CONTRATTO E MERCATO Capitolo Primo - Giappichelli

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Capitolo Primo
CONTRATTO E MERCATO

 Sommario

   1. Specializzazione e mercato. – 2. Specializzazione e dipendenza. – 3. Contratto e
   costi transattivi. – 4. Contratto e giustizia contrattuale. – 5. Gli effetti del contratto.

1. Specializzazione e mercato

   Indubbiamente il contratto 1 ha assunto un ruolo centrale nel sistema

   1
      La bibliografia sul contratto è praticamente sterminata; in questa sede ci si limita a ri-
cordare le opere più significative: G. STOLFI, Teoria del negozio giuridico, Padova 1947; L.
CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli s.d.; E. BETTI, Teo-
ria generale del negozio giuridico, 2a ed., Torino 1950; F. MESSINEO, Il contratto in genere, 2
voll., in Tratt. dir. civ., dir. da Cicu e Mesineo, Milano 1972, 1973; R. SCOGNAMIGLIO, Con-
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G. MIRABELLI, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ., 1321-1469, 3a ed., Torino 1980;
CARRESI, Il contratto, 2 voll., in Tratt. dir. civ., dir. da Cicu e Messineo, Milano 1987; F.
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della 3a ed., del volume “Il contratto”, in RDC, 2020, 561-680; R. SACCO, G. DE NOVA, Il con-
tratto, 4a ed., Milano 2016; ID., Il contratto, in Tratt. dir. civ., dir. da Rescigno, Milano 2018;
I contratti in generale, 2 voll., a cura di P. Rescigno, E. Gabrielli, 2a ed., Torino 2006; Tratta-
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Torino 2009; con recensione di ABAS, in RTPC, 2010, 1005, nonché in RDC, 2011, 137-142,
con recensione di PAYAN, in RIDC, 2011, 166; P. GALLO, Trattato del contratto, 3 voll., Torino
2010; ID., Contratto e buona fede, 2a ed., Torino 2014, con recensione di ABAS, in RDC, 2016,
449; V. ROPPO, Il contratto, in Tratt. dir. priv., dir. da Iudica e Zatti, 2a ed., Milano 2011; AL-
PA, Le stagioni del contratto, Bologna 2012, con ampia recensione di G.B. FERRI, Le stagioni
del contratto e le idee di Guido Alpa, in RDCo, 2013, I, 205-244; GAMBARO, MORELLO (a cura
di), Lezioni di diritto civile, 2a ed., Milano 2013; ALPA, Il contratto in generale, I, Fonti, teorie,
metodi, in Tratt. dir. civ., dir. da Cicu e Messineo, Milano 2014, con recensione di GRONDO-
NA, A proposito del contratto di Guido Alpa, in RTDPC, 2016, 285-296; si vedano inoltre i
commenti di: GATT, SENSALE, DE NOTARISTEFANI DI VASTOGIRARDI, IACCARINO, CAGGIANO,
ALPA in NGCC, 2018, II, 1135-1167 e di BRUTTI, La storicizzazione del diritto contrattuale, in
NGCC, 2019, II, 601-611; BALESTRA, Introduzione al diritto dei contratti, Bologna 2015;
ALESSI, La disciplina generale del contratto, Torino 2015, con presentazione di BENEDETTI,
2                                          Capitolo I

in RTDPC, 2017, 333-337; PERFETTI, Il contratto in generale, II, La conclusione del contratto,
in Tratt. dir. civ., dir. da Cicu e Messineo, Milano 2016; D’AMICO, Profili del nuovo diritto dei
contratti, Milano 2014; POLLICE, Appunti sulla parte generale del contratto, Torino 2014;
ALESSI, La disciplina generale del contratto, Torino 2015; BALESTRA, Introduzione al diritto
dei contratti, Bologna 2015; E. GABRIELLI, Studi sulle tutele contrattuali, Milano 2017; CER-
NIGLIARO (a cura di), Death of Contract?, Napoli 2017; GUAGLIONE, Il contratto. Sistema di
diritto civile, Torino 2018; A. FEDERICO, G. PERLINGIERI (a cura di), Il contratto, Napoli
2019; DE NOVA, Arbitrato, contratto, danno, Torino 2019.
    Sterminata è altresì la letteratura negli altri Paesi; si rinvia a questo proposito a: P. GAL-
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a: P. GALLO, Sopravvenienza contrattuale e problemi di gestione del contratto, Milano 1992.
    Si vedano inoltre: ATIYAH, An Introduction to the Law of Contract, 5a ed., Oxford 1995;
HILLMAN, The Richness of Contract Law, Dordrecht 1997; ERRANTE, Le droit anglo-améri-
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dei diritti occidentali, Padova 2004; ALPA, DELFINO (a cura di), Il contratto nel common law
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KLASS, Contract Law in the Usa, New York 2010; YEFREMOVA, YAKOVLEVA, HENDERSON,
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2015; GAGLIARDI, Accordo e contratto in diritto attico, in Studi De Nova, II, Milano 2015,
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in CeI, 2017, 819-839; C. MARCHETTI, R.E. CERCHIA, Il contract in Inghilterra. Lezioni e ma-
teriali, Torino 2012; MONATERI (a cura di), Comparative Contract Law, Cheltenham, UK,
2017; AA.VV., La riforma dei contratti in Francia, a cura di E. GABRIELLI, A. FUSARO, in GI,
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    Sul diritto europeo dei contratti: MATTEI, Il nuovo diritto europeo dei contratti, tra effi-
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Contratto e mercato                                        3

giuridico, al pari del resto del mercato nel sistema economico; la centrali-
tà del contratto e del mercato sono peraltro eventi relativamente recenti; è
solo nell’epoca moderna che il contratto e come conseguenza ulteriore il
mercato, inteso come luogo in cui hanno luogo gli scambi, ha assunto una
crescente rilevanza.
   Molto diversa era la situazione nel medio evo, quando gli scambi erano
molto rarefatti ed ogni nucleo famigliare tendeva nei limiti del possibile

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diritto privato europeo, in CeI, 2013, 633; ABAS, Proposta per una modernizzazione del diritto
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obbligazioni in Svizzera, in RDC, 2014, 675-684; R. CARLEO, Problemi del contratto e diritto
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RDC, 2014, 800-849; ALPA, Réflexions sur le projet francais de réforme du droit des contrats,
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sione di GRAZIADEI, in RDC, 2018, 1557-1561.
     Su altri ordinamenti: CAROZZI, La vera teorica dei contratti discussa secondo la lettera e lo
spirito del codice civile generale austriaco, Milano 1824; FORMICHELLA, TOTI, Leggi tradotte
della Repubblica Popolare Cinese: legge sui contratti, Torino 2002; BENCHENEB, Le droit algé-
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HOLLE, Le projet d’Ole Lando sur le droit nordique des contrats, in RIDC, 2017, 779-805; sul
carattere relazionale del diritto contrattuale in Cina e Giappone: FONDRIESCHI, Contratti
relazionali e tutela del rapporto contrattuale, Milano 2017, 80 ss.; DI MATTEO, Chinese Con-
tract Law, Cambridge 2018; SONO NOTTAGE, PARDIECK, SAIGUSA, Contract Law in Japan,
Alphen aan den Rijn 2019; YINGYI, Le nouveau droit chinois des contrats: Dans une perspec-
tive comparative, in RIDC, 2019, 983-1001.
     Notevole rilevanza rivestono inoltre i Principi Latino-Americani del Diritto dei contratti:
DE LA MAZA, PIZARRO, VIDAL, Los principios latinoamericanos de Derecho de los contratos,
Madrid 2018; SIRENA, I Principios Latinoamericanos de Derecho de los Contratos e il diritto
nazionale dei consumatori, in ODCC, 2019, 3-18.
4                                            Capitolo I

all’autosufficienza; gli scambi erano in altre parole ridotti ai minimi ter-
mini e ciascun nucleo familiare era costretto a produrre tutto quello di cui
vi era bisogno; cibo, vestiario, utensili, e così via. Questo spiega perché nel
diritto intermedio il diritto dei contratti non era molto sviluppato ed i
trattatisti dedicavano viceversa ampio spazio alle successioni per causa di
morte; in una società statica, come era quella medioevale, del resto le suc-
cessioni per causa di morte erano il principale strumento di trasferimento
della ricchezza da una generazione all’altra; di qui il sorgere di una miria-
de di potenziali conflitti tra tutti gli aspiranti successori.
    In seguito, tutto si è gradualmente modificato; dopo la rinascita del-
l’anno mille si nota in tutta Europa un miglioramento generalizzato delle
condizioni della vita materiale, al quale si associa un progressivo sviluppo
dei commerci e dei traffici 2; la possibilità di scambiare i propri prodotti o
manufatti con quelli degli altri ha progressivamente accresciuto la centra-
lità del mercato e come conseguenza ulteriore del contratto, fino a farli
diventare il cardine del sistema economico moderno. L’economia moder-
na, diversamente rispetto a quella medioevale, si connota per una pro-
gressiva specializzazione del lavoro; nessuno produce più tutto quello di
cui ha bisogno, ma piuttosto ci si specializza nella produzione di un bene
o di un servizio, confidando nella presenza del mercato per scambiarlo
con gli altri prodotti di cui si ha bisogno.
    Mentre l’economia medioevale era un’economia chiusa, che tendeva al-
l’autosufficienza, l’economia moderna è tendenzialmente aperta; questo
ovviamente implica una progressiva specializzazione del lavoro; mentre
cioè nel medioevo ciascun contadino produceva, nei limiti del possibile,
tutto il cibo, gli utensili ed il vestiario di cui aveva bisogno, attualmente
ciascuno di noi tende a specializzarsi nella produzione di un bene o di un
servizio; basti per esempio pensare al panettiere, al macellaio, al ciabatti-
no e così via; può anzi ravvisarsi una progressiva tendenza alla specializ-
zazione, che a sua volta si giustifica considerando i vantaggi che essa può
comportare; la specializzazione è efficiente dato che consente di produrre
meglio e di più; tanto più elevata è la specializzazione tanto maggiore è la
quantità e la qualità dei beni e dei servizi prodotti; la specializzazione,
unitamente al progresso tecnologico, è infatti una delle principali cause
dell’incremento della produttività del lavoro; a parità di ore lavorate au-
menta in altre parole la quantità di beni o servizi prodotti, con conseguen-
ti vantaggi sia individuali che collettivi; la specializzazione è cioè una leva
che consente di aumentare le dimensioni della torta, vale a dire il prodotto
interno lordo (PIL) e questa è la ragione principale per cui la specializza-
zione tende ancora ad aumentare. Ma si pensi ancora a tutta una serie di
beni molto sofisticati, come per esempio le automobili, i telefonini, i com-

    2
        P. GALLO, Introduzione al diritto comparato, I, Grandi sistemi, 2a ed., Torino 2001.
Contratto e mercato                            5

puter e così via che non potrebbero essere prodotti senza la specializza-
zione, senza cioè persone che hanno la possibilità di dedicarsi esclusiva-
mente alla produzione di questa tipologia di beni in quanto liberati dal-
l’onere di prodursi direttamente il cibo, il vestiario e tutto il resto di cui
hanno bisogno per vivere; esiste in altre parole un rapporto di proporziona-
lità diretta tra il grado della specializzazione da un lato ed il livello della
produzione dall’altro lato; più ci si specializza più si produce; proprio que-
sta del resto è la ragione per cui lo sviluppo dell’economia moderna è avve-
nuto di pari passo con la progressiva specializzazione del lavoro; può anzi
dirsi che la crescente specializzazione del lavoro è sicuramente una delle
ragioni principali del crescente sviluppo economico delle società moderne.
    La progressiva specializzazione del lavoro è altresì la causa della cre-
scente centralità del mercato e del contratto. Non sarebbe infatti possibile
specializzarsi nella produzione di un certo bene, e quindi produrre meglio
e di più, se poi non fosse possibile trovare sul mercato tutti gli altri beni di
cui si ha bisogno per vivere; in altre parole, il panettiere non potrebbe pro-
durre solo pane, se poi non fosse in grado di reperire sul mercato, tutti gli
altri beni di cui ha bisogno, come per esempio la carne, i vestiti, e così via.
    La specializzazione non sarebbe in altre parole possibile senza il mer-
cato e come conseguenza ulteriore il contratto; questo spiega il perché del-
la crescente centralità del mercato e del contratto nei moderni sistemi
economici; il mercato tende anzi a diventare sempre più globale; si tenta
di abbattere le barriere e agevolare gli scambi in ambiti territoriali sempre
più vasti; basti per esempio pensare alla creazione dell’Unione Europea,
all’introduzione di una moneta unica, nonché alla progressiva uniforma-
zione del diritto in Europa; il che è ovviamente funzionale al progressivo
sviluppo del mercato, il che a sua volta consente di sfruttare al meglio le
rispettive specializzazioni, capacità e competenze, in una dimensione ter-
ritoriale sempre più vasta che passa dal villaggio, alla regione, allo stato
alle confederazioni di stati ed infine al mondo.
    Più aumenta la specializzazione, più aumenta il livello e la qualità della
produzione globale; questo non sarebbe però ovviamente possibile senza il
mercato, inteso come luogo in cui sono possibili gli scambi, e senza il con-
tratto, inteso come mezzo che rende possibile lo scambio.

2. Specializzazione e dipendenza

   Il rovescio della medaglia della specializzazione è però costituito dalla
dipendenza; ciascuno di noi è in misura maggiore o minore specializzato
nella produzione di un certo tipo di beni o servizi; il panettiere produce
esclusivamente pane, il macellaio carne e così via; il che è possibile pro-
prio perché ciascun operatore economico è in grado di vendere sul merca-
6                                  Capitolo I

to i suoi prodotti e procurarsi con il ricavato tutti i beni e servizi di cui ha
bisogno; il panettiere non potrebbe in altre parole sopravvivere senza il
macellaio, e così via; il livello della specializzazione ha in altre parole or-
mai raggiunto un livello tale per cui nessuno di noi sarebbe in grado di
sopravvivere, se non per un breve periodo di tempo, senza gli altri; pro-
viamo ad immaginare cosa potrebbe succedere se improvvisamente cia-
scuno di noi dovesse procurarsi da solo tutto quello di cui ha bisogno, dal
cibo al vestiario, alla casa, al combustibile, e così via? Si tratterebbe di
una rivoluzione radicale che ci farebbe ripiombare in brevissimo tempo
nell’età della pietra; non tutti riuscirebbero a sopravvivere, con un abbas-
samento notevolissimo del livello del tenore di vita e con tutte le altre con-
seguenze che questo potrebbe comportare! Eppure per millenni gli uomi-
ni c.d. “primitivi” sono riusciti a sopravvivere di sola caccia e raccolta,
dando prova forse di maggior abilità, acume ed intelligenza di quella che
potremmo avere noi oggi se improvvisamente ci trovassimo nella necessi-
tà di sopravvivere cacciando gli animali nei boschi o pescando i pesci nei
fiumi con il solo ausilio delle mani e di utensili rudimentali.
    Tornare indietro sarebbe peraltro impensabile! Questo significa però
essere consapevoli del progressivo grado di dipendenza che ci lega agli al-
tri e del fatto che ben difficilmente potremmo sopravvivere da soli, senza
il ricorso al mercato ed al contratto. Attualmente non sarebbe infatti pra-
ticamente possibile sopravvivere senza concludere contratti; si pensi per
esempio a quanti contratti devono essere conclusi affinché noi possiamo
mangiare un piatto di spaghetti! Sicuramente innumerevoli; ne consegue
che se una persona è molto attenta potrebbe fare a meno per esempio del-
la responsabilità civile; ma si pensi ancora alla disciplina del matrimonio,
se una persona non si sposa può benissimo fare a meno del matrimonio;
sono dunque sicuramente innumerevoli le cose di cui volendo è possibile
fare a meno; non altrettanto è possibile dire a proposito del contratto, il
quale attiene alla possibilità stessa di sopravvivenza delle persone, le quali
non potrebbero sopravvivere da sole; in questa prospettiva il contratto è
dunque lo strumento che consente la collaborazione delle persone; cia-
scuno agendo per soddisfare i suoi bisogni contribuisce inconsapevolmen-
te al benessere dell’intera umanità e questo è reso possibile per l’appunto
dal contratto. Si provi a pensare al numero di contratti che inevitabilmen-
te concludiamo nell’arco di una giornata, per non parlare a quelli che ven-
gono conclusi nell’arco di un’intera vita, sicuramente migliaia, forse mi-
lioni! Ma se è vero è che non è possibile fare a meno degli altri e quindi
come conseguenza ulteriore del contratto, ne consegue che il contratto è
una specie di droga della quale non più possibile fare a meno; se improv-
visamente non venissero più stipulati contratti il sistema economico si
fermerebbe al pari di un motore al quale non venga erogato il carburante!
    Si consideri ancora la dipendenza reciproca che in questo modo viene
Contratto e mercato                                   7

a crearsi tra le persone, le quali non sarebbero più in grado di sopravvive-
re da sole, senza cioè poter usufruire dei beni e dei servizi prodotti dagli
altri; il che implica anche la necessità di fidarsi degli altri, ovvero di fidar-
si del fatto che il panettiere mi venderà il pane, il macellaio la carne e così
via; in genere sempre meno persone producono il cibo di cui hanno biso-
gno per vivere; questo significa fidarsi del fatto che altri lo produca al no-
stro posto e soprattutto sia disposto a vendercelo per un prezzo ragionevo-
le; nessuno ovviamente può costringere il panettiere a vendergli il pane, il
macellaio a vendergli la carne e così via; se non lo facessero noi ovviamen-
te non potremmo soddisfare il bisogno in questione, salva la possibilità di
rivolgerci ad altri operatori sul mercato, se presenti; in genere il bisogno è
peraltro prontamente soddisfatto, dato che è reciproco; anche il panettiere
ha bisogno di concludere il contratto, dato che solo concludendo contratti
può monetizzare i risultati del suo lavoro e quindi soddisfare a sua volta
tutti i suoi bisogni; è dunque la reciprocità dei bisogni la molla che fa sì
che i contratti vengano conclusi. L’ordinamento contempla peraltro lo
sciopero, attualmente tutelato alla stregua di un diritto, il quale consente
legittimamente di astenersi per un periodo più o meno lungo dal processo
produttivo; la gravità dello sciopero risulta evidente ove si consideri che
scioperando si impedisce ad altri soggetti di soddisfare i loro bisogni; si
pensi per esempio allo sciopero dei benzinai, dei mezzi di trasporto e così
via; nel contempo anche chi sciopera si priva della possibilità di monetiz-
zare i risultati del proprio lavoro e quindi come conseguenza ulteriore di
soddisfare i propri bisogni; questo spiega perché in genere anche la durata
dello sciopero è limitata nel tempo.
    Risulta dunque confermata la centralità del mercato e del contratto nei
sistemi economici moderni. In questa prospettiva risulta importante age-
volare il più possibile gli scambi, abbattendo ogni tipo di barriera che
possa in qualche modo ostacolare o impedire il contratto, quali barriere
doganali, costi transattivi, ostacoli giuridici, carenze di informazioni, abu-
si e così via 3; abbiamo infatti visto che la specializzazione crea dipenden-
za; la dipendenza a sua volta crea il rischio di abusi; se una persona pro-
duce solo pane non può in altre parole fare a meno di rivolgersi al merca-
to per procurarsi tutti gli altri beni di cui ha bisogno, con il rischio peral-
tro che qualcuno possa cercare di sfruttare la sua condizione di bisogno; il
che è particolarmente vero se vengono a crearsi situazioni di monopolio.
    La specializzazione crea dipendenza; ma se per soddisfare il bisogno
occorre rivolgersi ad un monopolista è forte il rischio che questi cerchi di
approfittare della situazione di dipendenza altrui richiedendo un corri-
spettivo troppo elevato. Questo è il motivo per cui è importante monitora-

   3
    P. GALLO, Introduzione al diritto comparato, III, Analisi economica del diritto, Torino
1998.
8                                             Capitolo I

re costantemente il mercato per scongiurare il monopolio in virtù di
un’idonea legislazione antitrust 4.
    Una seconda conseguenza della crescente specializzazione è costituita
dallo sviluppo delle città; le persone, nella misura in cui sono specializzate
nella produzione di un certo tipo di bene o di servizio, non possono fare a
meno degli altri; in queste condizioni diventa indispensabile abitare gli
uni accanto agli altri; solo se il panettiere abita vicino al macellaio potrà
scambiare il suo pane con la carne, e così via; questo spiega la formazione
di nuclei urbani sempre più grandi e convulsi; solo la vicinanza consente
lo scambio reciproco; ovviamente è possibile abitare fuori città, ma non è
possibile fare a meno della città, perché tutta una serie di servizi, si pensi
agli ospedali, all’Università, e così via, sono presenti solo in città; ne con-
segue che la città diventa indispensabile punto di riferimento anche per
chi non vi abita.
    Più aumentano le dimensioni della città, più aumentano i servizi offer-
ti, nonché la possibilità di scegliere tra di essi; più aumentano le dimen-
sioni, più aumenta la convulsione, la congestione, l’inquinamento, i tempi
di spostamento da una parte all’altra della città e così via; questo fa sì che
le dimensioni delle città non si espandano all’infinto e si raggiunga un
punto di equilibrio.
    Una terza conseguenza della specializzazione, o meglio ancora un ef-
fetto collaterale, è costituito dalla crescente monotonia del lavoro; se in-
fatti è vero che specializzandosi si produce meglio e di più, è anche vero
che lo svolgimento del lavoro tende a diventare sempre più monotono e
ripetitivo; mentre infatti il contadino medioevale cambiava continuamen-
te lavoro, passando dai campi all’allevamento del bestiame, alla fabbrica-
zione degli utensili e così via, il moderno operaio passa otto ore al giorno
per cinque giorni della settimana a fare sempre lo stesso lavoro, senza
contare il fatto che non si lavora più all’aria aperta con un ritmo naturale,
ma in locali chiusi, in cui a volte non si vede mai la luce del sole e magari
anche con turni notturni. “Tempi moderni”, come direbbe Charlie Chaplin!

3. Contratto e costi transattivi

   Ma proprio perché il contratto è diventato lo strumento principale che
consente alle persone di collaborare scambiandosi i prodotti del loro lavo-
ro, ne consegue che quanti meno sono i requisiti del contratto e gli adem-
pimenti richiesti ai fini della sua conclusione meglio è; più il contratto è
semplice, ridotto all’essenziale, maggiori sono le possibilità per le persone
di scambiarsi beni e servizi; non basta infatti che le persone si specializzi-

    4
        P. GALLO, Analisi economica del diritto, cit.
Contratto e mercato                       9

no sempre più nella produzione di beni e servizi, ma è altresì fondamenta-
le che gli scambi possano avvenire nel modo più semplificato e rapido
possibile; minori sono i costi transattivi nonché gli adempimenti richiesti
ai fini della conclusione di un valido contratto, tanto più elevato è il volu-
me degli scambi e la rapidità delle transazioni, con conseguente incre-
mento del benessere collettivo. In questa prospettiva è auspicabile una
concezione minimale del contratto, il più semplice ed elementare possibi-
le, salva la presenza di esigenze particolari che potrebbero rendere neces-
saria l’adozione di requisiti ulteriori, come per esempio la forma.

4. Contratto e giustizia contrattuale

    Il contratto è dunque un accordo finalizzato allo scambio ed alla coo-
perazione; si tratta di un fatto puramente privato; in queste condizioni
l’ordinamento è chiamato ad effettuare un duplice ordine di scelte: deci-
dere se considerarlo vincolante o meno e in caso di risposta positiva se
concedere soltanto il risarcimento del danno o anche l’esecuzione in for-
ma specifica 5. Assume dunque centrale importanza capire in quali condi-
zioni, in presenza di quali presupposti, l’ordinamento è disposto a consi-
derare vincolante l’accordo, con conseguente possibilità di avvalersi dei
rimedi previsti dall’ordinamento.
    In generale l’ordinamento interviene con i suoi strumenti di tutela solo
se l’accordo è giusto, cioè non affetto da errore, dolo, violenza, squilibrio
non giustificato tra le prestazioni, o altro ancora. Semmai il problema è
quello di capire qual’è la soglia minima al di sotto della quale l’ordinamento
non è disposto ad intervenire; a seconda dei periodi storici questa soglia
può essere più o meno elevata; si può effettuare un controllo sul contenuto,
o viceversa considerare sufficiente che il contratto sia stato accettato; pos-
sibili sono altresì soluzioni intermedie che consistono nel controllare il mo-
do, la correttezza, la trasparenza, con cui è stato concluso il contratto; ed è
proprio in questa direzione che si è incamminata la più recente dottrina; in
questa prospettiva non può considerarsi sufficiente che la controparte pre-
sti il suo consenso, ma occorre che il contratto possa considerarsi frutto di
un accordo effettivo, senza condizionamenti ed approfittamenti di sorta.

5. Gli effetti del contratto

   La conclusione di un contratto vincola le parti ad eseguirlo; può sem-
brare banale ricordarlo, ma l’effetto del contratto consiste proprio nell’im-

   5
       JONES, GOODHART, Specific Performance, London 1996.
10                                 Capitolo I

pedire la possibilità di un ripensamento, anche nel caso in cui si dovesse
cambiare idea, non importa ovviamente per quale ragione; dopo che il
contratto è stato concluso il recesso unilaterale non è più possibile, salvi i
casi previsti dalla legge. Proprio questo è peraltro il punto nevralgico at-
torno al quale ruota l’intera disciplina del contratto, vale a dire la sua effi-
cacia vincolante.
   Si consideri tuttavia che la disciplina dei rimedi contrattuali ha come
funzione proprio quella di mitigare l’assolutezza del vincolo contrattuale,
configurando una pluralità di vie di fuga; si pensi in particolare ai vizi del
consenso, all’incapacità, alla nullità, alla sopravvenienza contrattuale, alla
buona fede, e così via; anzi è possibile notare come le principali trasfor-
mazioni del contratto che si sono verificate nel corso degli ultimi due se-
coli sono avvenute proprio sotto il profilo dei rimedi usufruibili; attual-
mente il contratto è per certi versi meno vincolante di quanto lo fosse nel
diciannovesimo secolo (pacta sunt servanda, qui dit contractuel dit juste),
dato che si è assistito ad una forte espansione dell’ambito di applicazione
dei rimedi disponibili, basti pensare ai vizi del consenso, alle nullità, alla
sopravvenienza contrattuale, ai contratti del consumatore, alla buona fe-
de, all’equità ed ora anche alla meritevolezza dell’interesse. Ne consegue
che attualmente il contratto è meno vincolante di quanto lo fosse anche
solo cento anni fa, dato che esistono più vie di fuga, più rimedi che con-
cretamente consentono di liberarsi legalmente dal vincolo contrattuale; il
che significa che la sfera del rischio o meglio ancora l’alea normale del
contratto è più limitata di un tempo; il limite del sacrificio, questa ipoteti-
ca linea di frontiera, tende in altre parole a spostarsi, con conseguenti
maggiori possibilità per il contraente che per un motivo o per l’altro non
considera più conveniente il vincolo contrattuale di liberarsi da esso. Tut-
to questo può apparire per certi versi paradossale, dato che il contratto è
diventato più “complesso”, ma nel contempo meno vincolante e quindi
meno “contratto”, dato che le vie di fuga sono aumentate.
Capitolo Secondo
LA FORMAZIONE DELLA CATEGORIA
GENERALE DEL CONTRATTO

 Sommario

   1. Dallo status al contratto. – 2. Formalismo e consenso nella tradizione romanistica.
   – 3. Dal diritto romano ai nostri giorni.

1. Dallo status al contratto

    Secondo una fortunata ricostruzione storica il contratto sarebbe tipico
soprattutto delle società moderne. Sumner Maine in un famoso studio sul
diritto primitivo ha sostenuto che mentre nelle società primitive la condi-
zione delle persone era determinata soprattutto dal loro status, in primo
luogo nell’ambito della famiglia, marito e moglie, padre e figlio, fratello e
sorella, ed in secondo luogo nell’ambito della società, sovrano e suddito,
padrone e schiavo 1, e così via, nelle società moderne il contratto ha preso
il posto dello status 2. La condizione delle persone non è più determinata
in modo assoluto dal loro status di origine, ma piuttosto dalle loro capaci-
tà e dai contratti che saranno in grado di concludere. Per esempio, mentre
le società antiche conoscevano largamente la schiavitù, e la società feuda-
le si basava sulla servitù della gleba che vincolava le persone alla terra, la
società moderna ha abolito questi vecchi istituti riconoscendo a ciascun
lavoratore la più piena libertà contrattuale. Il contratto e la libertà con-
trattuale hanno così soppiantato lo status.
    Si tratta di una tesi che indubbiamente racchiude un nocciolo di verità,
anche se sarebbe fuorviante ritenere che le società antiche non conoscevano

    1
      Alcuni autori hanno sostenuto che se il nostro obiettivo è unicamente il benessere so-
ciale, senza che ci si preoccupi della distribuzione, è più efficiente un sistema basato sulla
schiavizzazione che un sistema fondato sul binomio proprietà/contratto: riferimenti in MI-
CHELMAN, KENNEDY, Are Property and Contract Efficient?, in 8 Hofstra L.R., 1980, 711; BAR-
ZEL, An Economic Analysis of Slavery, in 20 J. Law & Econ., 1977, 87.
    2
      MAINE, Ancient Law, 1861, ed. London 1907.
12                                        Capitolo II

il contratto. In realtà gli studi di antropologia giuridica chiariscono che lo
scambio, e quindi il contratto, è sempre stato centrale nella vita delle società
umane. Presso tutte le società umane sono sempre stati vietati i rapporti tra
consanguinei; dal divieto dell’incesto deriva come conseguenza ulteriore che
tra i vari gruppi vi sono sempre stati contatti per consentire lo scambio per lo
meno delle donne 3. Molto frequenti erano inoltre gli scambi commerciali di
manufatti e generi alimentari 4. Il baratto è una delle forme più primitive di
contratto che è sopravvissuta fino ai nostri giorni con la denominazione di
permuta, anche se dopo l’affermazione dell’economia monetaria e della mo-
neta il suo campo d’applicazione si è vieppiù ristretto a favore della vendita.
    Molto diffuso nelle società primitive era altresì il dono. Secondo un no-
to studio di Mauss, il dono sarebbe anzi stato la forma più tipica di scam-
bio presso le società primitive; nel senso cioè che il ricevimento di un do-
no faceva sorgere l’obbligo di ricambiarlo 5. Periodicamente in occasione
delle festività più varie, matrimoni, ricorrenze, e così via, venivano orga-
nizzati colossali banchetti la cui funzione era quella di consentire la con-
sumazione del cibo e lo scambio dei doni 6.
    Lo scambio di donne, manufatti, derrate alimentari, e così via, nella for-
ma del baratto o della donazione reciproca, ha pertanto connotato il genere
umano fin da tempo immemorabile. Volendo andare ancora più indietro nel
tempo ci si potrebbe domandare quando, o meglio ancora in quale epoca di
sviluppo dell’umanità, è stato concluso il primo contratto della storia. Il con-
tratto, inteso come scambio volontario, è in altre parole una manifestazione
peculiare del genere umano o è praticato anche da altre specie animali, ed in
particolare dai primati che più ci sono vicini nella scala evolutiva?
    Non vi è alcun dubbio che il contratto non è l’unico mezzo che consen-
te di attuare lo scambio. Un’alternativa allo scambio volontario può per
esempio essere costituita dal furto; si pensi per esempio ai furti di bestia-
me o ai rapimenti di donne così frequenti presso le società più primitive 7.
La stessa guerra, secondo la ben nota teoria dello scambio formulata da
Lévi-Strauss, costituirebbe una forma di relazione sociale tra gli uomini
che ha luogo quando falliscono le relazioni pacifiche fondate su doni reci-
proci. In questa prospettiva la guerra sarebbe null’altro che una forma pa-
tologica delle relazioni sociali 8.

     3
      MAC LENNAN, Primitive Marriage, London 1865.
     4
      MALINOWSKI, Diritto e costume nelle società primitive, 1926, tr. it., Roma 1972.
    5
      MAUSS, Essai sur le don. Forme et raison de l’échange dans les sociétés archaiques, in So-
ciologie et anthropologie, Paris 1950, 143 ss.
    6
      REMOTTI, Potlach, in DI-IV DPriv SezCiv, XIV, Torino 1996, 127.
    7
      EVANS-PRITCHARD, I Nuer. Un’anarchia ordinata, 1940, tr. it., Milano 1975; LÉVI-STRAUSS,
La vita familiare e sociale degli indiani Nambikwara, Torino 1970.
    8
      ROULAND, Antropologia giuridica, Milano 1992.
La formazione della categoria generale del contratto                   13

   Prima del contratto viene quindi il furto, la pura violenza, la legge del
più forte. Ad un certo punto la pura violenza ha però iniziato a cedere il
passo a forme più consensuali di scambio. I comportamenti cooperativi, e
tra questi in primo luogo i contratti, hanno gradualmente soppiantato
forme più arcaiche di appropriazione. Del resto alcune forme embrionali
di accordo e di scambio volontario nella forma do ut des sono ben testimo-
niate anche presso i primati che più ci sono vicini nella scala evolutiva 9.
   È però soprattutto con gli uomini che il contratto, lo scambio volon-
tario, è diventato il fulcro della vita sociale. Il contratto consente di au-
mentare la propria soddisfazione per il tramite dello scambio con altri
individui dei propri prodotti e manufatti. Un particolare tipo di accordo,
il matrimonio, consente di assicurarsi una famiglia ed una discendenza.
La centralità dello scambio volontario nella vita delle comunità umane è
ben testimoniata dalla crescente importanza assunta dai mercati e dalle
fiere, intesi quali punto di incontro per consentire lo scambio di beni e
prodotti 10.
   Come mai il contratto, e più in generale le forme di scambio consen-
suale, hanno gradualmente soppiantato forme più arcaiche di appropria-
zione e di scambio 11? In altre parole come mai ad un certo punto i vari
gruppi umani hanno cessato di sottrarsi reciprocamente le donne od i ge-
neri alimentari, ed hanno preferito instaurare pacifiche relazioni di scam-
bio commerciali?
   Ovviamente lo scambio volontario è più efficiente rispetto a quello vio-
lento, ed è meno cruento; esso evita inoltre di diventare a propria volta
soggetti passivi dell’altrui violenza, nonché ancora di cadere nella spirale
delle vendette e delle ritorsioni incrociate. Presso le società primitive una
delle cause più ricorrenti di guerra tra gruppi confinanti è proprio costi-
tuita dalla vendetta in caso di rapimento di donne o di sottrazione di capi
di bestiame.

2. Formalismo e consenso nella tradizione romanistica

   Sebbene il contratto e lo scambio volontario sia diventato da tempo
immemorabile uno degli aspetti più caratterizzanti il comportamento so-
ciale dell’uomo, il contratto non può sicuramente considerarsi una figura
unitaria 12.

   9
     CHIARELLI, Origine della socialità e della cultura umana, Bari 1984.
   10
       BRAUDEL, I giochi dello scambio, Torino 1981.
    11
       ROULAND, Antropologia giuridica, Milano 1992; VERDIER, La vengeance, Paris 1980.
    12
       GROSSO, Contratto (dir. rom.), in ED, IX, Milano 1961, 750; ASTUTI, Contratto (dir. in-
term.), in ED, IX, Milano 1961, 784.
14                                          Capitolo II

    La prima forma di contratto è probabilmente stata costituita dal barat-
to in senso proprio, vale a dire dallo scambio di beni giudicati di valore
equivalente, come per esempio un casco di banane ed una lancia, e così
via. In seguito in tutte le società umane si è verificata una progressiva
tendenza ad utilizzare determinati beni, come per esempio l’oro, certi capi
di bestiame, conchiglie, e così via, come mezzo di scambio universale. In
vari periodi della nostra storia, anche recente come per esempio durante
la seconda guerra mondiale, la scarsità della moneta o altri motivi contin-
genti hanno indotto le persone ad utilizzare come mezzo di scambio beni
diversi dal denaro, come per esempio pacchetti di sigarette, bottiglie di li-
quore, e così via. Gradualmente il baratto si è comunque evoluto nella
compravendita nel senso moderno dell’espressione, vale a dire nello scam-
bio di beni dietro un corrispettivo pecuniario, senza peraltro scomparire
mai del tutto.
    Sebbene la moneta sia generalmente diventata il mezzo di scambio più
diffuso, il contratto può assumere molteplici aspetti. In particolare pos-
sono variare anche notevolmente le circostanze o i presupposti in presen-
za dei quali l’ordinamento è disposto a configurare l’esistenza di un vali-
do contratto vincolante. In generale le società più antiche non conosce-
vano ancora la forma moderna del contratto puramente consensuale vin-
colante. Il mero impegno consensuale di tenere un certo comportamento
nel futuro, per esempio di dare o di fare qualche cosa, non poteva consi-
derarsi vincolante sul piano giuridico. L’ordinamento non disponeva an-
cora di mezzi coercitivi tali da garantire il rispetto della parola data per il
futuro. Piuttosto diversa era invece la situazione se l’accordo consensuale
rivestiva certe formalità, era accompagnato dalla dazione di garanzie rea-
li, o dall’adempimento per lo meno di una delle due parti. Il mero scam-
bio dei consensi, vale a dire le parole, non era dunque sufficiente ai fini
della conclusione del contratto, ma si richiedeva un qualche fatto mate-
riale, come per esempio il trasferimento di un bene da un soggetto ad un
altro.
    I primi contratti non sono infatti stati i contratti puramente consensua-
li, ma piuttosto i contratti formali ed i contratti reali. Il rispetto di certe
formalità, la pronuncia di parole solenni, si pensi tipicamente alla sponsio
romana, poteva infatti essere preso in considerazione dall’ordinamento
giuridico al fine del sorgere di impegni giuridicamente vincolanti 13. Molto
probabilmente nelle società più primitive la pronuncia di parole solenni o
rituali rivestiva altresì un significato magico o rituale. La pronuncia di
certe formule o il compimento di formalità prestabilite poteva cioè modi-
ficare la stessa realtà, attribuire la proprietà dei beni, legare in matrimo-
nio due persone, e così via. Si pensi per esempio alla ritualità tipica di cer-

     13
          CORBINO, Il formalismo negoziale nell’esperienza romana, Torino 1994.
La formazione della categoria generale del contratto                    15

te forme di trasferimento della proprietà come la mancipatio, il matrimo-
nio, e così via. Gli stessi romanisti hanno del resto evidenziato le commi-
stioni magiche e religiose insite nelle formule romane più antiche 14.
    Presso altre popolazioni primitive, come per esempio i germani, i con-
tratti consensuali si perfezionavano mediante la consegna di un oggetto
(Wadia), che fungeva da pegno garantendo la serietà dell’impegno e l’ef-
fettiva intenzione di adempiere.
    Oltre ai contratti formali ed ai contratti garantiti da pegno, un’altra
forma contrattuale molto diffusa presso gli ordinamenti giuridici meno
evoluti è costituita dai contratti reali, che si perfezionano solo come con-
seguenza dell’effettiva dazione di un bene, o in senso lato come conse-
guenza dell’effettiva esecuzione di una delle due prestazioni 15.
    In queste condizioni il mero accordo consensuale, per esempio finaliz-
zato allo scambio di un bene dietro un certo corrispettivo, non è conside-
rato vincolante dall’ordinamento se non nel momento in cui ha luogo l’ef-
fettiva dazione materiale del bene in questione. Il contratto si perfeziona
in altre parole solo nel momento in cui il bene oggetto di scambio viene
materialmente consegnato. La dazione del bene determina in altre parole
l’obbligo giuridicamente vincolante di devolvere il corrispettivo pattuito,
ed il conseguente diritto della controparte di esigerne il pagamento.
    Una delle forme contrattuali più antica è sicuramente costituita dai
contratti reali. La figura era ben rappresentata già nel diritto romano con
i contratti di deposito, comodato, mutuo e pegno, che in conformità alla
tradizione sono configurati come contratti reali anche dai principali codi-
ci moderni ed in particolare dal codice civile italiano del 1942. In origine
il campo di applicazione dei contratti reali era però sicuramente più am-
pio e comprendeva anche il contratto di compravendita. Nulla osta infatti
alla configurabilità come contratto reale dello stesso contratto di compra-
vendita, che in questa prospettiva si perfeziona solo nel momento in cui
ha effettivamente luogo la consegna del bene compravenduto.
    Successivamente i contratti formali e reali hanno iniziato a subire la
concorrenza dei più moderni e snelli contratti puramente consensuali.
L’evoluzione è ben testimoniata dal diritto romano dove erano considerati
puramente consensuali i contratti più tipici delle economie mercantili,
come per esempio il contratto di compravendita, di società, la locazione,
ed il mandato.
    In questa prospettiva il diritto romano può essere considerato come
una sorta di tappa intermedia tra il diritto delle società più antiche e quel-

    14
       FARALLI, Diritto e magia. Saggio su A. Hägerström, in PATTARO (a cura di), Contributi al
realismo giuridico, Milano 1982, 1.
    15
       GORLA, Il cosiddetto unilateral contract o contratto con executed consideration nella
common law anglo-americana, in RDCo, 1954, I, 271, 275.
16                                            Capitolo II

lo contemporaneo. Il diritto romano non conosceva ancora la figura gene-
rale del contratto consensuale moderno, ma piuttosto una pluralità di fi-
gure contrattuali tipiche. I contratti potevano sorgere re, verbis, litteris,
consensu, vale a dire mediante l’effettiva dazione del bene (re), mediante
la pronuncia di parole solenni, o il rispetto di certi formalismi (verbis, lit-
teris), o infine mediante il puro scambio dei consensi (consensu) 16.
    In questo quadro i contratti puramente consensuali, che pur erano già
ben rappresentati, costituivano ancora una minoranza. Sarà infatti solo in
seguito ad una lunga evoluzione che gradualmente nel corso del diritto in-
termedio i contratti consensuali prenderanno definitivamente il soprav-
vento rispetto alle forme più arcaiche di contratto.

3. Dal diritto romano ai nostri giorni

    In materia contrattuale uno degli sforzi principali intrapreso dai giuri-
sti intermedi è consistito nel superare gradualmente il sistema romano di
rigorosa tipicità contrattuale 17. In particolare un caposaldo del diritto
romano classico era il principio per cui ex nudo pacto actio non oritur.
L’accordo nudo, privo di vestimentum, vale a dire il contratto meramente
consensuale, non poteva cioè assumere rilevanza in base ai principi del
diritto comune fondato sul diritto romano. L’attacco contro il dogma in
questione, nonché il principio di tipicità delle figure contrattuali, venne
intrapreso essenzialmente lungo due direttrici: da un lato dal fronte del
diritto canonico, dall’altro lato dal fronte del diritto naturale 18.
    Il diritto canonico ha sempre costituito un ordinamento a parte rispet-
to al diritto comune fondato sul diritto romano 19. In particolare il diritto
canonico ha sempre attribuito notevole importanza al rispetto della parola
data, o all’impegno assunto in qualsiasi modo, anche senza il rispetto delle
formalità prescritte dal diritto civile 20. L’impegno, ancorché informale,
poteva avere una ben precisa rilevanza per lo meno sul piano della co-
scienza; tanto più poi se era stato confermato mediante un vero e proprio
giuramento. La denuntiatio evangelica 21 consentiva di denunciare l’ina-
dempimento di fronte alle competenti autorità ecclesiastiche affinché ve-

     16   Grosso, Il sistema romano dei contratti, 2a ed., Torino 1950.
    17
       CARLINI, Contratto e patto nel diritto medievale e moderno, in DI-IV DPriv SezCiv, IV,
Torino 1989, 77; VOLANTE, Il sistema contrattuale del diritto comune classico, Milano 2001.
    18
       MOCCIA, Promessa e contratto, in RDC, 1994, I, 819.
    19
       P. FEDELE, Lo spirito del diritto canonico, Padova 1962.
    20
       P. FEDELE, Considerazioni sull’efficacia dei patti nudi in diritto canonico, in AMacerata,
11, 1937, 115.
    21
       Più ampiamente, P. GALLO, Grandi sistemi giuridici, 2a ed., Torino 2001.
La formazione della categoria generale del contratto                 17

nissero presi i provvedimenti più opportuni al fine della redenzione del
peccatore. E poiché la remissione del peccato presupponeva il ravvedi-
mento del peccatore, l’assoluzione era subordinata all’effettivo adempi-
mento dell’impegno assunto, ancorché in via informale.
    Ecco quindi come in questo modo le Corti ecclesiastiche si siano rita-
gliate una ben precisa competenza in materia contrattuale. L’espansione
della competenza delle Corti ecclesiastiche in materia contrattuale deter-
minò un crescente conflitto con i tribunali civili, al quale si cercò di porre
rimedio limitando la possibilità di adire tali corti ai soli casi in cui la
promessa fosse stata assunta mediante giuramento 22.
    Il mero scambio dei consensi, sebbene privo di rilevanza sul piano del-
lo stretto diritto civile, poteva inoltre far sorgere obblighi sul piano della
coscienza e come conseguenza ulteriore vere e proprie obbligazioni natu-
rali; le quali sebbene siano prive di azione, escludono la possibilità di ot-
tenere la restituzione di quanto spontaneamente prestato in esecuzione di
esse (soluti retentio). A loro volta le obbligazioni naturali, sebbene prive di
azionabilità diretta, potevano acquisire rilevanza sul piano dello stesso di-
ritto civile se confermate successivamente al loro sorgere. La conferma del
debito valeva in altre parole a renderlo direttamente azionabile di fronte
alle corti civili. Questa è in buona sostanza l’origine dei c.d. pacta gemina-
ta, un tempo diffusi specie nell’Italia settentrionale. Ecco quindi come nel
corso del medioevo si sia assistito ad una progressiva erosione dell’as-
sioma romanistico in base al quale il nudo consenso non era sufficiente ad
obbligare.
    Un ulteriore contributo a favore della piena affermazione della figura
generale del contratto consensuale, venne altresì effettuato dal giusnatura-
lismo europeo. Fondamentale sotto questo profilo appare il contributo di
Ugo Grozio nel De iure belli ac pacis del 1625. Nelle premesse filosofiche
di quest’opera Grozio pose le basi del giusnaturalismo europeo, indivi-
duando alcuni principi di ragione talmente evidenti da apparire giustifica-
ti di per sé 23. Tra i principi minimi che devono necessariamente reggere
una società civile, spicca la regola pacta sunt servanda 24. Nel sistema di
Grozio la necessità di rispettare in ogni caso la parola data assurge infatti
a principio cardine di qualsiasi forma di aggregazione civile. Ovviamente i
principi enunciati da Grozio nel 1625 non riflettevano il diritto effettiva-
mente applicato dai tribunali, ancora largamente basato sul diritto roma-

   22
      BURTON (a cura di), Towards a General Law of Contract, Berlino 1990, 51.
   23
      Si tratta di principi che volutamente Grozio fa derivare dalla ragione e non da Dio,
in una prospettiva dunque tendenzialmente laica, ma che per certi versi svolgono una
funzione simile ai dieci comandamenti, vale a dire indicare regole fondamentali di com-
portamento.
   24
      GROZIO, Droit de la guerre et de la paix, tr. francese a cura di Barbeyrac, Amsterdam
1729, discorso preliminare, § 8.
18                                           Capitolo II

no. Si trattava di un diritto dei filosofi che andava ben oltre rispetto al di-
ritto del diciassettesimo secolo. I principi del diritto naturale hanno però
fornito chiare indicazioni circa la direzione in cui doveva evolversi la
prassi, fornendo nel contempo una griglia concettuale che ha favorito l’ag-
gregazione e la razionalizzazione dei rimedi e delle figure contrattuali ti-
piche offerte dalla tradizione romanista.
    Gradualmente doveva quindi farsi vieppiù strada l’idea che anche il
mero scambio dei consensi può essere idoneo a far sorgere obbligazioni
giuridicamente vincolanti. Occorreva però attendere il codice Napoleone
prima che un testo legislativo effettivamente vigente recepisse e rendesse
concretamente operante una tale idea (art. 1134 cod. nap.). Successiva-
mente non è più stata messa in discussione l’idea che per rendere vinco-
lante un accordo è sufficiente lo scambio dei consensi (art. 1321 c.c.). Dal-
la tipicità dei contratti tipica del diritto romano si è così passati alla piena
ammissione della possibilità per i contraenti di concludere qualsivoglia
contratto, anche non specificamente previsto dal codice (art. 1322 c.c.) 25.

     25
          BENEDETTI, Categoria generale del contratto, in RDC, 1991, I, 649.
Capitolo Terzo
LA NOZIONE DI CONTRATTO

Sezione prima

CONTRATTO E NEGOZIO

 Sommario

   1. Negozio giuridico e contratto. – 2. L’autonomia privata. – 3. Le clausole negoziali.
   – 4. Gli atti unilaterali. – 5. Il principio di maggioranza e autonomia privata.

1. Negozio giuridico e contratto

   In conformità alla ben nota concezione sviluppata dalla pandettistica
tedesca del diciannovesimo secolo, il contratto 1 sarebbe null’altro che una
figura particolare di negozio giuridico 2. In particolare si tratterebbe di un

    1
      OSTI, Contratto, in NDI, IV, Torino 1938, 36; ALLARA, La teoria generale del contratto, 2a
ed., Torino 1955; MESSINEO, Contratto (dir. priv.), in ED, IX, Milano 1961, 784; GROSSI, Sul-
la natura del contratto, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno,
XV, Milano 1986, 609; CENDON (a cura di), I contratti in generale, Torino 2000; ALPA-
BESSONE (a cura di), I contratti in generale, Torino 1991; E. GABRIELLI, La nozione di con-
tratto (Appunti su contratto, negozio giuridico e autonomia privata), in GI, 2018, 2780-2818;
ID., L’autonomia privata, I, Dal contratto alla crisi d’impresa, Padova 2020, con recensione di
MACARIO in RDC, 2021, 809-816; ID., L’autonomia privata, II, Teoria del contratto e diritto
comparato, Milano 2021, con recensione di MACARIO, in RDC, 2021, 990-997.
    2
      VASSALLI, Sommario delle lezioni sulla teoria dei negozi giuridici, Roma 1934; STOLFI,
Teoria del negozio giuridico, Padova 1947, ristampa inalterata 1961, il quale asserisce che è
tuttora saldo il dogma dell’autonomia della volontà, XIII, anche se ammette che ora vi sono
più eccezioni al dogma della volontà di un tempo, XXVIII; in senso marcatamente dichiara-
zionistico: BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino 1950; R. SCOGNAMIGLIO, Con-
tributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli 1950, con recensione di CARRESI, in RTPC,
1952, 482; CALASSO, Il negozio giuridico: lezioni di storia del diritto italiano, 2a ed., Milano
1959; CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli s.d.; GALGA-
NO, Il negozio giuridico, Milano 1988; SCALISI, La teoria del negozio giuridico a cento anni dal
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