XV. Parentela, famiglia, genere - DEI, "Antropologia culturale" Il Mulino, 2016 Capitolo XV. Parentela, famiglia, genere - FareAntropologia

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DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016
          Capitolo XV. Parentela, famiglia, genere

XV. Parentela, famiglia, genere

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       Antropologia e parentela
La parentela appare basilare:
   •   In quanto istituzione fondamentale, che viene prima di
       qualsiasi altra forma di relazione sociale
   •   In quanto vicina a una dimensione «naturale», o almeno
       a quelli che possiamo considerare «fatti generalissimi»
       della vita umana (la procreazione, la sessualità, etc.)

Lo studio della parentela ,e del modo in cui si organizza
in sistemi più o meno coerenti nelle diverse culture, è
uno dei «punti forti» della tradizione della disciplina, e
ha sviluppato un lessico specialistico abbastanza
articolato.

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    Discendenza, affinità,
         collateralità
I tipi fondamentali di relazione sono:
- La discendenza, che indica le relazioni di
     filiazione.
- La collateralità, che indica i rapporti fra
     individui che (senza discendere l’uno
     dall’altro) hanno un antenato comune.
- L’affinità indica i legami parentali acquisti
     (tipicamente attraverso il matrimonio).

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                  Grafici di parentela
L’antropologia usa un insieme di convenzioni grafiche, per rappresentare le relazioni
di parentela:

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        Forme di famiglia
Rispetto alle regole matrimoniali, la
famiglia può essere:
   •   Monogamica (si può avere un solo
       coniuge per volta)
   •   Poligamica
          •    Poliandrica, ossia una donna può avere più
               di un marito (piuttosto rara, si trova a volte
               in forma «adelfica», in cui i mariti sono
               fratelli)
          •    Poliginica (un uomo con più mogli),
               piuttosto diffusa, ad esempio nel continente
               africano

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    Unilineare o bilaterale
I sistemi di parentela nelle diverse società
possono essere:
- Bilaterali (come nella nostra società): sono
     parenti sia gli ascendenti del lato paterno
     che di quello materno.
- Unilineari: in alcune società sono parenti a
     tutti gli effetti solo quelli dal lato paterno, in
     altre solo quelli dal lato materno.
- Cognatici, quando possono essere (in base
     ad altri fattori) gli uni oppure gli altri, ma
     non entrambi.

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                       Lignaggi
I sistemi unilineari possono essere:
   -   Patrilineari (o agnatici), se valorizzano solo la
       discendenza paterna.
   -   Matrilineari (o uterini) se solo quella materna.

In molte società di interesse antropologico, la
discendenza unilineare costruisce un «gruppo
corporato» o lignaggio, un gruppo vero e proprio
che condivide beni e status.
Un insieme di lignaggi che riconoscono uno stesso
antenato mitico è spesso chiamato clan.

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 Matrilinearità e matriarcato
Il «matriarcato» (o «ginecocrazia») è stato teorizzato
dal giurista svizzero J. Bachofen nel 1861. L’ipotesi di
una fase originaria della società umana, nella quale il
potere è nelle mani delle donne, sembrava trovare
conferma nel gran numero di società «primitive»
caratterizzate da sistemi di discendenza matrilineari.
Ma il fatto che i rapporti di parentela siano stabiliti in
linea femminile non comporta affatto che nella
società il potere sia detenuto dalle donne.
Quello che di solito avviene è che la prole appartiene
al gruppo della madre, ma l’autorità appartiene
comunque agli uomini del gruppo.

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       Unilinearità e relazioni
            fondamentali
Nella nostra tradizione culturale, il ruolo di «capofamiglia» e
l’esercizio dell’autorità è riservato al padre. Al centro della teoria
freudiana c’è proprio l’ambivalenza del rapporto con la figura
paterna, da un lato oggetto d’amore, dall’altro di timore.
Come sottolineato nel 1927 da B. Malinowski, in un contesto
matrilineare il ruolo di capofamiglia spetta piuttosto allo zio
materno, liberando la figura paterna dai suoi connotati autoritari.
Inoltre in un sistema unilineare assume grande importanza – ad
esempio a fini matrimoniali - una distinzione che noi trascuriamo
completamente, ossia quella tra cugini paralleli (figli del fratello
del padre, o della sorella della madre) e cugini incrociati (figli
della sorella del padre, o del fratello della madre), che
appartengono a un altro lignaggio.

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            I termini di parentela
L’antropologia ha dedicato molta attenzione allo studio dei diversi
sistemi terminologici della parentela, nei diversi contesti culturali;
ossia del modo in cui i soggetti distinguono i principali rapporti di
parentela.
L.H. Morgan, uno dei primi grandi studiosi della parentela, distingueva
tra sistemi
    •    descrittivi, in cui ogni relazione di parentela viene indicata con una
         parola specifica;
    •    classificatori (secondo lui più evoluti), in cui si individuano classi di
         individui.

Ma in realtà sistemi descrittivi puri non esistono. Tutte le terminologie
di parentela enfatizzano alcuni criteri di classificazione rispetto ad altri.

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           I criteri di Kroeber
L’antropologo americano A. Kroeber individua otto
criteri principali di classificazione dei parenti:
      1.   Generazione
      2.   Genere
      3.   Consanguineità o affinità
      4.   Linea diretta o collaterale
      5.   Biforcazione (distinzione tra parenti dal lato paterno e
           dal lato materno)
      6.   Età relativa
      7.   Parallelo o incrociato
      8.   In vita o defunto

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Principali tipi di terminologie
  Bilaterali:
  1.   Eschimese (come il nostro), distingue fratelli da cugini e genitori da zii
       (senza distinguere tra lato materno e paterno).
  2.   Hawaiano non mette in evidenza i diversi gradi di una stessa
       generazione: usa una stessa parola per fratello e cugino, per padre e zii,
       etc.

  Unilineari:
  1.   Irochese, chiama allo stesso modo genitori e zii, ma distingue fra cugini
       incrociati e paralleli
  2.   Crow, chiama allo stesso modo la madre e le sue sorelle, il padre e i suoi
       fratelli (biforcazione), usando una sola parola per tutti i maschi del
       lignaggio materno (società matrilineari)
  3.   Omaha, usa una sola parola per tutti gli individui del lignaggio paterno
       (società patrilineari)
  4.   Sudanese, sistema a massima distinzione terminologica conosciuto, usa
       tutti i primi sette criteri di Kroeber

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      «Atomi di parentela»?
Famiglia e parentela non possono considerarsi
istituzioni fondate semplicemente sulla «natura».
Le loro regole e forme sono infatti culturalmente e
storicamente variabili.
In antropologia, si discute sull’esistenza di «atomi di
parentela», elementi essenziali e universali alla base
delle innumerevoli forme concrete.
Ci sono però studiosi che non credono all’esistenza
di questi principi universali e preferiscono analizzare
la creatività dimostrata anche in questo campo dalle
varie culture.

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   Le teorie della discendenza e
            dell’alleanza
La teoria della discendenza, tipica dell’antropologia sociale
britannica, vede nei gruppi corporati l’ossatura
dell’organizzazione sociale. La discendenza unilineare che si
ritrova in molte società «primitive» è dunque il fondamento della
struttura economica e politica della società.

La teoria dell’alleanza proposta da C. Lévi-Strauss (cfr. Appendice
al capitolo V), si basa invece sul principio della reciprocità. Il tabù
dell’incesto è la condizione per la costruzione di relazioni fra
gruppi attraverso l’esogamia e lo scambio reciproco delle donne.

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    Critica alle teorie classiche
L’idea che la parentela sia la forma culturale primaria
viene messa in discussione:

-    Da chi (ad es. da E. Leach e dall’antropologia marxista
     di C. Meillassoux) sostiene che i suoi criteri di
     organizzazione non sono autonomi ma dipendono dai
     rapporti economici e di potere
-    Da chi, come R. Needham e soprattutto D. Schneider,
     assume una posizione «scettica» rispetto all’idea che
     la parentela abbia un’essenza di fondo comune a tutte
     le culture. Questa presunta «essenza» sarebbe solo la
     nostra concezione etnocentrica della consanguineità
     come dimensione «naturale».

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La decostruzione della parentela
  Nell’antropologia successiva il focus passa da regole e
  principi strutturali alle pratiche di costruzione sociale
  della persona, del corpo, delle relazioni: da kinship a
  relatedness.

  M. Strathern (nei suoi studi sulla Melanesia) nega
  l’universalità della concezione occidentale di ciò che è
  un individuo, e introduce il concetto di dividualità:
  «Le persone sono spesso costruite come il luogo
  plurale e composito delle relazioni che le hanno
  prodotte. La singola persona può essere immaginata
  come un intero microcosmo sociale».

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      La reciprocità dell’essere
L’antropologo americano Marshall Sahlins ha proposto
recentemente la nozione della parentela come «reciprocità
dell’essere» (mutuality of being): essere parenti significa
condividere una «esistenza comune», una essenziale
partecipazione costruita culturalmente in innumerevoli modi
diversi. In questo modo Sahlins
- Condivide la critica alle concezioni universaliste e
     «etnocentriche» della parentela
- Ma cerca di contrastare la riduzione della creatività culturale
     agli interessi o alle relazioni di potere

Un problema della tesi di Sahlins sta nella vaghezza del concetto di
reciprocità dell’essere, così generale e variabile da potersi applicare
quasi a qualsiasi forma di relazione (anche non parentale).

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   Il «problema delle donne»
L’antropologia classica sembra trattare le donne come
soggetti secondari, subordinati all’autorità maschile o
«scambiati» tra i gruppi come meri oggetti.
L’antropologia dagli anni ‘70 in poi prende in
considerazione la necessità di cogliere le forme di
agency che le donne manifestano anche in presenza
di un’asimmetria dei ruoli.
Si sottolinea, inoltre, che proprio l’asimmetria dei
ruoli maschili e femminili fa sì che anche la ricerca sul
campo non possa che svolgersi diversamente a
seconda che il ricercatore sia un uomo o una donna.

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       Il dominio maschile
«Non sono le necessità della riproduzione biologica a
determinare l’organizzazione simbolica della divisione
sociale del lavoro e, successivamente, di tutto l’ordine
naturale e sociale; è piuttosto una costruzione
arbitraria del biologico, e in particolare del corpo,
maschile e femminile, dei suoi usi e delle sue funzioni,
soprattutto nella riproduzione biologica, a offrire un
fondamento in apparenza naturale alla visione
androcentrica della divisione del lavoro sessuale e
della divisione sessuale del lavoro, quindi di tutto il
cosmo.
P. Bourdieu, Il dominio maschile, 1998

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Bourdieu e la naturalizzazione
 Secondo Bourdieu la diseguaglianza maschile-
 femminile – nella nostra come in altre società – non
 poggia su una credenza, ma su un insieme di pratiche
 e di classificazioni che vengono naturalizzate,
 sembrando così inevitabili (tanto agli uomini che alle
 donne).
 In un certo senso, la società costruisce soggetti
 «giusti» per questi schemi.
 La stessa contestazione del dominio maschile non può
 che partire da quegli stessi schemi che di fatto lo
 fondano (da questo punto di vista lo schema di
 Bourdieu fatica a spiegare il mutamento culturale).

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         Il sesso e il genere
Fin dagli anni Ottanta, si è diffuso il concetto di
genere (gender) in alternativa a quello di sesso.
In questo modo si sottolinea il modo in cui non
siamo davanti solo a delle differenze biologiche, ma
anche al modo in cui queste differenze sono
plasmate all’interno di specifici sistemi di relazioni
sociali e simboliche.
In quest’ottica, l’antropologia ha generalmente
contribuito a combattere i pregiudizi sul carattere
«contronatura» di quegli orientamenti sessuali e
forme di unione che si indicano talvolta con
l’etichetta LGBT.

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             L’amore romantico
Nella nostra società è dominante, fino ad essere naturalizzato, il
modello dell’«amore romantico», che mette insieme
         -   L’idealizzazione del partner
         -   L’intesa sessuale
         -   L’istituzionalizzazione (matrimonio)

Si tratta in realtà di un modello occidentale, diffusosi
lentamente nelle classi dominanti e generalizzatosi solo in
epoca contemporanea.
Pratiche che ci sembrano assurde e disumane, come quella dei
matrimoni combinati, dipendono da modelli culturali differenti,
che possono tenere separati i piani dell’amore, del sesso e del
matrimonio.

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Individualizzazione e «relazioni
             pure»
 Nella società moderna si indeboliscono i vincoli
 comunitari e spariscono i gruppi corporati. Si afferma
 un’individualizzazione dei modelli di relazione, per
 cui l’amore diventa un contratto liberamente scelto
 in base a un sentimento personale.
 Secondo A. Giddens si va oggi al di là dello stesso
 modello romantico e bisognerebbe parlare piuttosto
 di relazione pura, che non dà più importanza all’esito
 matrimoniale, e subordina la stabilità alla
 dimensione sempre reversibile della scelta.

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 Dimensioni della famiglia
• Famiglia nucleare, composta solo dai
  coniugi e dai loro figli
• Famiglia estesa, quando si aggiungono
  alcuni parenti non sposati
• Famiglia multipla (o polinucleare) in cui
  convivono più nuclei: quello dei genitori
  e dei figli sposati, o le famiglie di più
  fratelli. Un modello diffuso, ad esempio,
  nella società mezzadrile dell’Italia centro-
  settentrionale fino al dopoguerra.

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La reinvenzione della famiglia
Oltre al cambiamento storico delle forme di famiglia,
quest’ultima è stata oggetto soprattutto nel dopoguerra di
una radicale contestazione in quanto istituzione
necessariamente repressiva.
L’obbligatorietà e la stabilità dei rapporti familiari risulta
indebolita, ma non la loro importanza
        •   Nella crezione di legami interpersonali
        •   Come luogo di valori «sacri» per gli individui
        •   Nel campo dell’economia, soprattutto per quanto riguarda la
            dimensione del consumo e quella dell’economia morale.
La famiglia sembra rafforzarsi culturalmente e moralmente
quanto più si distacca dal piano dell’obbligo esterno e
normativo.

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