Cattolici di Francia e d'Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la rottura del "fronte filoatlantico" (1963-1965) - OpenEdition Journals

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Chrétiens et sociétés
                           XVIe-XXIe siècles
                           26 | 2019
                           Varia

Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in
Vietnam : verso la rottura del “fronte
filoatlantico” (1963-1965)
All the way with LBJ ?
Catholiques de France et d’Italie face à la guerre au Vietnam : envers la rupture
du “front pro-atlantique” (1963-1965)
French and Italian Catholics and the Vietnam War : Towards the Breakdown of
the “pro-Atlantic Front” (1963-1965)

Francesca Ghezzi

Edizione digitale
URL: http://journals.openedition.org/chretienssocietes/5361
DOI: 10.4000/chretienssocietes.5361
ISBN: 1965-0809
ISSN: 1965-0809

Editore
Laboratoire de recherche historique Rhône-Alpes - LARHRA UMR 5190

Edizione cartacea
Data di pubblicazione: 9 marzo 2020
ISBN: 1257-127X
ISSN: 1257-127X

Notizia bibliografica digitale
Francesca Ghezzi, « Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la rottura del
“fronte filoatlantico” (1963-1965) », Chrétiens et sociétés [En ligne], 26 | 2019, mis en ligne le 09 février
2020, consulté le 09 mars 2020. URL : http://journals.openedition.org/chretienssocietes/5361 ; DOI :
https://doi.org/10.4000/chretienssocietes.5361

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Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la ro...   1

    Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi
    alla guerra in Vietnam : verso la
    rottura del “fronte filoatlantico”
    (1963-1965)
    All the way with LBJ ?
    Catholiques de France et d’Italie face à la guerre au Vietnam : envers la rupture
    du “front pro-atlantique” (1963-1965)
    French and Italian Catholics and the Vietnam War : Towards the Breakdown of
    the “pro-Atlantic Front” (1963-1965)

    Francesca Ghezzi

1   La recente storiografia sul fenomeno minoritario del cattolicesimo di sinistra ed
    estrema sinistra in Europa occidentale durante les années 68 è concorde nell’attribuire
    alla drammatica escalation della guerra in Vietnam un ruolo determinante nella
    radicalizzazione politica di alcuni segmenti della Chiesa nella fase della “contestazione”
    sessantottina1. Gli studi incentrati esclusivamente sulle reazioni cattoliche alla guerra
    in Vietnam sono però scarsi2 ; in particolare, mancano ad oggi delle ricostruzioni che
    guardino al mondo cattolico non esclusivamente di sinistra ; che comparino diversi casi
    nazionali ; che estendano la periodizzazione a partire dal momento in cui il Vietnam
    post-coloniale iniziò lentamente a riguadagnare l’attenzione dell’opinione pubblica
    internazionale, ossia alla seconda metà del 1963. Fu allora che l’instabilità interna del
    Vietnam del Sud, peggiorando sensibilmente, riaccese i riflettori sul Paese asiatico,
    suscitando apprensione anche nella Chiesa cattolica. Nel 1963, colui che avrebbe inviato
    i militari americani in Vietnam, il democratico Lyndon B. Johnson, assunse ad interim la
    presidenza degli Stati Uniti (USA) a seguito dell’assassinio di John F. Kennedy (22
    novembre), per venir poi trionfalmente eletto il 3 novembre 1964. In Vaticano, intanto,
    dopo la morte di Giovanni XXIII, l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini

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Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la ro...   2

    diveniva papa con il nome di Paolo VI (21 giugno), annunciando dopo poco la ripresa
    dei lavori del concilio Vaticano II (la seconda sessione si aprì il 29 settembre).
2   Nel guardare alla guerra in Vietnam dalla prospettiva della storia della Chiesa
    conciliare, un periodo particolarmente interessante sul quale soffermarsi è, a mio
    parere, quello che va dalla fine del 1963 ai primi mesi del 1965 : la fase cruciale del
    passaggio degli Stati Uniti dall’assistenza (materiale, finanziaria, di consulenza
    militare) al governo di Saigon contro il Fronte nazionale di liberazione del Vietnam del
    Sud (FNL) all’ingresso militare diretto degli USA nel conflitto. Lungi da qualsiasi pretesa
    di esaustività, questo articolo, tratto dal mio più ampio lavoro di tesi dottorale 3, si
    focalizza dunque su quel segmento cronologico, proponendo una panoramica
    rappresentativa, per quanto inevitabilmente parziale, delle reazioni alla guerra in
    Vietnam da parte di un campione del cattolicesimo francese e italiano, comprendente
    associazioni e periodici di sensibilità ecclesiologica e tendenze politiche diverse. Si è
    optato per una comparazione dei casi nazionali di Francia e d’Italia perché, come noto,
    allora come oggi i due Paesi presentano numerose e rilevanti analogie e alcune
    fondamentali differenze negli ambiti religioso, storico, politico, istituzionale, socio-
    culturale4.
3   Come si vedrà, il dato principale emerso dalla ricerca condotta riguarda la significativa
    evoluzione delle opinioni dei cattolici italiani e francesi sulla politica vietnamita degli
    Stati Uniti e sulla stessa immagine del grande alleato atlantico : da una comune
    posizione filoatlantica a una progressiva, irreversibile rottura di quel “fronte”.
    Trattandosi di un elemento che non ha ancora trovato un adeguato rilievo negli studi
    sui cattolici e la guerra in Vietnam, comprensibilmente concentrati sul periodo della
    radicalizzazione politica sessantottina, l’articolo intende perciò porre in evidenza
    come, tra la fine del 1963 e i primi del 1964, la maggioranza dei cattolici di Paesi come
    Francia e Italia fosse schierata in maniera pressoché unanime su una posizione di saldo
    sostegno alla politica estera degli Stati Uniti e alla loro strategia del containment, in
    Vietnam e nel mondo. Seguendo le tappe della crisi vietnamita sviluppatasi dagli
    incidenti del golfo del Tonchino dell’agosto 1964 e culminata con l’invio delle truppe
    americane nella Repubblica del Vietnam (RV) del Sud nel marzo 1965, si è inteso
    mostrare il lento ma decisivo mutare e diversificarsi dell’atteggiamento dei cattolici
    francesi e italiani nei confronti degli Stati Uniti ; un processo sul quale la campagna di
    bombardamenti americani sulla Repubblica democratica del Vietnam (RDV) del Nord ci
    è parso esercitare un’influenza determinante, specie sulla riflessione sulla dottrina
    della guerra giusta in era atomica, allora in discussione al Vaticano II. Mi sono
    soffermata, in particolare, su alcune spie anticipatrici di tendenze che si sarebbero
    imposte nel cattolicesimo di sinistra degli anni della contestazione intra- ed
    extraecclesiale : una crescente attenzione ai diritti umani, la lettura terzomondista
    della realtà internazionale, l’adesione alle prime azioni militanti per la pace al fianco
    delle sinistre marxiste.
4   Per ciò che riguarda i risultati della comparazione, nella gran parte dei casi il dato
    nazionale non sembra aver giocato un’influenza decisiva sugli orientamenti
    maggioritari rilevati fra i cattolici di Francia e Italia in tema di guerra in Vietnam.
    Questa sorta di omogeneità di fondo (che pur non esclude alcune sfumature e
    differenze anche importanti) è probabilmente attribuibile, almeno in parte, ad alcuni
    fattori di natura eterogenea, emersi nella ricerca, quali le traumatiche memorie delle
    due guerre mondiali e l’avvento dell’era atomica ; l’apertura positiva della Chiesa al

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    mondo moderno e la centralità della pace, proprie dei pontificati di Giovanni XXIII e
    Paolo VI e dell’“aggiornamento” conciliare ; la giunta a maturazione e il diffondersi, nel
    laicato dei primi anni Sessanta, dell’aspirazione a una piena partecipazione dei
    cattolici, come cittadini dall’azione religiosamente ispirata, alla vita democratica di
    ciascun Paese e dell’intera comunità internazionale, ormai percepita come “globale”.
    Uno dei principali tratti distintivi del caso hexagonal rispetto a quello italiano è, a mio
    avviso, una minor esitazione dei cattolici francesi nell’esprimere opinioni più
    schiettamente politiche, e nel farlo in maniera critica e indipentente ; il maggior
    conformismo dei cattolici italiani è da collegarsi, verosimilmente, al tradizionale,
    serrato controllo delle gerarchie – accentuatosi, in quello scorcio di decennio, a causa
    dell’avvio dell’esperimento di centrosinistra nel governo di Roma 5.

    Con la “sentinella” americana contro lo “spettro del
    comunismo” in Asia
5   Sino alla vigilia della crisi del Tonchino dell’estate 1964, l’opinione pubblica dell’Europa
    occidentale aveva pochi motivi per sentirsi direttamente coinvolta dal destino del
    lontano e misconosciuto Vietnam, sebbene naturalmente preoccupassero le sorti del
    Paese che ospitava la seconda comunità cattolica d’Asia 6. Qui, nel Sud, dai primi del
    decennio le autorità della (pseudo)democratica e filoccidentale RV, sostenute dagli
    USA, tentavano di sconfiggere la guerriglia dei vietcong, i quali potevano contare sul
    supporto dei comunisti della RDV e, attraverso di essa, dell’Unione sovietica (URSS) e
    della Repubblica popolare cinese (RPC)7. Gli osservatori europei, cattolici compresi,
    tendevano a interpretare la guerra in corso in Vietnam come una versione in scala
    ridotta dell’antagonismo mondiale fra Est comunista e Ovest liberaldemocratico,
    secondo il classico modello bipolare della guerra fredda 8.
6   I cattolici francesi e italiani guardavano agli USA come al faro di libertà e democrazia
    che aveva permesso la vittoria sul nazifascismo, la ricostruzione europea postbellica e
    che, nonostante i « mille errori », dava allora « un grande contributo alla pur instabile
    sicurezza mondiale e alla lotta contro la crescente pressione del comunismo 9 ». Era poi
    opinione invalsa che gli americani fossero estranei alla deplorevole « idea che il mondo
    fosse diviso in popoli di prima e seconda categoria », propria del colonialismo
    tradizionale europeo10. D’altro canto, nel ricevere Kennedy ai primi del luglio 1963,
    all’avvio del proprio pontificato, Paolo VI aveva assicurato un implicito, pubblico
    endorsement alla strategia americana del containment, rilevando « a spontaneous
    harmony » fra gli ideali di pace e sviluppo mondiale alla base della politica estera
    statunitense e i principi guida della missione papale e della Pacem in Terris 11. Solo il
    mensile integrista Itinéraires condannava la politica estera americana, definendola
    frutto di un « totalitarisme », ossia di quella « fausse civilisation de masse » nemica
    della « civilisation chrétienne » che, aprendosi « au monde contemporain », portava, in
    politica, a « une “ouverture à gauche” »12.
7   Generalmente, in Francia e in Italia la stampa cattolica dedicava allora alla guerra in
    Vietnam solo saltuari aggiornamenti di cronaca politico-militare. Dal punto di vista
    politico, la prospettiva adottata era naturalmene anticomunista e d’impostazione
    filoatlantica, come dimostrano la netta prevalenza di notizie su crimini perpetrati dai
    vietcong, anche a danno dei civili13, e la tesi condivisa che dietro « la subversion » del
    FNL vi fosse, come in altri Paesi asiatici, la longa manus di Pechino 14. Si sosteneva perciò

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     unanimemente che « contro il comunismo » in Vietnam fosse necessaria «una difesa
     […] armata, dato che l’offesa si esercita nella guerriglia 15 », benché la maggioranza dei
     cattolici si augurasse anche che gli USA agissero « con prudenza e saggezza » per non
     mettere a rischio la pace mondiale16. Alcuni fogli di sensibilità “roncalliano-conciliare”
     aggiungevano che, per risultare efficace, la resistenza al comunismo dovesse essere
     « soprattutto psicologica e morale17 ».
8    Nel complesso, la guerra contro il FNL in Vietnam era percepita dai cattolici italiani e
     francesi come una guerra di legittima difesa – una categoria di conflitto che la dottrina
     della Chiesa riconosceva come “giusta”18, ma la cui liceità era stata rimessa in
     discussione dall’avvento dell’era atomica. La popolarissima Pacem in terris, assurta nella
     base cattolica a “manifesto” della Chiesa contro il ricorso alle armi, in realtà taceva
     sulla guerra ad vim repellendam19. Paolo VI moltiplicava i suoi appelli per un nuovo
     ordine mondiale di tipo multipolare, pacifico e regolato dal diritto internazionale 20, ma
     preferiva non esporsi su un tema allora oggetto di revisione da parte del Vaticano II. Il
     dibattito conciliare sulla guerra giusta e sulla pace procedeva però con difficoltà, e il 4
     dicembre 1963 la seconda sessione dei lavori si chiuse senza che i padri avessero
     raggiunto una sintesi condivisa sullo schema XIII, in cui tali problematiche erano
     affrontate21. Esplicitamente o meno, nel cattolicesimo italiano e francese la guerra
     difensiva veniva per lo più accettata come necessità contingente, determinata dalla
     minaccia dell’espansionismo comunista nel mondo22, e si concordava con Paolo VI
     sull’urgenza di promuovere la « collaboration au plan international en vue d’une
     organisation vraiment internationale du monde », come sottolineato da Antoine
     Wenger, direttore dello storico quotidiano del cattolicesimo francese La Croix 23.
9    Sulla scia di Giovanni XXIII e Paolo VI, i cattolici italiani e francesi sembrano aver ormai
     abbandonato la retorica della “crociata” cristiano-occidentale contro il comunismo, ad
     eccezione di alcuni gruppi più conservatori. Su Études, ad esempio, a fine 1963 il
     missionario André Gomane qualificava come « sacré » il « combat anticommuniste » in
     Vietnam24. Itinéraires, invece, intrecciava anticomunismo e polemica interna contro i
     « lakistes » della Troisième République, rei di aver smantellato l’Empire civilizzatore
     della « France chrétienne » : in Vietnam la loro « politique jacobine » avrebbe infatti
     corrotto le « traditions spirituelles du peuple », generato il caos politico e favorito,
     secondo un topos complottista caro agli integristi, una cospirazione internazionale
     anticristiana25.

     La crisi del Tonchino : i primi dubbi
10   Tra la fine del 1963 e la prima metà del 1964 il progressivo infragilimento del quadro
     politico di Saigon permise ai vietcong di estendere il proprio controllo a gran parte del
     territorio rurale sudvietnamita, vale a dire dell’intera RV. Ciò acuì le tensioni
     internazionali convergenti sul Vietnam. L’opinione pubblica internazionale, compresa
     quella cattolica, si chiedeva se « portera-t-on la guerre au Nord 26 », se il Vietnam
     sarebbe divenuto « una seconda Corea27 ». Si era consapevoli che un intervento militare
     americano nella RDV avrebbe costituito per la RPC un’inaccettabile minaccia ai suoi
     confini e che, verosimilmente, l’ingresso in guerra dei cinesi avrebbe indotto alla
     mobilitazione anche i sovietici, allora in competizione con i maoisti per l’egemonia
     ideologica nel campo del comunismo internazionale. Si sarebbero così attivate le reti di
     alleanze interne ai due blocchi della guerra fredda, scatenando una terza guerra

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     mondiale in grado di minacciare la sopravvivenza della stessa civiltà, data la
     disponibilità dell’atomica da entrambi gli schieramenti. Non stupisce dunque che la
     stampa cattolica del periodo insistesse sull’idea che « la négociation […] doit toujours
     être préférée à la guerre28 ». Si tendeva tuttavia a respingere la proposta gollista di
     neutralizzazione del Vietnam : verso la metà del 1964 il « crollo » della RV in mano al
     FNL sembrava imminente29, il che rendeva la neutralizzazione « una operazione molto
     pericolosa30 », che avrebbe probabilmente finito per consegnare il Paese alla fazione più
     forte sul campo, quella comunista. Su Études il generale ed ex agente dei servizi segreti
     Pierre Rondot31 fu allora tra i pochi ad argomentare che, alla luce dell’esperienza
     francese in Indocina, l’unica soluzione « logique » fosse un attacco americano al Nord,
     « foyer principal des forces de l’adversaire ». Diversamente, l’aiuto degli USA alla RV si
     sarebbe rivelato, a suo avviso, solo una « vue de l’esprit », persino dannosa 32
11   Fra il 2 e il 4 agosto 1964 ebbero luogo i noti incidenti navali nel golfo del Tonchino, che
     tennero il mondo con il fiato sospeso, nel timore di una « réédition de la crise cubaine 33
      ». In Francia e in Italia la stampa cattolica si fece portavoce della versione americana
     dei fatti (dimostratasi poi falsa), secondo cui la responsabilità degli incidenti ricadeva
     su Hanoi e, indirettamente, su Pechino34. Perciò non venne poi messa in dubbio la
     legittimità della risoluzione del Congresso americano del 7 agosto, con la quale Johnson
     ricevette pieni poteri, compreso quello di autorizzare un intervento militare diretto
     degli USA in Vietnam. L’Avvenire d’Italia non mancò però di notare che, nel Paese
     asiatico, « nessuno ha rispettato gli accordi di Ginevra 35 ». Su Tc Luc Reneff scrisse di
     non vedere alcun motivo per il quale Hanoi avrebbe dovuto ordinare quell’« opération
     insensée », ma concludeva ricordando « la confiance » espressa da Johnson « envers la
     société internationale36 ». In campo cattolico si continuò dunque a invocare una
     soluzione politica della crisi perché, come scrisse il 13 agosto Georges Montaron,
     storico direttore di Tc, « les provocateurs doivent être dénoncés mais il n’est pas bon de
     se faire justice soi-même. On comprend les raisons qui ont poussé les Américains à
     riposter à l’attaque au Nord-Viêtnam. C’est toutefois très dangereux 37 ». A Johnson si
     chiedeva insomma di « difendere la libertà » in Vietnam con « fermezza » e « cautela »,
     evitando « qualche atto irresponsabile38 » ; allo stesso tempo, in accordo con la nuova
     visione “roncalliano-montiniana” della Chiesa quale “operatrice di pace”, si tendeva a
     sottolinere il ruolo attivo e responsabile di ogni cattolico nell’edificazione della pace :
     « Dès maintenant, mettons-nous à l’œuvre, car la paix se gagne tous les jours 39. »
12   Dinanzi all’aggravarsi delle tensioni in Vietnam, nell’editoriale del 27 agosto 1964
     Montaron cambiò toni verso gli USA. Scrisse di una « diplomatie américaine […] pas à la
     hauteur de sa puissance matérielle », caratterizzata « d’une grande maladresse » e che
     stava commettendo la « folie » di proseguire « la même guerre, dans les mêmes
     conditions, en commettant les mêmes erreurs » della Francia in Indocina 40. Montaron
     offrì peraltro un’analisi della guerra in Vietnam più sfumata, complessa e originale
     rispetto a quella “classica” dello scontro ideologico-politico e militare mondiale fra Est
     comunista e Ovest liberaldemocratico. Presentò infatti il conflitto anche nei termini di
     un nuovo antagonismo globale, emergente dal turbolento processo di
     decolonizzazione : il confronto, di natura primariamente socio-economica, fra un Nord
     del mondo industrializzato, capitalista, tecnologicamente avanzato, e un Sud di
     « peuples sous-développés, exploités et humiliés », legato alla civiltà contadina e a una
     cultura estranea al materialismo. Secondo il direttore di Tc, il successo del comunismo
     nei Paesi come il Vietnam si fondava proprio sulla sua capacità di incanalare

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     l’« espérance » di riscatto da miseria e subalternità secolari, di affermazione dei diritti
     naturali, dei principi di libertà e dignità dell’uomo – cause che Montaron ricordava
     essere difese dalla stessa Chiesa41. Si trattava quindi « de faire savoir qui libérera
     économiquement et socialement le paysan vietnamien […]. Qui […] sera l’homme du
     progrès. Celui-là sera le vainqueur ». Nell’analisi “terzomondista” di Montaron
     convergono certo diversi elementi, di matrice religiosa42 e non solo : si scorgono la
     lezione impartita alla Francia dalle guerre coloniali 43, come un’influenza
     dell’interpretazione marxista della realtà internazionale, opportunamente “svuotata”
     del suo originario portato politico-ideologico. Tc appartiene infatti a quella frangia
     minoritaria del cattolicesimo europeo che, nei primi anni Sessanta, stava (ri)avviando
     un dialogo fra cattolici e marxisti, con dure reazioni da parte delle gerarchie
     nazionali44. Un esito radicale di quel dialogo è rappresentato da Frères du monde, rivista
     di francescani apertasi ai laici, che nel 1964 fu « la première », in Francia, « à consacrer
     un numéro complet à la guerre du Viêt-Nam », e che negli anni seguenti sarebbe
     approdata su posizioni antiamericane e filomaoiste45.
13   In linea con la svolta impressa alla pastorale pontificia dai papi Roncalli e Montini, la
     tradizionale lettura provvidenzialistica dei conflitti come punizione divina per
     l’apostasia della società moderna pare nettamente minoritaria fra i cattolici di Francia e
     d’Italia. Se ne sono colti alcuni segnali fra gli aclisti. Su Azione Sociale Vittorio Boni
     accennò ai « peccati » dei « forti e potenti » del mondo (USA dunque compresi) in crisi
     come quelle del Vietnam e del Congo46, mentre padre Aurelio Boschini, riflettendo
     sull’attrazione esercitata dal comunismo sulle masse, affermò che « aver rifiutato
     l’Assoluto, lo spirito, la morale al disopra dei capricci individuali o di….classe »
     costituiva la « vera tragedia della società moderna47 ».
14   Nel frattempo, i focolai di tensione internazionale andavano moltiplicandosi, come in
     Congo e a Santo Domingo. Il 14 ottobre 1964 la RPC sperimentava con successo la sua
     prima atomica, rompendo il monopolio atlantico-sovietico. Crebbe il timore di « un
     nouveau cataclysme, toujours susceptible de dégénérer en un conflit mondial, qui serait
     la ruine de l’humanité », com’ebbe a dire Paolo VI in uno dei suoi numerosi appelli per
     la pace48. Basta sfogliare un qualsiasi periodico dell’epoca per constatare la pervasività
     febbrile del tema della pace nel dibattito cattolico, che sollecitava a sua volta una
     « réflexion sur les grandes questions » poste dalla guerra 49, come, in Francia, quella
     sull’opportunità di sviluppo di una force de frappe nazionale 50. La terza sessione del
     Vaticano II, apertasi il 14 settembre, si sarebbe chiusa il 21 novembre senza una
     redazione definitiva dello schema XIII. Ne furono delusi quei settori del laicato più
     sensibili all’“aggiornamento” e ormai persuasi – almeno sul piano ideale – che « il n’y a
     pas de guerre juste » in era atomica51. Tuttavia, la convinzione che « la guerre est
     mauvaise en soi et doit être éliminée52 » non cancellava il problema dell’espansionismo
     comunista nel mondo : ecco perché, in maniera a tratti contraddittoria, all’elezione di
     Johnson nel 1964 le ACLI si rallegravano, ad esempio, di avere gli Stati Uniti « sempre a
     nostro fianco, nella trincea avanzata della libertà e del progresso 53 ».
15   Sino all’autunno del 1964, in Francia e in Italia il discorso cattolico sulla guerra in
     Vietnam verteva dunque, per lo più, su argomenti di “geopolitica cristiana” ; l’accento
     cadeva sulla “minaccia rossa” e sulla necessità di un ordine mondiale pacifico. Davanti
     al trascinarsi della crisi del Tonchino, però, alcuni periodici iniziarono a dare rilievo
     anche all’aspetto umanitario del conflitto, al tragico prezzo che esso imponeva,
     indistintamente, al popolo vietnamita. Gioventù, ad esempio, optò sempre più spesso per

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Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la ro...   7

     articoli in cui gli argomenti teologici e intellettuali contro la guerra venivano rafforzati
     da fotografie ad alto impatto emotivo, usate come strumenti pedagogici al servizio della
     pace. Un’intera pagina del numero della prima metà di settembre fu occupata dal
     ritratto di una donna vietnamita dall’espressione disperata, con un bimbo in braccio e
     un villaggio devastato alle spalle54 : composizione fotografica poi divenuta uno dei
     simboli del conflitto, la cui potenza comunicativa è nella riconoscibilità dell’iconografia
     mariana della Pietà, « a culturally accessible symbol of maternal grief and sacrifice 55 ».
     La guerra (ri)portò in Vietnam anche la tortura. Durante le guerre coloniali in Indocina
     e in Algeria, Tc era stata fra i pochi a denunciare i soprusi delle truppe della fille aînée de
     l’Église56 ; fedele alla propria vocazione, alla fine del 1964 diede prontamente notizia di
     analoghi crimini perpetrati dall’esercito sudvietnamita e dai suoi istruttori americani 57.
     Andava maturando l’idea, in Tc, che a causa di errate scelte strategiche il Vietnam
     stesse diventando la « “sale” guerre » degli Stati Uniti 58. Intanto, su Études, il colonnello
     americano William Kennedy si scagliava contro quei « romans et films » che accusavano
     la politica estera statuitense di essere diretta da apparati militari guerrafondai 59.

     Rolling Thunder e Da Nang : la crisi d’immagine degli
     Stati Uniti e le prime azioni unitarie contro la guerra
16   Alla vigilia del 1965, i cattolici francesi e italiani iniziarono a chiedersi se Johnson
     avrebbe cercato « la catastrophe pour trouver la paix60». Si diffondeva infatti la
     sensazione che la retorica di pace di “LBJ” fosse priva di concreto slancio. Parve
     confermarlo, il 7 febbraio 1965, l’avvio di Flaming Dart, operazione di raid strategici
     americani sulla RDV. Si rinnovarono allora, fra gli altri, gli appelli dei cattolici « alla
     buona volontà degli uomini per salvare la pace61 ». La sezione francese di Pax Christi
     consacrò il numero di febbraio del Journal de la Paix alla « guerre atomique 62 ». L’Avvenire
     d’Italia, pur ribadendo che « non si può ammettere […] il trionfo di questo metodo
     subdolo di esportazione di fatto del comunismo con le armi, senza creare un pericoloso
     cedimento su tutto il fronte asiatico, compromettendo perciò l’equilibrio e la pace »,
     pose sotto accusa anche gli USA63. Secondo il quotidiano bolognese, infatti, nella guerra
     in Vietnam era emerso il vero « fondamento della presenza americana » sullo
     scacchiere internazionale : interessi egemonici di geopolitica postcoloniale, estranei
     alla difesa degli ideali di democrazia e libertà in nome dei quali Washington rivendicava
     la leadership mondiale 64. Azione Sociale privilegiò invece una prospettiva umanitaria,
     politicamente neutra, sul conflitto, dedicando, il 14 febbraio, la sua prima copertina alla
     guerra, titolata Continua in Asia il dramma del Vietnam.
17   Appellandosi alla risoluzione del golfo del Tonchino, Johnson optò infine per un
     progressivo intervento militare diretto, « spostando giuridicamente il significato del
     loro intervento contro il Vietnam settentrionale » : da « “assistenti” […] del governo di
     Saigon » ad « “alleati” militari delle truppe governative65 ». Per mezzo delle bombe,
     infatti, l’impegno militare americano si tradusse anche in una guerra non dichiarata
     contro la RDV. Le operazioni furono lanciate dopo l’attentato del FNL alle caserme
     americane di Qui Nhon del 19 febbraio 1965. Il 24 febbraio Flaming Dart venne sostituita
     da Rolling Thunder, un programma di bombardamento sistematico della RDV della
     durata di due mesi, gradualmente esteso a quattro anni. L’8 marzo 1965, 3500 marines
     sbarcarono a Da Nang (RV), le « prime truppe da combattimento americane a metter
     piede sul continente asiatico dalla fine del conflitto in Corea 66 ». Dean Rusk, segretario

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Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la ro...   8

     di Stato americano, dichiarò che il loro compito era limitato alla difesa delle basi
     statunitensi in territorio sudvietnamita. Su Azione Sociale Dante Alimenti osservò che, se
     attaccati, i marines non si sarebbero certo lasciati « infilare dalle pallottole », con
     conseguenze rischiose per la pace mondiale67.
18   Temendo una reazione militare cinese e sovietica all’ingresso degli USA in guerra, Paolo
     VI intensificò i suoi sforzi per indurre i belligeranti a negoziare 68. Il consenso crescente
     verso l’opera di pace del papa (vista come complemento e compimento degli
     insegnamenti del suo predecessore) è uno degli elementi dominanti nel coevo discorso
     cattolico italiano e francese sul Vietnam69. Paolo VI giocò senza dubbio un ruolo
     fondamentale nell’attirare lo sguardo della Chiesa sul conflitto in maniera sempre più
     attenta e consapevole. Sebbene i cattolici attribuissero le maggiori responsabilità della
     guerra ad Hanoi e all’« imperialismo cinese70 », furono in molti (pur con sensibilità
     diverse) a giudicare la scelta militare americana strategicamente errata, capace di
     mettere a rischio le sorti dell’umanità. Fu soprattutto Rolling Thunder a colpire
     negativamente l’opinione pubblica internazionale, non solo cattolica, e a danneggiare
     duramente l’immagine e il prestigio internazionale degli USA. D’altro canto, era
     trascorso solo un ventennio dalle immani devastazioni dei bombardamenti a tappeto
     sull’Europa e dalla tragedia atomica giapponese71 e, per via diretta o indiretta, i cattolici
     di Paesi come Francia e Italia serbavano di quei fatti un ricordo personale.
19   Fu così che nei primi mesi del 1965 – dapprima negli Stati Uniti, poi anche in Europa
     occidentale – si svolsero le prime manifestazioni per la pace in Vietnam e nel mondo :
     marce, veglie, fiaccolate72. Si tratta di iniziative rare e discontinue, di dimensioni molto
     contenute, promosse generalmente a ridosso di eventi politici o bellici rilevanti da
     gruppi gravitanti attorno alla sinistra istituzionale, specie comunista (collettivi
     universitari, federazioni giovanili, gruppi di intellettuali, movimenti e sigle sindacali).
     Spesso, nonostante la galassia ideologico-politica di riferimento, al centro di tali azioni
     militanti vi era la richiesta di negoziati per il Vietnam e la difesa del bene universale
     della pace, obiettivi condivisibili dall’intera società civile. In linea di massima, in
     Francia come in Italia la militanza per la pace in Vietnam fu, in questa prima fase, di
     tipo unitario. Specie per Paesi di radicata tradizione cattolica come Francia e Italia, è
     lecito supporre che diversi cattolici abbiano aderito a titolo individuale a tali raduni,
     incoraggiati dalla Pacem in terris a collaborare con i “lontani” per la pace ; resta però
     impossibile, in sede storica, quantificarne la presenza. Tuttavia, sappiamo ad esempio
     che Testimonianze aderì a una delle prime marce unitarie per la pace in Vietnam,
     tenutasi il 20 marzo 1965 a Firenze73 ; in quell’occasione, il gruppo di Ernesto Balducci
     sfilò al fianco, fra gli altri, di esponenti dei partiti comunista e socialista. La presenza di
     Testimonianze a un simile evento costituisce una spia dell’ampliamento degli orizzonti
     della rivista « to the here-and-now », oltre la « contemplative atmosphere » che
     tradizionalmente la caratterizzava74. Fu una scelta coraggiosa, fatta in una fase di
     grande tensione con la gerarchia fiorentina, contraria alle battaglie della rivista in
     favore del dialogo con i marxisti75 e dell’obiezione di coscienza76.
20   Le opinioni dei cattolici francesi e italiani sulla guerra in Vietnam presero allora a
     diversificarsi in modo più netto : il giudizio sugli USA, in particolare, si avviarono verso
     un lento processo di polarizzazione. In Tc si registra il mutamento più radicale rispetto
     agli inizi : vi si parlava ora di una « politique du mépris » degli Stati Uniti, di una loro
     « volonté […] de ne tenir aucun compte de l’opinion mondiale 77 », domandandosi se
     avessero « l’intention de porter la guerre en Chine78 ». Azione Sociale considerava ormai

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Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la ro...   9

insufficienti le competenze politico-militari dell’amministrazione Johnson e, come Tc 79,
confermò l’uso di armi chimiche in Vietnam da parte dell’esercito americano,
constatando che « per i ricordi che la parola gas ha richiamato ovunque nel mondo, il
commento è stato unanimemente negativo80 ». Il 7 aprile, in un discorso alla Johns
Hopkins di Baltimora, sul Vietnam Johnson dichiarò : « We will not be defeated. […] We
will not withdraw, either openly or under the cloak of a meaningless agreement 81 ». La
FUCI vi lesse un positivo ritorno all’« atteggiamento spirituale e morale » dell’era
kennediana82, ma la gran parte dei cattolici ebbe reazioni di segno opposto. Lo stesso
Paolo VI, nell’Angelus dell’11 aprile 1965, chiese : « È davvero ricercata da tutti la pace ?
Con sincerità, con disinteresse, con amore ? Le condizioni presenti ci rendono
dubbiosi83 ». Le ACLI constatarono che « come mai in precedenza si è parlato di pace,
eppure mai il conflitto aveva assunto proporzioni così vaste, e lo scontro si era prodotto
con tanta asprezza84 ». Gioventù accentuò la scelta di puntare imparzialmente i riflettori
sull’« offesa all’umanità che viene dallo stillicidio dei morti nel Viet-Nam 85 ». In Johnson
a estomaqué l’Amérique, Tc scrisse dell’« époustouflante puissance militaire » americana
come di « un “symbole d’échec”, le reflet de l’incapacité des États-Unis à vivre en paix
avec le reste d’une planète tourmentée86 ». Intanto, al 54° congresso dell’Union
nationale des étudiants de France (UNEF, Bordeaux, 9-19 aprile 1965), la JEC 87 votava un
documento inequivocabilmente politico e à gauche : una mozione, approvata
all’unanimità, di energica condanna dei «raids américains contre le Vietnam» e di
«solidarité totale des étudiants français avec la juste cause des étudiants et du peuple
sud-vietnamiens qui luttent héroïquement sous la direction du FNL pour la libération
nationale»88. Dalla ricerca condotta sugli Archives de la Jeunesse étudiante chrétienne e
dallo spoglio della stampa associazionistica89 non è emerso alcun pronunciamento
ufficiale della singola JEC sulla guerra in Vietnam. Riesce difficile credere che la JEC si
augurasse un trionfo del comunismo90 ; verosimilmente il suo voto alla mozione si
fondava su ragioni « de morale, plus que de politique », come in un analogo precedente
durante il conflitto in Algeria91. Sulla scelta della JEC di esporsi solo dietro lo “schermo”
del collettivo sindacale dovette influire il vincolo del mandato episcopale 92 e la crisi
allora in atto fra la JEC e la gerarchia francese, di gravità senza pari nella pur
travagliata storia dell’associazione93. Le tensioni erano esplose nel marzo, innescate
proprio dalla « nécessité » da tempo manifestata dalla JEC nazionale « de prendre en
charge toutes les dimensions des problèmes des jeunes » e dalla sua adesione a « des
analyses non chrétiennes de la société » ; culminarono con le dimissioni dei suoi
dirigenti e con la riorganizzazione episcopale dell’associazione, incentrata sulla
« mission évangélisatrice », a scapito dell’« action94 ». Quell’anno, il numero pasquale di
Messages, mensile dei jécistes, chiamava il militante a « se faire le champion de
l’UNITÉ », citando la guerra in Vietnam quale simbolo della « division » esistente non
solo nella comunità internazionale, ma anche nella Chiesa 95.

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Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la ro...   10

NOTE
1. Il tema è inserito all’interno di un’ampia analisi concernente il fenomeno in Europa
occidentale in Gerd-Rainer HORN , The Spirit of Vatican II. Western European Progressive
Catholicism in the Long Sixties, Oxford, Oxford University Press, 2015 ; ID., Yvon TRANVOUEZ
(coord.), L’esprit de Vatican II : catholiques de gauche en Europe dans les années 68,
Histoire@Politique,      30,      3/2016,      URL       :     www.cairn.info/revue-histoire-
politique-2016-3.htm. Sul caso italiano, si rinvia in part. a Daniela SARESELLA, « La
vocazione termomondista del mondo cattolico degli anni Sessanta e il giudizio sulla
politica internazionale statunitense », dans Piero CRAVERI, Gaetano QUAGLIARIELLO (éd.),
L’antiamericanismo in Italia e in Europa nel secondo dopoguerra, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2004, p. 291-307 ; EAD., Dal Concilio alla contestazione. Riviste cattoliche negli
anni del cambiamento (1958-1968), Brescia, Morcelliana, 2005 ; Alessandro SANTAGATA, La
contestazione cattolica. Movimenti, cultura e politica dal Vaticano II al ’68, Roma, Viella, 2016.
Sul côté francese, l’argomento ricorre in diversi saggi del miliare Denis PELLETIER, Jean-
Louis SCHLEGEL (dir.), À la gauche du Christ. Les chrétiens de gauche en France de 1945 à nos
jours, Paris, Le Seuil, 2012 ; si veda anche D. PELLETIER, La crise catholique. Religion, société,
politique en France (1965-1978), Paris, Payot, 2005 [2002], in part. p. 26-37.
2. Dal 1995 il caso dei cattolici francesi trova approfondimento negli imprescindibili
contributi di Sabine ROUSSEAU sulla storia dell’engagement militante cristiano contro la
guerra. A molti di essi si farà riferimento nel corso della trattazione ; qui, ci si limita a
indicare la sua centrale monografia La colombe et le napalm. Des chrétiens français contre
les guerres d’Indochine et du Vietnam 1945-1975, Paris, CNRS Éditions, 2002. Per il caso
italiano, si veda A. SANTAGATA, « Les catholiques italiens et la guerre du Vietnam
(1965-1968). L’antichambre de la contestation », Revue d’histoire ecclésiastique, 110, 1-2,
2015, p. 215-232 ; D. SARESELLA., « The Vietnam War, the Church, the Christian
Democratic Party and the Italian Left Catholics », Social Sciences, 7, 4/2018, DOI :
10.3390/socsci7040055.
3. Francesca GHEZZI, La Santa Sede e i cattolici di Francia e d’Italia dinanzi al conflitto in
Vietnam (1963-1966). Tra legittimazione della guerra, azione di pace e primato della coscienza/Le
Saint-Siège et les catholiques de France et d’Italie face à la guerre au Vietnam (1963-1966). Entre
légitimation de la guerre, action de paix et primauté de la conscience, Tesi di perfezionamento
in Discipline storiche/Thèse de doctorat en Sciences historiques, sous la dir. de MM. D.
Menozzi et D. Pelletier, Classe di Scienze umane, Scuola Normale Superiore/ED 472,
Mention « Religions et systèmes de pensée », École Pratique des Hautes Études,
soutenue à Pise le 18 décembre 2018, 611 p.
4. Si pensi, tra le affinità, all’antica e radicata tradizione cattolica di entrambi i Paesi ;
al processo di secolarizzazione e ai fenomeni di decristianizzazione e indifferentismo
religioso che, negli anni Sessanta, stavano rimodellando nel profondo le mentalità e i
modelli di vita dell’intera Europa occidentale del miracolo economico e della société des
loisirs ; alla presenza, nella Francia e nell’Italia della seconda metà del Novecento, dei
partiti comunisti più forti d’Europa occidentale (fattore che, in piena guerra fredda,
alimentava la propensione a una certa rigidità nel dibattito politico pubblico nazionale,
specie in materia di politica estera). Sul lato delle differenze, basti evocare i diversi
percorsi ed esiti nella laicizzazione delle istituzioni repubblicane dei due Paesi ;

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Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la ro...   11

l’esistenza, nell’Italia della “Prima repubblica”, della Democrazia cristiana, un vero e
proprio “partito dei cattolici” (e forza egemone di governo), assente oltralpe. È infine
d’obbligo richiamare la diversa entità e il diverso peso del passato coloniale nella
coscienza collettiva dei due Paesi : l’esperienza coloniale costituisce un’esperienza
centrale e “identitaria” per la Francia contemporanea, mentre il colonialismo italiano
rappresentò una vicenda di effimera consistenza e di breve durata, quasi una velleità
dell’Italia liberale, alimentata dal fascismo e con esso conclusasi, e da allora
tendenzialmente rimossa dalla coscienza nazionale.
5. A tal proposito, si segnala l’interessante Memorandum of Conversation, Dell’Acqua,
Reinhardt, Sherman, Rome, October 30, 1964, in Charles S. Sampson (ed.), Foreing Relations
of the United States, 1964–1968, vol. XII, Western Europe, doc. 300, URL : https ://
history.state.gov/historicaldocuments/frus1964-68v12/d300.
6. Una minoranza equivalente a circa il 10% della popolazione totale del Paese. Sulla
storia della Chiesa vietnamita è d’obbligo segnalare, nonostante rechi alcuni evidenti
“segni del tempo”, l’opera del missionario Piero GHEDDO, Cattolici e buddisti nel Vietnam. Il
ruolo delle comunità religiose nella costruzione della pace, Firenze, Vallecchi, 1968.
7. Nella sterminata bibliografia esistente sulla storia della guerra in Vietnam e sulla
politica vietnamita degli Stati Uniti, ci si limita qui a ricordare il classico Stanley
KARNOW, Vietnam : A History, 2nd rev. and updat. ed., New York, Penguin, 2006 [1983], da
considerarsi la fonte alla quale questo articolo fa riferimento su questi temi.
8. A titolo d’esempio, si veda, sul mensile dei gesuiti francesi, André GOMANE, « Au
Vietnam. Lettre d’Extrême-Orient », Études, octobre 1963, p. 53-66 e, sul quindicinale
della Gioventù italiana di Azione cattolica (GIAC), Mario TICCONI , « Nel Vietnam il mitra
non converte nessuno », Gioventù, 29 settembre 1963, p. 5-7 e 24.
9. M. TICCONI, op. cit., p. 7.
10. Ibid.
11. « S.E. e il Presidente degli Stati Uniti d’America », L’Osservatore Romano [OR], 3 luglio
1963, p. 1. Per il parallelo appoggio di Paolo VI alle Nazioni Unite : « La visita al Sommo
Pontefice del Segretario Generale delle Nazioni Unite », OR, 12 luglio 1963, p. 1. Si
rammenta che Montini arrivava al trono di Pietro con, alle spalle, una lunga carriera
diplomatica in Segreteria di Stato. L’aspetto politico-diplomatico del suo pontificato in
relazione (anche) al caso vietnamita è posto in evidenza in opere quali Marco MUGNAINI,
« La diplomazia di Paolo VI di fronte ai problemi della guerra e della pace », dans Luigi
GOGLIA, Renato MORO, Leopoldo NUTI (éd.), Guerra e pace nell’Italia del Novecento. Politica
estera, cultura politica e correnti dell’opinione pubblica, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 409-415 ;
Daniele MENOZZI, Chiesa, pace e guerra nel Novecento. Verso una delegittimazione religiosa dei
conflitti, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 287 ; Philippe CHENAUX, Paul VI. Le souverain éclairé,
Paris, Cerf, 2015. Su Paolo VI e la guerra in Vietnam, si segnalano in part. a Roy PALMER
DOMENICO, « America, the Holy See and the War in Vietnam », dans Peter C. KENT, John F.
POLLARD (ed.), Papal Diplomacy in the Modern Age, Westport (CT), Praeger, 1994, p. 203-219
; M. MUGNAINI, « Le Saint-Siège et la guerre du Vietnam », dans Christopher GOSCHA,
Maurice VAÏSSE (dir.), La guerre du Vietnam et l’Europe (1963-1973), Bruxelles, Bruylant,
2003, p. 401-414 ; per il periodo 1963-1966 ci si permette inoltre di rinviare al mio
lavoro di tesi dottorale.
12. « Le cancer américan », Itinéraires, mars 1964, p. 8-9.

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Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la ro...   12

13. Si veda, fra gli altri, sul quotidiano del cattolicesimo bolognese, J.B., « Guerriglieri
comunisti nel Vietnam uccidono donne e bambini nel sonno », L’Avvenire d’Italia [d’ora
in avanti AI], 21 luglio 1964, p. 7.
14. Cf. ad es., sul mensile della sezione francese di Pax Christi, Jacques                      DUQUESNE,      « Un
baril de poudre prêt à éclater », Le Journal de la Paix [JP], juin 1964, p. 4-5.
15. R[aniero]. L[A]. V[ALLE]., « Una tragica vicenda », AI, 3 novembre 1963, p. 1.
16. Così i gesuiti italiani su La Civiltà Cattolica [CC], 28 settembre 1963, p. 104. Su CC e la
guerra in Vietnam nella prima metà degli anni Sessanta, si segnala Francesco
MONTESSORO, « Il mito del Vietnam nell’Italia degli anni Sessanta », Trimestre. Storia-
politica-società, 13, 4/2004, p. 273-297 ; vd. inoltre Ennio DI NOLFO, « La Civiltà Cattolica e le
scelte di fondo della politica estera italiana nel secondo dopoguerra », Storia e politica,
1971, p. 187- 239.
17. R. L. V., op. cit. ; vd. anche M. TICCONI, op. cit., p. 7 ; Georges MONTARON, « La guerre
rôde… », Témoignage chrétien [Tc], 13 août 1964, p. 2. Sul peculiare legame fra Tc e il
concetto di résistence spirituelle, sua esperienza fondativa nella Lione del 1941, Monique
GRUBER, « La résistance spirituelle, fondement et soutien de la Résistance active.
L’exemple des Cahiers clandestins du Témoignage chrétien (1941-1944) », Revue des
Sciences Religieuses, 78, 4/2004, p. 463-487.
18. All’interno di una vasta bibliografia sul tema, ci si limita qui a richiamare la
puntuale ricostruzione di D. MENOZZI, Chiesa, pace e guerra, op. cit.
19. Cf. ibid., p. 195.
20. Cf. in part. i discorsi tenuti fra il 23 e il 25 dicembre 1963 e l’indirizzo « Al Corpo
diplomatico » del 28 dicembre 1963, in Insegnamenti di Paolo VI [PVI, Ins], I, Città del
Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1965, rispettivamente p. 417-435 e 446-449.
21. Sul dibattito assembleare sulla guerra, Giovanni TURBANTI, Il tema della guerra al
concilio Vaticano II, dans Mimmo FRANZINELLI, Riccardo BOTTONI (éd.), Chiesa e guerra. Dalla
« benedizione delle armi » alla « Pacem in terris », Bologna, il Mulino, 2005 , p. 563-606 ; vd.
anche ID., Un concilio per il mondo moderno. La redazione della costituzione pastorale
“Gaudium et spes” del Vaticano II, Bologna, il Mulino, 2000.
22. Vd. ad es. Antonio MESSINEO , « L’era atomica e i suoi formidabili problemi », CC, 7
dicembre 1963, p. 450-462.
23. Antoine WENGER, « Guerre et armes nucléaires », La Croix, 12 novembre 1964, p. 4.
24. A. GOMANE, op. cit., p. 58.
25. TESTIS, « Vie et mort de Ngo-Dinh Dziêm », Itinéraires, janvier 1964, p. 74-75.
26. Tc, 5 mars 1964, p. 1.
27. Così il settimanale delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI) in « Il
gioco vale la candela ? », Azione Sociale [AS], 8 marzo 1964, p. 10.
28. A. WENGER, « Au service de la paix », La Croix, 28 août 1964, p. 1.
29. « Viet-nam e Laos », Gioventù, 1-15 giugno 1964, p. 23.
30. « Il gioco vale la candela ? », art. cit.
31. Avere un militare come analista della realtà internazionale costituiva una
situazione non anomala per Études (cf. ad es. infra, p. 8), così come per Itinéraires (vd.,
fra gli altri, i numerosi articoli firmati dall’ammiraglio Paul Auphan tra il 1956 e il

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Cattolici di Francia e d’Italia dinanzi alla guerra in Vietnam : verso la ro...   13

1971). Tali consulenze contribuivano a orientare la linea editoriale di Études in tema di
geopolitica verso un non dissimulato, forte pragmatismo realista, abbastanza singolare
all’interno del coevo panorama cattolico.
32. Pierre RONDOT, « Viêtnam et États-Unis », Études, mai 1964, p. 622. Su Rondot vd. il
necrologio su La Croix, 10 avril 2000.
33. Claude-François          JULLIEN,   « Réédition de la crise Cubaine au Viêt Nam ? », Tc, 6 août
1964, p. 4.
34. Vd. ad es. CC, 10 ottobre 1964, p. 202-205.
35. « Una lunga catena d’errori la recente storia del Vietnam », AI, 12 agosto 1964, p.
7-8.
36. Luc RENEFF, « La guerre et la paix se jouent, peut-être, au Vietnam », Tc, 13 août 1964,
p. 6.
37. G. MONTARON, « La guerre rôde… », art. cit.
38. « Il Tonkino : l’hanno battezzato “il golfo di fuoco” », AS, 27 settembre 1964, p. 9.
39. A. WENGER, « Au service de la paix », art. cit.
40. G. MONTARON, « Au Viêt-Nam, au Congo, les Américains cherchent la sortie », Tc, 27
août 1964, p. 3, da cui si riprendono le citazioni successive nel corpo testo. Sulla tesi
della continuità fra la guerra coloniale francese e quella americana all’interno del
cattolicesimo francese, e sulle altre interpretazioni date del conflitto, vd., per il periodo
posteriore a Rolling Thunder, S. ROUSSEAU, La colombe et le napalm, op. cit., p. 142-149.
41. Per un’analoga riflessione della GIAC vd. « Comunismo e chiacchiere », Gioventù, 26
aprile 1964, p. 2.
42. Si pensi alla tradizione anticapitalista e anticomunista della Chiesa e alla sua
dottrina sociale in età contemporanea, in specie al magistero roncalliano ; alla
pastorale di Paolo VI, accorto osservatore delle realtà extraeuropee, che nel 1967
avrebbe trovato la sua più compiuta espressione nella Populorum Progressio ;
all’ecclesiologia conciliare della “Chiesa dei poveri” e al dibattito cattolico sul
sottosviluppo, ispirati ai lavori del domenicano francese Louis-Joseph Lebret. Sulle
teorie di Lebret, che fu anche il principale redattore della Populorum Progressio, vd. D.
PELLETIER, Économie et Humanisme. De l’utopie communautaire au combat pour le tiers-monde
1941-1966, Paris, Cerf, 1996.
43. In cui, come noto, il “trauma algerino” ha un ruolo centrale ; sul tema e per
ulteriori rinvii bibliografici, S. ROUSSEAU, La colombe et le napalm, op. cit., p. 17-38 ; EAD., «
Indochine catholique et Vietnam. Les intellectuels catholiques et la décolonisation de
l’Indochine », dans Dominique BORNE, Benoît FALAIZE (dir.), Religions et colonisation.
Afrique-Asie-Océanie-Amériques XVIe-XXe siècle, Paris, Éd. de l’Atelier/IESR/INRP, 2009, p.
275-282.
44. D. PELLETIER, « Les catholiques français et le marxisme, des années 1930 au “moment
68” », dans Jean-Numa DUCANGE, Antony BURLAUD (dir.), Marx, une passion française, Paris,
La Découverte, 2018, p. 314-315 ; vd. Anche Grégory BARRAU, Le Mai 68 des catholiques,
Paris, Éd. de l’Atelier, 1998, p. 14.
45. D. PELLETIER, La crise catholique, op. cit., p. 30.Vd. anche S. ROUSSEAU, « Frères du Monde
et la guerre du Vietnam : du tiers-mondisme à l’anti-impérialisme (1965-1973) », Le
Mouvement social, octobre-décembre 1996, p. 71-88.

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46. Vittorio BONI, « I peccati del mondo », AS, 6 dicembre 1964, p. 5 [il corsivo è mio].
47. Aurelio BOSCHINI, « Le “guerre di liberazione nazionale” », AS, 6 dicembre 1964, p. 9.
48. « Per la concordia tra gli uomini », 5 dicembre 1964, in PVI, Ins, II, p. 721.
49. Lo sottolineava, sul mensile della Jeunesse étudiante chrétienne (JEC), J.-G. DUFOUR, «
Paix chez les étudiants », Action catholique étudiante [Ace], 20 février 1964, p. 6.
50. Vd. ad es. Jean HAU, « Force de frappe », JP, juillet-août 1963, p. 4-5.
51. Gabriel BERGOUGNOUX, « Les Pères conciliaires le savent : il n’y a pas de guerre juste »,
Tc, 19 novembre 1964, p. 10. Vd. anche Enzo MORGAGNI, « A chi spetta difendere la pace ?
», Gioventù, seconda quindicina di giugno 1965, p. 10 ; A. BOSCHINI , « Al Concilio una
misura dell’uomo moderno », AS, 3 ottobre 1965, p. 2 ; e su Lettre, mensile di chrétiens de
gauche, Bernard BOUDOURESQUES, « Le Concile “Vatican II” et la guerre », mars 1966, p.
7-12.
52. Jacques      DUPAIGNE,     Yves   GENIN,   « Paix et défense nationale », Ace, 19 janvier 1964, p.
20.
53. C. F., « Il trionfo di Johnson », AS, 8 novembre 1964, p. 5.
54. « I rischi della pace », art. cit., p. 7.
55. Carol ACTON, Grief in Wartime. Private Pain, Public Discourse, Basingstoke-New York,
Palgrave McMillan, 2007, p. 148. L’uso fotogiornalistico del “corpo” in relazione alla
guerra in Vietnam (« the first television war ») sarebbe dilagato nei mass media
internazionali dalla seconda metà del decennio. Simon COTTLE, Mediatized Conflict.
Developments in Media and Conflict Studies, Maidenhead (U.K.), Open University Press,
2006, p. 75.
56. Oltre ai citati lavori della Rousseau, vd. Étienne FOUILLOUX, « Les cinq étapes de
Témoignage chrétien », Vingtième Siècle. Revue d’histoire, 125, 1/2015, p. 3-15.
57. Cf. Tc, 5 novembre 1964, p. 4 e 31 décembre 1964, p. 5.
58. Tc, 5 novembre 1964, p. 4.
59. William V. KENNEDY, « L’armée américaine », Études, novembre 1964, p. 524. In
quell’anno era stato distribuito, ad esempio, il Dr. Strangelove di Stanley Kubrick.
60. Bernard FERON, « Les Américains sont fatigués », Tc, 31 décembre 1964, p. 9.
61. Le parole sono quelle del quindicinale della Federazione universitaria cattolica
italiana (FUCI) Ricerca, 15 gennaio 1965, p. 1.
62. « Le point sur la guerre atomique », JP, février 1965.
63. « Un problema politico », AI, 12 febbraio 1965, p. 1.
64. Ibid.
65. CC, 27 marzo 1965, p. 99.
66. Mario SICA, Marigold non fiorì. Il contributo italiano alla pace in Vietnam, Firenze, Ponte
alle Grazie, 1991, p. 22.
67. Dante ALIMENTI, « Arrivano i marines », AS, 14 marzo 1965, p. 5.
68. Vd. CC, 27 marzo 1965, p. 100-101.
69. Vd. ad es. Bernard LALANDE, « La solidarité ou la mort », JP, février 1965, p. 3 ;
Mariangelo MARCONI, « Le malattie della pace », Gioventù, prima quindicina di febbraio
1965, p. 16-17.

Chrétiens et sociétés, 26 | 2019
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