Filosofia per la Nonviolenza - Fondata da Aldo Capitini nel 1964 - Azione nonviolenta

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Filosofia per la Nonviolenza - Fondata da Aldo Capitini nel 1964 - Azione nonviolenta
Filosofia
per la
Nonviolenza                    Fondata da Aldo Capitini nel 1964           luglio-agosto 2016

  Rivista bimestrale del Movimento Nonviolento | anno 53, n. 616 | contributo € 6,00
Filosofia per la Nonviolenza - Fondata da Aldo Capitini nel 1964 - Azione nonviolenta
3   Una filosofia per la nonviolenza                                 22 Genesi della difesa nonviolenta
    Mao Valpiana                                                        di Fulvio Cesare Manara

4   Quale pace? Giusta, stabile e duratura                           23 Senza Offesa. Strategie di opposizione nonviolenta
    di Giuliano Pontara
                                                                     27 La nonviolenza della fede
7   Biani alla 7a                                                       di Enrico Peyretti

8   Dialogare o perire                                               30 L’insegnamento nella scuola
    di Franco Ferrarotti                                                di Antonio Vigilante

11 Critica della violenza                                            34 Aldo Capitini, filosofo della nonviolenza
   di Franco Ferrarotti
                                                                     36 Seminario internazionale sulla nonviolenza
14 Da Leopardi a Gandhi, passando per Kant                              di Andrea Maori
   di Mario Martini

16 Agire senza offesa                                                40 LA NONVIOLENZA NEL MONDO
   di Pasquale Pugliese
                                                                     42 ATTIVISSIMAMENTE
20 Il principio nonviolenza
   di Jean-Marie Muller                                              44 EDUCAZIONE E STILI DI VITA

Direzione e Amministrazione                  Stampa                                       Iscrizione Registro Nazionale della Stampa
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                                             Movimento Nonviolento utilizzare il conto
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Mao Valpiana                                 Movimento Nonviolento -
                                                                                          del Movimento Nonviolento e agli abbonati
                                             oppure per bonifico bancario utilizzare il
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Piercarlo Racca                              IT 35 U 07601 11700 000018745455.
                                                                                          Chiuso in tipografia il 26 agosto 2016
                                             Nella causale specificare “Contributo di
                                                                                          Tiratura in 1300 copie.
Redazione                                    adesione al MN”.
Elena Buccoliero, Gabriella Falcicchio,      L’adesione al MN (€ 60,00) comprende         In copertina:
Roberto Rossi, Daniele Taurino, Pasquale     l’invio di Azione nonviolenta.               Pitagorici celebrano il sorgere del sole.
Pugliese, Massimiliano Pilati, Caterina                                                   Dipinto di Fëdor Bronnikov, 1869.
Bianciardi, Martina Lucia Lanza, Daniele     Abbonamento annuo
Lugli.                                       € 32,00 da versare sul conto corrente        Le vignette
                                             postale 18745455 intestato ad Movimento      di Mauro Biani
Gruppo di lavoro                             Nonviolento, oppure per bonifico bancario
Centro per la Nonviolenza del Litorale       utilizzare il Codice IBAN: IT 35 U 07601     Foto
romano, Fiumicino, Roma:                     11700 000018745455. Nella causale            da pagina 10 a 45 foto dell’Archivio
Daniele Quilli, Mattia Scaccia, Angela       specificare “Abbonamento ad AN”.             del Movimento Nonviolento tratte della
Argentieri, Elena Grosu, Daniele Taurino,                                                 Mostra “Senza Offesa”
Ilaria Ambruoso, Roberto Cassina, Giulia
Sparapani, Francesco Taurino
Filosofia per la Nonviolenza - Fondata da Aldo Capitini nel 1964 - Azione nonviolenta
L’editoriale di Mao Valpiana

                                   Una filosofia
                                per la nonviolenza
Inciso nel marmo che regge il bu-                                            inediti. Seguono i contributi dei
sto in bronzo che la città di Pe-          come condotta                     “nostri” studiosi e appassionati
rugia ha voluto dedicare ad Aldo                                             di filosofia, più o meno giovani:
Capitini, vi è scritto “filosofo del-         di vita                        Daniele Taurino e Gabriella Fal-
la nonviolenza”. Il fondatore del                                            cicchio, Mario Martini e Pasqua-
nostro Movimento, infatti, oltre ad essere stato         le Pugliese, Enrico Peyretti e Antonio Vigilante.
docente, pedagogista, attivista, organizzatore,          Pubblichiamo poi un breve saggio sull’idea di
giornalista, maestro, educatore, è stato anche, e        difesa nonviolenta in Gandhi, di Fulvio Cesare
forse soprattutto, filosofo: il primo che in Ita-        Manara che ci ha lasciati improvvisamente e pre-
lia ha offerto fondamenta solide e una struttura         maturamente. Ne risulta un lavoro collettivo che
portante al pensiero nonviolento; un pensiero            evidenzia la ricchezza e la complessità della ricerca
laico, per certi versi “religioso”, che ha raccolto      culturale e filosofica, con una forte attenzione per
e rielaborato le influenze di Leopardi, di Kant,         le conseguenze e le applicazioni pratiche. La filo-
di Gandhi. La filosofia di Capitini non è (solo)         sofia per la nonviolenza non è un esercizio accade-
cattedratica, ma è (anche) pratica. La sua è una         mico fine a se stesso, ma, come diceva Capitini, è
filosofia come condotta di vita. E’ quella filoso-       uno strumento per “difendere e sviluppare la re-
fia che l’ha orientato nell’elaborare posizioni di       altà di tutti contro gli impedimenti e i colpi della
antifascismo, nella sua giovinezza, e poi, negli         realtà e società attuali”.
anni della maturità, di attuazione e superamento         Proprio nei giorni in cui andiamo in stampa, si è ve-
della democrazia. L’omnicrazia, la compresenza,          rificato il terribile terremoto in Lazio, Umbria, nel-
l’aggiunta, sono solo alcune delle visioni filoso-       la Marche, con il suo carico di morte ad Amatrice,
fiche capitiniane che ancor oggi ci indicano un          Accumuli, Pescara del Tronto. Il dolore, l’empatia,
percorso di pensiero/azione.                             la solidarietà con le vittime, non ci possono far di-
Una filosofia della pace che si oppone alla realtà       menticare che tanta distruttività non è solo causata
della guerra.                                            dalla forza di una natura matrigna, ma soprattutto
Per questo quando gli organizzatori del Festival         dall’incuria e dagli errori dell’uomo.
della Filosofia, che ogni anno si svolge a Modena,       Ed anche in questo caso un pensiero di Capitini
hanno contattato il Movimento Nonviolento per            del 1969 ci può orientare: “Tanta è la forza spieta-
una collaborazione, abbiamo pensato alla realizza-       ta che la decisione bellica mette in moto, che essa
zione della Mostra “Senza Offesa – strategie di op-      viene ad assomigliare ad una delle terribili mani-
posizione nonviolenta” con testi e immagini che          festazioni della “natura”, le più assurde e spietate,
ripercorrono le azioni nonviolente italiane, ispira-     e certamente le supera in numero di vittime. Il
te proprio dalla filosofia della nonviolenza, il cui     rifiuto della guerra è perciò la condizione preli-
principio base è “se vuoi la pace, costruisci la pace”   minare per parlare di un orientamento diverso, e
(poiché l’antitesi sui cui poggia ancora la nostra       se vediamo l’antitesi tra la natura come forza e la
società è “se prepari la guerra, avrai la guerra”).      compresenza come unità amore, è chiaro che la
Questo numero di Azione nonviolenta, dunque,             guerra aggrava la natura, la sorpassa nella sua di-
è dedicato interamente alla ricerca filosofica per la    struttività, nella sua spietatezza rispetto ai singoli
nonviolenza. Ospitiamo tra le firme più prestigio-       esseri, alla cui attenzione la compresenza richiama
se degli studiosi viventi della nonviolenza: i filo-     costantemente”.
sofi Giuliano Pontara e Jaen-Marie Muller, ed il                                D I R E T T O R E
sociologo Franco Ferrarotti. Li ringraziamo per la
collaborazione e averci concesso alcuni loro scritti

                                                                                      Azione nonviolenta | 3
Filosofia per la Nonviolenza - Fondata da Aldo Capitini nel 1964 - Azione nonviolenta
Quale pace? Giusta, stabile e duratura
            E’ quella per cui dobbiamo operare qui ed ora

                                                         spetto a qualsiasi altro anno successivo al 2000.
di Giuliano Pontara*                                     In retrospettiva, il 2014 risalta come anno parti-
                                                         colarmente violento”.
Viviamo nell’era più pacifica dell’esistenza della no-   Ciò vale anche per il terrorismo: nel 2014, se-
stra specie?                                             condo la terza edizione del Global terrorism index,
La risposta a questo interrogativo dipende, in           32.685 esseri umani sono stati assassinati in azio-
parte, da come si intende la nozione di ‘pace’.          ni terroristiche, il doppio rispetto all’anno prece-
Nei miei studi esamino due nozioni: la nozione           dente, e la cifra più alta a partire dal 2000, anno
tradizionale, per cui la pace è intesa come antitesi     in cui le vittime del terrorismo furono 3.329.
della guerra (definita in un certo modo), e una          Secondo il rapporto, nel 2014 il 78% delle oltre
nozione più esclusiva che ha preso piede soprat-         trentamila vittime, la maggior parte di religione
tutto nell’ambito della peace research. Sostengo la      musulmana, sono state uccise in cinque paesi –
nozione tradizionale, sulla quale ritorno all’inizio     Iraq, Afghanistan, Nigeria, Pakistan e Siria – in
del terzo scritto, nel corso del quale svolgo una        azioni terroristiche di gruppi islamisti, specie
serie di riflessioni sul tema della pace, muoven-        Boko Haram, IS/Daesh, e talibani. Come pure
do dal pensiero di Norberto Bobbio su di esso.           rilevato nel rapporto, nel 2014 è anche cresciuto
Nel 1886, Alfred Nobel, nel corso di una con-            il numero di paesi in cui il terrorismo ha ucciso
versazione che ebbe con la sua amica Bertha von          oltre 500 persone l’anno: ai cinque sopra men-
Suttner, disse di voler inventare “una sostanza o        zionati si sono aggiunti Somalia, Ucraina, Ye-
una macchina capace di massiccia distruzione             men, Repubblica Centrafricana, Sudan del Sud e
tale da rendere la guerra per sempre impossibile”.       Camerun. Il rapporto non esamina il terrorismo
Abbiamo costruito tali macchine e sostanze, ma           di stato; rileva tuttavia come vi sia uno stretto
due guerre mondiali, e dal 1945 in poi ben 125           nesso statistico tra terrorismo e violenza politica
guerre civili (con almeno mille morti l’anno in          perpetrata o sponsorizzata dallo stato. Nel rap-
battaglia) che in media sono durate dieci anni,          porto è pure rilevato che il terrorismo colpisce
hanno sconvolto il mondo. Diverse di esse e altri        sempre di più la popolazione civile, compresi
brutali conflitti armati lo sconvolgono tutt’oggi:       molti bambini.
Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Congo Kinshasa,         Di fronte a tutte le violenze, ai massacri in atto,
Somalia, Eritrea, Mali, Repubblica Centrafri-            sorge il dubbio se il mondo oggi non sia percor-
cana, Sudan del Sud, Nigeria, Kenya, Etiopia,            so da una nuova escalation della violenza, tale da
Pakistan, Palestina, Yemen, Ucraina...In varie di        mettere in questione la tesi ottimistica sostenuta
queste guerre sono direttamente o indirettamen-          da Steven Pinker nel voluminoso lavoro in cui
te coinvolte potenze esterne. Secondo stime del          lo studioso sostiene che la violenza nel corso del-
SIPRI (Stockholm International Peace Research            la storia è andata costantemente diminuendo, e
Institute), “nel 2014 ci sono state più guerre ri-       “può darsi che oggi viviamo nell’era più pacifica
                                                         dell’esistenza della nostra specie”.
                                                         Incombe pur sempre la minaccia di una cata-
                                                         strofica guerra termonucleare, scatenata da una
 * Filosofo della politica e uno dei massimi stu-
                                                         volontà perversa, o per un fatale e incorreggibile
 diosi a livello internazionale di Gandhi e della
                                                         errore umano, o a causa di un irreparabile errore
 nonviolenza. Autore di molti libri e saggi. Lo
                                                         tecnologico. E non va sottovalutato il rischio che
 ringraziamo per averci concesso in anteprima
                                                         nuovi, sofisticati sistemi di armi robotiche, pro-
 assoluta la pubblicazione dell’introduzione del
                                                         dotte in seguito agli sviluppi della ricerca sull’in-
 suo ultimo lavoro.
                                                         telligenza artificiale, sfuggano al controllo uma-

4 | luglio-agosto 2016
Filosofia per la Nonviolenza - Fondata da Aldo Capitini nel 1964 - Azione nonviolenta
no, ‘decidano’ un massiccio intervento violento
con conseguenze catastrofiche. Come ha messo
in guardia il noto scienziato Stephen Hawking,
“lo sviluppo di un’avanzata intelligenza artificia-
le potrebbe segnare la fine della specie umana.
Si svilupperebbe da sé e ridisegnerebbe a ritmo
sempre più accelerato se stessa. Gli umani, limi-
tati come sono da una lenta evoluzione biologica,
non potrebbero competere e sarebbero soprasse-
duti”.
In qualsiasi guerra, internazionale o intrastatale,
è oggi inerente un rischio di accendere un fuoco
che può distruggere, se non l’intero genere uma-
no, la maggior parte di esso, lasciando i supersti-
ti in un mondo invivibile. Occorre dunque pur
sempre tenere ben viva – specialmente nelle nuo-
ve generazioni – una vigile ‘coscienza atomica’.
Guerre e conflitti armati comportano imman-
cabilmente massicce violazioni – dirette e ‘col-
laterali’ – di diritti umani fondamentali, sia di
combattenti, sia, e ancor più, di civili innocen-
ti, ivi comprese moltitudini di individui futuri.
Quanti futuri esseri umani, nel corso dei pros-
simi cent’anni, saranno vittime ‘collaterali’ dei
disastri ambientali causati dalle guerre del secolo
passato e da quelle in corso? Quanti saranno vit-
time future di armi chimiche, di bombe a uranio
impoverito nel corso di queste guerre?
Se la guerra comporta, inevitabilmente, violazio-
ni di diritti fondamentali di innocenti, presen-
ti e futuri, vi possono essere guerre giustificate
in base alla dottrina dei diritti umani? In modo
particolare, è moralmente lecito violare diritti
fondamentali di innocenti al fine di salvaguar-
dare diritti fondamentali di altri innocenti? Nel
secondo scritto incluso in questo volume cerco
di dare una risposta sistematica a questo inter-
rogativo muovendo da tre diverse versioni della
dottrina; la conclusione cui giungo è che, in base
a tutte e tre le versioni della dottrina, la guerra è
oggi moralmente ingiustificabile.
Questioni altrettanto gravi quanto quelle della         in guardia che essa “incide su ogni aspetto delle Giuliano
pace – una pace stabile e duratura a livello globa-     nostre vite e sta sovvertendo la stabilità sociale Pontara
le – e con esse strettamente interconnesse, riguar-     all’interno dei paesi e minacciando la sicurezza a
dano le grandi e crescenti disuguaglianze, specie       livello mondiale”
le disuguaglianze economiche, sia a livelli locali      Sulla disuguaglianza economica verte l’ultimo
sia a livello globale. Il World Economic Forum –        degli scritti qui inclusi. In esso sono specialmente
che non è un’organizzazione di beneficenza – in         messi a fuoco i costi di tale disuguaglianza in re-
un documento del 2014 in cui sono elencate le           lazione a tutta una serie di indicatori di benesse-
dieci maggiori sfide cui il mondo si trova di fron-     re, rispettivamente malessere, sociale. Particolare
te, assegnava il secondo posto alla sfida posta dal-    attenzione è rivolta all’impatto negativo che la
la crescente disuguaglianza economica, mettendo         disuguaglianza economica ha sulla fiducia sociale

                                                                                  Azione nonviolenta | 5
Filosofia per la Nonviolenza - Fondata da Aldo Capitini nel 1964 - Azione nonviolenta
e sulla mobilità sociale: la prima è una risorsa di      stesso rifiutava. Nel quinto scritto rifletto sulla
‘capitale umano’ essenziale per l’esistenza di una       ‘banalità’ della violenza e, rispettivamente, del-
democrazia stabile, più in generale per una socie-       la nonviolenza, muovendo dalla tesi cosiddetta
tà pacifica, vivibile per tutti, a livello globale; la   ‘situazionista’: la quale, in via generale, dice che
seconda è strettamente connessa alle esigenze del        i nostri comportamenti, nel variare delle situa-
principio di uguaglianza effettiva di opportunità,       zioni, non sono l’espressione di (supposti) tratti
un principio compatibile con varie concezioni            caratteriali stabili, coerenti, bene integrati nella
della giustizia distributiva.                            personalità, bensì variano in seguito all’impatto
La sfida per tutti coloro che prendono sul serio i       di fattori esterni – strutture, istituzioni e ‘forze si-
problemi interconnessi della pace, della giustizia,      tuazionali’ – che in determinate condizioni indu-
dei diritti umani, della democrazia, del benessere       cono comportamenti violenti, in altre compor-
collettivo, compreso quello di generazioni futu-         tamenti nonviolenti. In relazione alla violenza e
re, è nientemeno che quella di come bloccare la          alla nonviolenza, questa tesi è qui visitata in base
globalizzazione della violenza e la violenza della       a una rassegna sia di alcuni famosi esperimenti
globalizzazione. Questa sfida solleva varie difficili    di laboratorio condotti da psicologi sociali, sia di
questioni.                                               vari studi di casi storici.
Una dibattuta questione riguarda la desidera-            Nell’ormai lontano 1979, Norberto Bobbio, nel-
bilità e possibilità di un futuro Stato mondiale         la Prefazione alla prima edizione del suo fortuna-
democratico. Mi occupo di tale questione nel             to libro Il problema della guerra le vie della pace,
terzo scritto, nel quale sostengo, tra l’altro e con-    affermava che “è venuto il momento di rimettere
cordando con Norberto Bobbio, che un governo             in onore il tema della nonviolenza, di cominciare
mondiale democratico è necessario per far effica-        a considerarlo il tema fondamentale del nostro
cemente fronte alle sfide sopra menzionate. Lo           tempo”. Non vi è dubbio che a tutt’oggi rimane
sviluppo verso uno stato mondiale democratico            uno dei temi fondamentali.
dovrebbe avvenire attraverso un parallelo proces-        Come sostengo all’inizio del terzo scritto, non
so di democratizzazione dell’ONU e di ulterio-           sappiamo se la pace – una pace con giustizia, sta-
re democratizzazione degli stati, visto lo stretto       bile e duratura a livello globale – abbia un futuro,
nesso tra democrazia e nonviolenza, specie se è          perché non sappiamo in quale direzione vada la
vera la tesi – visitata criticamente nel terzo scritto   storia futura dell’umanità. Dobbiamo muovere
– che le democrazie non si fanno guerra tra loro.        dall’assunto – una specie di scommessa pascalia-
In assenza di uno stato mondiale democratico,            na – per cui in quale direzione vada la storia di-
una più concreta e immediata questione riguar-           pende da come agiscono le generazioni presenti
da l’applicazione di metodi di lotta e conduzione        e future, e che questo agire è, in qualche modo,
nonviolenta dei grandi conflitti, presenti e futuri.     soggetto a una nostra libertà di scelta. Ciò com-
La nonviolenza è un’alternativa? Quale nonvio-           porta che non sappiamo come agiranno le gene-
lenza? In quali situazioni, a quali condizioni?          razioni future. Tuttavia, come affermava Imma-
Affronto tali questioni già nella parte finale del       nuel Kant, pur non sapendo “se la pace perpetua
terzo scritto, dove mi occupo della riflessione di       sia una cosa reale o un non-senso [...] dobbiamo
Bobbio sulla nonviolenza e passo in rassegna due         agire come se fosse una cosa reale, il che forse non
famosi casi di rivolta nonviolenta di massa che          è, e operare per la fondazione di essa”; qui e ora;
riuscì a scardinare il potere dispotico di due dit-      se non ora, quando?
tatori: quello dello scià in Iran nel 1979, e quello
di Marcos nelle Filippine nel 1986. Il discorso          _____________________________
sulla nonviolenza è ulteriormente ampliato e
più sistematicamente svolto nel quarto e quin-           QUALE PACE? di Giuliano Pontara, Mimesis
to scritto. Il quarto verte sulle lotte nonviolente      Edizioni, Milano-Udine 2016. Sei saggi su pace
nel mondo durante il secolo scorso, sul rifiuto          e guerra, violenza e nonviolenza, giustizia eco-
della violenza, cosa si rifiuta e in base a quali ar-    nomica e benessere sociale (Il libro uscirà nelle
gomenti, e tratteggia le componenti essenziali di        librerie nel mese di ottobre. Il Movimento Nonvio-
una dottrina politica dell’azione nonviolenta che        lento, con il Centro Sereno Regis, sta organizzando
si ispira al pensiero e all’azione di Gandhi, senza      una serie di presentazioni con l’Autore nel mese di
cadere in un dogmatico ‘gandhismo’, che Gandhi           febbraio 2018).

6 | luglio-agosto 2016
Biani
alla 7 a
Dialogare o perire
          Dallo scontro di civiltà alle co-tradizioni culturali

                                                       e il tecnologico-metafisico, doveva storicamente
di Franco Ferrarotti*                                  crescere all’insegna della scienza e della raziona-
                                                       lità applicata. Per Herbert Spencer, la tendenza
                    Ad Aldo Capitini e Pietro Pinna    evolutiva era evidente: dopo la società militare
Nella situazione globale di oggi la guerra è sem-      (classica e feudale) doveva verificarsi l’avvento
pre fratricida, uno massacro tanto più feroce          della società industriale, in cui contrasti e pro-
quanto fin dall’inizio si sa che non ci saranno né     blemi si sarebbero risolti gradualmente in base al
vincitori né vinti, che ci saranno solo vittime e      calcolo razionale e si sarebbe finalmente compre-
che la strage risulterà tenacemente crudele e inu-     sa la negatività della guerra, irrazionale, inutile
tile. Gli stati-nazione, formatisi in Europa con la    spargimento di sangue e insensata distruzione di
fine delle guerre di religione (pace di Westfalia,     risorse. Per i sociologi contemporanei, la fine del-
1648) in base al principio cuius regio eius religio,   le ideologie, a suo tempo prevista dall’acutissimo
sono in declino, divenuti macchinosa burocrazie        Daniel Bell (The End of Ideology, Free Press, Glen-
anacronistiche. Anche per l’apporto tecnico de-        coe 1960) avrebbe dovuto aprire l’era della irra-
gli strumenti della comunicazione elettronica, si      zionalità e della pianificazione sociale democrati-
afferma la dimensione planetaria, che dovrebbe         ca, in grado di collegare i fini ritenuti desiderabili
essere congeniale ai tentativi di costruire politi-    ai mezzi effettivamente disponibili, in accordo
che sovranazionali. La sola regola etica collegata     con i giudizi della comunità. Inutile osservare che
sembra essere la seguente: tutti gli essere umani –    un brusco risveglio si è verificato, tragicamente
uomini e donne – sono essere umani e, come tali,       con la Seconda guerra mondiale alla metà del
vanno riconosciuti, accolti e rispettati. In questa    secolo XX e, più tardi, con le guerre locali e il
prospettiva, nelle società odierne, tecnicamente       terrorismo internazionale. Verso la fine del seco-
progredite (ma, com’è noto, il progresso tecnico       lo ventesimo un geniale sociologo-antropologo,
non garantisce nulla circa il progresso morale),       René Girard, sembrava aver scoperto l’ovvio con
la violenza è indubbiamente scandalosa. è una          l’aria, alquanto stupefatta, di chi abbia svelato
presenza inattesa, un’ospite scomoda, un’incon-        un antico segreto. La benemerita e raffinata casa
gruenza che si è tentato di mettere tra parentesi      editrice Adelphi, forse non immemore di Bobi
come in epoche passate. Sociologi e pensatori si       Bazlen, Luciano Fòa e Adriano Olivetti, ha pub-
sono lasciati andare, a questo proposito, a pre-       blicato il secondo grosso tomo di René Girard,
visioni o, forse più esattamente, profezie singo-      Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo
larmente ardite e fuorvianti. Facciamo qui degli       (Milano 1983), dopo aver pubblicato, qualche
esempi.                                                anno prima, La violenza e il sacro. Ciò che è stato
Per Auguste Comte, il terzo stadio di sviluppo         fino ad oggi nascosto e che peraltro una lettura
dell’umanità, il positivo dopo il poetico-intuitivo    attenta de testi biblici non avrebbe dovuto far
                                                       ignorare, è che l’umanità è riuscita a convivere
                                                       e a svilupparsi solo sulla base d’una violenza ori-
                                                       ginaria che ha consentito di far tacere, almeno
 * Sociologo emerito, docente e autore di moltissi-
                                                       provvisoriamente, la rissa fra i fratelli e di dar
 me pubblicazioni, già collaboratore di Adriano
                                                       corso alla fragile, precaria pace che conosciamo
 Olivetti è stato anche deputato al Parlamento
                                                       da che mondo è mondo. L’idea è presentata da
 nella terza Legislatura per il Movimento Comu-
                                                       Girard come il presupposto di una antropologia
 nità. Lo ringraziamo per averci dato in ante-
                                                       fondamentale, esposta attraverso un dialogo con
 prima stralci da un suo prossimo libro, di cui in
                                                       Jean Michel Oughurlian e Guy Lefort. La tesi ha
 questo numero pubblichiamo una prima parte.
                                                       impressionato molti; in Italia già nel Messaggero

8 | luglio-agosto 2016
Franco
                                                                                                                  Ferrarotti

del 5 giugno 1980 e poi ancora in quello del 14         membri della comunità che per avventura preten-
marzo 1983, Ruggero Guarini esprime la sua am-          deva di insidiarne l’unità fondamentale, cedendo
mirata sorpresa: “Oggi le scienze umane, ossessi-       ai loro istinti di selvaggia prevaricazione e di to-
vamente votate al culto della ricerca specialistica     tale dominio, sono avvertiti. Il sacro è lì pronto
su argomenti circoscritti, preferiscono evitarlo        a punirli. Esso è l’argine insormontabile contro
(il tema di Girard) come un tema troppo vasto           il caos e la rissa. Per questa ragione la fondazione
e universale”. Guarini ha ragione: un eccessivo         della città, nel senso machiavellico, contiene in
specialismo settoriale può di fatto trasformare la      sé qualche cosa di sacro: una tragedia di sangue,
scienza umana in un noioso commento dell’ov-            il compimento di un sacrificio cruento. Al fondo
vio tanto rigoroso quanto irrilevante. Continua         di ogni legittimità formale si scorge, di là dal rac-
poi sottolineando l’assoluta originalità di Girard      conto mitico, un atto di illegittimità sostanziale,
a proposito dei due miti affini di Caino e Abele e      una violenza primordiale. Per la formazione della
di Romolo e Remo, in cui il fratricidio è alla base     città Romolo uccide, deve uccidere Remo. Il po-
dell’evento: “Entrambi questi miti implicano [...]      tere, per agire efficacemente, non può tollerare
la scoperta del fondamento omicida della civiltà”.      la duplicità dei gemelli, la diarchia, l’incertezza
Ma è veramente una scoperta? Forse bisogna, a           dell’attribuzione del comando responsabile. Il
parte Aristotele che Girard cita nel frontespizio       sacrificio delle origini costituisce il potere legitti-
del libro, tornare a leggere con la calma necessa-      mo, lava, purifica e definisce il presupposto della
ria il segretario fiorentino, Niccolò Machiavelli.      continuità, stabilisce la regola della convivenza.
Il mistero delle origini è già lì tutto svelato, per-   È nel sacro che il sacrificio si giustifica e acqui-
sino con esempi tratti dalla Bibbia, in particolare     sta la sua portata sociale come matrice originaria
dai racconti che riguardano la straordinaria car-       della comunità umana; è di fronte al sacro che gli
riera di Mosè. Il sacro non è solo essenziale come      esseri umani lasciano cadere il confronto antago-
termine trascendente contro cui misurare il limi-       nistico e riconoscono la loro fondamentale ugua-
te della razionalità storica e nello stesso tempo ri-   glianza. La violenza sembra dunque dare la morte
coprire la funzione sociale dell’utopia. È anche il     e la vita nello stesso tempo. Così come la frase
segno della gerarchia dell’ordine cosmico e terre-      evangelica intorno al Regno dei cieli, che soffre
no ed è nello stesso tempo la forza che ne costitu-     la violenza (vim patitur) e che solo dai violenti
isce la condizione. Il violatore viene incenerito. I    può essere conquistato (violentes rapiunt illud) o

                                                                                     Azione nonviolenta | 9
sce e si interessa della tirannide, data la prevalente
                                                                                concezione dell’ordine sociale politico come pro-
                                                                                cesso naturale. Quanto alle avanguardie, è nota la
                                                                                loro irresponsabilità, nel senso di non farsi carico
                                                                                delle ricadute pratiche delle posizioni teoretiche,
                                                                                quando non esitano a dichiarare guerre e violenza
                                                                                come l’unica igiene del mondo, esaltando la velo-
                                                                                cità, lo schiaffo e il pugnale.
                                                                                Non dovrebbe meravigliare che le società odier-
                                                                                ne, anche le più tecnicamente progredite, alimen-
                                                                                tino nel loro seno semi di violenza, anche diffu-
                                                                                sa, quasi come quotidiana virulenza, o infezione
                                                                                aspecifica, una sorta di virus che lavora e avvelena
                                                                                nel profondo, una convivenza in cui prevale il
                                                                                calcolo economico, tanto da ridurre gravemente
                                                                                i rapporti umani non utilitari e da produrre una
                                                                                società “annoiata, che sogna patiboli fumando
  Pietro Pinna e
                                                                                la sua pipa” (Baudelaire). Si danno, per nostra
Aldo Capitini, ai                                                               fortuna, degli anticorpi. Due figure torreggianti,
  quli è dedicato                                                               come Tolstoj e Gandhi, in contesti pur diversi
   questo articolo                                                              e fin contrapposti, convengono su una convin-
                                                                                zione profonda: violenza chiama violenza; la vio-
                     rapito, suona a un tempo gravida di minaccia e di          lenza non la si cura omeopaticamente; si resiste
                     speranza. Sembra indicare quella tipica duplici-           alla violenza e si vince solo con la nonviolenza.
                     tà del potere che nella lettura sociologica troverà        Tolstoj è un nobile russo proprietario terriero con
                     nelle due etiche weberiane, l’etica dei principi as-       lo spettacolo della miseria in cui vivono i suoi
                     soluti e quella della responsabilità operativa, una        contadini analfabeti sotto gli occhi tutti i giorni.
                     delle teorizzazioni del sociologo di Erfurt, se non        A un certo punto lo spettacolo gli riesce insop-
                     più chiara, certamente più suggestiva.                     portabile, lo costringe alla fuga dagli agi aviti e la
                     Nessun dubbio, ad ogni buon conto, che tutta               morte lo coglie nella misera sala d’aspetto della
                     una scuola di pensiero di ascendenza vagamente             stazione ferroviaria di Astràpovo. Gandhi muore
                     antropologico-culturale assegni alla violenza una          per mano di un fanatico violento, dopo una vita
                     vocazione fondatrice – una vocazione, soggiungo            di esemplare coerenza. Ma Tolstoj e Gandhi, pur
                     sommessamente, che mi sembra non solo eti-                 diversi, si ritrovano uniti nella persuasione che la
                     camente illegittima, ma anche scientificamente             violenza vada combattuta negli individui fin dai
                     insostenibile. E tuttavia, prima di Machiavelli e          primi anni, che è necessario educare i giovani alla
                     molto prima di Girard, il fascino e la sostanza            nonviolenza. Per Gandhi e Tolstoj, fra educazio-
                     delle tesi sono già tutti nel Grande Codice (The           ne e pratica di vita, fra cultura e pedagogia indi-
                     Great Code), come ha persuasivamente dimostra-             viduale e grandi guerre collettive, fra violenza nei
                     to il critico letterario canadese Northrop Frye,           rapporti interpersonali e micro-sociali e i conflit-
                     pensando alla Bibbia: la violenza, che deriva da           ti fra le nazioni non si dà censura. La violenza
                     vis, vir (der Mensch, l’uomo in senso pieno – que-         quotidiana si salda con quella storica. Il vissuto
                     sto Dio in piccolo); e da qui la grande ambivalen-         e lo storico, a questo punto, si danno la mano,
                     za, che comprende e lega nella stessa struttura di         appaiono inter-dipendenti. In effetti, solo gli in-
                     significato sia la virtù che la ferocia. Il fascino del-   consapevoli potevano a suo tempo sorridere, con
                     la violenza si collega anche non per caso al mito          compiaciuto distacco, della buona educazione e
                     della rivoluzione e al pensiero, tanto immaginoso          delle buone maniere, riassuntivamente raccolte
                     quanto nebuloso, delle avanguardie letterarie e            sotto il titolo della “buona creanza”, forse memo-
                     artistiche del ’900. È noto che il concetto e la           ri di ingrate esperienze infantili, quando i precet-
                     pratica della rivoluzione, come interruzione e             ti del Galateo di monsignor Giovanni della Casa
                     rottura violenta e subitanea dell’ordine stabilito,        venivano piuttosto sbrigativamente impartiti se-
                     sono estranei al pensiero classico, che pur cono-          condo le regole della pedagogia del ceffone.

                     10 | luglio-agosto 2016
Critica della violenza
                        Riscoprire l’analisi di Andrea Caffi

                                                        politica hanno visto negli ultimi anni la luce. Il
di Franco Ferrarotti                                    titolo di questa raccolta di saggi, come ammette
                                                        il curatore Nicola Chiaromonte, non ne indica
Il merito dei contributi di alcuni pedagogisti          se non in maniera allusiva, la ricchezza e la por-
odierni, fra i quali mi piace citare Nicola Siciliani   tata. Si tratta in realtà di un esame singolarmente
de Cumis, mi sembra in primo luogo da veder-            spregiudicato, approfondito, in più di un punto
si nel fatto che, con logica stringente riferendo-      geniale, delle categorie fondamentali cui ci ri-
si alla pace e alla nonviolenza coinvolge gli anni      facciamo per dibattere e chiarirci problemi della
verdi della socializzazione primaria dei cittadini.     convivenza civile, la natura del cambiamento so-
In uno scritto del 1947, il socialista “irregolare”     ciale, la struttura e le funzioni dello Stato. Dietro
Andrea Caffi già affermava: “La crudeltà come           l’apparente disordine dell’argomentare, sotto i
la pietà, gli istinti bellicosi come l’amore della      richiami e le connessioni culturali tanto lontani
pace, la volontà di potenza non meno né più del-        a volte da sembrare semplicemente stravaganti,
lo spirito di sacrificio, sono disposizioni naturali    legate solo dal sottile individualissimo filo d’u-
dell’uomo...l’una o l’altra di tali disposizioni si     na personale stream of consciousness, il discorso
fissa in un carattere individuale o nei costumi so-     di Caffi intacca alla base i concetti essenziali che
ciali”. Il contributo di Caffi getta luce su un nodo    sorreggono e variamente giustificano le società
problematico analizzato da grandi pensatori, da         odierne. Quello di Caffi non è un discorso te-
Kant a Thorstein Veblen. Non esito, per questa          nero, ed è certamente alieno da qualsiasi intento
ragione, a rimandare al suo Critica della violenza      edificante, salvo rivelarsi dotato d’una straordi-
come uno dei testi più stimolanti e vivi fra quanti     naria carica costruttiva, del dono di vedere, o
contributi di pedagogia, sociologia e di filosofia      ri-vedere, le cose come stanno, ricollegandosi

                                                                                                                Sesta marcia
                                                                                                                antimilitarista
                                                                                                                Trieste-Aviano,
                                                                                                                1972

                                                                                   Azione nonviolenta | 11
senza sforzo all’esperienza umana determinata e
circoscritta di là dagli schermi intellettualistici
di ideologie per definizione strumentali. Così un
discorso mite, che pare a tratti distratto, sortisce
effetti demistificanti da far tremare. Le categorie
fondamentali del pensiero filosofico e politico,
le strutture portanti delle società industriali pro-
gredite, dei “sistemi sociali” che hanno rifiutato
il costume e che si ritengono razionali, emergono
dallo scanzonato esame caffiano come colone va-
cillanti, mostrando crepe non prontamente ripa-
rabili, contraddizioni mortali. È straordinario e
istruttivo insieme come questo rivoluzionario ab-
bia riscoperto, insieme con il bisogno di liquidare
il passato, i “ceppi feudali”, la necessità di fabbri-
care artificiosamente la tradizione. Egli si rende
conto che la contraddizione non è solo verbale,
ma sostanziale. Sa tuttavia che il dilemma fra in-
dividuo e società è un dilemma ozioso, intellet-         contrattuale, capace di costruire una sfera calda,          Terza
tualistico: “nessuno pretenderà di poter conosce-        abbastanza ampia per riuscire fecondatrice di               manifestazione
re, o anche solo immaginare, un autentico indi-          interessi umani diversi, ma non troppo da far ca-           del GAN per
                                                                                                                     gli obiettori
viduo umano [...] all’infuori d’ogni vita sociale”       dere nell’astratta impersonalità della philìa aristo-       di coscienza
(p. 27). E più avanti: “L’individuo umano – la           telica. Scrive Caffi: “Se esiste questa sfera di vita       detenuti, Milano,
persona cosciente – non è concepibile che come           si sopportanto (e anzi si giustificano idealmente)          P.zza Duomo,
‘essere sociale’ integrato in una comunità, educa-       le due sfere liminari: quelle del sudore della fronte       dicembre 1964.
to, provvisto di modi di pensiero e di espressio-        e quella del date a Cesare” (p. 49). Coloro che si          L’intervento della
                                                                                                                     polizia
ne articolata da questa società in cui nasce cresce      occupano di “sviluppo della comunità” al di fuori
muore, e se ha la nozione della morte – privilegio       dei partiti politici e delle ideologie ufficiali sanno
umano, secondo Malraux – è unicamente perché             bene di che cosa parli Caffi: la ripresa di interesse
l’esperienza sociale gliel’ha inculcata; altrettano      e di partecipazione umana diretta, personale per
valga per le nozioni di ‘progresso’ e ‘regresso’,        questioni che cadano al di là della propria cerchia
gioventù e vecchiaia, salute e malattia, fortuna e       familiare immediata, del proprio guicciardiano
miseria, libertà e dipendenza, eccetera” (p. 32).        particulare. Di fronte ai piani odierni di rinnova-
Tuttavia Caffi non solo non deifica la nozione di        mento, la cui sordità tecnocratica ai valori locali,
“società”, ma rifiuta anche l’identificazione, tan-      agli “idiotismi” degli stili di vita delle comunità
to comune da essere tradizionalizzata, di società        tradizionali fa qualche volta pensare alla tecni-
con la giuridicamente configurata “società civile”       ca del ferro da stiro, le osservazioni di Caffi mi
e non si stanca di denunciare la mostruosa equi-         sembrano di grande attualità: “Storici e sociologi
parazione fra società e stato, tratto essenziale dei     hanno dimostrato con abbondanza di documenti
totalitarismi odierni.                                   come la disgregazione della famiglia patriarcale,
Ne viene una sorta di contrappunto concettuale           della gens, della fratrìa, della tribù e in altri casi la
utilissimo, credo, a dipanare e a chiarire alcuni        decadenza e lo scioglimento delle corporazioni di
termini cruciali del nostro ansante vivere sociale,      mestiere, abbiano liberato l’individuo dalla tutela
tecnicamente sempre più complicato e umana-              di un ambiente ristretto e, si può dire, ‘intimo’,
mente sempre più irrilevante: sociabilità contro         ma sempre in modo da rinforzare la dipendenza
società giuridicamente congelata, popolo contro          dello stesso individuo da istanze più alte [...] lo
stato burocratico, cultura contro nazione, uma-          Stato, l’anonima direzione d’una grande officina,
nità contro violenza. La società di cui Caffi parla,     la legge della domanda e dell’offerta sul mercato,
talvolta con nostalgia come nei suoi ricordi della       gli imperativi della pubblica opinione” (p. 57).
scuola internazionale di Pietroburgo, è un am-           Durkheim a suo tempo si consolava con la “so-
biente umano, materiato di vivi rapporti spon-           lidarietà organica”: la differenziazione funzionale
tanei, non esauribili nello schema utilitaristico-       delle società odierne, corollario necessario del-

12 | luglio-agosto 2016
la divisione del lavoro e condizione di più alto,
avrebbe prodotto insieme con un grado mag-
giore di interdipendenza fra le attività umane,
anche un nuovo tipo di solidarietà fra gli indi-
vidui, quella organica, in sostituzione di quella
meccanica tipica delle società semplici. Ma l’a-
nalisi di Caffi va più a fondo: “Da un lato, fra il
contadino e l’operaio industriale, l’ingegnere e il
banchiere, il mercante e l’artista, e così pure fra
[...] l’ufficiale e il soldato, l’alto funzionario e lo
sgherro, si nota una ‘distanza’ tale nel modo di vi-
vere, di vestire, di pensare e parlare, di concepire
il bene e il male, che la ‘reciproca comprensione’
si limita a certi gesti utilitari (obbedienza di co-
mandi, scambi di servizi o di beni). D’altra parte,
l’uomo finisce col non sentirsi ‘lo stesso’ (tenuto
a un diverso contegno e a diversa disposizione
dell’animo) secondo che è in casa, a scuola, al
reggimento, sul luogo di lavoro, in ‘società’, ecce-      gici-individuali. Non solo la violenza o la guerra      Marcia contro
tera; sorge la questione se mai l’uomo possa dirsi        non si possono considerare, come voleva al tem-         tutte le guerre,
veramente ‘sincero’, manifestare il suo intimo es-        po della belle époque l’irrazionalismo futurista e      al termine della
sere e non ‘rappresentare’ un convenzionale per-                                                                  Conferenza della
                                                          protofascista “la sola igiene del mondo”, ma la
                                                                                                                  WRI. Roma 1966
sonaggio nella commedia umana” (p. 59). L’am-             stessa violenza come levatrice della storia, secondo
biguità dell’esperienza umana concreta, presa             la volgata marxista, è da rivedersi criticamente e
nella contraddizione più o meno lancinante fra            da rifiutarsi. Si danno infatti levatrici che, lungi
comportamenti socialmente precostituiti (ruoli)           dall’aiutarne la nascita, finiscono per ammazzare
e bisogni spontanei, irriducibili e irripetibili di       il bambino. Non si tratta, ovviamente, di perder-
un dato individuo, è qui descritta in maniera pia-        si tra le nebbie di un utopismo pacifista che in
na e avvincente. La ricerca costante, fedelissima         effetti può legittimamente richiamarsi alla pace
e persino crudele, con se stesso prima che con            perpetua di Kant, se non, più recentemente, al
gli altri, di tale base di esperienza umana unica         testo di Thorstein Veblen sulla pace e i termini
e irriducibile ad altre, come un valore in sé, mi         della sua perpetuazione.
sembra, il concetto-guida e insieme l’idea-forza          L’idea di pace e il pacifismo in Max Scheler tro-
di Caffi. Di qui la sfiducia proudhoniana verso           vano una trattazione singolarmente acuta che li
le ideologie che ripongono nella coerenza pura-           porta ad appoggiarsi al fondamento di una com-
mente intellettuale il criterio della loro validità,      penetrazione delle culture, storicamente docu-
di qui un’istanza critica che al lettore frettoloso       mentabile in maniera ineccepibile. “Si pensi, per
apparirà come cinismo, mentre altro non è che             esempio – scrive Scheler – alla compenetrazione
altissima compassione umana, appena velata di             di Cina e Giappone con il buddismo indiano,
pessimismo. “La società borghese – scrive Caffi –         al legame tra islam ed ellenismo, tra cristianesi-
pienamente padrona del meccanismo capitalista             mo e mondo antico [...] C’è dell’altro: quante
[...] non è stata insomma (come il feudalesimo)           più correnti di diverse culture e aree culturali la
che un fenomeno strettamente limitato nel tem-            storia contiene, tanto meno queste confluiscono
po e nello spazio. Ma l’oppressione economica             progressivamente in unitarie correnti di tempo”
sociale e politica è un fatto costante delle società      (L’idea di pace e pacifismo, Medusa, Milano 2004,
organizzate, appena acquistino quella comples-            p. 53). In questo senso, ho in più luoghi parlato
sità che siamo usi chiamare progresso” (p. 225).          di co-tradizioni culturali. Si tratta di una posizone
In altri termini non vi sono ricette; l’uomo è per        teoretica che ritengo importante perché capace
l’uomo un compito permanente, quotidiano.                 di sottolineare l’efficacia della nonviolenza e cor-
Va dunque raccolta in tutta la sua portata la riser-      reggere in positivo la nozione di pacifismo come
va contro il determinismo sia in termini macro-           movimento di opinione tipico di “anime ribelli e
sociali strutturali che in quelli biologici e psicolo-    di uomini rammolliti”.

                                                                                     Azione nonviolenta | 13
Da Leopardi a Gandhi, passando per Kant
                           Profilo filosofico di Aldo Capitini

                                                         rende possibile l’altra; sia l’atteggiamento non-
 di Mario Martini*                                       violento sia quello religioso hanno lo stesso pun-
                                                         to di partenza: la coscienza della limitatezza della
 In un punto di un suo testo autobiografico Capi-        realtà, della sua insufficienza. A partire dall’as-
 tini dice che la filosofia lo aiutò a formarsi nella    sunto della violenza come “indifferenza” scatu-
 sua persuasione religiosa e nonviolenta. Ma quale       risce una forte tensione etica all’apertura verso
 filosofia? Non certo quella dominante al tempo          il cambiamento: vedere le cose nella loro possi-
 dei suoi studi, cioè quella dello storicismo; il suo    bilità di essere diverse da come sono, e attivarsi
 è un pensiero che è vicino, più che ai maestri Cro-     perché lo siano, significa sottrarsi all’acquiescen-
 ce e Gentile, a una linea di crisi che va da Marti-     za al reale, alle logiche dominanti, ai meri fatti.
 netti a Tilgher e ai prodromi della sensibilità esi-    Qui c’è un concetto particolare di Capitini che è
 stenzialista. Lo animava una diversa concezione         quello dell’aggiunta, di cui la realtà, nella sua in-
 dell’uomo e del significato della vita in generale,     sufficienza, ha bisogno per modificarsi, concetto
 che egli chiama “kantiano-leopardiana”. Da Le-          per cui egli può essere accostato alla Scuola di
 opardi prende la visione della limitatezza delle        Francoforte (al “sempre nuovo” di Theodor W.
 cose e del dolore della condizione umana, ma in         Adorno, e alla visione profetico-rivoluzionaria
 senso positivo, dell’apertura oltre la finitezza; da    sui vinti della storia, che ne sono i veri sogget-
 Kant prende invece il concetto del dovere, ma           ti, di Walter Benjamin, non a caso autore di una
 anche del valore, anzi dell’opposizione tra fatti e     profonda riflessione sulla violenza).
 valori. Il valore è un qualcosa che muove da me         Nella sua concezione dell’agire, Capitini da una
 e io devo aggiungere, col mio atto di intervento,       parte è preso dalle urgenze del presente e dall’im-
 alla realtà che non lo possiede. Egli si richiama a     pegno per la sua modifica e “apertura”, e dall’al-
 un senso severo dell’agire (una “prassi pura”) che      tra ha l’ampio respiro di chi misura la storia con
 passa attraverso la testimonianza della verità e che    la condizione umana, come Camus. Se in un
 si realizza non in tutti gli atti, non ad esempio in    pensatore di oggi, Jurgen Habermas, troviamo
 quelli di astuzia e di forza come pensano invece il     il ricorso al “punto di vista morale” e alla “pras-
 realismo politico e l’idealismo storicista. Il valore   si argomentativo-procedurale” per raggiungere
 si realizza soltanto nell’atto che procede da un’in-    l’accordo tra posizioni diverse, culturalmente e
 tima persuasione (Carlo Michelstaedter) al bene.        religiosamente o laicamente connotate, Capiti-
 Questo atteggiamento del pensatore verso la re-         ni chiama in causa il legame imprescindibile tra
 altà prepara il suo orientamento teorico-pratico        mondo dei valori e mondo pratico, per il pri-
 fondamentale della nonviolenza la cui tradizione        mo intendendo l’aspetto etico-religioso e per il
 egli instaura per primo in Italia, insieme alla sco-    secondo l’aspetto politico. Per il nostro autore
 perta e alla corretta interpretazione della figura      infatti, etica, politica e religione, pur essendo tre
 di Gandhi.                                              istanze diverse, con un proprio ambito di auto-
 Ed è in accordo con Gandhi che Capitini conce-          nomia, devono avere tra loro un rapporto corret-
 pisce il rapporto tra l’esperienza religiosa e quella   to, pena la loro degenerazione.
 nonviolenta come talmente congiunte che l’una           L’autore osserva che la religione è fattore di do-
                                                         minio e si allontana dalla propria essenza di affra-
                                                         tellamento nella misura in cui esercita il potere o
                                                         fa ad esso da supporto, il che avviene attraverso la
  * Docente di filosofia morale all’Università di
                                                         sua ideologizzazione. In vista di una democrazia
  Perugia, è autore di numerosi studi sul pensiero
                                                         che sia reale potere di tutti o, con termine da lui
  nonviolento e sulla filosofia di Aldo Capitini.
                                                         coniato, omnicrazia, Capitini intende togliere al

 14 | luglio-agosto 2016
si combatte la guerra con la guerra, ma si lotta
                                                                              prima della guerra preparando il suo contrario.
                                                                              Con ciò non si propone di evitare o presumere di
                                                                              eliminare il conflitto, ma di affrontarlo con una
                                                                              metodologia diversa da quella violenta. Il conflit-
                                                                              to si supera mettendo qualcosa di diverso al po-
                                                                              sto di ciò che lo ha generato e affrontandolo con
                                                                              metodi diversi da quelli dell’avversario; scaturi-
                                                                              sce da questa convinzione la prassi capitiniana di
                                                                              “contrasto e aggiunta”, che rifiuta il paradigma
                                                                              polemico sotteso, ancora a partire da Eraclito, a
                                                                              tutto il pensiero occidentale.
                                                                              Nell’epoca moderna, si tratta di una rivoluzione
                                                                              pacifica che parte dall’interno delle ideologie af-
                                                                              fermatesi nell’Occidente europeo, sia quelle libe-
                                                                              rali e liberiste sia quelle socialiste, per sovvertirle
                                                                              in una posizione che in Capitini, in accordo con
                                                                              Guido Calogero, si qualifica come “liberalsocia-
                                                                              lismo”; esso, come federalismo dal basso, cerca
   Marcia contro      potere autocratico una delle sue armi più forti,        di realizzarsi con un coinvolgimento che tende
   tutte le guerre,   il dominio delle coscienze. Dando però credito          all’universalità. È questo un altro significato del
  al termine della                                                            termine “omnicrazia”. Le varie forme di inter-
                      all’esperienza religiosa come articolazione del
 Conferenza della
WRI. Roma 1966        senso e come orientamento positivo all’agire, il        vento nonviolento (e Capitini ne ha elaborate e
                      discepolo occidentale di Gandhi mette in col-           sperimentate veramente molte) tendono a fare
                      legamento diretto, come ho ricordato prima, la          della nonviolenza un fatto pubblico, sociale e in-
                      religione con la nonviolenza. La questione non è        ternazionale.
                      di poco conto oggi, a proposito dell’antagonismo        Capitini propugnava una “Internazionale della
                      fondamentalista apparso sulla scena geopolitica.        nonviolenza”, che oggi si può intravedere nei vari
                      Si può dare infatti anche una degenerazione spi-        movimenti pacifisti a carattere globale (in Italia
                      rituale e religiosa, matrice della violenza ideolo-     il Movimento Nonviolento da lui fondato). En-
                      gica e politica; si arriva a parlare di “spiritualità   tro tale orizzonte si mira al superamento delle
                      delle armi” (D. Tessore) per poi aprire la strada a     strutture di dominio ponendo in primo piano il
                      guerre e controguerre sante, e a concepire persi-       legame organico tra mezzi e fini; la coerenza tra i
                      no una sorta di contraffazione del martire, da far      mezzi e il fine, sempre trascurata nella logica po-
                      esplodere sulla folla inerme.                           litica occidentale, pone la nonviolenza non solo
                      In una antologia degli scritti capitiniani sulla        come un’esigenza morale, ma come un’esigenza
                      nonviolenza da me curata qualche anno fa, e che         oramai imprescindibile di validità dell’azione po-
                      ora torna nelle librerie in una edizione rinnovata,     litica.
                      ho cercato di mettere in luce come il pensiero          Dicevo all’inizio che Capitini si contrappone al
                      di questo autore ne fa uno dei fondatori, come          “realismo politico”, ma la sua è una logica che
                      è stato notato, della “scienza politica nonviolen-      propone un “realismo alternativo” che va contro
                      ta” (T. Greco). Ancora sul piano filosofico, e in       il ripetersi monotono della storia degli uomini:
                      direzione di una fondazione etica della politica,       “realista è chi sa gettare nel profondo del suo
                      Capitini si pone in netto contrasto nei confronti       tempo lo scandaglio, e avverte non ciò che ripete
                      di quella tradizione polemologica che da Eracli-        il passato come fu, ma ciò che apre, che rinnova
                      to giunge alla dialettica hegeliana e a Marx: per       energicamente”. La rivoluzione permanente che
                      lui il nesso costitutivo, originario, non è quello      egli propone ha come fini risultati anche di lun-
                      “conflitto-necessità”, ma quello “conflitto-ag-         ghissima durata, come una realtà liberata dalla
                      giunta”, proposta di superamento dello stesso.          violenza, dall’inganno e dalla sopraffazione, per
                      Il conflitto può essere superato non attraverso la      realizzare davvero un’altra storia e un’altra uma-
                      considerazione della sua necessità, ma attraverso       nità, quella che lui concepisce come una “civiltà
                      la sua negazione costruttiva, la “possibilità”: non     della compresenza”.

                                                                                                          Azione nonviolenta | 15
Agire senza offesa
              Breve storia dell’idea di disobbedienza civile

di Pasquale Pugliese*

“Sotto un governo che imprigiona la gente ingiusta-
mente, il vero posto per un uomo giusto è la prigio-
ne”. Con queste parole, scritte dopo aver passato
una notte in prigione per essersi rifiutato di pa-
gare le tasse in segno di protesta contro la guerra
che nel 1846 gli Stati Uniti muovono al Messico,
il poeta e scrittore Henry David Thoureau fon-
da la moderna definizione di quell’atteggiamento
politico nei confronti dello Stato che prende il
nome di disobbedienza civile proprio dal suo
saggio del 1859 dal titolo Resistance to Civil Go-
vernment. Questo breve scritto diventerà il mani-
festo della disobbedienza civile, tradotto fino ad
oggi e letto in tutto il mondo, anche da Gandhi
nelle prigioni sudafricane. Spiega Thoureau che
c’è un modo per dissociare la responsabilità indi-
viduale da quella di uno Stato che si rende autore
di una legislazione razzista e di una guerra, ossia
di azioni che vanno contro la coscienza dei sin-       Sudafrica per distinguere la resistenza nonviolen-     Manifestazione
goli: “Se mille uomini quest’anno non pagassero        ta degli indiani dalla contemporanea “resistenza       per il processo
le loro tasse, non sarebbe una misura violenta e       passiva” delle suffragiste inglesi che lottavano per   all’obiettore di
sanguinaria come invece sarebbe pagarle e porre        il diritto al voto delle donne (che pure Gandhi        coscienza Enzo
                                                                                                              Bellettato. Torino,
lo Stato nella condizione di commettere violenza       aveva conosciuto nella sua permanenza londine-         maggio 1968
e di versare sangue innocente. Questa è, di fat-       se), alla quale veniva accomunato dalla stampa
to, la definizione di rivoluzione pacifica, ammeso     britannica. Il satyagraha prevede l’adesione piena
che di siffatta rivoluzione sia possibile parlare”.    al principio della nonviolenza; la resistenza pas-
                                                       siva, che si distingue dalla resistenza armata, “è
Mohandas Karamchand Gandhi, in un articolo             stata concepita e considerata come un’arma del
su Young India del 23 marzo 1921, assume la            debole”, perché chi pratica la resistenza passiva
disobbedienza civile all’interno della più ampia       rifiuta la violenza non per principio ma per mo-
Teoria e pratica della nonviolenza (Pontara) ma ne     tivi di impossibilità o inopportunità contingenti;
svolge una puntuale distinzione rispetto ai con-       la disobbedienza civile è la violazione civile delle
cetti vicini, ma distinti, di satyagraha, resistenza   leggi immorali ed oppressive”, chi opera attraver-
passiva e non collaborazione: il satyagraha è la       so questo metodo di lotta si pone “fuori legge in
forza dell’anima fondata sulla “fermezza nella         maniera civile” e si espone alle sanzioni previste
verità”, termine coniato dallo stesso Gandhi in        dalle leggi, accettandone le conseguenze puniti-
                                                       ve. In questo senso, essa “è una parte del satya-
                                                       graha”; infine, la non collaborazione, anch’essa
                                                       acquisita tra le tecniche del satyagraha, implica
 * Laureato in filosofia, è Segretario nazionale del
                                                       il rifiuto di collaborare con lo Stato, ma in una
 Movimento Nonviolento
                                                       forma più leggera e quindi aperta ad una maggio-

16 | luglio-agosto 2016
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