regione
in gran parte inesplorata del nostro sistema solare - dice Pieters - potrebbero costringere a
rivedere definizioni vecchie e obsolete.
Già ora, prosegue Pieters, rivelazioni su oggetti più vicini a noi gettano benzina sull'infuocato
dibattito sulla definizione della IAU. La sonda Dawn della NASA, osserva, ha inviato immagini
di Cerere, un pezzo di roccia e ghiaccio sferoidale delle dimensioni del Texas che è il più grande
oggetto nella fascia degli asteroidi tra Marte e Giove. "E' un altro pianeta nano, un corpo
planetario su cui avvengono processi planetari. E per Plutone è lo stesso”. "Allora, un corpo che
è abbastanza grande da subire processi planetari come la formazione di un nucleo fuso, un
vulcanismo persistente o addirittura la creazione di un'atmosfera, come dobbiamo
etichettarlo?” "Chiamare 'pianeti nani' questi corpi planetari più piccoli è probabilmente un
buon compromesso", sostiene Pieters.
"Scienze" planetarie
Se chiedete ad Andrew Cheng del declassamento di Plutone, vi proporrà una prospettiva
diversa. Cheng è responsabile scientifico del dipartimento spaziale del John Hopkins University
Applied Physics Laboratory, ed è palesemente furibondo per la retrocessione di Plutone. "Penso
che sia stata una decisione sbagliata”, spiega Cheng. “La definizione di pianeta non è una
questione scientifica…, ma una questione di convenzioni sociali…; chiedere se Plutone è un
pianeta è come mettere in discussione cos'è un continente della Terra. Ci sono sette
continenti... L'Australia lo è, ma la Groenlandia no. C'è una buona ragione scientifica? No, è
solo una convenzione. E per un pianeta la situazione è del tutto simile", dice Cheng, che fino
allo scorso anno è stato il responsabile della fotocamera Long Range Reconnaissance Imager
(LORRI) a bordo di New Horizons.

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“Se nel 2006 la IAU avesse saputo su Plutone quanto ne sappiamo oggi, sostiene Cheng,
probabilmente questo dibattito non ci sarebbe neppure mai stato. Ci sono molti scienziati che
semplicemente si rifiutano di accettare che Plutone non sia considerato un pianeta", proprio
come molti geografi si rifiuterebbero di declassare l'Australia da continente. "Quindi
continueremo a chiamarlo pianeta, e sarà sempre così."
Una lacrima per Plutone
Per Runyon, il geologo planetario che spinge per una riconsiderazione dello stato di Plutone, il
suo nuovo significato di "pianeta" non ha bisogno di una "definizione ufficiale" della IAU. Inoltre,
poiché la competenza della IAU è l'astronomia e non la geologia, in realtà essa non avrebbe
l'autorità per dettare definizioni e uso dei termini ai geologi. La IAU pero’ non concorda. A
febbraio ha annunciato che - come autorità riconosciuta a livello internazionale per la
denominazione dei corpi celesti e delle loro caratteristiche geologiche di superficie - aveva
approvato le proposte della NASA per la denominazione dei siti su Plutone e le sue lune. Così
non si fa capire la scienza al pubblico", dice Runyon. Il suo tentativo di riaprire il caso di Plutone
è legato alla convinzione che la parola "pianeta" abbia in sé un "peso psicologico". Gli scienziati,
dice, dovrebbero essere interessati al fatto che la perdita - con un atto di forza - dello stato di
pianeta di Plutone è qualcosa che "fa piangere."
                                                                            Anna Nella Brunetti, I B

Trovaparole 

                                                                                                    9
PRO-MEMORIA
Dal 4 all’8 Maggio 2017 noi ed altri ragazzi del nostro Liceo, con altre scuole della provincia,
abbiamo preso parte al Pellegrinaggio ai Campi di Sterminio in Germania e in Austria, organizzato
                                                              da ANED La Spezia. Il viaggio è iniziato
                                                              con la visita al Museo del Deportato a
                                                              Carpi (MO), istituito nel 1973.
                                                              L’intenzione dichiarata dei suoi
                                                              creatori è quella di lasciare nel
                                                              visitatore forti emozioni, più che di
                                                              raccogliere centinaia di reperti. Tratto
                                                              distintivo di quasi tutte le sale è la
                                                              presenza di frasi, tratte dalle prigioni e
                                                              dai campi, incise sulle pareti. Alcune
                                                              sale presentano murales di deportati,
                                                              rappresentati in chiave di moderni
“zombies”, per dire come, all’interno dei campi, venisse tolto qualunque carattere alla persona,
persino il proprio essere. L’ultima sala, probabilmente la più emozionante, totalmente spoglia
da ogni arredo o reperto, presenta incisi in ogni angolo dei muri e del soffitto alcuni dei nomi dei
prigionieri che transitarono dal vicino Campo di Fossoli, dove siamo andati al termine della visita.
Edificata nel 1942, la struttura serviva da punto di transito dei deportati e da diramazione delle
linee ferroviarie per i grandi campi di sterminio dell’Europa centro-orientale. Dopo la guerra, gli
edifici sono stati utilizzati prima come orfanotrofio, e poi come villaggio degli sfollati provenienti
dalla Venezia Giulia e dall’Istria, sino alla definitiva chiusura nel 1970. Risultato di questi cambi
d’uso è però la perdita di quell’atmosfera cupa che un campo generalmente possiede, anche
perché la maggior parte delle baracche è oggi inagibile o coperta dalla vegetazione e dall’incuria.
Il giorno seguente, dopo aver passato la notte a Monaco di Baviera, abbiamo visitato il Campo
di Concentramento di Dachau, il primo ad essere stato aperto nel 1933 e quindi modello di tutti
gli altri. I primi ad essere internati qui furono degli oppositori politici tedeschi. All’ingresso sta la
terribile scritta Arbeit macht frei. L’impressione che il campo lascia è di disorientamento, di
fronte alle fila di baracche in cui hanno “alloggiato” 67'000 prigionieri. Tra questi, 45'000 sono
morti, quasi tutti non in camere a gas, ma come conseguenza delle terribili condizioni di vita nel
campo. Terminata la visita, siamo partiti alla volta di Linz, dove abbiamo trascorso tre giorni. Il
primo giorno abbiamo visitato le Gallerie del Bergkristall, un insieme di lunghi e alti cunicoli
sotterranei scavati dai prigionieri dei campi vicini, in cui erano state trasferite le industrie
tedesche a rischio bombardamento. In seguito abbiamo visitato il Campo di Lavoro di
Mauthausen. Abbiamo percorso gli stessi passi dei prigionieri appena arrivati al campo:
riconoscimento nella piazza dell’appello, spogliazione, docce e rivestimento –ovviamente con le
luride divise fornite dagli aguzzini- sino all’ingresso nella baracca. Poi abbiamo visitato il museo
dedicato alle vittime e, nei suoi sotterranei, la sala dei nomi –una grande stanza buia illuminata
solo dai nomi delle vittime scritti in bianco su sfondo nero- e la camera a gas. Si stima che in
questa struttura siano stati uccisi tra i 122'000 e i 360'000 deportati, per la maggior parte
oppositori politici ma anche prigionieri di guerra, ebrei, omosessuali e zingari. L’ingresso e
l’uscita dal campo avvenivano tramite la Scala della Morte: 186 scalini sconnessi e irregolari,
che i prigionieri dovevano percorrere più e più volte al giorno dalla miniera di granito al campo,
sopportando i crudeli divertimenti delle SS che spesso, una volta che i deportati avevano quasi
raggiunto la sommità, li spingevano giù a mo’ di “effetto domino”. Poco prima dell’ingresso al
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campo ci sono tutti i monumenti nazionali che ogni stato ha voluto dedicare ai suoi morti e
davanti ai quali si sono svolte le commemorazioni cui abbiamo preso parte il giorno dopo,
facendo prima onore al monumento italiano e poi sfilando all’interno del campo con lo striscione
della scuola insieme alle altre delegazioni italiane e austriache. Nel primo di questi due
pomeriggi abbiamo visitato Melk, uno dei sottocampi della zona, di cui l’unica struttura rimasta
è il forno crematorio, che oggi è un museo. Il pomeriggio seguente siamo andati a Gusen a vedere
il poco che resta di una delle più grandi strutture tra quelle che gravitavano attorno a
Mauthausen, in cui morirono circa 40'000 prigionieri. Oggi purtroppo non resta più niente se non
il forno crematorio, un piccolo museo ed un itinerario percorribile con audioguida attraverso le
villette a schiera che sorgono al posto di quei luoghi di morte. Abbiamo anche fatto una
deviazione in direzione del Castello di Hartheim, dove fu attuato Eutanasia. Questo progetto
nazista prevedeva lo sterminio di tutte quelle persone che non rientravano nei parametri della
razza ariana farneticata dal nazismo e che quindi costituivano solo un peso per la società.
Persone con disabilità fisiche o mentali, alle cui famiglie veniva detto che sarebbero stati
ricoverati in strutture attrezzate, venivano in realtà portati subito alle camere a gas, oppure
venivano usati come cavie dalle case farmaceutiche, tra cui la Bayer. Durante il ritorno in Italia
abbiamo visitato il muro di cinta del Campo di Transito di Bolzano/Gries, attivo a seguito della
risalita del fronte a partire dal 1944. E’ impossibile non rimanere scossi dopo un viaggio di
questo genere, costantemente a contatto con le atrocità compiute dai nazifascisti nei campi di
sterminio. L’aspetto che tocca di più e lascia sbalorditi è la volontà di insabbiare tutto, come a
cancellare una delle pagine più buie della storia. Lo si è avvertito specialmente durante la visita
a quello che fu il Campo di Gusen. Al posto di camere a gas e baracche è stato costruito un
caratteristico villaggio austriaco, fatto di belle vilette, piccole piscine e giardini ben curati. Gli
abitanti della zona vedono di malocchio i gruppi di familiari, ex deportati e ragazzi che
“disturbano la loro quiete” nelle loro visite audioguidate. Far finta che non sia successo niente
non lava via il sangue sparso in questo luogo, ma anzi impedisce la memoria ed il monito ai
posteri. Pensiamo di parlare a nome di tutti nel dire che consigliamo vivamente di visitare questi
luoghi, per onorare i caduti a causa di opinioni politiche, abitudini di vita, credo religioso, e per
mantenere la memoria: “Chi non conosce il passato è condannato a ripeterlo”.

                                                                             Virginia Bendinelli, III E
                                                                                Andrea Giorgilli, III E

                                                                                                    11
Il disegno del mese di Marta Milone, IV B

         "Tu regalagli un trucco che con me non portavi
                      e loro si stupiranno
                che tu non mi bastavi" -de André

                                                          12
Riflessioni
Non omnis moriar
“L’immortalità esiste: esiste nei libri, nei quadri,
nelle sculture e nei figli”, esordisce Mara Lenzi in
uno dei tanti racconti presenti nel libro Pensieri,
riflessioni e scritti di Mara Lenzi. L’opera, a cura
della figlia Tiziana Calabrese, è stata pubblicata
recentemente in seguito alla morte dell’autrice.
Un’ex alunna del liceo classico L. Costa, una
mente brillante e una donna consumata da un
tumore neuroendocrino al colon all’età di 60
anni. In un certo senso Mara Lenzi è ancora viva:
le parole impresse su carta con l’inchiostro
indelebile racchiudono sentimenti e stati
d’animo che trascendono la morte.
 Il libro si divide in 3 sezioni: Osservazioni e
riflessioni sulla vita, la morale e la società-
Poesie e descrizioni di vicende della vita
quotidiana- Storia di un viaggio in un pianeta
sconosciuto. Niente di simile al mondo, ma su
Mareo II. In ciascuna parte vi sono riportati
racconti legati alla giovinezza e all’età adulta: ciò
rende possibile al lettore sfogliare e ripercorrere gli eventi più salienti della vita di Mara,
l’evolversi delle capacità espressive e conoscere le sue riflessioni più profonde riguardo la vita,
l’amore, l’amicizia, il tempo, … .
Sebbene possa sembrare una storia simile a tante altre, in realtà c’è molto di più.
 Nella prefazione la figlia stessa scrive: “[..] il suo amore per la vita semplice e casalinga non era
però affatto in contrasto con la sua passione per le sfide, per le avventure e per il desiderio di
“conquistare il mondo” come mi ripeteva sempre. Era convinta che nella vita bisognasse puntare
ad avere alti obiettivi e che un’esistenza passata senza porsi degli scopi anche molto ambiziosi
non fosse degna di essere vissuta [..]”.
Mara Lenzi non è semplicemente una persona che tutti i pomeriggi si dedicava, dalle due fino
alle cinque, alla composizione di testi e poesie: era una donna innamorata della vita. Un vero
esempio per le generazioni future.
*Il costo del libro è di 15 euro. Il ricavato sarà in parte devoluto all’associazione AIRC*.
                                                                           Federica De Comite, III A

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La Scuola
La scuola ti prepara alla vita, non bisogna         Durante i compiti in classe, sappiamo che
mai dimenticarlo. Noi ragazzi dovremmo              dobbiamo fare tutto da soli, senza sfruttare i
pensare un po’ più spesso alla scuola come          compagni; infatti il compito in classe serve al
preparazione alla vita. Troppo facilmente           professore per conoscere la nostra
facciamo della scuola un luogo noioso dove          preparazione e per aiutarci. E così
è necessario passare parecchie ore ad               l’educazione alla vita si compie prima ancora
ascoltare un noiosissimo professore che             che con lo studio, con il continuo contatto fra
spiega cose inutili che non servono a nulla.        compagni e professori.
Quando si riesce ad amare la scuola,                Forse ci si educa maggiormente quando tutti
desiderandola e aspettandola, quando si             assieme si gioca, quando aspettiamo davanti
amano i compagni, i professori e le                 al portone della scuola la campanella che ci
professoresse, e tutte le cose che fanno            chiama a lezione e, scherzando fra di noi, ci
parte della vita scolastica, allora quasi senza     mostriamo per quelli che siamo veramente.
accorgersene, ci si prepara alla vita.              Quest’anno di liceo mi ha dato la possibilità
Molte volte la scuola ci procura delle fatiche,     di incontrare persone indimenticabili con cui
molte volte i nostri compagni ci sono               spero di poter creare un rapporto duraturo
antipatici: è proprio allora che tutto, nella       anche nel mio futuro e, allo stesso tempo, ho
scuola, ci prepara ad essere migliori, ad           avuto l’occasione di approfondire argomenti
essere amici verso gli altri ed a superare le       e materie che mi hanno sempre affascinato
difficoltà con forza e coraggio. E’ bene            come, ad esempio, la letteratura latina, greca
sapere che si viene a scuola non solo per           e italiana.
imparare cose nuove, per studiare con fatica        Mi auguro con tutto il cuore di poter
ed impegno e per essere un domani in                continuare il rapporto di amicizia che mi lega
possesso di un diploma. Ma anche per                ad alcuni miei compagni, sperando di poter
abituarsi a stare con altri ragazzi che, come       frequentare alcuni di loro anche se
noi, si preparano alla vita e, come noi,            affronteremo strade diverse.
dovranno essere capaci di superare tutte le         Questi anni, qualunque cosa accadrà, so che
difficoltà.                                         mi rimarranno nel cuore come i migliori anni
E saprete essere veramente educati alla vita        della mia vita.
se ora imparate ad amare i vostri compagni,                                      Giulia Genova, IC
anche i più antipatici, se imparate a fare il
vostro dovere, anche se vi costa fatica.

                 La maledizione dell'acceleratore.
 Ci piace andare veloci e superare i nostri limiti... Ma quand'è il momento di frenare?
Sono stati cinque giorni lunghi, di lotta contro la morte. Ma purtroppo molto raramente l’uomo
vince. Anche se ti chiami Nicky Hayden. Il pilota statunitense se n’è andato. Non per un malore
o per una malattia grave. O forse sì, era malato: amava troppo le due ruote, e loro sono state la
sua rovina. Lui che fin da piccolissimo non aveva occhi che per le moto. Lui che addirittura aveva

                                                                                                14
battuto quello che molti considerano il dio delle moto, Valentino Rossi. Lui che, per allenarsi,
amava fare giri in bici ascoltando il suo gruppo preferito. E preso forse troppo da un pezzo che
gli piaceva particolarmente si è distratto e non si è fermato allo stop. Neanche l’automobilista si
è fermato. L’impatto non è stato fatale. Hayden ha provato a resistere, ma non è mai uscito dal
coma. Che la colpa sia di Nicky o no, ha poca importanza. Quello che importa veramente è che
il mondo del motociclismo e non solo piange un'altra vittima. Un altro ciclista. Il ventidue aprile
era toccato a Michele Scarponi.
Altro amante delle due ruote, altro sportivo che si allena, altro incrocio. Lui è stato ancora più
sfortunato: aveva la precedenza. Ma il camion non si è fermato. Hayden e Scarponi, due che di
pericoli e di incroci ne avevano visti tanti, due esperti piloti. Ma la strada non gli ha perdonati. E’
bastato un attimo. E c’è anche chi, per amore della velocità, cambia completamente ambiente.
Sì perché, anche se hai vinto sette titoli mondiali in Formula 1, non puoi accontentarti se ti chiami
Michael Schumacher. La velocità ce l’hai nel sangue, e ti bastano un paio di sci per scatenarti.
Ma anche la neve non perdona, e Shumi è rimasto in coma sei mesi. E oggi, dopo quasi quattro
anni dalla caduta, la sua riabilitazione non è ancora terminata.
 Ma almeno è vivo. Quando vivi i primi trent’anni della tua vita a trecento all’ora, e ne esci sano
e salvo, l’adrenalina non ti abbandona più. Trattenersi è difficile, quasi impossibile. C’è allora chi
si fa furbo, come Rossi, e a trentott’anni ancora corre a livello professionistico, e staziona nei
piani alti della classifica. Ma c’è anche chi non si accontenta di cavalcare un bolide da mille di
cilindrata, ma vuole addirittura volare. Nel vero senso della parola. E’ il caso di Emanuele Uli,
altoatesino, campione di volo con la tuta alare, strano “accessorio” per far assomigliare l’uomo
all’uccello. Ma non siamo nati per volare, e a Emanuele è sbagliato un piccolo errore per
schiantarsi. Proprio lui che studiava un “salto” anche due anni prima di buttarsi.
So che non è bello fare questi tristi necrologi, ma poiché l'italiano medio ha la memoria corta, ci
tenevo a rinfrescarvela un po', o almeno provarci. Perché per vivere una vita al massimo, una
"vita spericolata" come cantava Vasco Rossi, bisogna essere in grado di tirare il freno. Capire
quando no, non si può (più) fare. Non tirare il freno per fermarsi, attenzione, questo mai! Ma per
rallentare, impostare meglio la curva e ripartire più veloce di prima. Come per esempio Alex
Zanardi, che, stroncato da un incidente, ha perso le gambe ma non la voglia di lottare. Poteva
continuare a fare il pilota? Certo che no. Ha tirato il freno, si è allenato duramente e adesso può
vantare sei medaglie olimpiche (di cui quattro d'oro) conquistate con la sua hand-bike. Certo, la
passione per le corse automobilistiche non lo abbandona, ma Alex sa che non tornerà mai in
Formula 1. O forse sì...
Sono tutte storie molto diverse, ciascuna dovrebbe essere analizzata singolarmente. Il loro punto
di incontro però, è piuttosto evidente: anche se passi la vita rischiando di perderla da un
momento all'altro, non puoi permetterti distrazioni di nessun genere, non puoi stare tranquillo
"solo" perché hai esperienza. Se riusciamo a sfuggire alla morte sfrecciando a velocità
pazzesche, dobbiamo essere capaci, tagliato il traguardo, di rallentare. Ma non per questo
abbassare la guardia.
                                                                               Michele Maggiani II C

                                                                                                    15
Volontà di vivere; l’adolescenza e il dolore silente
                                                       Adolescenza: la più delicata delle transizioni.
                                                                                       (Victor Hugo)
L'adolescenza è un passo necessario verso la maturità; età di scoperte e soprattutto di
cambiamenti, essa è un periodo di ricco di nuove situazioni e di crescita. Eppure ogni volta che
viviamo queste esperienze non sempre abbiamo la forza per affrontarle con reattività e ci
spaventano, con il rischio di rimanerne sommersi senza neanche capirne come. Quando
eravamo piccoli desideravamo ardentemente di essere più grandi. L'atteggiamento degli adulti
e quel loro senso di responsabilità, ma anche la libertà dei adolescenti e quel senso di maggior
capacità ci facevano esprimere la volontà di crescere più in fretta, di essere come loro.

Invece, crescendo, ci siamo resi conto di quanto complicato sia essere un'adolescente, poiché i
rapporti con altre persone diventano così tesi e ricchi di variabili che molti di noi per questo
provano odio verso tutto ciò che ci circonda, specie e, se non si avesse ancora la forza per alzare
la testa, non è possibile accettarsi e si decide d’isolarsi, arrivando a respingere anche chi ci vuole
bene.

Inoltre l’adolescenza, essendo un periodo di transizione, comporta ancora quel meccanismi di
aspettative da parte di genitori, parenti, amici e non, che ci osservano per vedere cosa vorremmo
diventare; ciò comporta nei ragazzi una ricerca di approvazione, ponendosi aspettative e pesi
che nessuno in realtà vorrebbe affibiarli, oltre che tensione anche per le minime cose. Non è
affatto facile reggere questa pressione, vera o presunta che sia, e se ci sono molti che
dimostrano forza e controllo, altri si sentono magari incerti dei propri progressi e delusi dai propri
risultati, portando l’animo ad essere soffocato da tutto e tutti, ad essere infelice di sé, a crollare
di fronte alla vita.
E tanti, TROPPI ragazzi crollano.
Il 20% degli studenti soffre di depressione.
I casi di autolesionismo sono in continuo aumento.
Quasi 500 ragazzi ogni anno, in Italia, si tolgono la vita.
Ciò che più fa male sapere è che le cause non vengono dalla nostra testa, ma dalle azioni che
coetanei (e non in certi casi, il che è ancora più grave) mettono in atto con lo scopo di far danni,
e ciò non può essere non chiamato con il temine bullismo. Ed a scanso di equivoci bullismo
significa una forma di comportamento sociale di tipo violento e intenzionale, di natura fisica e
psicologica, oppressivo e vessatorio, ripetuto nel corso del tempo e attuato verso soggetti deboli
o incapaci di difendersi.
Quasi il 20% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni è stata/è vittima assidua di azioni di bullismo.

E no, non esistono motivazioni che lo giustificano, almeno non nel 2017, in una società che
dovrebbe ormai essere passata oltre al sistema “educazionale” e “d’iniziazione” basato su
coercizione e minacce a chi non ha la forza per rispondere. Nonostante oggi ci sia grande
sensibilizzazione al problema, con Serie TV come “Tredici” (13 Reasons Why)” o con campagne
sia in aree di lavoro che di scuola, questo cancro chiamato bullismo resta ancora ad alleggiare
nella nostra società; è davvero sicuro che lo stiamo debellando tutti, o qualcuno ancora lo ritiene
giusto?
L’insicurezza ed il senso d’inadeguatezza ci porta a non guardare la strada che stiamo
percorrendo, e non ci rendiamo conto di quanto la nostra mente possa essere influenzata
dall’esterno; la mancanza di attenzione porta seguire percorsi bui, gente discutibile che nella
migliore delle ipotesi vuole solo prenderci in giro, ma nella peggiore possiamo essere vittime di
giochi psicologici dove l’individuo designato subisce, e più fragile è quest’ultimo e più le
                                                                                                   16
conseguenze sono nefaste. In questo periodo, abbiamo sentito spesso parlare del “Blue Whale”;
l’agghiacciante “gioco” destinato ai ragazzini che ha fatto il giro del mondo.

Le vittime, contattate sui social dai “creatori”, per mezzo di ricatti, vengono obbligate a seguire
folli e pericolose prove - tagliarsi i polsi, visitare luoghi pericolosi, uccidere animali e, dopo molti
altri passaggi, recarsi in cima a un palazzo, per gettarsi - che, in primis, incidono sull’aspetto
psicologico, creando oppressione sul soggetto e culminano con il suicidio disperato di
quest’ultimo. Le prime notizie a riguardo risalgono al 2016, in cui un sito giornalistico russo
riportò varie notizie riguardo suicidi di adolescenti; unico collegamento un gruppo chat sul social
VK. Eppure negl’ultimi mesi queste notizie hanno preso una dimensione virali (condensandole
sotto il nome “Blue Whale”), lasciando libero sfogo alla disinformazione più totale. Nonostante i
vari servizi a riguardo, non esistono prove concrete a riguardo, tranne l’esistenza di quel
suddetto gruppo (tuttavia chiuso successivamente a queste notizie e quindi inutilizzabile per
capire la veridicità della fonte), e l’arresto del “creatore” del gioco, tale Phillip Budeikin. Dagli
interrogatori Budeikin non solo non ha mostrato rimorso, ma professa anche di aver fatto un
bene alla società:

«Ci sono le persone e gli scarti biologici. Io selezionavo gli scarti biologici, quelli più facilmente
manipolabili, che avrebbero fatto solo danni a loro stessi e alla società. Li ho spinti al suicidio
per purificare la nostra società»

«Ho fatto morire quelle adolescenti, ma erano felici di farlo. Per la prima volta avevo dato loro
tutto quello che non avevano avuto nelle loro vite: calore, comprensione, importanza».

È chiaro che quest’uomo sia uno psicotico, manipolatore e con il complesso del Salvatore, ma
ciò che più lascia di stucco è che dalla prigione di San Pietroburgo riceva lettere da ammiratori
e ammiratrici, adolescenti in particolar modo, che addirittura lo ringrazino per ciò che ha fatto:
si possono comprendere tutte le variabili del caso, e che ogni ragazzo potrà anche avere il proprio
inferno personale, ma a fronte di questo c’è da chiedersi di chi sia responsabile di tutto questo:
di Budeikin forse? Oppure dei ragazzi che si sono e si lasciano manipolare da gente del genere?
O magari di chi non è stato in grado di mostrare loro cosa sia il rispetto per se stessi? O ancora
il vero responsabile è la società in cui viviamo, che inquina una fonte preziosa e di inestimabile
valore come Internet con le stesse amenità che dividono le persone ad amarsi per ciò che si è?

Sono questioni che non sono competenza magari del singolo, ma se tutti pensassimo da noi, e
non tramite ciò che gli altri dicono, forse riusciremo ad aver la forza di poter vivere in un mondo
migliore. E se riuscissimo in questo potremmo davvero guardare il passato, a tutti coloro che
sono morti in tempi non ancora maturi per un mondo nuovo, e ringraziarli della loro esistenza,
onorandoli tramite il ricordo delle loro vite. Solo con l’accettazione del dolore, possiamo capire
cosa sia rispettare, amare e vivere. Il passato insegna che abbiamo fatto errori, ma è nel nostro
DNA imparare da essi: siamo umani, dopotutto, e “condividiamo la stessa biologia, a dispetto
dell’ideologia”.

                                                                                      Serena Raja I C
                                                                                   Marco Ferrante V A

                                                                                                     17
Il disegno del mese di Simona Esposito

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Un altro anno se ne va….
Cinque anni, cinque lettere
Lo so cosa state pensando: ecco il classico articolo del maturando che ogni anno ci racconta
cosa gli mancherà, cosa non gli mancherà, perché ha scelto di scrivere sul giornalino scolastico
che tanto non lo legge nessuno, eccetera eccetera. Beh sì, è vero, sono una maturanda e ho
deciso di scrivere l’articolo per la fine dei miei cinque anni. Banale? Forse. Ma se pensassimo a
quante cose banali facciamo nella nostra vita, non faremmo più niente. E poi, e’ veramente
banale questa cosa di scrivere una riflessione sui propri cinque anni di scuola?
I miei cinque anni di liceo “Costa” possono essere descritti con cinque lettere:
   A come Aiuto...!. I primi mesi del primo anno, e tutto l’ultimo anno, questa parola l’avrò
   pensata... non so... milioni di volte. Aiuto non ce la faccio più, aiuto non capisco niente di
   greco, aiuto perché ho scelto il classico, aiuto perché ho scelto il classico matematico. Aiuto
   vi prego aiutatemi. Che italiano fantastico vero? Però è così, questa frase in particolare l’ho
   detta molte volte e sapete cosa ho imparato? Che se chiedi aiuto qualcuno che ti dà una
   mano lo trovi sempre. Anche solo per aiutarti a rimetterti in piedi dopo che sei inciampata
   per le scale (lo dico per esperienza personale...).
   A come Ancora. Rifarei questa scuola ancora altre mille volte... beh, mille forse no, non
   esageriamo, però la rifarei. La rifarei perché nonostante tutti i difetti, le imperfezioni e le
   insensatezze, ti lascia qualcosa. Ti lascia la fiducia in te stessa, la consapevolezza che devi
   metterti in gioco e provare a fare tutto. Provare i concorsi di greco anche se ti sembrano la
   cosa più strana del mondo, provare attività come il giornalino scolastico. Ecco, far parte della
   redazione dell’Agorà è una di quelle cose che sì, sceglierei altre mille volte. Qui ho incontrato
   persone straordinarie con cui mi sono confrontata e grazie alle quali sono cresciuta.
   B come Basta. Basta la scuola, basta questo dizionario che pesa 500 kg, basta tutte queste
   scale, basta le macchinette che non funzionano, basta i bagni intasati, basta il tremore dei
   banchi ogni volta che passa un autobus in Piazza Verdi. Per noi maturandi questi “basta” da
   settembre non ci saranno più, molto probabilmente. Però alla fine ti rendi conto, con un po’
   di nostalgia, che ti mancheranno anche il tremore costante, le macchinette rotte e i bagni
   intasati. Beh no, forse i bagni no. E forse nemmeno le macchinette. In compenso però
   mancherà la sensazione di dire “sono in VC, anno scolastico 2016 – 2017”. Mancherà dire
   “andiamo in gita in Grecia”, mancherà dire “quest’anno il tema della foto di classe è...”.
   Mancheranno un sacco di cose, e avremo altri “basta” a cui pensare.

   C come Crescere. In cinque anni cresci, c’è poco da fare. Cresci e ti accorgi che non sei più
   quella che è entrata qui dentro a settembre del 2012. Cresci e ti accorgi che alcune delle
   cose in cui credevi sono cambiate, altre sono rimaste. Cresci nel momento in cui ti trovi
   davanti a delle scelte. Cresci nel momento in cui ti assumi delle responsabilità, nel momento
   in cui ti trovi a dover integrare il tuo modo di essere con quello di altre persone. E questo
   eccome se è difficile.

   E come Espirare. Ho imparato una cosa importante in questi cinque anni: espirare. E non è
   importante solo perché sono asmatica, dico davvero. È importante perché se ti prendi cinque
   minuti in cui, in perfetto silenzio, chiudi gli occhi e respiri profondamente, ti senti meglio. In
   particolare il momento dell’espirazione credo che sia il più bello perché è come se prendessi
                                                                                                  19
tutto    lo   stress     e    tutte    le     preoccupazioni,     e    le    gettassi      fuori.
   E come Evadere. Ho imparato un’altra cosa importante: cinque minuti di evasione non ve li
   toglie nessuno. Trovate un modo per evadere, anche solo un istante, dal delirio dello studio.
   Scoprirete che nel portare fuori il cane, nel sedervi in terrazzo per cinque minuti, nel
   mangiarvi un gelato, il cervello si sentirà meglio. E quando ricomincerete a studiare
   ossessivamente la grammatica greca e latina, i pensieri di cinquecento filosofi diversi, l’opera
   di qualche autore inglese dal nome impronunciabile, i logaritmi più assurdi di sempre...
   starete meglio. Sarete più leggeri e non vi peserà più di tanto dover studiare.

   F come Fine.                                                                    Asia Rolla, VC

5 anni e…
21 maggio 2017, mancano precisamente 13 giorni effettivi di scuola e vedo già molti di voi
proiettarsi con la mente alle vacanze estive, al mare, al sole e alle giornate indimenticabili con
gli amici, ma non per tutti questi giorni che ci separano dall'estate rappresentano un sollievo.
Già, quest'anno sarà il mio ultimo anno e l’unico bagno in mare che per ora mi si prospetta è
segnato a metà luglio.
Che dire, questo è stato un anno che molte volte ho immaginato sia negli aspetti positivi sia in
quelli negativi: il viaggio in Grecia, girare per le classi a fare la questua, le magliette per la
giornata dello sport ma anche le simulazioni, l'esame e la scelta universitaria. Ricordo quando,
il primo anno, entrai in questa scuola: mi sembrava tutto così “adulto” e “diverso”… e i cinque
anni che mi separavano dalla fine sembravano interminabili… invece eccoci qui, e devo
ammettere che sono veramente volati, come mi dicevano, ora il pensiero di allontanarmi da un
realtà così quotidiana mi entusiasma, ma al tempo stesso mi spaventa. Sono stati cinque anni
che ho veramente sudato: dalle giornate rinchiusa in casa ad imparare la grammatica greca fino
alle settimane intere passate sui libri per preparare un’ interrogazione in cui ero rimasta indietro
di parecchie pagine, ma “scuola” ha anche significato le uscite in mezzo all’ora per andare nei
corridoi sperando di trovare qualche altro disperato come me, i gruppi di studio in giardino (che
poi “di studio” ci rimaneva ben poco…), le sclerate coi compagni per un compito impossibile e le
giornate in cui si usciva sapendo benissimo che in casa ti aspettava il libro aperto. Forse tre mesi
fa avrei fatto qualsiasi cosa per uscire finalmente da questa routine ma adesso, ripensandoci,
mi mancherà tutto questo, mi mancherà proprio la certezza data dalla stessa routine: quello che
si prospetta di fronte a me è un vero e proprio cambiamento, all’università non si troverà più
quella complicità che si ha all’interno di una classe, si è molto di più indipendenti, se non sei
pronto per un esame ti ripresenti all’appello successivo, evitando quel santo esame di coscienza,
ogni volta che prendevi un’insufficienza, sul perché e dove avevi sbagliato e per i prof. sei
soltanto un alunno qualunque che segue la sua lezione e non più il casinista in fondo alla classe
o l’attento al primo banco. E’ un cambiamento che fa paura e come tale deve essere accolto,
sfidato e vinto: dopotutto, se si riesce a sopravvivere cinque anni di scuola superiore con finale
esame di maturità, si può fare tutto! E a te del primo anno non verrò a dire che è stato semplice,
perché non è stato così, anzi, probabilmente ripenserai molte volte se hai scelto bene la scuola
o se potevi fare dell’altro (è successo anche a me), ma devi comunque andare avanti, arrivare
in quinta e dire “ce l’ho fatta!” perché non c’è soddisfazione più grande. Ma ricordati di divertirti:
questi saranno gli anni più duri ma anche i più liberi, i più pazzi e quando arriverai alla fine, senza
rendertene conto, un pochino ti mancheranno, te lo assicuro…
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INTERVISTA AI QUARTINI
Un membro del giornale scolastico ha deciso di intervistare i quartini per vedere com’era stato
il loro primo anno al classico. Per ogni classe un ragazzo e una ragazza avrebbero risposto a
turni a ciascuna delle seguenti domande:
1) Come ti sei trovato/a al classico?
2) Perché hai scelto di venire in questa scuola?
3) Che cosa ti è piaciuto? E cosa no?
4) Perché hai deciso di venire in questa sezione? (facoltativa)
5) Qual è la tua materia “preferita”?
I°A (agli studenti, Matteo Lagomarsini e Giorgia Marchetti)
1) Matteo Lagomarsini: Mi sono trovato molto bene nell’ambiente scolastico sia con i
professori sia con i compagni di classe.
2) Giorgia Marchetti: Ho deciso di venire in questa scuola poiché la ritengo la scelta migliore
per me per il fatto che ho una passione per le materie umanistiche.
3) Matteo Lagomarsini: Mi sono piaciuti i professori per la loro competenza e disponibilità e i
compagni di classe grazie ai quali sono riuscito ad ambientarmi perfettamente.
4) /
5 Matteo Lagomarsini e Giorgia Marchetti: Storia e latino.
I°B (agli studenti, Iori Eloisa e Massimiliano Fiondella)
1) Massimiliano Fiondella: Mi sono trovato bene con i professori e il loro insegnamento più che
buono, altrettanto bene mi sono trovato con i compagni.
2) Iori Eloisa: Ho scelto di venire in questa scuola perché ho cercato una scuola con alto livello
di istruzione.
3) Massimiliano Fiondella: Mi è piaciuto l’alto livello di insegnamento dei professori, la
struttura scolastica però sarebbe da migliorare.
4) Iori Eloisa: Ho scelto l’internazionale poiché ho sempre apprezzato le lingue e le culture
estere.
5) Massimiliano Fiondella e Iori Eloisa: Inglese e Italiano.
I°C (agli studenti, Giorgio Eminente e Serena Raja)
1) Giorgio Eminente: Mi sono trovato bene con i professori e con i compagni all’interno di
quello che è secondo me un buon ambiente di classe.
2) Serena Raja: Ho deciso di studiare al classico per via della mia passione per la letteratura e
per la lingua italiana, inoltre ho scelto di studiare qui per la vasta gamma di possibilità di studio
finita questa scuola.
3) Giorgio Eminente: Mi sono piaciute le materie studiate e il livello di istruzione, l’unico
aspetto negativo è la scuola non all’avanguardia.

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4) Serena Raja: Perché era stata rappresentata come la sezione con un alta difficoltà di studio
e con però un buon livello di istruzione.
5) Serena Raja e Giorgio Eminente: Greco e Inglese.
1°E (agli studenti Milian de Angelis e Manuela Mori)
1) Milian de Angelis: Mi sono trovato bene poiché sono riuscito ad ambientarmi con i miei
compagni e con i professori.
2) Manuela Mori: Ho deciso di studiare qui perché è la scuola in cui le materie umanistiche
vengono, secondo me, approfondite di più.
3) Milian de Angelis: Mi è piaciuto il piano di studi offerto dalla mia curvatura, il solo problema
è la struttura scolastica che non è molto adatta.
4) Manuela Mori: Poiché ho una passione per le arti, la musica e il disegno.
5) Milian de Angelis e Manuela Mori: Inglese e italiano.
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Playlist del mese
                           Sympathy for the devil - Rolling Stones

                                   Believer- Imagine Dragons

                             Le sirene - Murubutu ft Clever Gold

                        Savatage - Labyrinths/Follow Me/Exit Music

                                     Queensrÿche - Bridge

                                         Sting - Russians

                                      Janis Joplin - Maybe

                           Perturbator-humans are such easy prey

                                   Creûza de ma - De André
                                                                                                  22
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