Consiglio Nazionale dei Geologi
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
LA STAMPA Dat" 26-04-2019 NOVARA-VCO Pagin" Foglio 39 1 VERBANIA .• LUCA GEMELLI Lago Maggiore dalla secca alla piena F 'ìÌ '''
Gazzetta del Sud Dat" 25-04-2019 Pagin" 26 Foglio 1 L'evento "#pescasub.. µtnstk Jree" organinatodornenfcadi fronteal1a8oa tfobold a Ganzini Puli1·e il n1a1·e da plastica e 1·ifiuti Ci pensa110 i pescato1·i subacqttei L'appassionato Pietro Lanzafa111e: ••Noi difendian10 l'an1biente» Ellutt.tta R«Mlle ( hl llH glwll1 ',] 11:1ne.1111f,lill'(!Udrk ;1 SJ1. 'i l,t ·u f'1PH > �.-re ,1:�w,k � d1k1\,-,lr(' 1kl Trl,llr'' lifU rM�,l1)11L ' �I 11,1q"t,.r,n.1 IW) d(•,1- r,k1ì,, 11i rn1d,1,,• k ·,rb,i:,.11;.- r d,iv,•111 .1 llll fl\(•VIIIWTlrl' r1,,, da, ,nn.11 ,w!· V. I l1 h �! \j'\Oo-1 J ',(Ii I,: ( lHs'. (1\'I' p I'>"-' ,1· I"f Hl)\,lllnddk \\Cl\.' ,viJ �i.lpin 11,,'("1. ',lf,hHh' l)
26 Apr 2019 Il sismabonus per le grandi operazioni di valorizzazione immobiliare si estende ad altri 5mila Comuni Giuseppe Latour Il sismabonus dedicato alle grandi operazioni di valorizzazione immobiliare si estende da circa 700 ad altri 5mila Comuni, inglobando diverse città nelle quali questo tipo di interventi è molto frequente, come Roma o Milano. È l’effetto di una norma del decreto crescita che estende le agevolazioni per la messa in sicurezza, dedicate ai costruttori e agli acquirenti dei loro immobili, dalle sole zone sismiche a rischio elevato fino a quelle a rischio intermedio, in base alla classificazione di pericolo di Palazzo Chigi. La novità del decreto appena passato in Consiglio dei ministri interviene su un’agevolazione varata dalla manovra correttiva del 2017, a maggio di quell’anno. Il suo obiettivo era rendere più efficace il sismabonus nelle grandi operazioni di valorizzazione immobiliare. In base a quella norma, nelle zone ad elevato rischio sismico (zone 1) le imprese possono effettuare la messa in sicurezza degli edifici mediante demolizione e ricostruzione, «allo scopo di ridurne il rischio sismico», anche con variazioni volumetriche. Questi investimenti possono, poi, essere impacchettati e rivenduti, con uno sconto fiscale incorporato. Entro 18 mesi dalla data di conclusione dei lavori, infatti, i costruttori possono vendere gli immobili e cedere le relative detrazioni di imposta agli acquirenti. Gli sconti sono molto rilevanti: in caso di salto di una classe di rischio (misurata in base alle linee guida del Mit) lo sconto è del 75%, mentre per il doppio salto si arriva all’85% «del prezzo della singola unità immobiliare, risultante nell’atto pubblico di compravendita». Quindi, seguendo uno schema particolare, l’agevolazione non è agganciata all’importo degli interventi effettuati ma al prezzo di vendita. L’importo massimo della spesa è pari a 96mila euro per unità immobiliare. In caso di sconto massimo per il doppio salto di classe (85%), calcoli alla mano, si potranno incassare oltre 81mila euro per appartamento. Questa agevolazione, però, nella sua versione originaria aveva un difetto di fondo: era limitata alle sole zone 1, quelle a rischio sismico più elevato. Si tratta di circa 700 Comuni in tutto il paese, spesso concentrati in aree nelle quali questo tipo di valorizzazioni sono meno frequenti. Ora il Governo fa un passo in avanti e allarga il perimetro della misura anche alle zone 2 e 3, quelle nei quali i terremoti sono meno probabili, ma comunque possibili. Nella sostanza, vuol dire che ai 700 Comuni già coperti da questa versione del sismabonus se ne aggiungono circa 5mila. Al di là dei numeri, però, pesa un dato: in questo pacchetto ci sono aree nelle quali lo strumento delle grandi valorizzazioni immobiliari oggi viene usato con più frequenza. È il caso di Roma o di Milano. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
26 Apr 2019 Speciale Sblocca-cantieri, dall'esercizio provvisorio ai concordati: tutte le novità sulle crisi d'impresa Luca Leone e Paola Conio Le disposizioni anticipatorie del nuovo codice della crisi di impresa e dell'insolvenza Nel decreto "Sblocca cantieri" vengono anticipate alcune norme della riforma organica delle procedure di gestione delle situazioni di crisi e d'insolvenza, adottata con D.Lgs. 14/2019 del 14 febbraio 2019. Le modifiche apportate da quest'ultimo provvedimento al Codice dei Contratti pubblici, necessarie per chiarire le disposizioni dello stesso e coordinarle con la nuova Legge sulla crisi di impresa, sarebbero difatti entrate in vigore soltanto 18 mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, quindi il 15 agosto 2020. Lo sblocca cantieri, quindi, intervenendo sull'art. 110 del Codice contratti e sull'art. 104 e 186-bis della Legge Fallimentare consente di applicare anticipatamente le disposizioni correttive. Le nuove norme introdotte dal decreto pubblicato il 19 aprile in Gazzetta ufficiale verranno, poi, automaticamente sostituite da quelle del Codice della crisi di impresa e d'insolvenza al momento dell'entrata in vigore di quest'ultimo provvedimento. Le imprese fallite in regime di esercizio provvisorio Con l'anticipazione delle disposizioni del D.Lgs 14/2019 viene fortemente ridimensionata la possibilità delle imprese in stato di fallimento, il cui curatore sia stato autorizzato all'esercizio provvisorio, di continuare ad operare nel settore dei contratti pubblici. Difatti, se da un lato viene confermata la possibilità – ove evidentemente la stessa risulti funzionale a garantire gli obiettivi della procedura liquidatoria – che il curatore autorizzato all'esercizio provvisorio continui, con l'autorizzazione del giudice delegato, ad eseguire i contratti pubblici che l'impresa fallita aveva già stipulato prima del fallimento, viene cancellata la possibilità, fortemente criticata, di consentire al curatore anche la partecipazione a nuove procedure di gara. Le imprese che hanno presentato domanda di concordato "in bianco" L'attuale formulazione dell'art. 110 del Codice Contratti prevede che l'impresa che ha presentato domanda di concordato a norma dell'articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero il c.d. concordato prenotativo, con riserva o "in bianco", possa eseguire i contratti già stipulati, su autorizzazione del giudice delegato. Per quanto, invece, concerne l'ipotesi di partecipazione alla gara, in assenza di disposizioni coordinate, chiare e puntuali, gli orientamenti giurisprudenziali avevano fatto registrare posizioni non univoche. Ad esempio, il Tribunale di Roma (Decr., 20/10/2017) aveva ritenuto che l'autorizzazione a
partecipare a procedure di affidamento di appalti pubblici, ai sensi dell'art. 186 bis, comma 4, l. fall., non potesse essere concessa all'impresa che abbia proposto la sola domanda di concordato preventivo con ricorso cd. in bianco, trovando applicazione, l'anzidetta disposizione, nel caso di deposito di domanda di concordato corredata da proposta, piano e documentazione di rito e nel periodo intercorrente tra il deposito medesimo e la ammissione alla procedura della proponente. Di contro, il Tribunale di Bolzano (09/01/2018), aveva affermato che qualora il ricorso in bianco fosse accompagnato da un'adeguata disclosure sulle linee guida del piano sarebbe stata possibile la partecipazione a nuove procedure di affidamento, previa autorizzazione del Tribunale, acquisito il parere favorevole del Commissario giudiziale se nominato sulla convenienza per il ceto creditorio della partecipazione alla procedura pubblica. Il TAR Piemonte (sent. n. 260/2019 DEL 7/3/2019) aveva affermato che le ragioni del soggetto che ha solo formulato istanza di concordato in bianco vengono prese in considerazione dalla sola legge fallimentare nella unilaterale prospettiva della procedura concordataria, alle cui esigenze non deve necessariamente piegarsi la procedura di evidenza pubblica per l'affidamento dei contratti. Il Consiglio di Stato, dal canto suo, per ben due volte ha rimesso alla Corte di Giustizia Europea la questione della compatibilità con il diritto eurounitario dell'esclusione dalla procedura di gara pubblica dell'impresa che abbia presentato domanda di concordato in bianco considerando come "procedimento in corso" la mera istanza e quale causa di esclusione dalla procedura d'appalto pubblico la confessione del debitore di trovarsi in stato di insolvenza insita nella presentazione dell'istanza di concordato preventivo "in bianco" (CDS Ordinanza n. 686/2018 e 2737/2015). Il comma 4 dell'art. 110, così come riformulato dallo "sbocca cantieri" prevede che l'art. 186-bis, ovvero la disposizione della L. Fall. sul concordato con continuità aziendale che disciplina la possibilità di partecipazione alle gare successivamente al deposito del ricorso da parte dell'impresa, si applichi anche all'ipotesi di domanda di concordato "in bianco". Quindi è espressamente chiarito dalla norma che l'operatore economico che abbia presentato domanda di concordato in bianco o con riserva possa partecipare alle gare per l'affidamento dei contratti pubblici purché autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato, o in alternativa dal tribunale. In questo caso, tuttavia, sarà sempre necessario avvalersi dei requisiti di un altro soggetto, Anche se la disposizione su questo specifico punto non è esplicita, il riferimento dovrebbe essere all'ipotesi dell'avvalimento c.d. "rinforzato" ai sensi del successivo comma 6 del medesimo art. 110, di cui si dirà in appresso. Il concordato preventivo c.d. "liquidatorio" Con l'anticipazione delle norme del D.Lgs. 14/2019 sembrerebbe assistersi allo scolorimento della differenza tra concordato liquidatorio e concordato con continuità aziendale ai fini delle procedure di evidenza pubblica per l'affidamento di contratti. Prima dello sblocca cantieri, ai sensi del combinato disposto della legge fallimentare (in particolare l'art. 186-bis) e del Codice Contratti, le disposizioni che consentivano la partecipazione alle gare di appalto in deroga alle previsioni dell'art. 80 comma 5 del D.Lgs. 50/2016 erano sempre specificamente riferite all'ipotesi del concordato con continuità aziendale, mentre in relazione al concordato con cessione dei beni o c.d. liquidatorio era contemplata unicamente la possibilità delle imprese che vi erano state ammesse di proseguire nell'esecuzione dei contratti già stipulati, previa autorizzazione del giudice delegato. Con le modifiche dello sblocca cantieri, invece, non sembrerebbe più sussistere alcuna differenza tra le due tipologie di concordato in relazione alle procedure di gara pubblica. Difatti, da un lato, con la modifica al comma 4 dell'art. 186-bis, viene previsto che la
partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici da parte di imprese che hanno depositato "la domanda di cui all'art. 161 L.F." ovvero la domanda di ammissione al concordato preventivo non necessariamente con continuità aziendale, deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato; dall'altro, il comma 5 dell'art. 110 del codice contratti viene modificato prevedendo che "l'impresa ammessa al concordato preventivo" tout-court (anziché "l'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale") non necessita dell'avvalimento di requisiti di altro soggetto. Infine, anche all'art. 80 comma 5 lett. b) scompare il riferimento alla continuità aziendale e resta solo quello al concordato preventivo in generale. In effetti, anche dalla riforma della materia fallimentare non viene più esclusa l'ipotesi di partecipazione a nuove gare delle imprese in concordato liquidatorio, atteso che le disposizioni riformate fanno riferimento all'impresa al "concordato" e non più alla finalità della continuità aziendale, benché quest'ultima costituisca l'ipotesi che il legislatore della riforma vorrebbe divenisse prevalente , rispetto a quella meramente liquidatoria, possibile con il nuovo D.Lgs. 14/2019 solo nel caso si garantisca l'apporto di nuova finanza. L'avvalimento "rinforzato" L'avvalimento rinforzato si differenzia dall'istituto di derivazione comunitaria normato dall'art. 89 del Codice Contratti in quanto l'ausiliario deve in questo caso essere dotato di tutti i requisiti richiesti per la partecipazione alla procedura e deve obbligarsi a subentrare all'impresa ausiliata in caso di default di quest'ultima dopo la stipulazione del contratto o in corso di esecuzione delle prestazioni. La disposizione del sesto comma dell'art. 110 del Codice (già comma 5), dedicata al c.d. "avvalimento rinforzato", viene modificata nel tentativo di superare le molte perplessità che erano state sollevate con riferimento al vecchio testo. Al di fuori dei casi di avvalimento rinforzato "obbligatorio" (partecipazione alla gara di impresa che ha presentato domanda di concordato in bianco nel periodo antecedente il deposito del decreto di ammissione, come previsto ai sensi del comma 4 del nuovo art. 110), continua ad essere demandata ad ANAC dal nuovo comma sesto dell'art. 110 la scelta di subordinare all'individuazione dell'ausiliario la possibilità di partecipazione alle gare per le imprese che già si trovino in regime di concordato e che, dunque, secondo la previsione del precedente comma 5 non necessiterebbero di norma dell'avvalimento. Tale necessità sarà, difatti, legata alla mancanza di requisiti aggiuntivi che l'ANAC stessa dovrà individuare con proprie linee guida. Scompaiono, dunque, i riferimenti alla consultazione, da parte dell'ANAC, del giudice delegato e al caso dell'impresa non più in regola con i pagamenti delle retribuzioni dei dipendenti e dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali, certamente sganciando la valutazione dell'ANAC dai casi concreti e collegandola a fattispecie astratte. L'avvalimento rinforzato continua ad essere, altresì, previsto dal comma 5 dell'art. 186-bis il quale statuisce che l'ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l'impresa presenta in gara: a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto; b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare
esecuzione all'appalto. Tale previsione – mantenuta inalterata - deve, a questo punto, essere coordinata, da un lato, con la previsione del nuovo comma 5 dell'art. 110 del Codice che stabilisce che l'impresa ammessa al concordato preventivo non necessita dei requisiti di altro soggetto e, dall'altro, con la disposizione del riformulato comma 4 dell'art. 186-bis, che lo sblocca cantieri ha modificato prevedendo che successivamente al deposito della domanda di ammissione al concordato, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove gia' nominato. Sembrerebbe dunque che l'ammissione alle procedure di gara dell'impresa già in concordato possa, invece, avvenire a prescindere dall'autorizzazione ove venga presentata la documentazione prevista dal sopra citato comma 5 dell'art. 186-bis e fornito l'avvalimento rinforzato. Tale interpretazione è, peraltro, quella prospettata dall'AIR della proposta di Linee guida ANAC (non approvata) ai sensi del vecchio art. 110. Posizione dell'impresa in concordato all'interno del raggruppamento Come noto, un tema particolarmente dibattuto è stato finora quello della possibilità per l'impresa in concordato preventivo con continuità aziendale di rivestire o meno all'interno del raggruppamento il ruolo di mandataria. Il comma 6 dell'art. 186-bis L.F. lo esclude espressamente stabilendo che l'impresa in concordato possa concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale. Tuttavia, essendo la previsione ora citata antecedente all'approvazione del Codice contratti e del relativo correttivo, i quali non solo non facevano minimamente riferimento alla posizione che tali imprese avrebbero potuto rivestire nei raggruppamenti ma, addirittura consentivano all'impresa fallita assoggettata al regime di esercizio provvisorio di partecipare alle gare senza limitazione alcuna e, quindi, anche come mandataria, taluni commentatori avevano ritenuto che la citata disposizione della legge fallimentare fosse stata implicitamente abrogata dalla norma speciale per le procedure di gara pubblica costituita appunto dall'art. 110 del codice. Tale orientamento era sposato anche dall'ANAC nella citata proposta di Linee guida, argomentando nell'AIR che, da un lato, una diversa interpretazione avrebbe determinato una ingiustificabile ed illogica disparità di trattamento tra l'impresa fallita in regime di esercizio provvisorio e l'impresa ammessa al concordato e, dall'altro, che il silenzio del legislatore del codice contratti avrebbe dovuto essere interpretato alla stregua del criterio "ubi lex voluit dixit, ubi nolit tacuit" ovvero, se la norma non ha detto nulla a riguardo vuol dire che non intendeva precludere l'assunzione di tale ruolo. L'orientamento era anche seguito da parte della giurisprudenza (es. TAR Toscana Firenze, sent. n. 491/2019 del 3 aprile 2019) Altri giudici, tuttavia, non avevamo mostrato di condividere tale impostazione e avevano invece ribadito che l'assunzione del ruolo di mandataria del raggruppamento – anche ove vi fosse stata l'autorizzazione del giudice – era preclusa dalla normativa vigente (e segnatamente da non abrogato comma 6 dell'art. 186-bis L.F.) e pertanto il raggruppamento che concorresse con un'impresa in concordato in posizione di mandataria andava comunque escluso (cfr. ad es. TAR Piemonte sent. n. 260/2019 del 7 marzo 2019). Con lo sblocca cantieri vengono fugati i dubbi, sia perché è stata eliminata la possibilità per il curatore dell'impresa fallita in esercizio provvisorio di partecipare in qualsiasi forma alle gare, sia perché il comma 6 dell'art. 186-bis non è stato abrogato, come sarebbe stato logico attendersi se il legislatore rendere palese la teorizzata abrogazione implicita, sia perché l'art. 80 comma 5
lett. b) è stato modificato facendo salvo non solo quanto previsto dall'art. 110 del codice ma anche dall'art. 186-bis. Quindi, la partecipazione dell'impresa in concordato in posizione di mandataria è esclusa. Peraltro anche l'art. 95 del D.Lgs. 14/2019 in materia di crisi di impresa conferma l'impossibilità di assumere tale posizione. Entrata in vigore Trattandosi di un decreto-legge, le disposizioni entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione. Tuttavia occorrerà attendere la legge di conversione – da adottarsi entro il termine perentorio di 60 gg. – per verificare se le disposizioni ora commentate resteranno stabili. Considerato, tuttavia, che le stesse in sostanza anticipano quanto sarà previsto a partire dall'entrata in vigore della già approvata riforma della crisi di impresa e dell'insolvenza sarebbe lecito attendersi che le norme in questione siano confermate dalla legge di conversione. Le stesse sono poi destinate all'automatica sostituzione con quelle del nuovo codice della crisi di impresa a partire dalla data di entrata in vigore di queste ultime. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
26 Apr 2019 Speciale Sblocca-cantieri/2. Intervento: «Grande risultato l'addio al massimo ribasso puro» Edoardo Bianchi * Nel Dl Sblocca cantieri recentemente approvato vi è un provvedimento contenuto negli articoli 36 e 97 che di fatto manda in pensione il criterio di aggiudicazione del massimo ribasso "puro" (inteso, cioè, come criterio affidamento al ribasso più elevato in assenza di meccanismi automatici di esclusione delle offerte anomale). Ecco alcune considerazioni non in termini di diritto formale quanto in termini di diritto sostanziale esaminando brevemente cosa avverrà in concreto per i bandi di gara interessati dallo sblocca cantieri per il tema specifico. Di fatto per la gare di appalto fino alla soglia comunitaria (circa 5,5 milioni euro) le stazioni appaltanti, verificata l'assenza del cosiddetto interesse transfrontaliero, debbono utilizzare un criterio automatico di aggiudicazione che non si presti a manipolazioni e che consenta una rapida individuazione della impresa aggiudicataria. Permane poi, comunque, per le stazioni appaltanti la possibilità di utilizzare il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (Oepv) ricorrendo a idonea motivazione. Nel precedente Codice 50 per le gare sotto soglia comunitaria la stazione appaltante poteva optare tra tre diversi sistemi di aggiudicazione: massimo ribasso, Oepv, massimo ribasso con esclusione automatica delle offerte anomale. Dopo tanti anni, per la prima volta, si è avuto il coraggio di espungere dai sacri testi che regolano il mercato delle opere pubbliche l'iniquo sistema del massimo ribasso "puro". Certo, a giudizio di Ance si poteva fare meglio e di più in sede di riscrittura dell'articolo 97 che, oggi, non garantisce in maniera assoluta un effettivo contenimento dei ribassi e la piena imprevedibilità degli stessi. Rimane, però, che il criterio del massimo ribasso sparisce e questo è un grande risultato. È indubbio, peraltro, che permangano elementi di forte criticità. Assolutamente non condivisibile è la previsione che innalza dal 30% al 50% l'incidenza dell'elemento prezzo nella Oepv. Questo favorisce logiche da massimo ribasso in un contesto di gara dove la miglioria progettuale dovrebbe farla da regina. In un contesto generale in cui l'operare della pubblica amministrazione, per varie ragioni, è nei fatti ispirato alla logica del blocco della firma tornerà a farla da padrone, nel caso di utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, l'elemento prezzo che determinerà effettivamente chi sarà l'aggiudicatario del singolo appalto.
Ance ha sempre creduto che un sano confronto concorrenziale, in presenza di lavori che presentino situazioni di complessità tecnologica, possa avvenire attraverso l'utilizzo della oepv che meglio garantisce e premia la professionalità ed il know how della impresa. Proprio per questo registriamo con preoccupazione non solo la lentezza con cui il Bim sta affermandosi nelle procedure di gara ma anche lo stallo con cui la razionalizzazione ed accorpamento delle stazioni appaltanti procede a cui deve aggiungersi l'ulteriore slittamento della operatività dell'albo dei commissari gara istituito presso l'Anac. Gli aspetti sopra ricordati costituiscono tre pilastri essenziali ed irrinunciabili su cui deve fondare, a giudizio di Ance, una procedura di gara che possa effettivamente premiare l'offerta migliore e più idonea ad eseguire i lavori oggetto di appalto. In sede di conversione dello sblocca cantieri auspichiamo possano registrarsi dei miglioramenti su questo tema, come su altri, al fine di consentire un effettivo utilizzo delle risorse disponibili nel rispetto dei principi di economicità e trasparenza al fine di ridurre e rendere certi i tempi di aggiudicazione e realizzazione delle opere pubbliche. * Vicepresidente Ance P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
25 Apr 2019 Sblocca cantieri, irregolarità fiscali non definitive: per l'Ance effetto devastante sulle imprese Giuseppe Latour Un intervento «paradossale», che rischia di avere un «effetto devastante» su imprese già stremate. Un «accanimento» da denunciare con forza, per chiedere che la norma venga stralciata, in fase di conversione del decreto sblocca cantieri (Dl 32/2019). Non conta che la richiesta di inserirla nel Codice appalti sia arrivata da Bruxelles: in questo caso bisogna «fare muro», a tutela degli appalti pubblici in Italia. La durezza delle parole utilizzate dal presidente dell’Ance (l’associazione dei costruttori italiani), Gabriele Buia, restituisce in modo efficace il grado di preoccupazione che in questi giorni sta scuotendo le nostre imprese. Sotto esame c’è la norma che il decreto sblocca cantieri ha inserito, a partire dal 19 aprile scorso, nel nostro sistema di contratti pubblici: le amministrazioni potranno escludere dalle gare quelle imprese alle quali siano state contestate violazioni tributarie e contributive anche non definitivamente accertate. Le vecchie regole Finora, in base alle indicazioni del Codice appalti, ci si limitava a una definizione più restrittiva. Le irregolarità fiscali dovevano essere «gravi e definitivamente accertate»: quindi, oggetto di accertamenti non più impugnabili o di sentenze di condanna passate in giudicato. Nel caso in cui - spiega l’Ance in una nota - «l’operatore avesse impugnato l’atto d’accertamento e la questione fosse ancora pendente dinnanzi al giudice tributario, non poteva operare alcuna causa di esclusione legata ad eventuali irregolarità fiscali». Cosa cambia Ora si cambia. Il decreto sblocca cantieri, infatti, aggiunge qualche riga all’articolo 80, integrando le vecchie regole. E prevedendo la possibilità (non l’obbligo) per la stazione appaltante di escludere un concorrente, qualora sia in grado di dimostrare adeguatamente l’esistenza di violazioni tributarie e contributive, anche se non definitivamente accertate, sopra la soglia di rilevanza di 5mila euro. La novità, che - va detto - per come è scritta si presta a interpretazioni, comporta un effetto tremendo: in caso di accertamento, l’unica possibilità per l’operatore di non essere escluso dalla procedura di gara «sarà - dicono ancora dall’Ance - il pagamento integrale (o della prima rata, in caso di rateizzazione) della cartella di pagamento, prima della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione». Norma paradossale Un terremoto, nato dalla richiesta della Commissione europea di adeguarci alle direttive comunitarie in materia di appalti, che Gabriele Buia commenta così: «Un intervento di questo tipo è paradossale, tenuto conto che le nostre amministrazioni sono le prime a non rispettare le norme comunitarie in materia di tempi di pagamento».
Con l’applicazione pratica di queste regole, il rischio per il presidente Ance è «di avere un effetto devastante». Perché «molto spesso si fanno accertamenti nei confronti delle imprese che poi si rivelano infondati». In questo modo, quindi, saranno esclusi molti operatori economici di fatto fiscalmente regolari, esponendoli a una penalizzazione eccessiva e del tutto sproporzionata rispetto ad una violazione che, spesso, viene poi riconosciuta come inesistente. Sanzionare queste situazioni con l’esclusione dalle gare è sproporzionato. Rischio incostituzionalità Tanto che ieri l’Associazione italiana dottori commercialisti (Aidc) è intervenuta sul tema e ha parlato di «palese incostituzionalità della norma per lesione del diritto alla difesa». Spiegando: «È del tutto evidente che non può essere considerato debitore un soggetto per il quale una data pretesa impositiva non sia stata ancora definitivamente accertata». Anche per l’Ance la normativa comunitaria deve essere «coordinata ed inserita» nel contesto dell’ordinamento tributario italiano che, in linea generale, «dà rilevanza all’atto accertativo, quale mezzo di prova certo dell’illecito tributario, solo quando lo stesso assume carattere definitivo». Prima di questo momento, l’accertamento è considerato comunque un atto provvisorio e sanabile. Le soluzioni Il rimedio, secondo Buia, a questo punto è una drastica inversione di marcia, in sede di conversione del provvedimento: «Denunceremo con forza al legislatore questa situazione di accanimento. Per noi è necessario lo stralcio della norma». Poco conta che la richiesta arrivi da Bruxelles: «Il Governo dovrebbe fare muro, a tutela delle imprese». L’alternativa, molto meno allettante, è una revisione radicale della formulazione attuale. Che passi, ad esempio, dall’aumento del tetto al di sopra del quale far scattare l’esclusione dalle gare: «Da 5mila si dovrebbe passare ad almeno 50mila euro», conclude il presidente Ance. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
25 Apr 2019 Prevenzione incendi, in Gazzetta il decreto che rende obbligatorio il ricorso alle norme prestazionali del 2015 Mariagrazia Barletta È stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto del ministero dell'Interno (Dm 12 aprile) che va a modificare il campo di applicazione del cosiddetto Codice di prevenzione incendi (Dm 3 agosto 2015), rendendo le norme prestazionali, in esso contenute, cogenti per 42 delle 80 attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi. Significa che dal 4 ottobre 2019 (il Dm 12 aprile entra in vigore 180 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta) la normativa prestazionale, che ha fatto ingresso per la prima volta nel campo della prevenzione incendi nel 2015, da facoltativa diventa obbligatoria per gran parte delle cosiddette attività «soggette e non normate», ossia inserite nell'elenco delle attività soggette a controllo da parte dei Vigili del Fuoco (l'elenco è allegato al Dpr 151 del 2011) e prive di regola tecnica verticale. Più nel dettaglio, si tratta prevalentemente di fabbriche, officine, depositi, impianti di diverso tipo per i quali attualmente valgono soprattutto i cosiddetti «criteri tecnici di prevenzione incendi».Come anticipato in un articolo del 22 febbraio scorso, il decreto ha preso forma velocemente con la nuova direzione del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, affidata dal primo dicembre 2018 a Fabio Dattilo. Nonostante dal 4 ottobre la normativa del Codice costituirà, in molti casi, l'unica via percorribile per costruire una strategia antincendio, per alcune attività comprese nel campo di applicazione del Dm 3 agosto 2015 resterà comunque la possibilità di scegliere se applicare le norme prestazionali o le tradizionali regole tecniche prescrittive. Questo doppio binario resterà in piedi ancora per gli alberghi con più di 25 posti letto, per le scuole con oltre 100 persone presenti (fanno eccezione gli asili nido per i quali il Codice non si applica), per le aziende e gli uffici con oltre 300 persone presenti e per le autorimesse con superficie coperta superiore a 300 mq. Per l'attività numero 69 del Dpr 151 del 2011 c'è da fare una distinzione: le norme del Codice restano facoltative per gli esercizi commerciali dove sia prevista la vendita e l'esposizione di beni (con superficie superiore a 400 mq), ma diventano obbligatorie per le fiere e i quartieri fieristici (finora esclusi dal Codice). Oltre alle esposizioni fieristiche, per effetto del nuovo decreto il campo di applicazione del Dm 3 agosto 2015 viene allargato ad altre nove attività, si tratta di: edifici e complessi edilizi a uso terziario o industriale caratterizzati da promiscuità strutturale o impiantistica (attività numero 73); stabilimenti dove si impiegano sostanze instabili; industrie e impianti dove si utilizzano nitrati di ammonio, di metalli alcalini, nitrato di piombo e perossidi inorganici; stabilimenti che utilizzano sostanze soggette all'accensione spontanea, industrie che producono acqua
ossigenata; stabilimenti che detengono o impiegano fosforo; impianti per la macinazione e la raffinazione dello zolfo; fabbriche di fiammiferi e stabilimenti e impianti che detengono magnesio o leghe ad alto tenore di magnesio (attività dalla numero 19 alla 26). Ben presto entreranno nella sfera d'azione del Codice anche gli edifici sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni cultuali e del paesaggio, che ospitano al loro interno gallerie, musei, archivi e biblioteche. La relativa regola tecnica verticale ha ormai preso forma, si attendono l'approdo a Bruxelles per le verifiche di rito e poi la pubblicazione in «Gazzetta ufficiale» (si veda l'articolo pubblicato su Edilizia e Territorio lo scorso 2 aprile). Con il Dm 12 aprile 2019 viene stabilito che le norme del Codice si applicano alle attività di nuova realizzazione. Per gli interventi di modifica o di ampliamento delle attività che risulteranno esistenti al 4 ottobre, le norme del Codice si applicheranno a condizione che le misure antincendio riguardanti la parte di attività non interessata dall'intervento siano compatibili con i cambiamenti da realizzare. In caso contrario, l'intervento di modifica o di ampliamento dovrà seguire le norme prescrittive e i «criteri tecnici di prevenzione incendi» oppure si potrà fare affidamento sulle norme prestazionali del Codice purché, però, queste siano estese all'intera attività e non solo alla parte oggetto di modifica o di ampliamento. Per quelle attività che al 4 ottobre risulteranno in regola con gli adempimenti previsti dal Dpr 151 del 2011 (verifica dei progetti se richiesta, Scia antincendio e controlli di prevenzione incendi) non sussiste l'obbligo di adeguarsi alle novità introdotte dal Dm 12 aprile 2019. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
25 Apr 2019 Danni da maltempo, in Sardegna e Sicilia due bandi delle Regioni per 25,5 milioni Alessandro Lerbini Sicilia e Sardegna mandano in gara due opere per il ripristino di infrastrutture danneggiate dal maltempo. Al via due bandi per un importo complessivo di 25,5 milioni. A Capoterra, l'amministrazione regionale sarda appalta la sistemazione idraulica del Rio San Girolamo - Masone Ollastu e gli interventi di ricostruzione delle opere pubbliche danneggiate nelle località Poggio dei Pini ed altre frazioni (dagli attraversamenti della Ss 195 verso monte - lotto San Gerolamo). L'importo dell'appalto è pari a 7.671.232 euro, di cui a base d'asta 7.476.345 euro (7.324.054 euro per lavori e 152.290 euro per i servizi di bonifica da ordigni bellici) e 194.886 euro per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso. La stazione appaltante si riserva la facoltà di affidare all'aggiudicatario, nel triennio successivo alla stipulazione del contratto iniziale, il lotto Masone Ollastu dal valore di 2.824.050 euro, di cui 88.281 euro per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso, in considerazione del carattere analogo dei lavori. Il cantiere avrà una durata di 540 giorni. Le offerte dovranno pervenire entro l'11 giugno. Vai ai bandi della piattaforma Sardegnacat La Regione Siciliana appalta i lavori e le opere necessarie per la messa in sicurezza di un tratto dell'autostrada A18 Messina-Catania che, in corrispondenza del chilometro 32+700, a seguito degli eventi meteorologici di notevole portata e prolungati nel tempo verificatisi nell'ottobre 2015, è stato interessato da un grave dissesto geomorfologico. Il bando ha un valore di 14.947.250 euro. Il progetto esecutivo prevede, tra l'altro, la realizzazione di una doppia galleria su entrambi le careggiate dell'autostrada e la costruzione al di sopra delle gallerie di un rilevato del tipo «terre armate» con funzione di piede stabilizzante del versante dissestato. Le opere avranno una durata di 825 giorni. Le offerte dovranno pervenire entro il 14 giugno. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
Codice di prevenzione incendi: Modificato da un nuovo decreto del Ministero dell’Interno 26/04/2019 Sulla Gazzetta ufficiale n. 95 del 23 aprile 2019 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell’Interno 12 aprile 2019 recante “Modifiche al decreto 3 agosto 2015, recante l’approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”. Con il decreto in argomento vengono introdotte con decorrenza 21 ottobre 2019 (centoottanta giorni dalla pubblicazione del decreto stesso sulla Gazzetta ufficiale) importanti modifiche al Decreto del Ministero dell’Interno 3 agosto 2015. Sull’argomento è già intervenuto il CNI (Consiglio Nazionale degli Ingegneri) con la circolare n. 361 del 13 marzo 2019 avente ad oggetto “Attività del CCTS: approvazione modifiche al D.M. 03.08.2015 con eliminazione del doppio binario per le ex attività non normate”.
Le modifiche introdotte dal DM 12/04/2019 al DM 03/08/2015 (Codice di prevenzione incendi) prevedono l'eliminazione del cosiddetto “doppio binario” per la progettazione antincendio delle attività soggette al controllo da parte dei Vigili del Fuoco”. Con il nuovo decreto vengono, poi, introdotti due elementi: 1. l'ampliamento del campo di applicazione (vengono inserite alcune nuove attività dell'allegato I al DPR 151/2011); 2. l'obbligatorietà dell'utilizzo del Codice per la progettazione delle attività tradizionalmente "non normate'', in sostituzione dei "criteri tecnici di prevenzione incendi". 1. L'ampliamento del campo di applicazione Il campo dì applicazione del DM 3/8/2015 e s.m.i. viene ampliato con l'introduzione dì alcune attività (da 19 a 26, 69, 72 e 73 dell'allegato I al DPR 151/2011. Si sottolineano in particolare: l'introduzione dell'attività 69: l'emanazione della RTV8 ha fornito le disposizioni per i locali adibiti ad esposizione e vendita, limitando a questi l'applicazione del Codice. L'introduzione dell'attività 69 nel campo dì applicazione indica l'applicabilità del Codice (RTO) alle esposizioni fieristiche, prima escluse; l'introduzione dell'attività 72, legata all'emananda RTV edifici destinati a musei, gallerie, biblioteche ecc.; l'introduzione dell'attività 73. 2. L' obbligatorietà dell'utilizzo del Codice per la progettazione delle attività tradizionalmente "non normate'', in sostituzione dci "criteri tecnici di prevenzione incendi". Il decreto di modifica interviene sulla modalità dì applicazione del codice, prima facoltativa, rendendolo cogente in alcune situazioni: il Codice si applica obbligatoriam ente a tutte le attività incluse nel campo di applicazione e non dotate dì RTV "di nuova realizzazione"; il Codice si applica agli interventi dì modifica di attività esistenti, a condizione che le misure dì sicurezza antincendio esistenti nella parte di attività non interessata dall'intervento siano compatibili con gli interventi da realizzare;
per gli interventi di modifica non rientranti nel caso b), rimane la possibilità dì continuare ad applicare i criteri generali dì prevenzione incendi, fatta salva la possibilità di applicare il codice all'intera attività; il Codice può essere dì riferimento per le attività non soggette (sia per quelle al di sotto delle soglie dell'allegato I, sia per quelle non ricadenti nell'allegato I); per le attività dotate dì RTV rimane la possibilità di scegliere tra la regola tecnica tradizionale e il Codice. Le modalità di applicazione indicate vengono sintetizzate nella tabella seguente. Saranno ben 42 le attività soggette, comprese nell'Allegato 1 del DPR 151/2011 , per le quali la Regola Tecnica Orizzontale (RTO) del Codice diventerà l'unico riferimento progettuale; saranno per ora escluse da tale obbligo le RTV attuali (uffici, autorimesse, scuole, alberghi, attività commerciali) e future per le quali l'uso del Codice resterà un'opzione volontaria, in alternativa alle vecchie regole tecniche prescrittive. In allegato il Decreto del Ministero dell’Interno 12 aprile 2019 unitamente al Decreto del Ministero dell’Interno 4 agosto 2015 coordinato sino al DM 12/4/2019. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Decreto 12 aprile 2019 Decreto 3 agosto 2019 coordinato
Codice dei contratti e Sblocca Cantieri: buon lavoro Presidente Cantone! 26/04/2019 Basta leggere attentamente il testo del Codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 50/2016 coordinato con tutti i provvedimenenti successivi e, quindi, anche con il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 per capire che per l’ANAC si prospetta tanto lavoro a cui l’alacre e puntuale Presidente Cantone, siamo certi, non vorrà sottrarsi. Certo a caldo le Sue dichiarazioni lasciavano intendere che con l’entrata in vigore del decreto legge l’ANAC si sarebbe fermata anche con l’aggiornamento delle linee guida in corso ma siamo certi che si tratta soltanto di un’intenzione che non è supportata né dalla norma né, tantomeno, dalla sensibilità e puntualità che gli riconosciamo. Spieghiamo, qui di seguito, le ragioni che, a nostro avviso, ci spingono a credere che il lavoro del Presidente Cantone e dell’ANAC continuerà ancora per lo meno sino a quando il Governo non cambierà, se mai lo cambierà, un decreto-legge che crediamo faccia acqua da più parti.
Il testo del comma 2 dell’articolo 213 del Codice dei contratti non è stato sottoposto ad alcuna modifica, integrazione o abrogazione e, quindi, è, a tutt’oggi in vigore; ciò val quanto dire non soltanto che l’ANAC potrà predisporre linee guida , bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati ma, anche, che è legittimata e, forse, anche, obbligata ad aggiornare tutti quei provvedimenti che sono stati emanati in riferimento al citato comma 2 dell’art. 213 in riferimento alle nuove indicazioni dettate dal decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32. Ci riferiamo alle: linee guida n. 1 relative agli Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria aggiornate al d.lgs. n. 56 del 19/4/2017; linee guida n. 2 relative all'Offerta economicamente più vantaggiosa; linee guida n. 8 relative al Ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili. linee guida n. 10 relative all'Affidamento del servizio di vigilanza privata; linee guida n. 12 recanti Affidamento dei servizi legali; linee guida n. 13 recanti La disciplina delle clausole sociali; linee guida n. 14 recanti Indicazioni sulle consultazioni preliminari di mercato. Ai precedenti provvedimenti si aggiungono, poi, quelli puntualmente previsti nell’articolato del Codice che non vengono minimamente citati nell’articolo 216, comma 27-octies e che, quindi, sembra che non rientrino nel Regolamento unico definito nel primo periodo del citato comma 27-octies; si tratta: delle linee guida n. 5 recanti Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell'Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici; delle linee guida n. 6 recanti Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice», aggiornate al d.lgs. 56 del 19/4/2017;
delle linee guida n. 7 recanti Linee Guida per l’iscrizione nell’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall’art. 192 del d.lgs. 50/2016; delle linee guida n. 11 recanti Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all’articolo 177, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea; della delibera Anac 18 luglio 2018, n. 648 contenente, come disposto all’art. 78, comma 1 del Codice istruzioni operative per l’iscrizione all’Albo nazionale obbligatorio dei commissari di gara e per l’estrazione dei commissari; della delibera ANAC 1 febbraio 2019, n. 48, contenente, come disposto all’art. 209, comma 13 del Codice con cui vengono disciplinate le modalità informatiche e telematiche deposito del lodo presso la Camera arbitrale; della delibera Anac 9 gennaio 2019, n. 10, contenente, come disposto all’art. 211 del Codice, il Regolamento per il rilascio dei pareri di precontenzioso; della delibera ANAC 1 marzo 2018, n. 264, contenente, come disposto dall’art. 213, comma 8 del Codice, il Provvedimento ANAC per far confluire i dati sugli appalti nella Banca dati unica gestita dall'Autorità; della delibera ANAC 6 giugno 2018, contenente, come disposto dall’art. 213, comma 10 del Codice il “Regolamento per la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai sensi dell’art. 213, comma 10, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50” Diversa la posizione, invece, dei seguenti provvedimenti dell’ANAC che, pur essendo, ancora oggi, in vigore lo saranno a tempo sino a 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32; si tratta: delle linee guida n. 3, di cui all’articolo 31, comma 5 del Codice dei contratti, recanti recanti “Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni”; delle linee guida n. 4, di cui all’articolo 36, comma 7 del Codice dei contratti, recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di
importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”. In pratica, dunque, dei molteplici provvedimenti emanati in questi 3 anni dall’ANAC gli unici che, in questo momento, risentiranno del decreto.legge 18 aprile 2019, n. 32 saranno soltanto le linee guida nn. 3 e 4 che, comunque, restano efficaci sino all’entrata in vigore di un “Regolamento unico” che abbiamo battezzato in un precedente articolo un “non Regolamento non unico” per i motivi che nell’articolo stesso abbiamo enunciato (leggi articolo). A nostro avviso, in questo momento, dunque, nessuna limitazione all’operato dell’ANAC che potrà continuare, ai sensi dell’articolo 216, comma 27-octies, il proprio lavoro aggiornando, ove ritenuto opportuno, i provvedimenti in vigore alle nuove norme dettate dal d.l. 32/2019 o emanando i provvedimenti che alla data di entrata in vigore erano in itinere. Buon lavoro Presidente Cantone! A cura di arch. Paolo Oreto © Riproduzione riservata Documenti Allegati decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 Decreto Legislativo 18 aprile 2019, n. 50 aggiornato al 18 aprile 2019 Testo a fronte Codice dei contrattI/#sbloccacantieri
Sblocca Cantieri e Codice dei contratti: il punto di vista di una Stazione Appaltante 26/04/2019 Con la pubblicazione in Gazzetta del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. Sblocca Cantieri) è “quasi” terminata la fase 1 di revisione dell’apparato normativo che regola i lavori pubblici in Italia. Quasi perché, pur essendo immediatamente in vigore le modifiche al D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti), dobbiamo attendere la conversione in legge entro il 17 giugno 2019 (60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del D.L. n. 32/2019) per avere il quadro definitivo di questa prima fase. Alla fase uno seguirà poi la definizione della legge delega con la quale il Governo avrà la possibilità di modificare ulteriormente i contenuti del Codice se non addirittura riscriverlo. Nel frattempo, dopo aver sentito il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) Raffaele Cantone e il Vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti PPC (CNAPPC) e Coordinatore del Tavolo “Lavori Pubblici” della Rete delle Professioni
Tecniche, Rino La Mendola, ho avuto il piacere di raccogliere il punto di vista di una grossa stazione appaltante, intervistando l’ing. Raffaele Zurlo, Amministratore di parte italiana di BBT SE - Galleria di Base del Brennero che opera da 33 anni nel settore delle infrastrutture pubbliche, di cui da 16 in veste di costruttore e 17 come committente pubblico. Di seguito le mie domande unitamente alle risposte dell’ing. Zurlo. 1. Partiamo dall'inizio, dalla sua entrata in vigore, il D.Lgs. n. 50/2016 ha necessitato di parecchie modifiche, ultima delle quali quelle dello Sblocca Cantieri che ne stanno rivoluzionando la filosofia stessa. Arrivati a questo, come giudica la riforma del 2016? La riforma del 2016 ha introdotto alcune innovazioni interessanti, prima fra tutte la “qualificazione degli enti appaltanti”. Iniziativa che mi ha fatto particolarmente piacere e mi ha lasciato ben sperare, almeno nei primi mesi successivi all’entrata in vigore del decreto. Purtroppo, dopo tre anni, sino ad oggi, ben poco è stato fatto in questo senso. Incresciosamente. Il Ministero delle Infrastrutture, l’ANAC e chiunque altri ne abbia titolo, dovrebbero immediatamente dar seguito a quest’ottimo proponimento. Ed estenderlo dalle gare d’appalto alla capacità di elaborare progetti, alla capacità di gestire gli appalti di costruzione, alla capacità di svolgere le importantissime funzioni di direzione dei lavori, ecc. Così come chiediamo alle imprese di costruzioni di “qualificarsi” per la partecipazione alle gare d’appalto e per l’esecuzione dei lavori pubblici, la stessa selezione e certificazione deve farsi in capo a tutti gli enti pubblici che hanno la velleità di gestire direttamente denaro pubblico per la realizzazione di un qualsiasi tipo di progetto pubblico, infrastrutturale e non. Analogamente, reputo necessaria la istituzione di un albo dei commissari di gara, cui attingere i nominativi per la costituzione delle Commissioni di Gara, il cui ruolo è di particolare importanza nell’espletamento delle procedure di attribuzione degli appalti, specie se detti appalti sono affidati secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Nella riforma del 2016 non colgo altri elementi positivi. Soprattutto non intravvedo alcun vantaggio derivante dalla introduzione delle “soft laws”. Al contrario, nel 2016, mi sarei limitato ad un intervento di “manutenzione ordinaria” sull’allora vigente “Codice De Lise”, prestando la dovuta attenzione ai
suggerimenti ed alle richieste provenienti dagli operatori del settore. Purtroppo, nel 2016 come in altre circostanze, la nuova norma fu redatta da soggetti che mai l’avrebbero applicata nella pratica di tutti i giorni. 2. Lo Sblocca Cantieri, se confermato dal Parlamento in sede di conversione in legge, riunirà le linee guida ANAC vincolanti in un unico “mini regolamento”, mentre nulla dice sui decreti che a distanza di 3 anni si attendono per completare la riforma. Il rischio è di continuare ad avere un sistema normativo incompleto. Come pensa si possa risolvere questa problematica? Bisognerebbe chiederlo a coloro che hanno, oggi, ritenuto di imboccare questo percorso. Spero che costoro si siano già posti il problema ed abbiano concepito per esso una ragionevole soluzione. Dobbiamo essere ottimisti a questo proposito. 3. Si parla tanto di appalto integrato. Che idea si è fatto sull'argomento? L’idea che mi son fatto deriva dalle esperienze che ho vissuto nei 33 anni in cui ho lavorato nel settore delle infrastrutture pubbliche, in Italia ed all’estero. Molto significativa, in questo senso, è stata l’esperienza “transfrontaliera” che ho vissuto nella realizzazione della galleria di base del Brennero. L’appalto integrato è un ottimo strumento che può essere felicemente impiegato nella realizzazione di progetti infrastrutturali particolarmente impegnativi, in particolare laddove il successo del progetto è fortemente legato alla scelta del metodo costruttivo ed all’organizzazione logistica dei cantieri. In queste materie, l’apporto del know-how da parte delle imprese di costruzioni più qualificate, sin dalla fase di gara, non può che giovare al successo del progetto. L’esperienza vissuta al Brennero ed altrove dimostra che, se la gara per l’affidamento di un appalto integrato viene esperita sulla base di un progetto, anche definitivo, sviluppato dalla Committenza, che sia ragionevolmente ben elaborato e certamente fattibile, l’introduzione, sin dalla fase di gara, di varianti ben studiate dalle imprese realizzatrici non potrà che giovare alla migliore realizzazione del progetto. Se al progetto a base d’asta, ben studiato da parte della committenza, si fa seguito con una gara ben esperita secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quindi con una severa due diligence del progetto elaborato dall’impresa aggiudicataria dell’appalto, anche I costi ed I tempi di realizzazione saranno sotto controllo e nelle previsioni.
Puoi anche leggere