Comunità Pastorale S. Francesco Spinelli - Comunita ...

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Comunità Pastorale S. Francesco Spinelli - Comunita ...
Comunità Pastorale
                                                             S. Francesco Spinelli

                                                                                       anno 2019
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                                           Consiglio di Rumo – S. Gregorio Magno
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                                           Dosso del Liro – SS. Annunziata e Martino
                                           Gravedona – S. Vincenzo Martire
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                                           Peglio e Livo – SS. Eusebio e Giacomo
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Comunità Pastorale S. Francesco Spinelli - Comunita ...
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“ E… state insieme nel Signore”
  A tutti voi che abitate e vivete nella nostra Comunità Pastorale, voglio affidare
queste poche righe.
  Con voi, prima come parroco di Gravedona e dal 2015 della Comunità Pastorale,
questa è la nona estate.
    Ho sempre cercato, nella mia povertà, di imparare cosa significhi essere
prete di una comunità, provando la gioia e la fatica di essere padre, figlio, fra-
tello, che cerca qui su questa terra di riportare un piccolo raggio della grande
paternità di Dio.
   Sperimento ogni giorno quanto sia difficile essere padre, quanta energia ci
voglia, ma soprattutto quanta sapienza sia necessaria nel dosare la presenza e nel
discernere le scelte giuste da compiere e rinnovare ogni giorno! In questo mi aiuta
tanto il meditare la Parola, la vita dei Santi, il nostro Papa Francesco, che continua
ad avere un cuore semplice, gioioso, attento al mondo intero, il grande sostegno
dell’Eucarestia il nostro San Francesco Spinelli ce lo insegna molto bene.
    Non pretendo né voglio assolutamente essere il padre: solo Dio lo è! Desidero
però tanto collaborare con Lui in questo compito di custodia dell’umanità a par-
tire da quelli che mi ha messo più vicini: così scopriremo e gioiremo del Volto del
Padre!
   Gli impegni che mi sono stati affidati mi portano ad arricchirmi nel confronto,
ed è più nella vita quotidiana che gioco e cerco di far fruttificare al meglio i miei 26
anni di sacerdozio.
    Non posso che ringraziare il Signore di avermi affidato voi, per come mi spiaz-
zate, mi mettete alla prova e mi sfidate, ma soprattutto per come mi donate affetto
attraverso i vostri figli, le vostre sofferenze condivise,questo è veramente un dono
immenso di cui non sono proprio degno!
  Il grande dono che ci viene dato è la possibilità di poter vivere insieme, di formare
una grande comunità, fatta di piccole ed indispensabili famiglie e di tanti amici.
   La realtà che mi ha permesso di crescere libero dalle mie debolezze e che, anzi,
puntualmente le rende mia forza è stato il grande amore che ho ricevuto grazie alla
Chiesa ed a tanti che mi hanno considerato “amico”. Di questo grande amore mi
sento responsabile. Anche per questo ho custodito ed accolto il desiderio di essere
prete, il grande segreto sta nel non dimenticarmi di essere figlio… di Dio.
   Non voglio rinunciare alla sfida di rivelarvi il Volto del Padre, questo chiede di
aiutarci a restare uniti e ad incontrarci nell’amicizia in Gesù che richiama costante-
mente quella relazione chiesta dal nostro cuore!
   E dal profondo del cuore GRAZIE don Giuseppe, don Rocco, don Andrea, Luca
e a tutti voi di condividere un po’ del mio cammino, non manchi la preghiera nelle
nostre giornate.
                                                                           Don Claudio
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Incontro Cresimandi
              con il Vescovo Oscar
    In Cattedrale a Como, saba-
to 30 marzo, i Cresimandi della
nostra comunità con i genitori,
padrini e madrine, accompagnati
dai catechisti, da Don Claudio e
Don Andrea, hanno incontrato,
insieme a Cresimandi di altri vi-
cariati, Monsignor Oscar Canto-
ni, nostro Vescovo dal 2016, na-
tivo di Lenno.
    Una giornata che si prean-
nunciava emozionante sin da pri-
ma della partenza per il Duomo.
    Siamo stati accolti con gioia,
cantando inni di lode al Signore
e prendendo visione di un inte-
ressante documentario che ri-
percorreva la storia della nostra
diocesi nei secoli, partendo dalla
biografia di San Fedele, evange-
lizzatore della Chiesa di Como,
martire perseguitato del III se-
colo.
    Nel lungo cammino di fede
il Vescovo considera tappe fon-
damentali quelle dell’ascolto e
dell’incontro, ecco perché è sta-
to un momento così importante
e significativo, oltre che di cono-
scenza e preghiera.
    Si è rivolto ai ragazzi come un
Padre, coinvolgendoli, rispon-
dendo a tutte le loro domande.
    Anche i genitori, padrini, madrine, educatori si sono impegnati con il Vescovo ad
accompagnare, sostenere, educare i ragazzi a essere discepoli di Gesù Cristo.
    Al termine Monsignor Oscar ha incontrato ogni ragazzo e gli ha donato un quaderno
per la preghiera di tutti i giorni, per ricordare che siamo seme del Signore, con la vo-
glia di crescere. E chiedere allo Spirito Santo di far sentire la sua presenza nel nostro
cuore per crescere insieme al Signore.
    Grazie Vescovo Oscar per accompagnarci nel cammino di fede.
                                                                                   Moira
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Prima Comunione
            e Santa Cresima

  Sabato 27 Aprile 2019 – Santa Maria delle Grazie

           Dal quaderno di preghiera donato ai Cresimandi:
       «Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo
               un raggio della tua luce…».
    Durante la celebrazione, proprio mentre il Vescovo, sceso dall’altare,
con i Cresimandi disposti in fila davanti a Lui, si accingeva a compiere
il gesto dell’imposizione delle mani, dal rosone sopra il portale è entrato
un raggio di sole che li ha illuminati.
    Un evento molto suggestivo, come un dono…
                                                                     Moira
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L’educazione ai tempi di internet:
                        potenzialità e pericoli delle nuove
                         tecnologie della comunicazione
                            — Oratorio di Gravedona • 2 Aprile 2019 —
                                    Relatore: Dott. Alberto Valsecchi
    Quando succede che diversi ragazzi e ragazze sono indotti al suicidio per essere persegui-
tati da coetanei o per la pubblicazione di certe foto, quando si vedono immersi nel proprio
cellulare, quasi estraniati dal mondo reale, o che non si guardano in faccia ma si scrivono mes-
saggi stando seduti sullo stesso divano, quando nascono continue discussioni in famiglia per
l’uso del telefonino, si capisce che un’emergenza educativa c’è.
    Tuttavia il relatore, dott. Alberto Valsecchi, psicologo e psi-
coterapeuta, ci dice di non essere contrario all’uso dei social
network, purché sorretto da consapevolezza e da preparazione.
Il suo intervento ci aiuterà, con un’esposizione teorica ampia e
dettagliata, con numerosi esempi di vita e con una serie di stru-
menti operativi, a fare qualche passo avanti in questo cammino.

    Chi sono i nativi digitali? Importanti ricerche statuni-
tensi hanno messo a fuoco che i nativi digitali sono i ragazzi nati
e cresciuti in un ambiente dove si naviga in internet. Essi hanno
mostrato una tale facilità di approccio tecnologico allo strumento, da spiazzare gli adulti
che, vedendoli in casa tranquilli, li hanno ritenuti “capaci” e lontani dai pericoli. Invece i ra-
gazzi si trovano ad affrontare gravi minacce per la formazione della mente, dell’affettività
e per quello che può capitare. Ci appaiono disinvolti e sicuri con i cellulari in mano, invece il
loro senso di insicurezza è aumentato perché si trovano di fronte ad infinite situazioni, molto
diverse da quelle della realtà in cui vivono, che non sanno come fronteggiare. E raramente
chiedono aiuto agli adulti, perché li ritengono estranei a quel mondo o perché vogliono
nascondere comportamenti un po’ a rischio. E anche quando i genitori vengono coinvolti
spesso non sanno come agire. Nasce qui l’emergenza educativa.

    I rischi per la mente             Internet non è la realtà. Prendendo spunto dal quadro di
Magritte “La pipa”, in cui l’autore disegna una pipa, ma poi scrive: questa non è una pipa, il re-
latore ci spiega che la mente dei nativi digitali funziona in modo diverso dalla nostra, essi sono
                                indotti a credere che quello che vedono in internet sia la realtà,
                                sia vero, quindi per prima cosa dobbiamo far capire che internet
                                non è la realtà ma una rappresentazione della realtà.
                                    Una rappresentazione pericolosa, molto più della televisio-
                                ne, perché internet è uno strumento attivo, con cui si intera-
                                gisce, che coinvolge molto di più. Se si inserisce un’informa-
                                zione, resta per sempre. Ogni nostra ricerca, ogni nostro click
                                trasmette informazioni su di noi che altri possono utilizzare
                                per manipolarci senza che ce ne accorgiamo.
    Un bombardamento di stimoli                C’è poi l’iperstimolazione, cioè la quantità di in-
formazioni da cui si viene bersagliati in pochissimo tempo, informazioni che la mente non è
in grado di elaborare: “Così il cervello si impalla”. I bambini oggi sono attorniati da un’infinità
di giochi, colori, stimoli.
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Questo fatto non aiuta la mente ad approfondire, ad alle-
nare la capacità di attenzione. La mente diventa molto brava
a passare velocemente da una sensazione all’altra ma poco
capace di soffermarsi su uno stimolo e di approfondirlo.
    La conseguenza è che si impoveriscono le capacità di
apprendimento e diminuiscono le capacità di mantenere
l’attenzione, mentre noi continuiamo ad usare i nostri pa-
rametri con menti che in questi parametri non ci possono
più stare. Le lezioni scolastiche, ad esempio, hanno una du-
rata molto superiore alla capacità di concentrazione della
mente. Quando un bambino finisce prima un esercizio e rimane senza far niente sta male,
comincia ad agitarsi, va in giro perché rimanere senza stimoli genera ansia.
    I disturbi del sonno          Altra conseguenza sono i disturbi del sonno, le difficoltà
dell’addormentamento, perché quando uno si sta addormentando compaiono tutti quegli sti-
moli che non abbiamo avuto il tempo di elaborare. Quindi i ragazzi fanno fatica ad addormen-
tarsi, dormono poco, il giorno dopo sono stanchi e magari fanno fatica ad andare a scuola.
     Perdere la verità delle cose                 Oggi sembra diventato inutile imparare, posse-
dere nozioni perché qualunque informazione si trova facilmente in internet. Se da un lato è
vero, dall’altro si osserva che quando si cerca un’informazione non la si trova subito, ma ci
vengono proposte tante altre cose dettate da criteri commerciali. Se, come fanno i ragazzi,
ci si ferma ai primi link trovati, si rischia di perdere di vista il proprio bisogno e di fare quello
che altri hanno scelto per noi.
   Le fake news            Qualunque sciocchezza venga scritta, cliccata per il solo fatto di es-
sere strana o piacevole o clamorosa o apparentemente credibile, rischia di essere considerata
vera da una mente inesperta. Pensiamo alle notizie in campo medico. Quelle che troviamo e
consideriamo giuste possono essere opinioni di una persona qualunque che ne sa ben poco.
    L’identità digitale           C’è un fatto ancora più grave, che può minare nelle fonda-
menta l’identità dei nativi digitali. Un ragazzo tranquillo, piuttosto chiuso magari, un po’
emarginato, che si ritiene vittima di un’ingiustizia o da parte di un adulto o da parte dei com-
pagni, può trovare sfogo in internet costruendo un’identità digitale fasulla e magari violen-
ta e razzista. Non gli sarà difficile trovare i peggiori insulti in
internet, perché non ci sono regole, potrà presentarsi come
forte e spaccone, e certamente troverà molti followers. Ma
questo non lo aiuterà a sentirsi meglio: nella vita reale potrà
aumentare sempre più la sua depressione o potrebbe essere
spinto a diventare tutt’altro da quello che lui veramente è.
La frattura tra realtà virtuale e vita vera crea tensioni molto
difficili da sostenere.

    Le potenzialità        La quantità di contenuti a cui si può accedere è indubbiamente
un fatto positivo, ma occorre aiutare i ragazzi a sviluppare dei loro interessi personali, a
riconoscere le fonti autorevoli, ad analizzarle, a costruire processi logici in modo che le in-
formazioni contribuiscano a creare davvero conoscenza e ad arricchire la persona. Questo
è oggi il compito della scuola. La creatività cioè la capacità di collegare in modo originale,
nuovo, imprevisto è molto sollecitata dagli strumenti digitali. Così spesso vediamo piccoli
video spiritosi e divertenti che ragazzi giovanissimi sanno creare utilizzando la tecnologia
digitale. Nuovi lavori sono stati inventati e ragazzi, che nella realtà sarebbero forse poco
considerati, riescono con alcuni stratagemmi digitali a diventare famosi, seguiti e ricchi.
Pensiamo a youtubers, fashion bloggers, le nuove professioni a cui molti ragazzi e… bambini
già aspirano. Il multitasking cioè la capacità di fare più cose contemporaneamente può
offrire molte opportunità nella vita concreta, anche se comporta dei rischi. Noi siamo tentati di
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contrastarla, invece bisognerebbe valutare i risultati ed evitare di applicare le “nostre” meto-
dologie. La capacità di sintesi viene molto aiutata a volte anche attraverso l’uso dei simboli
(es. emoticon).
    I rischi sul piano affettivo             Un rischio che si può registrare è la disregola-
zione emotiva cioè il provare emozioni in modo scollegato dalla vita reale. Le emozioni sono
una reazione a determinati stimoli esterni. La paura ad esempio nasce quando si percepisce
un pericolo. Può capitare che un ragazzo si trovi a vedere su internet scene di violenza, tipi
di scene che poi automaticamente gli vengono riproposte in continuazione. Inconsciamen-
te quel ragazzo può cominciare ad avere paura anche nella vita reale, di uscire da solo, di
andare a scuola, perché il cervello pensa che possano succedere cose di quel tipo.
    Un altro problema è la dipendenza. Sono strumenti che creano dipendenza perché sod-
disfano tanti bisogni contemporaneamente: divertimento, socialità, sessualità, conoscenza,
distrazione. Come si capisce se c’è dipendenza? Quando ragazzi fanno scenate, dimentica-
no di mangiare, diventano aggressivi. In questi casi bisogna rivolgersi a un esperto. Stanno
aumentando i centri specializzati per le dipendenze da internet.
    I rischi a livello relazionale             Con l’uso sproporzionato di internet si può verifi-
care l’indebolimento delle capacità di rapportarsi all’altro faccia a faccia. Magari via inter-
net si comunica in continuazione poi quando ci si incontra non si riesce a parlare perché nelle
due situazioni si utilizzano competenze diverse, che si sviluppano solo se vengono esercitate.
Chi comunica solo attraverso strumenti tecnologici farà più fatica a relazionarsi dal vivo.
    Un altro rischio sono le challenges, cioè le sfide. Alcuni ragazzi sono morti per af-
frontarle mentre noi adulti non siamo per niente consapevoli dell’entità del problema. La
molla è il bisogno di un adolescente di dare prova di coraggio e di trasgredire. Qualcosa
che esiste da sempre. Ma internet esaspera, amplifica questo fenomeno alzando sempre
di più l’asticella del pericolo che i ragazzi sono chiamati a sostenere.
    Vengono proposte prove estreme di cui non si avverte la pericolosità fino in fondo e
i ragazzi sono tentati di affrontarle magari solo per avere più “mi piace” o più followers.
    I vantaggi              Le relazioni si possono ampliare, anche se in quantità piuttosto
che in qualità. Ad esempio si possono mantenere amicizie anche se si cambia scuola o resi-
denza. Si può sempre rimanere facilmente in contatto anche se si è fisicamente lontani.
    Si possono creare gruppi di appartenenza che permettano di coltivare interessi per-
sonali anche se nessuno nel proprio ambiente di vita li condivide. Ciò favorisce la prolifera-
zione di interessi, ad esempio in campo musicale. È facile trovare persone che condividono
i propri e non sentirsi escluso.
     I fattori che favoriscono la dipendenza                   Il fatto che qualche ragazzo di-
venti più dipendente di altri può essere causato da fattori interni come la fragilità della
persona. Un’altra ricerca condotta negli Stati Uniti ha dimostrato che vedere giochi violenti
rende più facilmente aggressivo un ragazzo con fragilità cognitive, con un quoziente intel-
lettivo basso, mentre non succede nella normalità. Una ragazzina già fragile emotivamente
“si sregola di brutto online”. Un ragazzino introverso, con un po’ di ansia sociale rischia di
rifugiarsi nella comunicazione online che lo fa sentire più protetto illudendolo di soddisfare
il bisogno di amicizia, mentre il problema nella realtà permane.
     C’è il problema dell’abuso, cioè il tempo d’uso. Più aumenta il tempo d’uso, più si diventa
dipendenti. La variabile tempo è da regolare.
     Eventi di vita sfavorevoli come un lutto ad esempio, una bocciatura, la separazione dei
genitori, l’essere vittima di bullismo possono portare a trovare online risposte sbagliate.
     Scarse abilità informatiche: i ragazzi non sanno che quello che mettono non si toglie
più, che non esiste la privacy. Quando scaricano le up e accettano le autorizzazioni, forni-
scono i loro dati che non si sa dove vanno a finire. Le aziende già oggi assumono personale
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per analizzare queste informazioni, perfino quanto
tempo si trascorre online.
     Le truffe sono sempre in agguato: si carpiscono
informazioni, che sono molto preziose, e soldi. Poi ci
sono i furti d’identità, che avvengono per le truffe,
i ricatti, gli adescamenti, cioè quando un adulto si av-
vale di un’identità rubata per ottenere la fiducia di un
minore, fingere amicizia, procurarsi foto (che alimen-
tano il mercato pornografico o della pedofilia) e ad-
dirittura appuntamenti. Per questo non bisogna mai
pensare che un’adolescenza trascorsa in camera sia
al sicuro. Ci sono altre pratiche che possono trauma-
tizzare bambini e ragazzi, come il sexting, cioè l’invio
di fotografie sessualmente esplicite e il trolling, cioè
l’invio di messaggi offensivi e insulti.

    Le regole         Tutto ciò rivela che gli adulti sono tutt’altro che inutili, anzi devono comin-
ciare a prestare da subito attenzione, stabilire regole, non dare il cellulare ai bambini per te-
nerli tranquilli, perché impareranno che basta fare un po’ di confusione per ottenerlo. Questo
non significa che anche qui non ci siano aspetti positivi. Una relazione via internet può aiutare
una persona depressa ad uscire di casa, può facilitare la nascita di un’amicizia vera. Entrare in
un gruppo aiuta, fa sorridere, facilità il nascere e la comunicazione di emozioni e affetti.
    Tuttavia bisogna essere molto prudenti, attenti e preparati.
– Prima di tutto gli adulti devono imparare, conoscere, per poter affrontare tutti i trucchi
    che si possono utilizzare per ingannarci.
– Abituare i bambini ad usare gli strumenti non per passare il tempo ma con un obiettivo
    preciso. Sapere cosa si vuole e cosa si cerca.
– Dare l’esempio, cioè non passare tutto il tempo con lo smartphone perché il bambino
    penserà che sia molto bello imitarci.
– Diamoci dei tempi. Guardiamo insieme una canzone e poi mettiamo via. Si possono
    concedere cinque minuti ma poi si rispetta quello che si è detto. Anche interrompere un
    programma non è una tragedia, non è la realtà.
– Passare del tempo insieme online cercando di sfruttare le bellissime opportunità
    offerte: musei, luoghi bellissimi da vedere.
– Insegnare le potenzialità positive del mezzo.
– Parlare di quello che può succedere in rete, dei fenomeni di cyberbullismo, come si
    può reagire, soprattutto a non stare zitti se si assiste a qualche fenomeno.
– Mantenere i figli a contatto con la realtà: lo sport, gli spazi aperti, il contatto diretto e
    personale perché il nostro cervello è più sofisticato di qualunque strumento tecnologico.
– Praticare una comunicazione basata anche su linguaggi non verbali: l’empatia.
– Mantenere il controllo sul pc come un fatto naturale: i bambini capiscano che l’adulto
    deve sapere tutto. Online non esistono segretezza e privacy. Questo è un importante
    deterrente.
– Far capire che tutto rimane per sempre, anche una cavolata fatta per scherzo.
– Far ricorso a programmi filtro per il controllo parentale, sia per ciò che si vede, che per
    il tempo di utilizzo.
   Su questi aspetti non esiste negoziato. Il ragazzo deve accettare la responsabilità dell’adulto.
   Un intervento davvero interessante e utilissimo, che ci aiuta a sentirci un po’ meno
disarmati ed impotenti di fronte ad una sfida educativa così difficile.
                                                                                     Gabriella Maffia
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ROMA – Domenica 28 aprile 2019

   Maddalena entra in
      “Noviziato
       Noviziato””
    Per condividere con noi i suoi sentimenti
    e aiutarci a comprendere la bellezza della
        sua scelta, ci ha scritto una lettera

     Carissimi,
                 mi unisco a voi in questa serata di preghiera.
   Sono profondamente grata a Dio che questo giorno con-
tinui a raccontare l’intrecciarsi di due cammini. Questo mi
parla della bellezza dei legami in Cristo, di una comunione che si intesse nelle pro-
fondità per portare frutto.
   Siamo cristiani, non crediamo al caso… e credo sia un vero dono di Dio il fatto
che Lorenzo farà la Domanda di Ammissione agli Ordini proprio lo stesso pomerig-
gio in cui io entrerò in Noviziato.

   Mi avvicino a questo giorno con tanta gioia e tanta gratitudine nel cuore, ma al
contempo ne avverto l’importanza e, per questo, mi incoraggia sapermi sostenuta
dalla vostra preghiera… Grazie!
   Altro motivo di gratitudine è il fatto che non compirò questo passo da sola! Con
me ci sarà, infatti, Francesca Romana, una ragazza siciliana, entrata in Monastero
due mesi dopo di me. Insieme abbiamo camminato in questi due anni di postulan-
dato e insieme entreremo in noviziato.

    Quello che celebreremo domani sarà un rito molto semplice: chiederemo l’aiuto
di Dio per questo tempo che ci aspetta e, entrando a far parte della Famiglia Ago-
stiniana, riceveremo l’abito bianco, proprio del noviziato.
    Il tempo del noviziato sarà un tempo in cui riscoprire il nostro Battesimo, grazie
al quale già apparteniamo a Dio e grazie al quale a tutti noi è data la possibilità di
entrare in una relazione personale con Lui. Scegliere la vita monastica significa per
me, oggi, rispondere all’urgenza che sento di vivere appieno la relazione con Dio, di
sceglierla come priorità per la mia vita perché ho scoperto che tutto il resto non mi
basta per essere felice, se non è subordinato a questa relazione.

   Due anni fa, “spinte dalla misericordia di Dio”, abbiamo chiesto di fare espe-
rienza di un modo di vivere che ci aveva attratte, “di quella vita santa che ha tutto
in comune, dove nessuna ritiene qualcosa come sua proprietà, dove tutte hanno
un’anima sola e un sol cuore protese verso Dio”.
In questo tempo ho fatto esperienza di un Dio che è Padre, di un Dio che salva…
e con sempre più convinzione posso dire che lo fa per mezzo dei fratelli e delle so-
relle che pone al nostro fianco.
    In Comunità ho sperimentato la potenza del perdono: capace di generare nuova
vita nel cuore di chi lo riceve e di chi lo dona… e questo mi ha generata tante volte!
    Ho scoperto che vivere il Vangelo, viverlo davvero, non è per niente facile, ma
è estremamente bello, perché ci rende più umani, più simili a quell’uomo creato a
immagine di Dio, più belli! Più vicini a Lui… e quindi più felici!
    Ho scoperto che la Comunione è faticosa, ma è possibile, perché Dio vuole con-
tinuamente donarcela… e aspetta solo che noi gliene diamo la possibilità.
    La vita in Comunità mi ha messo di fronte a tante mie povertà e, ringraziando
Dio, continuerà a farlo… sì, perché ogni volta significa scoprire che tutto l’amore
che ricevo è gratis! Che non merito niente, ma ricevo tutto quello di cui ho bisogno
e molto di più!
    Ho scoperto che Dio non ci toglie ciò che di buono c’è nella nostra vita, sempli-
cemente ci chiede di porlo nelle Sue mani… e così, anche in Monastero, ho potuto
accogliere il dono di amicizie vere: fratelli e sorelle in Cristo, segno di un Dio che
non predispone cammini solitari, ma ci accompagna, incoraggia e ama donandoci
qualcuno con cui camminare.
Sempre più certe che “il Suo amore è per sempre” (SAL 118), domani ci rivolge-
remo alla Comunità, chiedendo di appartenervi legandoci alle Sorelle e chiedendo
loro di insegnarci questa vita che con tanta semplicità abbiamo pensato che proprio
ci piace e nella quale ora desideriamo metterci in gioco veramente, donando la no-
stra vita per qualcuno.

   Riceveremo poi l’abito. Una parte della formula con la quale la Madre ce lo con-
segnerà recita così:
                     “Rinnòvati nello spirito della tua mente,
               e rivèstiti dell’uomo nuovo, creato secondo Dio”.
  Alla vestizione seguirà il canto del Veni, Creator Spiritus, invocazione allo Spirito
Santo, il solo capace di creare e rinnovare la faccia della terra (SAL 104,30).
  In questo lungo giorno in cui celebriamo la Risurrezione del Signore, risuona in
me la certezza che ci è stata consegnata nella Notte di Pasqua:
 “Per mezzo del Battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché,
      come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre,
       così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (RM 6,4).
   La parola noviziato evoca proprio una “novità” e tutto nella liturgia di domani
sembra essere per noi annuncio di una novità di vita che ci attende, perché già ci
precede grazie al nostro Battesimo.

   Chiedete a Dio per noi di saper accogliere ogni giorno nella semplicità delle no-
stre giornate questa Novità di Vita!
                Vi sento vicini e vi abbraccio,
                                                                            Maddalena
Mamma Cristina si racconta
   Tutti i genitori hanno probabilmente avuto un brivido profondo alla notizia
della scelta così radicale di Maddalena.
   Ringraziamo di cuore la mamma che, anche a nome del papà, ha accettato
la nostra proposta di esternare il difficile percorso umano e spirituale affrontato.
   Ci commuove e ci riempie di ammirazione la loro generosità che trova cor-
rispondenza in un sincero affetto da parte della nostra comunità parrocchiale.

    Fondamentalmente credo che ogni genitore avverta un profondo senso di vuoto nel
momento in cui un figlio adulto gli comunica di voler partire per seguire la sua strada,
anche se sa che è giusto che sia così, rimane un po’ disorientato. Quando poi questa
strada si chiama “monastero di clausura” la reazione è: ti manca il respiro, ti manca
la terra sotto i piedi, non sai cosa pensare… poi devi iniziare a pensare a qualcosa.
    Ci siamo chiesti, e abbiamo chiesto a Maddalena: “Perché la clausura?”. A noi
sembrava un’autentica follia e, passatemi il termine, anche uno “spreco”, perché
pensavamo a questa nostra figlia che si era laureata in matematica, aveva iniziato
ad insegnare, le piaceva, aveva soddisfazione dai ragazzi, perciò ci sembrava ve-
ramente uno spreco. Ci ha spiegato che quando era stata in questo monastero
per seguire dei corsi di formazione, aveva conosciuto la vita delle monache, le era
piaciuto il loro modo di vivere, la preghiera e l’aiuto verso gli altri e voleva provare
questa esperienza. La domanda successiva che ci siamo fatti è stata: ma al giorno
d’oggi che cosa significa clausura? La prima cosa che ti viene in mente sono le
grate, queste suore che magari in qualche occasione hai visto di sfuggita in una
trasmissione televisiva, che ti immagini siano segregate e questa cosa ci ha spaven-
tato tantissimo, avevamo l’impressione di
perderla per sempre. Abbiamo cercato di
capire come funziona realmente, perché si
fanno queste scelte e perché tante giovani
laureate fanno questo tipo di scelta, quindi
abbiamo cercato di entrare in questa di-
mensione che mai avremmo pensato di
conoscere così da vicino.
    Dire che all’inizio sia stata dura è vera-
mente riduttivo, eravamo completamente
persi, come paralizzati. Chi ci è stato più
d’aiuto in quei momenti è stato nostro fi-
glio minore Nicolò che, con uno sguardo
aperto verso il futuro, ci ha aiutato a pen-
sare che questa era una scelta possibile e
poteva essere una bella scelta da considerare con maggior serenità.
    Maddalena è partita per un periodo di prova di 40 giorni, al termine del quale è tor-
nata, è rimasta a casa per qualche mese ed in seguito ha deciso di entrare a far parte
di questa nuova famiglia. Come ci hanno detto le suore fin da principio: “Non avrete
perso una figlia, ma avrete acquistato una nuova famiglia”. All’inizio ci sembravano
belle parole, ma col passare del tempo è stato davvero così. Andiamo a trovarla
spesso, la sentiamo, siamo entrati in sintonia con i genitori delle altre suore e con
tante persone che frequentano il monastero, abbiamo capito che la clausura non è
questa cosa terrificante che ci eravamo immaginati.
    Nonostante possa sembrare difficile capire per quale motivo ci siano persone che
scelgono di chiudersi fra quattro mura “soltanto per pregare”, dobbiamo pensare
anche alle tante persone che frequentano il monastero partecipando alle preghiere,
alle celebrazioni ed alle attività che vengono proposte proprio perché sentono di
ricevere molto da questa comunità.
    In questi anni qualcuno non ha capito o non ha condiviso questa sua scelta e ha
preso un po’ le distanze (pochi), ma tantissime altre persone ci sono state vicine, ci
aiutano, pregano per lei e per noi e questo ci dà conforto, ci fa sentire dei privilegiati.
    Il Monastero dei Santi Quattro Coronati a Roma, dove vive ora Maddalena, è un
luogo apparentemente austero. La prima impressione quando lo si vede è un po’
fredda, ma una volta entrati si percepisce una tale vitalità, una tale energia, una gioia
espressa nei canti (e anche nelle risate, possiamo dirlo) che a quel punto quelle
mura antiche ti rimandano tutta la loro forza.
    Maddalena adesso è entrata in noviziato e vestirà l’abito bianco per i prossimi
due anni. Avete visto il suo viso e quello di Francesca Romana, la ragazza che con-
divide il cammino con lei, traspare tutta la felicità che hanno nel cuore e questo non
può che farci stare bene.
    Da quando ci ha comunicato questa sua scelta quasi tre anni fa, abbiamo fatto
tanta strada, con fatica, con tenacia, con l’aiuto di tante persone e con l’aiuto di Dio.
Siamo arrivati a vedere le cose con altri occhi, a comprendere la gioia di queste 14
donne e di tante altre come loro.
    Il Signore ha chiesto questo a Maddalena e lei ha accettato di provarci, credo che
dobbiamo esserne grati e speriamo anche di essere degni di tanta grazia.
                                                                          Cristina e Franco
>>> Intvista a Lorzo…!
1. Chi sei? Riesci a presentarti in poche righe?
   Ciao! Sono Lorenzo, ho 24 anni, vengo da Grave-
   dona ed Uniti e sto terminando il secondo anno di
   teologia nel seminario diocesano di Como.
2. Una qualità che ti riconosci e una che ti ricono-
   scono gli altri.
   Cerco di guardare sempre il lato positivo delle
   persone e delle situazioni, o almeno ci provo. Una
   qualità che invece mi riconoscono… mi dicono
   che faccio ridere, anche se non so sei sia un com-
   plimento o meno.
3. Un difetto che vorresti correggere.
   Vorrei cercare di sfruttare meglio le mie giornate,
   cercando di perdere meno tempo possibile in cose
   che poi mi rendo conto essere di poco valore.
4. Una persona che è stata fondamentale per la
   tua vocazione?
   Ci sono state davvero molte persone importanti, che mi hanno e che mi stanno ac-
   compagnando. Sicuramente fondamentale è stato ed è don Claudio, anche per tutto
   quello che ha fatto ancor prima che io accogliessi questa strada.
5. Il suo insegnamento più importante.
   Innanzitutto la sua vita, il suo modo di essere sacerdote. Di parole poi ce ne sono state
   tante. Una su cui spesso torno, soprattutto durante l’attività pastorale, è che non si è
   preti solo per i giovani.
6. Un momento della vita in oratorio che ricordi.
   Penso al catechismo quando ero alle elementari
   e alle medie, a quei bei pomeriggi passati in ora-
   torio. Mi vengono in mente le varie esperienze
   estive, una su tutte gli anni a Riccione. Ma penso
   anche a quei tranquilli e quotidiani pomeriggi
   passati in compagnia tenendo aperto l’oratorio.
7. Quella volta l’hai combinata grossa… (se c’è
   e ti senti di raccontarla).
   Mah, grosse grosse non mi sembra di averle
   combinate… ma forse dovreste chiedere l’opi-
   nione di qualcun altro.
8. Quello a cui più ti è spiaciuto (o ti spiace) ri-
   nunciare.
   Non ho grandi dispiaceri. All’inizio mi mancava un po’ la vista del lago, ma dopo un
   anno di attività pastorale a Bellagio non posso lamentarmi. Ogni tanto manca quella
   libertà e autonomia che prima di entrare in seminario iniziavo ad avere, ma nulla di che.
9. Il tuo sport preferito.
    Purtroppo in seminario non è sempre faci-
    le praticare degli sport… quei chili che ho
    messo su ne sono la prova.
10. Che film consigli di vedere almeno una
    volta nella vita?
    Mi piacciono molto i film, quindi non è
    semplicissimo sceglierne uno. Direi “I sogni
    segreti di Walter Mitty”.
11. Una pagina del Vangelo a cui sei affezio-
    nato.
    Ci sono molte pagine a cui sono affezio-
    nato, del Vangelo ma più in generale del-
    la Scrittura. Tra le altre c’è quella in cui
    Gesù cammina sulle acque con Pietro, in
    MT 14, 22-33.
12. C’è un santo a cui ti ispiri o che ami par-
    ticolarmente?
    C’è un santo a cui mi sono affezionato,
    che è Ignazio di Loyola, ma non saprei se c’è un motivo preciso. Mi piace molto la sua
    storia, come è stato chiamato a partire dalle sue passioni, da quello che era.
13. C’è qualcosa che ti fa paura?
    Grandi paure no. Ho la paura sana, cioè quella che ti spinge a migliorarti, di non essere
    all’altezza di quello che sono e che sarò chiamato a fare.
14. Che cosa ti aspetti da noi, tuoi parrocchiani?
    In fin dei conti quello che già c’è, cioè normalità e semplicità nelle relazioni, soprat-
    tutto quando sono a casa, e un po’ di vicinanza. Sinceramente mi sento ancora parte
    della comunità, anche se in modo differente. — — — — — — — — — — — —
Don Andrea,
       ci racconta...
   Scrivo queste brevi righe alle soglie della mia
ordinazione, grato al Signore per questo dono,
con l’intento di salutare la Comunità nella quale
ho vissuto per ben due anni da seminarista prima e
da diacono poi. Tempo proficuo per crescere uma-
namente e spiritualmente accanto a sacerdoti pa-
zienti, disponibili, capaci di ascolto e testimoni di
vera esperienza cristiana.
   Due anni ricchi ma non sempre semplici, vissuti
a servizio della vita della comunità. Due anni ric-
chi di incontri con giovani, adulti ed anziani capaci
di sguardi costruttivi per la crescita vicendevole,
occasioni di crescita specialmente con i giovani cercando di appassionarci alla vita
dell’oratorio per il bene della Comunità.
   Due anni ricchi di kilometri sulla tratta Como-Gravedona, su e giù per il lago ormai
in modo disinvolto, code turistiche di giorno e vie libere la notte. Due anni in prepara-
zione al ministero sacerdotale ormai imminente, nella comunità che lo Spirito Santo,
nella figura del Vescovo, vorrà donarmi.
   Comunità dove vivere per il bene di molti fedeli e a servizio della Chiesa, per il tempo
che il Signore vorrà regalarmi.
                                                                               Don Andrea
Benvenuto Don Andrea,
            nostro nuovo V icario...

    Suona un poco superato il messaggio scritto da Don Andrea per il bollettino par-
rocchiale qualche settimana fa. Dopo aver partecipato numerosi, con commozione
ed entusiasmo, alla sua Ordinazione Sacerdotale avvenuta l’8 giugno, lo accoglia-
mo con gioia come nostro nuovo Vicario augurandoci di riuscire a fargli sentire tutto
il nostro calore umano e la nostra vicinanza.
… Voce alle giovani!
    Ma… chi l’avrebbe mai detto che la tua comunità sarebbe stata proprio questa?!?
    Dopo due anni di cammino insieme – un po’ a pezzi, visto i pochi giorni in cui eri con
noi – siamo chiamati a RI-ACCOGLIERCI come un dono grande del Signore.
    Per noi, la gioia di poter accogliere un giovane che ha scelto di rischiare la sua vita
donandola al Signore, che in quel “come se vedessero l’invisibile” che ci ha accompa-
gnati nella Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, ci permette – come ci ha
suggerito il Vescovo Oscar – di poter aggiungere un “come se vedessero GIÀ l’invisibile”.
    E allora una preghiera speciale per RI-CORDARCI – per portare al cuore! – tutti che Lui,
l’invisibile, è già visibile nelle nostre vite e, ancor più profondamente, è già visibile in noi.
    Per te, la sfida di giocare la tua vocazione in questa nostra comunità e nella pasto-
rale giovanile, con tutte le gioie e le fatiche che questo comporta.
    Ma per quanto riguarda le fatiche siamo fiduciose!
    Fatiche ce ne sono per tutti, lo sappiamo… ma sappiamo anche che amare davvero
costa fatica, ci consuma, ma ne vale la pena e, soprattutto, ne vale la gioia!!!
    E allora ogni giorno siamo chiamati a sceglierci, per scoprire cosa ci riserva il Signore
in questa nuova avventura che non inizia, ma che continua.
    … Anche questo è, allora, un’occasione di grazia perché in questo continuare ab-
biamo anche un’opportunità per ricominciare, INSIEME!
    Lo Spirito Santo, nella figura del Vescovo, ci ha regalato altro tempo per conoscerci,
per coltivare relazioni sempre più vere, sincere e profonde, in cui tutti noi, laici e preti,
abbiamo bisogno di vivere e metterci in gioco, perché in fondo sono proprio le rela-
zioni che ci rendono veramente cristiani, che ci rendono davvero a immagine e somi-
glianza di quel Dio che è da sempre e per sempre Padre e che in Cristo ci rende figli e
fratelli nell’Amore.
    Altro tempo per fare esperienze, per condividere le gioie e le fatiche… per CAMMI-
NARE INSIEME! Per crescere nell’umiltà e come comunità, per fare nuovi passi sulla via
dell’amore e crescere secondo lo stile del Vangelo, per scorgere nei fratelli i tratti del
volto misericordioso del Padre che ci ha messi insieme e che ci rende dono gli uni per
gli altri – anche se spesso e volentieri non ce ne accorgiamo.
    E in questo ricominciare insieme forse stavolta ti risparmierai qualche km… possiamo
dire che siamo abbastanza vicini adesso!
    Km in meno, ma probabilmente qualche fatica in più… perché stare insieme, vivere
insieme, non è sempre facile, ma, grazie a Dio, nemmeno impossibile!
    E allora ti aspettiamo, Signor Vicario, per camminare insieme e diventare insieme
sempre più testimoni dell’Invisibile!
    Le fonti francescane raccontano: «Un giorno, uscendo dal convento, san Francesco
incontrò frate Ginepro. Era un frate semplice e buono e san Francesco gli voleva molto
bene. Incontrandolo gli disse: “Frate Ginepro, vieni, andiamo a predicare”. “Padre mio”
rispose, “sai che ho poca istruzione. Come potrei parlare alla gente?”. Ma poiché san
Francesco insisteva, frate Ginepro acconsentì. Girarono per tutta la città, pregando in
silenzio per tutti coloro che lavoravano nelle botteghe e negli orti. Sorrisero ai bam-
bini, specialmente a quelli più poveri. Scambiarono qualche parola con i più anziani.
Accarezzarono i malati. Aiutarono una donna a portare un pesante recipiente pieno
d’acqua. Dopo aver attraversato più volte tutta la città, san Francesco disse: “Frate Gi-
nepro, è ora di tornare al convento”. “E la nostra predica?”. “L’abbiamo fatta… L’abbiamo
fatta” rispose sorridendo il santo».
    “Predicate il Vangelo e se necessario anche con le parole” è la frase che hai scelto per
la tua ordinazione, molto cara a san Francesco e che ci dà un’immagine molto bella:
Francesco non parla, è ciò che lui è che parla. “Dio è ciccia, è incontro, è relazione, è trino”.
    Con la grazia di Dio ti auguriamo di essere questo per noi: incontro con il volto di
Dio che è carne in te e in ognuno di noi. Aiutaci ad incontrarlo!!!
    Portaci l’amore di Dio che ti ha fatto innamorare di Lui tanto da donargli tutta la
tua vita!
                                                                   Rachy, Ely e Fede Feffa
>

                                       I nostri 14enni domenica 5 maggio, accompagnati
da Don Andrea, Luca ed Elisa, sono partiti di buon mattino alla volta di Lipomo.
    Nonostante fosse una giornata fredda, ventosa e piovosa, siamo stati accolti con
grande calore, sorrisi raggianti e… un biglietto aereo!… Destinazione? Tappa 14!
    Fatto il check-in e la foto di gruppo abbiamo preso posto e accompagnati dalla mu-
sica e dagli animatori abbiamo “imparato” il Flash-mob che più tardi, in piazza Verdi
a Como, avremmo messo in atto insieme a tutti gli altri 14enni della diocesi che, come
noi, erano ospiti in altre parrocchie del comasco.
    Ai ragazzi sono state poi presentate alcune testimonianze di giovani che a un certo
punto della loro vita hanno vissuto l’incontro con Gesù.
    Si è parlato di come la perdita di un nonno, da parte di un ragazzo poco più che
ventenne, possa allontanarti o scoraggiarti dal credere che esista un Dio che vuole il tuo
bene, di un Dio buono, giusto… Però poi, in un giorno qualunque, durante la Messa,
durante la Consacrazione Eucaristica, senti qualcosa dentro di te che si scioglie e com-
prendi che Gesù c’è! Che Gesù è vivo e che anche se tu ti sei allontanato da Lui, Lui non
si è allontanato da te! Mai!
    Una mezz’oretta di pausa per un fugace pranzo al sacco e poi via in piazza Verdi…
Animata da più di mille ragazzi con musica, balli, Flash-mob che hanno interrotto il
rumore del forte vento fino allo scoccare delle 14.30, ora della S. Messa con il nostro
caro Vescovo Oscar.
    “Seguimi” diceva il Vangelo di quella domenica e il Vescovo ci ha spronato a seguire
Gesù, a camminare insieme, a non abbandonarlo e dimenticare in fretta le meraviglie
che il Signore ha operato nelle nostre vite, a non temere un pizzico di persecuzione che
colpisce anche noi, sui banchi di scuola, nella vita quotidiana solo perché cristiani.
           Il vento soffia dove vuole, lo Spirito di Dio anche.
               Grazie Vescovo Oscar!
                  Grazie Tappa 14! Speranza del nostro OGGI!
                                                                               Elisa Cetta
Con Maria sulle strade di Bucarest
   SĂ MERGEM ÎMPREUNĂ… in lingua rumena significa “camminiamo insieme”.
    Ogni mercoledì sera del mese di maggio, abbiamo proprio cam-
minato insieme a Maria sulle strade di Bucarest, attraverso le me-
ditazioni offerte alla nostra Comunità Pastorale da don Federico
Pedrana, fideidonum della nostra diocesi, che opera in Romania in
aiuto dei ragazzi poveri e dei senza fissa dimora.
    Nel nostro percorso, abbiamo avuto la gioia di accogliere la
visita di don Federico Pedrana nella nostra Comunità, domenica
12 maggio, per pregare insieme e ascoltare la sua esperienza, il
suo cammino sulle strade della Romania. A Bucarest, nella capitale
in cui vivono don Federico ed i suoi ragazzi, si respira il gaudio, la
                               vita, soprattutto nelle vie delle periferie dove i bimbi ancora
                               giocano per strada con un pallone bucato, con una bambola
                               tutta rotta, recuperata chissà in quale discarica.
                                   Che vita, che gioia c’è nello stare con i bambini della pe-
                               riferia, i bambini zingari, i bambini poveri; ogni giorno è una
                               novità perché con loro si gusta la bellezza dell’esistenza nel-
                               la sua semplicità più estrema. Sono stupende le Messe che
                               vengono celebrate, ogni lunedì pomeriggio, nella cappellina
                               delle Suore di Madre Teresa di Calcutta nel quartiere di Feren-
                               tari, con i bimbi poveri. Ad ogni Messa, si concretizza l’Ultima
                               cena ma, lì con loro, la si tocca in un modo stupendo. Gesù
                               povero che si unisce con i bimbi poveri.
    La vita, a Bucarest, è un continuo mettersi in cammino lungo le strade dei poveri, degli
ultimi, per poter portare una parola di benevolenza, un sorriso, una carezza.
    Come Maria si va in visita alle tante “Elisabette” che attendono… La vita con i poveri
ti costringe a vedere continuamente croci e sofferenza. A volte, si vedono bambini fare
lavori che dovrebbero fare gli adulti. Si tocca con mano bambini che portano corone di
spine dolorosissime e noi, spesso impotenti, non possiamo fare nulla. Bucarest è una città
che ha in sé un velo costante di tristezza e dolore ma noi lo sappiamo… la croce non è e
non può essere la risposta ultima.
    Attraverso le riflessioni di don
Federico abbiamo condiviso anche
le storie di Nicu, Andrea, Gabriel…
persone che ogni giorno affronta-
no la povertà estrema a Bucarest;
sotto l’amorevole sguardo della
Madonna, ogni persona della no-
stra Comunità sia pronta a “pren-
dere il largo”, affrontando senza
esitazioni né paure le sfide familia-
ri e sociali della propria quotidia-
nità, per far sì che, con il materno
sostegno di Maria, giunga a tutti,
anche a quelli più lontani, l’annun-
cio di Cristo, salvatore del mondo.
– Ave, Maria! – Il saluto dell’angelo a Maria significa “Sii piena di gioia Maria”. Desideriamo
essere anche noi così: pieni di gioia. Accogliere tutti con un sorriso e comunicare la gioia.
 – Piena di grazia! – Maria è piena di grazia perché è abitata dallo Spirito Santo. Maria
risponde sì all’amore di Dio. Vogliamo anche noi impegnarci per dire il nostro “sì”, con
fiducia, ogni giorno.
 – Il Signore è con te! – Più di ogni altra creatura, Maria ha avuto Dio con sé, fin dal primo
istante della sua esistenza. L’angelo assicura Maria: non temere, il Signore è sempre con
te, perché tu non abbia timore. Il Signore è con tutti quelli che lo cercano con sincerità, il
Signore è con noi.
    C’è una gioia, nella periferia di Bucarest, molto bella, molto significativa. È importante
cercarla nelle piccole cose, nei piccolissimi gesti: un sorriso, una stretta di mano, una fa-
miglia che ti accoglie nella sua baracca, ecc. Quei piccoli gesti che, a volte, commuovono
e arrivano diritti al cuore. La vita c’è, bisogna cercarla al di fuori dei nostri schemi e dei
nostri giudizi, bisogna andare oltre.
                                                                              Anna Dalle Vedove
La bella storia della vita di ognuno
   Ogni uomo che nasce sulla terra riceve una missione speciale: fare della propria
vita una storia, d’amore. Raccontare vivendo è scegliere che il nostro tempo,
le nostre energie, i nostri talenti e i nostri desideri raccontino di un amore, di una
passione, di una precisa direzione con cui abbiamo provato a vivere ogni attimo la
nostra esistenza. Abbiamo un’intera estate per scoprire che la vocazione è la bella
storia della vita di ognuno!

    Il cammino del Grest di quest’anno arriva a conclusione di un percorso lungo
tre anni: nel 2017 ci siamo occupati di creazione (“Dettofatto”), lo scorso anno di
lavoro (“All’opera”) ed ora l’uomo, dentro questo sistema, trova il suo volto, la sua
BELLA STORIA.
    Il nostro cammino quest’estate sarà guidato da quattro parole:

   NASCERE
    e rinascere…
    Essere venuti al mondo è un regalo inatteso. Se non diventeremo capaci di rico-
noscere la nostra origine quale dono gratuito, non potremo mai cogliere la promes-
sa di bene che Dio e i nostri genitori ci hanno fatto. Siamo stati cercati e desiderati:
non siamo frutto del caso o di un incidente di percorso. E, anche nel caso così fosse,
eccoci, siamo qui, e questo è il segno che la vita stessa ci ha desiderato e voluto.
Anche ogni gesto gratuito, che fin dall’inizio abbiamo ricevuto e stiamo ancora rice-
vendo, è sotto il segno di una promessa di bene che Dio e i nostri genitori ci hanno
fatto il giorno in cui siamo nati.

   CRESCERE
    senza mai smettere…
    Si cresce, in effetti, anche senza volerlo e senza saperlo. Ma che bella la consape-
volezza di crescere, coltivare la capacità di crescere, amare il compito e la sorpresa
di crescere, scoprendo quello che si è, quello che si è in grado di essere e si vuole
provare, riuscire ad essere. Nonostante il mondo intorno o grazie ad esso, grazie
o nonostante l’aiuto e le cure di chi abbiamo intorno, grazie e nonostante a come
gira il mondo, nonostante e grazie anche a qualche cantonata… Il venire al mondo
esprime tutta la sua carica promettente anche nel dispiegarsi del tempo. Non solo
la cura dei genitori ma anche la vicinanza di altre persone incontrate, contiene un
appello, una promessa che chiede disponibilità a mettersi in movimento per fare
alleanza. Non si cresce infatti da soli e nemmeno con i soli genitori. Occorre uscire
da se stessi, dal proprio guscio e giocarsi con fiducia per costruire nuove relazioni,
fondamentali per il nostro vivere.
DESIDERARE
    sognare all’altezza delle stelle…
    Crescere insieme, fidarsi del prossimo che cii
sta accanto richiede ulteriori forme di collabo--
razione poiché la sola vicinanza fisica non è suf-
ficiente. C’è un cammino da condividere, passi
da fare insieme, non soltanto perché prossimi
ma perché consapevoli di essere dentro una
storia e un orizzonte comune. La sua forma
concreta potrebbe essere la meta verso la qua-
le si è deciso di camminare: fare della vita una
storia (d’amore). Questa meta non prevede un
viaggio in solitaria. È frutto di un orientamento
personale e comune allo stesso tempo e che,
già per il semplice fatto di camminare insie-
me, apre lo sguardo ad un futuro migliore an-
che se non ancora del tutto chiaro, un futuro
da desiderare.

   COMPIERE
    esserci per dare realtà…
    Amare qualcuno è dargli realtà, riconoscere che è e lasciare che sia secondo il suo
desiderio, il suo progetto, le sue possibilità. Vale per le persone, vale per ogni crea-
tura, vale anche per le idee, i desideri, i progetti. Amare qualcuno, qualcosa, è dargli
realtà; e dare realtà è fare in modo che il desiderio si avveri, il progetto si realizzi, sia
raccontabile. Fai quello che ti tocca, qui, adesso, non chiamarti fuori, non darti as-
sente, non tralasciare quello che spetta a te e a te soltanto; ma non dimenticare che
l’opera è più grande di te, che quello che c’è in ballo non sta interamente nelle tue
mani; non pretendere di essere tu a portare a compimento un’opera che ha bisogno
di tante mani, e braccia, e teste e cuori, tanti e diversi, e questo allarghi il tuo cuore
alla fiducia e ti faccia far pace a volte con la tua stanchezza. Non sottrarti però a
quello che puoi fare tu; resterebbe non fatto, un pezzo assente, smarrito, mancante,
e la tua vita ne patirebbe.

   A trasmettere il messaggio del tema è anche lo slogan semplice ma comunicativo:
BELLA STORIA. Il logo racconta la crescita di un bambino che diventa adulto scri-
vendo la propria storia ed i colori usati sono i tre colori primari che sono gli elementi
fondamentali, dai quali partire per raccontare una storia bella e colorata.
   Bella l’estate, belle le vacanze, bello questo tempo insieme, da vivere e da inventare.
Un tempo della storia che ognuno di noi è, della storia che possiamo costruire insieme,
che vogliamo e possiamo riconoscere come nostra; e quindi farla, e raccontarla.
   Buon cammino, allora, in questa storia della vita che è nascere, crescere, avere
desideri, fare progetti, realizzarli, fare realtà.

   Vogliamo impegnarci perché, anche per noi si compia il sogno di Dio: far parte
di un’unica famiglia, in cui la pace e la condivisione siano le uniche regole e tutti
possano scoprire la promessa del Signore: IO SARÒ CON TE!
   Vedrete, sarà una BELLA STORIA!                                 Anna Dalle Vedove
Gravedona, sabato 18 maggio 2019 —        CUCINA(MA)RE
                            Da ogni parte del mondo in un bel girotondo,
                          tanti Chef in compagnia per cucinare in allegria!
                                 Da quel di Parigi, Chef Ilary – oui, oui! –,
                         accompagnata dai suoi compari Martha e Diego,
                                         che in Siberia son Chef senza pari!
                                            E come fare una pizza coi fiocchi
                                                        senza i consigli di Silvia
                                           dal paese di Napoli coi balocchi?!
                                 Anche dalla Spagna non poteva mancare
                        Chef Alberto e il buon cibo che non può non fare!
                                       In terra straniera a esplorar lecornie
                               Chef Paolo dal Marocco è riuscito a venire.
                            Dal lontano San Carlo, in coppia per sempre,
                          Chef Chiara e Riccardo ci han mostrato bravura
                                                      e tanta voglia di giocare.
                                                     Dall’America con furore,
                             Chef Angela che cucina sempre con il cuore!
                                                E con Alessia che tutto crea,
                                                        la compagnia aumenta:
                                                       da quel di via Ballotta...
                                          – Attenti a quella strana flotta! –.
                                 E non potevano mancare Sofia e Matteo,
                                         con tanto di personali aiutocuochi
                                                   per una cucina coi fiocchi!
                                    Ma con tutti questi cuochi, tanti piatti,
                                                stoviglie, coltelli e cucchiaini,
                             han bisogno di un lavapiatti fuori dai confini:
                                    con noi il mitico Luca, che il ciel l’aiuta!
                                Dalle alte vette e somme cime di Stazzona,
                                 con furore Deborah: la miglior assistente
                                                       che si possa desiderare
                             quando hai tante prelibatezze da preparare.
                                                          Non poteva mancare,
                                               dall’infinito sapore di via Sale,
                                           che rende gustosa ogni pietanza,
                                    al seminario dove a tanti vien la panza,
                                        Anna con la sua gioia spettacolare!
Dalla corsia alla cucimania,
la Chef Anto tutte le malattie si porta via.
E ancora... da maestra a cuciniera,
coi bambini fino a sera,
Chef Fede dal buon consiglio,
senza mai averci piglio.
Tanti ingredienti e compagnia
per nutella e piadypizza in compagnia.
Tra dolce e salato,
a merenda il pasto è assicurato.
Un grande grazie a tutti i presenti
e dalla giuria un messaggio agli assenti:
“Tutto perfetto e prelibato
e tanto divertimento assicurato.
Da Barbara, Ilaria e Serena
un grazie per non essere andate via
a pancia piena!”.
E la premiazione che tutti si spera:
primi alla pari con sorpresa
e via tutti a far la spesa per
la prossima impresa!!!

                    Federica e Antonella
Un nuovo modo di essere Chiesa
     Cammino formativo con l’Azione Cattolica
    La Chiesa si trova ad affrontare in modo crescente sfide inedite che mettono alla
prova la sua capacità di essere riferimento per la qualità di vita delle persone. Nelle
nostre Parrocchie e Comunità Pastorali abitiamo uno scenario ecclesiale e sociale che
richiede un continuo discernimento e nuovi percorsi pastorali.
    Il Vicariato di Gravedona in collaborazione con Azione Cattolica ha scelto di interro-
garsi ed attivare un dialogo costruttivo tra le Comunità del territorio per arrivare a sco-
prire come essere efficaci e significativi nell’azione pastorale. Il corso si è sviluppato
con due date di approfondimento e confronto, in aprile e maggio 2019, continuazione
                        del percorso “Cinque volti uno sguardo” svolto nel 2017.
                            Partire dalle persone, fede comunitaria, formazione, sono i temi
                        fondanti selezionati dal gruppo organizzatore per riscoprire il senso
                        vero di essere Chiesa; la sinodalità, più che la corresponsabilità,
                        è lo stile ecclesiale da vivere, messo in pratica già nella fase pre-
                        paratoria durata alcuni mesi, nei qualisacerdoti e laici dell’équipe
                        formazione del Vicariato insieme alla dott.ssa Lucia Angelini, Luca
                        Frigerio e Paolo Bustaffa per l’Azione Cattolica, hanno analizzato
                        la realtà e condiviso idee, contenuti e obiettivi del percorso.
                            Il primo incontro, domenica pomeriggio 7 aprile, ha visto la
                        bella e attenta partecipazione di molte persone, sollecitate da
                        una provocante presentazione multimediale della realtà a cura di
                        Lucia Angelini, dalla ricchezza di alcuni brani della Parola, e da
                        una simpatica modalità “semaforica” di intervento e valutazione.
                        Divisi in 3 gruppi, i presenti hanno lavorato alla scopertadelle
                        criticità (rosso), dei dubbi e delle preoccupazioni (giallo), delle
                        speranze e prospettive (verde) delle loro comunità. Di seguito le
                        attese positive emerse nei gruppi.

    PARTIRE DALLE PERSONE:
–   Proporsi agli altri con semplicità e chiarezza.
–   Capire i bisogni delle persone nei vari contesti.
–   Portare un senso di fiducia.
–   Proporre opportunità concrete, ben preparate.
–   Impegnarsi ad avvicinare le persone nel quotidiano.
–   Avere fiducia nei più lontani.
–   Accettare noi per primi i “cambiamenti”.
–   Evitare relazioni “liquide” coi giovani (anziché sul divano, stare in strada).

  FEDE COMUNITARIA:
– Consapevolezza di essere una minoranza, ma inseriti in un progetto più grande e
  testimoniare l’amore per il Signore, come segno di speranza.
– Quali persone sono più credibili.
– Vivere la Parola ascoltata.
– Recuperare la “fraternità” nei rapporti comunitari.
– Scelte quotidiane personali sono un bene per tutti.
– Costruire ponti e non muri.
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