Circolare Ministero del Lavoro 02 Maggio 1996 n. 62

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Circolare Ministero del Lavoro 02 Maggio 1996 n. 62
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Circolare Ministero del Lavoro 02 Maggio 1996 n. 62
Circolare02.05.1996, n. 62 - prot. n. 2105/08.01

Licenziamenti collettivi - collocamento in mobilità - illustrazione delle disposizioni di legge e
amministrative - campo di applicazioni e fasi - nozione - presupposti - criteri di scelta -
formazione delle liste - indennità - requisiti oggettivi e soggettivi - lavori socialmente utili -
sussidio di disoccupazione - liste - cancellazione - reiscrizione - contribuzione - quota a carico
dell''impresa - quesiti - note – procedure

Oggetto: "L''istituto della mobilità". Documento elaborato a cura del Ministero del lavoro
dell''INPS
Sommario
ILLUSTRAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DI LEGGE E AMMINISTRATIVE
PROCEDURA - CAMPO DI APPLICAZIONI E FASI
NOZIONE - PRESUPPOSTI
CRITERI DI SCELTA
FORMAZIONE DELLE LISTE
INDENNITA` - REQUISITI OGGETTIVI E SOGGETTIVI
INDENNITA` - DETERMINAZIONE - CRITERI
LAVORI SOCIALMENTE UTILI - SUSSIDIO DI DISOCCUPAZIONE
LISTE - CANCELLAZIONE - PRESUPPOSTI
LISTE - REISCRIZIONE - PRESUPPOSTI
CONTRIBUZIONE - QUOTA A CARICO DELL'IMPRESA
QUESITI PROCEDURA - NOTE Il documento che si trasmette è frutto del lavoro svolto da
un''apposita commissione di studio composta da rappresentanti del Ministero e dell''INPS Nel
richiamare le finalità del documento e gli sviluppi attesi enunciati dal Ministro del lavoro
nell''introduzione, si invita a darne la massima diffusione (anche a mezzo del supporto informatico
inviato ai soli Uffici regionali) ed a formulare guanto prima, eventuali osservazioni e proposte, in vista
della prossima struttura di aggiornamento. L''istituto della mobilità Illustrazione delle disposizioni di
legge e amministrative Introduzione Nell''ambito della disciplina lavoristica, la materia della gestione
delle eccedenze di personale, particolarmente per gli aspetti connessi alla mobilità, è stata tra quelle più
soggette ad interventi modificativi e correttivi. I numerosi provvedimenti successivi al 1991 - epoca in
cui la materia è stata disciplinata con intenti di organicità - hanno contribuito a rendere altamente
complesso il quadro legislativo di riferimento, appesantito, fra l''altro, da una fittissima produzione di
istruzioni applicative. È sembrato, pertanto, non più procrastinabile intervenire sul piano
amministrativo per ridurre il grado di complessità con iniziative tese a risistemare le circolari e ad
elaborare supporti applicativi il più possibile chiari ed univoci, per dare così agli operatori pubblici
certezze ed uniformità nell'azione amministrativa. In coerenza con queste esigenze nei mesi scorsi ho
provveduto a costituire una Commissione di studio, formata da dirigenti del Ministero e dell''INPS,
avente il compito di chiarire i complessi aspetti applicativi di comune interesse sulla gestione delle
eccedenze e di formulare, quindi, proposte di semplificazione e di riforma della normativa vigente,
tenendo presente l''importanza di rafforzare i rapporti tra le competenti amministrazioni pubbliche
mediante forme sistematiche di collaborazione. Non essendo ancora mature le condizioni per pervenire
alla stesura di testi unici, la Commissione ha messo a punto il presente documento sulla mobilità, che
fin da ora fornisce

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indicazioni di orientamenti univoci per i soggetti che operano nel settore. L''elaborato non ha
ovviamente carattere esaustivo ma si colloca in una logica di affinamenti e sviluppi che prevede, anche
sulla base dei contributi che perverranno dagli stessi operatori, aggiornamenti periodici ed
un'integrazione dei contenuti, a partire dalla correlata disciplina degli incentivi alla ricollocazione dei
lavoratori in mobilità. La finalità ultima è quella di pervenire ad un documento che, riassumendo tutte
le precedenti direttive, definisca univocamente il contesto normativo per la corretta operatività degli
uffici pubblici, con l''ulteriore prezioso effetto di dare chiari punti di riferimento anche ai soggetti
esterni. Con il lavoro svolto si inizia a porre rimedio con sistematicità alle numerose incertezze
interpretative ed alla conseguente perdita di efficienza del sistema e viene confermata la bontà del
metodo collaborativo in vista della sempre più efficace unità di intenti che deve contraddistinguere i
rapporti tra il Ministero del lavoro e l''INPS. Il Ministro del Lavoro Tiziano Treu

1. Procedura di mobilità

1.1 Campo di applicazione
La procedura per il collocamento in mobilità si applica a due diverse ipotesi di licenziamento per
riduzione di personale: la prima (licenziamento collettivo) riguarda tutte le imprese a condizione che
occupino più di quindici dipendenti, la seconda, invece, le sole imprese che rientrano nella disciplina
dell'intervento straordinario della cassa integrazione e che, una volta ammesse a fruire di tale
intervento, prevedano di non poter reimpiegare tutti o parte dei lavoratori sospesi.
La procedura è identica: l'unica sostanziale differenza (1) è rappresentata dal requisito numerico, che è
richiesto solo nell'ipotesi di licenziamento collettivo (2) e che si realizza qualora le imprese intendano
effettuare almeno cinque licenziamenti, nell'arco di centoventi giorni, in ciascuna unità produttiva o in
più unità produttive nell'ambito del territorio di una stessa provincia.
La procedura non si applica:
- alle eccedenze di personale determinate da fine lavoro nelle imprese edili e nelle attività stagionali o
saltuarie, nonchè per i lavoratori assunti con contratto a termine;
- ai datori di lavoro non imprenditori, come le associazioni politiche o sindacali, le associazioni di
volontariato, gli enti senza fini di lucro, gli studi professionali.
1.2 Fasi della procedura
La procedura può svolgersi in due fasi collegate fra loro:
- la prima fase è esclusivamente sindacale;
- la seconda è promossa dall'autorità amministrativa (che può essere l'Ufficio provinciale del lavoro,
quello regionale, il Ministero del lavoro) (3).
La procedura inizia con l'adempimento dello specifico obbligo di informare sia le rappresentanze
sindacali aziendali sia le rispettive associazioni di categoria ovvero, mancando le prime, come per le
bende con unità produttive con meno di sedici dipendenti, solo le associazioni di categoria aderenti alle
confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

1.2.1 Fase sindacale

L'obbligo di informazione riguarda i motivi che determinano la situazione di eccedenza, quelli di natura
tecnica che impediscono il ricorso alle misure che potrebbero evitare, in tutto o in parte, la riduzione di
personale (4) il numero, la collocazione aziendale, i profili professionali del personale eccedente, la
percentuale di manodopera femminile (5), i tempi di attuazione del programma di mobilità, le eventuali
misure per fronteggiare le conseguenze sociali di tale programma. (6)
Una copia della nota contenente l'informativa agli organismi sindacali deve essere inviata anche
all'autorità amministrativa competente (di norma l'Ufficio provinciale del lavoro).
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Le imprese rientranti nei settori economico produttivi e con i livelli occupazionali richiesti per la
corresponsione della indennità di mobilità ai lavoratori, devono allegare alle due comunicazioni copia
della ricevuta del versamento dell'anticipazione sul contributo di ingresso alla mobilità; il mancato
pagamento non comporta la sospensione della procedura nè la perdita, da parte dei lavoratori
interessati, del diritto a percepire l'indennità di mobilità. (7)
Come è evidente, il contenuto della comunicazione non è meramente formale: esso è importante perché
costituisce la base per l'esame congiunto che, entro i sette giorni successivi alla ricezione, può essere
proposto dagli organismi sindacali aziendali e dalle rispettive associazioni di categoria.
Il periodo massimo della consultazione (8) è di quarantacinque giorni, che si riducono della metà, cioè
a ventitrè, nel caso in cui il numero dei lavoratori da licenziare sia inferiore a dieci (9): nel caso delle
procedure concorsuali, il periodo massimo è determinato in trenta giorni (10).
Nel corso dell'esame congiunto le parti possono cercare una soluzione della controversia, ricorrendo
anche ad istituti particolari della contrattazione collettiva: contratti di solidarietà, gestione flessibile
dell'orario di lavoro, mutamento di mansioni in deroga all'Art. 2103 del c.c., ecc.
- I contratti di solidarietà, già previsti dall'Art. 1 della legge 863/1984, sono stati ridisciplinati dall'Art.
5 della legge 236/1993 e successive modiche ed integrazioni (11).
- La flessibilità dell'orario di lavoro, con l'utilizzo delle prestazioni in un diverso arco temporale
(articolato, ad es., anche in giornate festive e prefestive), può favorire la composizione della vertenza,
anche se ovviamente deve affrontare problemi di vario tipo, come qualunque intervento
diretto alla ottimizzazione dell'utilizzo degli impianti.
- Gli accordi (in deroga all'Art. 2103 c.c. ) che consentono di adibire il lavoratore a mansioni diverse da
quelle svolte - e quindi anche inferiori - allo scopo di evitare il licenziamento,
rappresentano un elemento che può favorire, in taluni casi, una soluzione positiva: si chiarisce così una
situazione (c.d. ius variandi in peius) sulla quale la giurisprudenza di merito aveva tenuto un
atteggiamento oscillante, talora rigido nel garantire la posizione acquisita dal dipendente, talora
possibilista e teso, comunque, a salvaguardare il posto di lavoro (12).

1.2.2 Fase amministrativa
Conclusa la consultazione sindacale, qualunque ne sia stato l'esito, il datore di lavoro è tenuto a darne
comunicazione all'Ufficio provinciale del lavoro - UPLMO - ovvero all'autorità amministrativa
competente per territorio (Ufficio regionale - URLMO - o Ministero del lavoro); analoga
comunicazione può essere inviata dalle associazioni sindacali dei lavoratori.
Ove non sia stato raggiunto l'accordo, l'autorità amministrativa competente convoca le parti per un
ulteriore esame della situazione, con un tentativo di mediazione che deve esaurirsi in trenta giorni
(ridotti a quindici se il numero dei licenziamenti non supera le dieci unità), a partire dal ricevimento da
parte della pubblica amministrazione della comunicazione dell'impresa.
Si ritiene che l'accordo raggiunto soltanto con alcuni dei soggetti sindacali che il datore di lavoro è
tenuto a consultare sia valido e non configuri un'ipotesi di mancato accordo (rilevante ai fini
dell'attivazione della fase amministrativa e della quantificazione del contributo d'ingresso alla mobilità)
se sia stato raggiunto con gli organismi maggiormente rappresentativi dei dipendenti interessati (13).
Il Direttore dell'Ufficio, territorialmente competente, esperisce il tentativo di conciliazione, facendosi
parte attiva e proponendo anche soluzioni diverse dal ricorso agli strumenti di flessibilità già descritti.
Ad esempio, egli può proporre: una convenzionale (14) tesa a graduare nel tempo gli eventuali obblighi
di assunzione delle categorie protette scaturenti dalla legge 482/1968;
il reimpiego dei lavoratori eccedenti in altre aziende, anche attraverso lo strumento del comando o
distacco temporaneo (15); il ricorso ad incentivazioni per dimissioni volontarie o agli ammortizzatori
sociali, come la cassa integrazione guadagni, ove utilizzabile (16).

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In questa fase il direttore dell'UPLMO può agevolare le iniziative di ricollocazione anche attraverso
l'attività delle Sezioni circoscrizionali finalizzata al reinserimento in lavori non necessariamente
subordinati (lavori in proprio svolti attraverso cooperative di nuova costituzione, lavori socialmente
utili, ecc.) con il coinvolgimento, mediante convenzione, di soggetti pubblici e privati (17).
La facoltà di collocare in mobilità deve essere esercitata per tutti i lavoratori assoggettati alla procedura
nel termine di centoventi giorni dalla sua conclusione, ovvero entro il diverso termine
previsto dall'accordo sindacale (18).
Superato tale termine la procedura di mobilità perde di efficacia ed occorre, eventualmente, avviarne
una nuova.
Ciò per due motivi: il primo perchè la norma detta il termine di centoventi giorni, anche se variabile
con l'accordo sindacale, per considerare come collettivi i recessi effettuati in quest'arco temporale (19);
il secondo perchè la stessa procedura, improntata a termini di scadenza puntuali, postula l'esigenza di
rapporti certi e precisi.
È quindi escluso anche che un accordo aziendale stipulato al di fuori della procedura di mobilità possa
prorogare il termine dei centoventi giorni ovvero il termine stabilito nell'accordo sindacale stipulato nel
corso della procedura stessa (20).

2. Licenziamento collettivo (cenni)
Si è in presenza di licenziamento collettivo per riduzione di personale allorquando c'è una riduzione
dell'attività economica dell'impresa tale da poter condurre alla soppressione di almeno cinque posti di
lavoro. Rientra nella nozione una trasformazione o un ridimensionamento strutturale dell'impresa,
deliberati dal datore di lavoro con scelta imprenditoriale (di per se stessa insindacabile da parte del
giudice di merito) tale da comportare una concreta soppressione dei posti di lavoro corrispondenti a
quelli occupati dai dipendenti oggetto di licenziamento (21).
Le ipotesi ora indicate coincidono, nella sostanza, con quelle che danno luogo ad un licenziamento per
giustificato motivo oggettivo (22), omesso a cause non inerenti la persona del lavoratore. La maggior
rilevanza sociale, legata al numero dei soggetti coinvolti, è alla base della diversa disciplina, che si
caratterizza soprattutto per la previsione della procedura sindacale.
Nell'intento di dare attuazione a una direttiva comunitaria (23), il legislatore ha quindi dettato una
specifica disciplina del fenomeno, valutandone il maggior peso sociale a causa della dimensione
collettiva del licenziamento fondato su riduzione o trasformazione di attività o di lavoro (24) o su
cessazione di attività dell'impresa (25). Nell'ampia formula adottata (riduzione o trasformazione di
attività) rientrano tutte le ragioni connesse con lo svolgimento e il funzionamento della produzione, con
gli assetti organizzativi, con l'introduzione di nuove tecnologie, comprese anche le ragioni economiche
comportanti eccedenze strutturali di manodopera, fermo restando che l'impossibilità della prestazione
lavorativa esula dall'ambito di operatività della disciplina del licenziamento collettivo (26).
Si sottolineano i seguenti punti:
a) il procedimento di riduzione collettiva del personale ha carattere esclusivo ed esaustivo, intendendosi
con tali aggettivi che lo stesso è unico ed esaurisce, in ogni caso, la tematica procedimentale relativa ai
recessi collettivi;
b) aggancio a una soglia inferiore da punto di vista occupazionale (imprese con più di quindici
dipendenti). Riguarda tutte le imprese, indipendentemente dalla natura dell'attività esercitata e in
qualsiasi forma costituita, che occupano più di quindici dipendenti.
La soglia numerica (più di quindici dipendenti) deve essere calcolata con riferimento alla normale
occupazione, cioè all'organigramma produttivo, o, in mancanza di questo, all'occupazione media
dell'ultimo semestre. Ai soli fini della definizione dell'area del licenziamento collettivo devono
calcolarsi anche i lavoratori assunti con contratti di formazione e lavoro e gli apprendisti;

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c) riferimento ai lavoratori coinvolti nella riduzione di personale (almeno cinque). Limite numerico: si
riferisce all'apertura della procedura o al numero di licenziamenti effettuati al termine
della procedura stessa.
La procedura può però concludersi anche con un numero di licenziamenti inferiore a cinque. È stato
infatti superato il problema interpretativo riguardante il caso di un'impresa che al termine della
procedura effettui il recesso nei confronti di meno di cinque lavoratori.
Pertanto è corretta l'interpretazione per cui il numero dei licenziamenti collettivi può essere inferiore a
cinque, purchè al momento dell'avvio della procedura di mobilità il datore di lavoro abbia inteso
procedere al licenziamento di almeno cinque unità.
- Ambito territoriale: qualora la riduzione di personale investa unità produttive di più regioni, è
necessario trattare unitariamente la controversia, anche se essa interessi più ambiti territoriali.
Infatti, i requisiti numerici (almeno cinque dipendenti nella stessa provincia nell'arco di centoventi
giorni) stabiliscono la soglia minima per l'accesso alle procedure di mobilità collegate alla riduzione di
personale. Ne consegue che devono ricondursi alla procedure di mobilità tutti i licenziamenti, anche se
relativi ad unità produttive ubicate fuori della provincia, semprechè almeno in una provincia sussistano
i requisiti idonei ad integrare la fattispecie legale, e risulti provata la connessione causale dell'unitarietà
del processo riorganizzativo (27);
d) ampliamento del periodo di osservazione, fissato in centoventi giorni
Fermo restando l'arco temporale dei centoventi giorni fissato dalla norma, entro cui il datore di lavoro
può intimare, anche in fasi successive, i licenziamenti, le patti possono prevedere, beninteso solo
nell'ambito dell'accordo raggiunto durante la procedura, un periodo che va oltre i centoventi giorni
(28).

3. Collocamento in mobilità
Al termine della procedura, l'imprenditore può esercitare, nei confronti del singolo lavoratore, il
recesso (che ha natura individuale) estinguendo il rapporto di lavoro.

3.1 Criteri di scelta
Accordi collettivi (29) avevano stabilito che la scelta dei lavoratori da licenziare doveva avvenire
mediante una valutazione comparata di tre diversi criteri individuati nelle esigenze tecnico produttive
(30), nei carichi di famiglia e nell'anzianità che si deve intendere di servizio presso azienda (31).
La più recente disciplina (32) ha fatto propri i criteri di scelta, in concorso tra di loro, già fissati negli
accordi interconfederali, ma solo in via sussidiaria, in quanto hanno priorità gli eventuali criteri fissati
nella contrattazione collettiva (nazionale, regionale, provinciale o aziendale).
Il rinvio alla autonomia contrattuale rende adottabili criteri anche totalmente diversi; questi comunque
devono essere astratti, non riguardare motivi inerenti la persona del lavoratore e non possono in alcun
modo prescindere dal divieto di collocare in mobilità una percentuale di manodopera femminile
superiore a quella di manodopera femminile occupata con riguardo alle
mansioni prese in considerazione (33).
La valutazione e l'applicazione dei singoli criteri, in concorso tra loro, deve essere oggettivamente
oculata per non prestare il fianco ad impugnative (34).
L'imprenditore è tenuto (35) anche a non penalizzare il personale appartenente alle "categorie protette",
per cui il numero degli invalidi soggetti alla disciplina del collocamento obbligatorio, sottoposti a
licenziamento, non può essere superiore alle specifiche percentuali previste dal collocamento
obbligatorio (36).
L'unitarietà gestionale delle eccedenze fa ritenere che l'accordo collettivo sui criteri non possa avere
un'efficacia limitata ai soli iscritti alle associazioni stipulanti. Esso, infatti, è diretto a regolamentare
l'esercizio di poteri propri del datore di lavoro e solo indirettamente ha effetti sul singolo rapporto di
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lavoro (37). Non sembra indispensabile, inoltre, la sottoscrizione di tutti i soggetti sindacali legittimati
alla trattativa.

3.2 Il recesso
Una volta individuati i lavoratori eccedenti, l'impresa deve comunicare il recesso per iscritto (38), pena
l'inefficacia dello stesso. L'inefficacia dei licenziamenti può, altresì, essere rilevata per l'inosservanza
delle procedure espressamente previste (39), e cioè:
- comunicazione del recesso nel rispetto dei termini di preavviso (40);
- comunicazione all'Ufficio regionale del lavoro, alla CRI ed alle organizzazioni sindacali di categoria
dell'elenco dei lavoratori licenziati, indicando per ciascun soggetto il nominativo, il luogo di residenza,
l'età, il carico di famiglia, la qualifica, il livello di inquadramento e le modalità di applicazione dei
criteri di scelta (41).
Il recesso è, inoltre, annullabile qualora siano stati violati i criteri concorsuali (fissati dall'autonomia
contrattuale o, in difetto, dalla legge) oltrechè, ovviamente, le percentuali relative alla manodopera
femminile ed agli invalidi.
Il provvedimento di licenziamento può essere impugnato con qualsiasi atto scritto, anche
extragiudiziale, entro il termine decadenziale di sessanta giorni ed il giudice, se ne dichiara l'inefficacia
o l'invalidità, dispone anche la reintegrazione nel posto di lavoro (42 - 43).
Il riferimento all'obbligo per l'impresa di effettuare per iscritto, oltre al provvedimento di recesso,
anche la comunicazione contestuale dei nominativi dei lavoratori in mobilità (da inviare all'Ufficio
regionale ed alla CRI), con i dati anagrafici, la qualifica, i carichi di famiglia, luogo dì residenza,
nonchè l'indicazione puntuale delle modalità con cui sono stati applicati i criteri che hanno portato alla
scelta dei dipendenti licenziati, introduce due problemi delicati: uno di ordine procedurale con i suoi
riflessi sull'esito dell'eventuale impugnativa di licenziamento, l'altro sulla competenza della CRI o
URLMO tesa a sindacare i criteri di scelta.
In ordine al primo problema si rileva che il licenziamento collettivo per riduzione di personale è un
procedimento complesso, composto da più atti posti in sequenza fra di loro, per cui un eventuale vizio
nel corso della procedura (es. non effettuazione dell'esame congiunto, ancorché richiesto; non rispetto
dei termini; non rispetto dei criteri; mancata comunicazione al termine della procedura) vizia l'atto
finale (il recesso) rendendo lo stesso invalido.
Quanto al secondo problema è da escludere ogni sindacato da parte dell'URLMO o della CRI,
destinatari della comunicazione.
Lo scopo di questa, infatti, anche se rappresenta un atto obbligatorio della procedura, è di agevolare,
per quanto possibile, l'inserimento dei lavoratori eccedenti nelle liste di mobilità, al fine di favorire una
loro idonea e veloce ricollocazione sul mercato del lavoro.
La stessa approvazione della lista da parte della CRI assume, quindi, un valore dichiarativo e non
comporta giudizio di regolarità dei licenziamenti.
Ciò non toglie che in caso di violazione di parti essenziali o di mancato svolgimento della procedura,
ovvero di mancanza dei requisiti prescritti per l'accesso alla medesima, l'ufficio conservi il diritto
dovere di intervenire, segnalando le circostanze rilevate alla CRI (44).
È escluso inoltre che la CRI possa decidere iscrizioni o proroghe di iscrizioni nelle liste, al di fuori dei
casi rigorosamente previsti dalla legge.
Qualora, poi, in sede di giudizio il magistrato ritenga illegittimo il licenziamento, disponendo la
reintegra nel posto di lavoro (45), l'impresa che abbia esperito la procedura può, dandone
comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali, licenziare un altro
lavoratore, senza riaprire la procedura (46).
Ciò, ovviamente, nel caso in cui il giudice di merito, sindacando sui criteri di scelta [ma non sulla
procedura che, se viziata, inficia anche eventuali altri licenziamenti, ovvero nel caso di condanna per
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comportamento antisindacale (47)], ha ritenuto violata la concorsualità dei criteri (es. ipotesi
discriminatoria).
È comunque evidente che l'eventuale licenziamento sostitutivo, effettuato senza riapertura della
procedura, dovrà tener presenti le motivazioni alla base della sentenza di reintegra, al fine di evitare che
ricorrano ancora gli stessi presupposti per impugnare, in giudizio, il licenziamento ed ottenere un'altra
reintegra.

4. Formazione delle liste

4.1 Soggetti aventi diritto alla iscrizione
Le liste di mobilità ricomprendono (48):
a) operai, impiegati e quadri sottoposti a licenziamento collettivo, per riduzione di personale,
trasformazione ovvero cessione di attività (49);
b) operai, impiegati e quadri licenziati (50) da imprese, ammesse alla Cigs, che non sono in grado di
garantire il lavoro a tutti i sospesi;
c) i lavoratori a domicilio sottoposti a licenziamento collettivo (51);
Possono essere iscritti nelle liste di mobilità anche:
d) i lavoratori aventi titolo al trattamento speciale di disoccupazione e beneficiari, all'11 agosto 1991,
dei provvedimenti di proroga di tali provvedimenti, disposti per crisi economica settoriale o locale
ovvero per crisi aziendale, nonchè i lavoratori, licenziati da imprese operanti nelle aree del
Mezzogiorno ed aventi titolo, alla stessa data, al trattamento speciale di disoccupazione;
e) i lavoratori edili già impegnati nel completamento di impianti industriali o di opere pubbliche di
grandi dimensioni, nelle aree nelle quali con decreto ministeriale sia accertato uno stato di grave crisi
dell'occupazione, conseguente al previsto completamento di tali attività (52);
f) i lavoratori edili, provenienti da programma di Cigs, i quali abbiano una anzianità aziendale di
almeno trentasei mesi, dei quali almeno ventiquattro di lavoro effettivamente prestato; se licenziati
entro il 31 dicembre 1994, i tempi di mantenimento nella lista si allungano, in quanto al trattamento
speciale di disoccupazione da essi percepito si applicano le disposizioni della mobilità "lunga" (53);
g) i lavoratori già in servizio alla data del 1° gennaio 1992 ovvero del 1° gennaio 1994, e dipendenti
dalle imprese del settore della spedizione internazionale, dei magazzini generali, nonchè degli
spedizionieri, iscritti ai relativi albi professionali (54), licenziati, rispettivamente, entro il 1993 o entro
il 1995 in conseguenza dell'abolizione delle frontiere fiscali e dei controlli doganali del mercato interno
comunitario (55);
h) i lavoratori (anche amministrativi) del trasporto marittimo, compreso il rimorchio nei porti, licenziati
entro il 1996 (56).
i) gli operai, gli impiegati ed quadri, licenziati entro il 31 dicembre 1996 per giustificato motivo
oggettivo, connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro da imprese, anche
artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupino anche meno di quindici dipendenti (57);
l) i lavoratori impegnati in lavori socialmente utili, e titolari per tutto il periodo di occupazione in detti
lavori, dello specifico sussidio;
m) fino al 31 dicembre 1995, anche se non impegnati in lavori di pubblica utilità, i lavoratori già
dipendenti da società non operative costituite dalla GEPI e dalla SAR ovvero i soggetti, espressamente
indicati dalla legge, nei cui confronti siano cessati al 31 dicembre 1994 i trattamenti di mobilità o di
disoccupazione speciale, ovvero, nel periodo 1° dicembre 1994/31 maggio 1995, di cassa integrazione
straordinaria.
n) da 1° gennaio 1996 fino al 31 dicembre 1997 i lavoratori dipendenti o già dipendenti da discariche
autorizzate che siano chiuse nelle regioni ove è stato dichiarato lo stato di emergenza (58).

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Nelle liste sono perciò iscritti soggetti che non sono necessariamente titolari della indennità di mobilità
(59).
Ad esempio, gli operai, gli impiegati ed i quadri, sottoposti alla procedura di licenziamento collettivo
per riduzione di personale o trasformazione di attività da parte di imprese non rientranti nella disciplina
della cassa integrazione, usufruiscono della sola disoccupazione ordinaria e la loro iscrizione nella lista,
per il periodo di spettanza teorica della indennità di mobilità, produce effetti solo, ai fini di una più
agevole ricollocazione lavorativa (60).
Sono inoltre iscritti i soggetti titolari di specifiche prestazioni, quali, appunto, i dipendenti del settore
della spedizione internazionale ed i lavoratori, anche amministrativi del trasporto marittimo, compreso
il rimorchio nei porti, titolari delle specifiche indennità.
Altrettanto dicasi dei lavoratori edili, titolari del trattamento di disoccupazione speciale (ovviamente
non tutti, ma solo quelli espressamente previsti dalla legge) ed i titolari del sussidio, impegnati in lavori
di pubblica utilità.

4.2 Approvazione delle liste
I nominativi dei lavoratori licenziati a seguito dello svolgimento delle procedure di mobilità (61)
vengono comunicati dalle aziende all'Ufficio regionale del lavoro competente il quale compila la lista
di mobilità, che poi è sottoposta all'approvazione della Commissione regionale per l'impiego (CRI).
L'inserimento nella lista ha effetto dal giorno successivo a quello del licenziamento (62).
I lavoratori licenziati per riduzione di personale o cessazione di attività da aziende con meno di
quindici dipendenti, e quindi non tenute a seguire le procedure di mobilità, devono invece presentare
formale richiesta di iscrizione nella lista di mobilità alla Sezione circoscrizionale per l'impiego
territorialmente competente entro 60 gg dalla comunicazione del licenziamento, ovvero dalla
comunicazione dei motivi del licenziamento qualora questa non sia contestuale (63).
Il predetto termine decorre dalla effettiva cessazione del rapporto di lavoro, costituendo lo stato di
disoccupazione presupposto essenziale all'iscrizione nella lista di mobilità.
La Sezione circoscrizionale verifica che i motivi di licenziamento addotti dall'impresa corrispondano a
un giustificato motivo oggettivo (64). Di conseguenza, deve ritenersi esclusa da parte della Sezione la
verifica di merito sulla fondatezza dei motivi addotti.

5. Indennità di mobilità
">
5.1. Requisiti soggettivi
Hanno diritto all'indennità i lavoratori posti in mobilità da imprese appartenenti a specifici settori,
assunti con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine e che facciano
valere il seguente requisito:
- un'anzianità aziendale (65) minima di dodici mesi (66) di cui almeno sei mesi di lavoro effettivamente
prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni (67) e,
inoltre, quelli di astensione obbligatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio (68).
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5.2 Requisiti oggettivi dei lavoratori
Dipendenza da imprese rientranti in determinati settori economico produttivi.
I lavoratori, per avere diritto alla indennità, oltre a possedere i requisiti soggettivi devono essere
collocati in mobilità da parte di una impresa appartenente a specifici settori, aventi le seguenti
dimensioni occupazionali (69).
A) Con più di quindici dipendenti nel semestre precedente l'avvio della procedura di mobilità (70)
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a) imprese industriali escluse le edili (71);
b) cooperative agricole che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici
per i dipendenti con contratto a tempo indeterminato;
c) imprese artigiane, escluse quelle edili, che nell'ultimo biennio abbiano superato il 50% del fatturato
nei confronti di una impresa rientrante nella disciplina dell'intervento straordinario della cassa
integrazione;
d) imprese appaltatrici di servizi di mensa o ristorazione presso imprese industriali (72);
e) settori ausiliari del servizio ferroviario, ovvero del comparto della produzione e della manutenzione
del materiale rotabile (73);
f) imprese di vigilanza, limitatamente ai periodi 1° gennaio 1994/31 dicembre 1995 (74) e 1° febbraio
1996/31 dicembre 1997 (75).
B) Con più di 50 dipendenti precedentemente all'avvio della procedura di mobilità (76)
a) imprese di spedizione e trasporto fino al 31 dicembre 1994 e dal 1° febbraio 1996 al 31 dicembre
1996 (77);
b) imprese commerciali che occupano fino a 200 dipendenti; agenzie di viaggio e turismo, compresi gli
operatori turistici, fino al 31 dicembre 1997 (78).
C) Con più di 200 dipendenti precedentemente all'avvio della procedura di mobilità (79)
a) imprese commerciali.
D) Imprese sottoposte a procedure concorsuali e di liquidazione esercenti pubblici servizi di trasporto
in concessione (80).

5.3 Cosa fare per ottenere l'indennità
La domanda per la concessione dell'indennità di mobilità deve essere presentata all'INPS, tramite la
Sezione circoscrizionale per l'impiego, a pena di decadenza, entro il 68esimo giorno dalla data di
licenziamento (81).
La prestazione decorre dall'ottavo giorno successivo al licenziamento se la domanda viene presentata
nei primi 8 giorni e dal quinto giorno successivo alla presentazione della domanda negli altri casi (82).
Nel caso in cui fruisca dell'indennità per mancato preavviso il lavoratore può utilmente presentare la
domanda di prestazione entro 68 giorni dalla scadenza dell'indennità per mancato preavviso (83).
Se la domanda viene presentata entro l'ottavo giorno dalla scadenza dell'indennità per mancato
preavviso, la prestazione decorre dall'ottavo giorno.
Se invece la presentazione avviene oltre l'ottavo giorno dalla fine del mancato preavviso, la prestazione
decorre dal quinto giorno successivo a quello di presentazione della stessa (84).

5.4 Durata dell'indennità
L'indennità spetta - in base all'età dei lavoratori alla data del licenziamento e all'ubicazione dell'unità
produttiva di appartenenza - per un periodo di 12 mesi, elevato a 24 mesi per coloro che hanno da 40 a
50 anni e a 36 mesi per coloro che hanno più di 50 anni. Per i lavoratori licenziati da imprese ubicate
nelle aree del Mezzogiorno (85) l'indennità spetta per ulteriori 12 mesi (86).
L'indennità non può comunque essere corrisposta per un periodo superiore all'anzianità aziendale
maturata dal lavoratore presso l'impresa che ha attivato la procedura di mobilità (87).
L'indennità può essere prolungata fino alla data di compimento dell'età pensionabile ovvero fino alla
data di maturazione del diritto al pensionamento di vecchiaia o di anzianità (88) (cosiddetta mobilità
luna) in favore dei lavoratori che facciano valere rispettivamente le seguenti condizioni: a)
collocamento in mobilità nel periodo 11.8.1991/31.12.1994 da parte di imprese operanti nelle aree del

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Mezzogiorno, nonchè in quelle in cui è stata accertata la sussistenza di un tasso di disoccupazione
superiore alla media nazionale (89);
b) collocamento in mobilità nel periodo 11.3.1993/31.12.1994 da imprese appartenenti ai settori della
chimica, della siderurgia, dell'industria della difesa e dell'industria minero metallurgica non ferrosa,
nonchè da imprese operanti nelle aree di declino industriale (90);
c) collocamento in mobilità nel periodo 20.1.1994/31.12.1994 da imprese appartenenti ai settori
dell'industria tessile, dell'abbigliamento e delle calzature, nonchè da imprese operanti nelle aree di
declino industriale (91);
d) collocamento in mobilità nel corso del 1995 o del 1996 di un numero massimo di 8.000 unità da
parte di imprese che attuano programmi di ristrutturazione, riorganizzazione, conversione ovvero
risanamento aziendale, nonchè piani di gestione delle eccedenze che presentano rilevanti conseguenze
sul piano occupazionale, e in merito ai quali siano stati stipulati accordi con le organizzazioni sindacali,
in sede governativa, prima del 31.12.1994 e che abbiano già utilizzato per i propri dipendenti le
disposizioni relative alla mobilità lunga. La domanda doveva essere presentata dalle imprese
direttamente al Ministero del lavoro entro il 15.10.1995 (92).

5.4.1 Eventuale prolungamento dell'iscrizione nelle liste di
mobilità
Non può aversi prolungamento di iscrizione nei seguenti casi:
a) Malattia e infortunio
Tale fattispecie non consente la neutralizzazione dei periodi poichè il caso non è legislativamente
previsto e poichè la malattia assume giuridica rilevanza solo in presenza di un rapporto di lavoro.
Inoltre, non sussiste il diritto ad alcuna prestazione economica sostitutiva di quella di mobilità,
diversamente dal caso dell'astensione obbligatoria e facoltativa per maternità.
b) Lavori socialmente utili
È uno dei casi espressamente previsti di utilizzazione cui sono tenuti i lavoratori in lista, considerati
come una delle misure attive dirette a favorire il reimpiego. È da considerare che durante l'utilizzazione
non è esclusa la possibilità di accettare altre opportunità così come le agevolazioni previste per chi
assume attingendo dalle liste.
Non appare inoltre invocabile l'analogia al caso del lavoratore in mobilità avviato a tempo determinato
o parziale (93) in quanto la legge espressamente esclude che nel caso considerato vi sia un rapporto di
lavoro subordinato.
Pertanto durante l'utilizzazione in lavori socialmente utili continua a decorrere il periodo di permanenza
in lista.
c) Lavoratori avviati a corsi di formazione professionale
Anche la partecipazione ai corsi rientra tra le misure dirette a facilitare il reimpiego previste
espressamente.
Pertanto, i periodi di partecipazione ai corsi, durante i quali continua ad essere erogata l'indennità (se
spettante), non possono essere considerati periodi neutri ai fini della permanenza in lista.
d) Lavoratori che fruiscono dei trattamenti pensionistici (94), oppure che optano per il trattamento di
invalidità (95)
La permanenza in lista di mobilità in questi casi non è possibile; ciò anche se le disposizioni di legge in
materia di pensionamento regolano solo gli aspetti relativi al diritto dell'indennità di mobilità e non
prevedono la cancellazione dalla lista.

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Infatti, per l'iscrizione (o la permanenza) nella lista di mobilità è essenziale che il soggetto abbia lo
status di disoccupato, che non è attribuibile al pensionato (96).
Infatti, i periodi di permanenza in lista devono essere uguali, a parità di requisiti oggettivi e soggettivi,
per tutti coloro che hanno titolo alla iscrizione. Questo principio vale sia per coloro che siano iscritti
senza diritto a percepire alcune indennità sia, come nel caso di specie, per coloro che abbiano goduto di
un periodo di CIGS mediante contestuale decurtazione di un pari periodo di durata dell'indennità di
mobilità.
In altri termini, la durata della permanenza in lista e quella del godimento del trattamento non
necessariamente coincidono.

5.5 Importo dell'indennità

L'indennità deve essere determinata con riferimento al trattamento straordinario di integrazione
salariale percepito dal lavoratore, ovvero che sarebbe spettato allo stesso, nel periodo di paga
settimanale immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro ed è pari al 100% di tale
trattamento per i primi dodici mesi e all'80% dal tredicesimo mese in poi (97).
L'importo della CIGS, cui far riferimento per il pagamento della mobilità, è pari all'80% della
retribuzione spettante al lavoratore e non può superare l'ammontare massimo mensile stabilito per
ciascun anno.
Tale importo massimo doveva essere adeguato di anno in anno in misura pari all'80% dell'aumento
dell'indennità di contingenza dei lavoratori dipendenti maturata nell'anno precedente
(98).
Con effetto dal 1° gennaio 1994 è stato introdotto un secondo e più elevato importo massimo di
integrazione salariale in favore dei lavoratori la cui retribuzione di riferimento è superiore a lire
2.700.000 mensili lorde, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive (99 - 100).
La stessa norma, che ha introdotto il nuovo massimale, prevede altresì che tali importi massimi devono
essere annualmente aggiornati con riferimento alla variazione annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al
consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. L'aggiornamento, peraltro, vale solo per le
indennità con decorrenza iniziale nell'anno di riferimento.
Pertanto, tenuto conto della variazione di tale indice accertata per l'anno 1994, gli importi massimi lordi
da corrispondere per i primi dodici mesi in favore dei lavoratori licenziati nel corso dell'anno 1995
sono pari rispettivamente a lire 1.287.306 (netto lire 1.212.127) e a lire 1.547.217 (netto lire 1.456.860)
(101). Per l'anno 1996, tenuto conto della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo dell'anno
1995, gli importi massimi sono rispettivamente pari a lire 1.342.459 (netto lire 1.261.374) e a lire
1.613.506 (netto lire 1.516.050) (102).
I massimali sopra determinati sono applicabili anche in favore dei lavoratori che fruiscono del
trattamento speciale di disoccupazione per l'edilizia (103).

5.6 Prestazioni accessorie

I periodi di godimento dell'indennità di mobilità (e del trattamento speciale di disoccupazione per
l'edilizia) sono utili ai fini del conseguimento del diritto alla pensione e ai fini della determinazione
della pensione stessa (104) l'INPS provvede direttamente al relativo riconoscimento.
La misura dei contributi figurativi è individuata sulla base della retribuzione cui è riferito il trattamento
CIGS, al quale si fa riferimento per determinare l'importo dell'indennità di mobilità; si considera a
questo fine la retribuzione comprensiva degli elementi assoggettati a contribuzione corrisposti con
carattere di continuità e non collegati alla effettiva presenza al lavoro.

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La retribuzione figurativa così determinata resta invariata per l'intero periodo di mobilità e, in sede di
calcolo della retribuzione pensionabile, deve essere rivalutata in base agli indici di variazione delle
retribuzioni contrattuali del settore di appartenenza dell'interessato, rilevati dall'ISTAT.
Per i periodi di percezione dell'indennità di mobilità e del trattamento speciale di disoccupazione per
l'edilizia spetta inoltre l'assegno per il nucleo familiare secondo le vigenti disposizioni.

5.7 Corresponsione anticipata

Il lavoratore in mobilità che intenda intraprendere un'attività autonoma o associarsi in cooperativa ha la
possibilità di ottenere il pagamento anticipato della prestazione in unica soluzione (105).
Il lavoratore deve presentare apposita domanda, tramite la Sezione circoscrizionale per l'impiego, alla
sede INPS che sta corrispondendo l'indennità. La domanda deve essere corredata della documentazione
necessaria per attestare che lo stesso ha preso iniziative per poter svolgere l'attività lavorativa autonoma
o per associarsi in cooperativa.
Nel caso in cui per l'inizio di un'attività lavorativa autonoma sia richiesta l'iscrizione alla Camera di
commercio oppure ad albi professionali ovvero ad albi di categoria, alla domanda deve essere allegata
la certificazione attestante la suddetta autorizzazione o richiesta di iscrizione.
Le Sezioni circoscrizionali dovranno accertare e attestare l'avvenuta iscrizione dei richiedenti nelle liste
di mobilità e l'idoneità della documentazione prodotta, esprimendo apposito parere sulla regolarità della
documentazione presentata dall'interessato.
Ai lavoratori licenziati entro il 31.12.1994 nelle aree del Mezzogiorno di cui al DPR n. 218/1978, che
abbiano compiuto 50 anni alla data del licenziamento stesso, viene riconosciuto il diritto
all'anticipazione, maggiorata di un importo pari a 15 mensilità dell'indennità iniziale; tale
maggiorazione non può superare il numero dei mesi compresi tra l'età posseduta alla data del
licenziamento e quella di compimento da parte degli interessati dei 60 anni.
I lavoratori che nei 24 mesi successivi alla data di erogazione dell'anticipazione si rioccupino in qualità
di lavoratori dipendenti nel settore privato o in quello pubblico devono restituire la somma percepita a
tale titolo.
Per il periodo in relazione al quale viene concesso il trattamento anticipato non spettano le prestazioni
accessorie e cioè l'assegno per il nucleo familiare e la contribuzione figurativa.

5.8 Sospensione dell'indennità

L'indennità di mobilità è sospesa per i periodi di rioccupazione con contratto di lavoro a tempo
determinato o a tempo parziale (106).
L'indennità di mobilità non è corrisposta inoltre anche per il periodo di prova relativo a rapporti di
lavoro a tempo pieno e indeterminato in tutti i casi in cui i lavoratori non abbiano superato la prova
stessa (107).
Tutte le giornate di lavoro prestato devono essere considerate parentesi neutra ai fini della durata
complessiva dell'indennità, nei limiti della durata massima della stessa. Ad esempio il lavoratore che
abbia titolo all'indennità per 12, 24, 36 o 48 mesi e svolga attività lavorativa per un periodo non
superiore rispettivamente a 12, 24, 36 o 48 mesi, potrà percepire la prestazione per l'intera durata.
È necessario al riguardo che il lavoratore che si rioccupi, a tempo parziale o a tempo determinato, ne
dia preventiva comunicazione alla competente sede INPS anche per il tramite della sezione
circoscrizionale per l'impiego; in caso contrario è cancellato dalle liste di mobilità e decade dai
trattamenti e dalle indennità (108).
Il lavoratore che svolga un lavoro comportante una retribuzione inferiore, fino ad un massimo del 10%
rispetto a quella percepita durante il precedente rapporto di lavoro, ha titolo alla corresponsione, per un
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massimo di 12 mesi, di un assegno integrativo mensile di importo pari alla differenza tra i due livelli
retributivi (109).
Infine, il lavoratore in mobilità lunga per pensione di vecchiaia può continuare a percepire l'indennità
di mobilità cumulandone peraltro l'importo con il reddito di lavoro subordinato od autonomo per
l'ammontare necessario ad assicurare la percezione di un reddito, rivalutato, complessivo pari alla
retribuzione spettante all'atto del licenziamento (110).

5.9 Cessazione dell'indennità

Oltre che per scadenza del periodo di godimento previsto, l'indennità di mobilità cessa di essere
corrisposta quando il lavoratore rifiuti l'avviamento ad un corso di formazione professionale, non
accetti l'offerta di un lavoro ritenuto adeguato, non accetti di essere utilizzato in lavori socialmente
utili, non risponda senza giustificato motivo alla convocazione degli Uffici circoscrizionali e delle
Agenzie dell'impiego agli adempimenti relativi all'avviamento al lavoro, ai corsi professionali nonchè
ai colloqui finalizzati a conoscere notizie anagrafiche e professionali, disponibilità e aspirazione
rispetto alla ricollocazione al lavoro, non provveda a comunicare tempestivamente la propria
rioccupazione a tempo determinato o a part time, sia stato assunto con contratto a tempo pieno e
indeterminato e, infine, quando abbia percepito in un'unica soluzione l'indennità in parola.

5.10 Incompatibilità – opzione

L'indennità di mobilità è incompatibile con la pensione di vecchiaia e con gli altri trattamenti
pensionistici diretti a carico dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e degli
ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell'assicurazione medesima, nonchè delle gestioni
speciali dei lavoratori autonomi (111).
Il lavoratore che è titolare di pensione o di assegno di invalidità, all'atto dell'iscrizione nelle liste di
mobilità, ha facoltà di effettuare l'opzione fra tali trattamenti e l'indennità di mobilità (112).

5.11 Pagamento dell'indennità

L'indennità di mobilità viene erogata direttamente dall'INPS con periodicità mensile.
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5.12 Contributo alle aziende se l'assunzione avviene durante
il periodo di fruizione dell'indennità per mancato preavviso
.
Nel caso in cui un lavoratore venga assunto a tempo pieno e indeterminato durante il periodo di non
indennizzabilità dello stato di disoccupazione, differito a causa del pagamento dell'indennità per
mancato preavviso, il contributo mensile alle aziende, di cui all'Art. 8, comma 4, della legge 223, può
essere riconosciuto dal giorno in cui l'indennità di mobilità avrebbe potuto essere corrisposta
all'interessato.
Naturalmente il lavoratore deve avere i requisiti per il diritto all'indennità e deve aver presentato
domanda nei termini di legge.

5.13 Imposte
Per ciò che concerne tutte le prestazioni di disoccupazione (e, quindi, anche la mobilità) l'INPS non è
sostituto di imposta per cui le prestazioni stesse sono erogate al lordo di qualsiasi ritenuta
erariale.
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Il lavoratore dovrà riportare nella dichiarazione dei redditi tutte le somme percepite a tale titolo
nell'anno precedente.
Dal 1° gennaio 1996 l 'Istituto peraltro è sostituto d'imposta nel caso in cui l'indennità di mobilità è
corrisposta anticipatamente in unica soluzione ai lavoratori che intendano intraprendere un'attività
autonoma o per associarsi in cooperativa (113).

6. Sussidio di disoccupazione per i lavori socialmente utili

6.1 Natura
I provvedimenti legislativi d'urgenza emanati nel corso del 1995 hanno introdotto un nuovo trattamento
di disoccupazione previsto per i lavoratori che hanno cessato i trattamenti di mobilità, di
disoccupazione speciale o di cassa integrazione.
La novità consiste nel correlare e subordinare l'erogazione del sussidio all'effettivo utilizzo dei
disoccupati nei progetti di lavori socialmente utili presentati dagli enti pubblici.
Non si tratta più di proroghe di trattamenti previdenziali, ma di un trattamento assistenziale concesso
erogato in cambio di attività utili alla collettività.
In sintesi, il sussidio ha natura particolare, strettamente legata all'impegno nei lavori socialmente utili, e
ha l'evidente finalità di garantire il necessario sostegno al reddito di persone disoccupate prive di
qualsiasi trattamento previdenziale e/o assistenziale (114).

6.2 Destinatari del sussidio

Al sussidio per i lavori socialmente utili hanno diritto i seguenti soggetti:
- lavoratori che hanno cessato di fruire del trattamento di integrazione salariale, senza aver diritto
all'indennità di mobilità, dall'1 dicembre 1994 in poi (115);
- lavoratori, iscritti nelle liste di mobilità in qualunque area del territorio nazionale, che hanno cessato
di dire delle proroghe dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale di disoccupazione per
l'edilizia il 31 dicembre 1994 (116);
- lavoratori, iscritti nelle liste di mobilità nelle aree di cui agli obiettivi 1 e 2 del regolamento CEE
n. 2081/1993, il cui trattamento di mobilità o di disoccupazione speciale per l'edilizia è scaduto entro il
31.12.1995 (117);
- lavoratori iscritti da almeno 2 anni nelle liste ordinarie di disoccupazione nonchè gruppi di lavoratori
individuati di volta in volta dalle CRI (118).

6.3 Domanda

Per la concessione del sussidio i lavoratori impegnati in lavori socialmente utili devono avanzare, alla
sede dell'INPS territorialmente competente in base alla residenza, apposita domanda utilizzando il
modello espressamente predisposto.
La domanda dovrà essere corredata da una attestazione rilasciata dal soggetto gestore del progetto a cui
il lavoratore è stato assegnato che deve contenere, tra l'altro, la data di approvazione del progetto stesso
e la data di inizio effettivo dell'attività (119).

6.4 Importo
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Ai lavoratori avviati a progetti di lavori socialmente utili approvati entro il 31.7.1995 spetta il sussidio
nell'importo mensile di lire 823.876, corrispondente al 64% del tetto massimo di integrazione salariale
più basso (120).
Ai lavoratori avviati a progetti approvati dopo il 31.7.1995 il sussidio spetta, fino al 31 gennaio 1996,
nella misura di lire 8.000 orarie per un massimo di 100 ore mensili (121). Dal 1° febbraio 1996 il
sussidio è determinato in una misura non superiore a lire 800.000 mensili (122).

6.5 Decorrenza

La corresponsione del sussidio, che avviene con le stesse modalità previste per l'indennità di mobilità,
ha decorrenza dalla data di effettivo inizio dell'attività risultante dall'attestazione rilasciata dall'ente
gestore del progetto.

6.6 Durata

Per i lavoratori che alla data del 31.12.1994 erano già impegnati nei lavori socialmente utili e nei cui
confronti siano cessati i trattamenti di integrazione salariale, di mobilità o di disoccupazione speciale
per l'edilizia, il sussidio spetta fino al completamento del progetto e comunque per un periodo non
superiore a dodici mesi decorrenti dalla predetta cessione (123).
Per i lavoratori non utilizzati alla data del 31.12.1994 e il cui trattamento sia cessato entro il
31.12.1995, il sussidio spetta sempre fino al completamento del progetto e comunque per un periodo
non superiore a dodici mesi (124).

6.7 Prestazioni accessorie

Ai lavoratori interessati spetta, per i periodi di concessione del sussidio, l'eventuale assegno per il
nucleo familiare.
Per i periodi di percezione del sussidio che si collocano fino al 31.7.1995 i lavoratori hanno diritto
all'accreditamento della contribuzione figurativa utile per il diritto e l'importo delle pensioni. Tale
contribuzione è determinata sulla base della retribuzione cui sarebbe ipoteticamente riferita
l'integrazione salariale.
Per quanto riguarda i sussidi imputati a periodi successivi al 31.7.1995 e quelli di cui all'Art. 1, comma
3, D.L. 180/1996, il riconoscimento dell'accredito figurativo è previsto ai soli fini dell'acquisizione dei
requisiti assicurativi per il diritto al pensionamento (125).

7. Cancellazione dalle liste

7.1 Quando si perviene alla cancellazione

Il lavoratore in mobilità è cancellato dalla lista quando:
a) sia stato assunto con contratto a tempo pieno e indeterminato (126);
b) abbia percepito in un'unica soluzione l'indennità di mobilità (127);
c) sia scaduto il periodo di godimento dei trattamenti e delle indennità (128);
d) siano decorsi i termini di permanenza nelle liste di mobilità per i lavoratori che non fruiscano del
relativo trattamento (129);
e) rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione professionale autorizzato dalla Regione o non lo
frequenti regolarmente (130);
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