Piero Polidoro1 Teoria dei generi e siti web

Pagina creata da Raffaele Gentile
 
CONTINUA A LEGGERE
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                    21-10-2010        14:54     Pagina 213

        Piero Polidoro1
        Teoria dei generi e siti web

        1. Introduzione
           1.1. Sul concetto di genere

           Affrontare il problema dell’esistenza di generi nell’ambito dei siti web si-
        gnifica innanzitutto porsi la questione di cosa sia un genere. Non è questa
        la sede per un’analisi attenta e approfondita del concetto e della sua storia,
        ma alcune osservazioni potranno essere utili per quello che diremo dopo.
           Quando si parla di generi non si fa altro che riportare a un caso speci-
        fico (quello dei testi) il problema della individuazione e classificazione di
        categorie e tipi. Con una certa approssimazione potremmo dire che la
        questione teorica della categorizzazione è stata affrontata seguendo tre
        modelli principali:2

        a) Classificazione gerarchica, cioè il tipo di categorizzazione che risale ad
           Aristotele e trova la sua più chiara esemplificazione nell’albero di
           Porfirio.3 In questi casi, a partire da un punto iniziale (il tutto da clas-
           sificare), si procede per successive disgiunzioni (preferibilmente bina-
           rie) attraverso le quali si classificano gli individui in insiemi sempre più
           ristretti e definiti. A questo modello può essere ricondotta la distin-
           zione tradizionale dei tre generi, epico, lirico e drammatico, che viene
           fatta risalire (erroneamente, secondo Genette 1979) a Platone e
           Aristotele.
        b) Combinatoria: questo modello deriva più o meno direttamente da
           quello precedente e dalla possibilità che alcune disgiunzioni possano
           trovarsi nello stesso tempo sotto diversi rami dell’albero delle defini-
           zioni. Da qui l’idea di una combinatoria: la classificazione, cioè, avvie-
           ne mediante due o più parametri, ognuno dei quali prevede due o più
           possibilità. L’insieme di questi parametri restituisce l’insieme delle ca-
           tegorie, che possono essere realizzate o semplicemente potenziali. In
           semantica questo tipo di approccio è stato usato da Hjelmslev (1943),
           mentre Genette (1979) lo ha applicato ai generi letterari.4

           1
             E-mail: pieropolidoro@tiscali.it.
           2
             Per una storia della teoria dei generi, cfr. Bagni (1997).
           3
             Cfr. Eco (1984, cap. 2).
           4
             Genette (1979; tr. it.: 61) sottolinea che i sistemi di generi che procedono per “inclu-
        sioni univoche e gerarchizzate” sono tipici delle teorie romantiche e moderne, mentre
        Aristotele, seppur implicitamente, aveva scelto un modello “basato su tabelle”. Lo stesso
        Genette opta, anche se con qualche cautela, per un modello combinatorio, basato su tre di-
        versi parametri (una tabella a tripla entrata, insomma).
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                       21-10-2010         14:54      Pagina 214

        214                                                                           PIERO POLIDORO

        c) Tipologia: il terzo modello ha di recente trovato una base nelle logiche
           fuzzy e nelle semantiche che usano i concetti di stereotipo, prototipo,
           ecc.5 Le categorie possono essere descritte da una serie non predefini-
           ta di proprietà, il che significa che le proprietà pertinenti potrebbero
           variare da categoria a categoria. Inoltre la presenza di queste proprietà
           o l’appartenenza a una categoria non può essere stabilita in base a una
           semplice logica binaria (sì/no), ma deve prevedere dei gradi interme-
           di.6 Nel nostro caso, quindi, i generi non sono più caselle rigide che co-
           prono tutto il campo testuale e hanno valore prescrittivo, ma sono rag-
           gruppamenti di testi che manifestano costanze e similitudini e sono or-
           ganizzati attorno a un nucleo più o meno definito e dal quale possono
           trovarsi più o meno lontani. Per Jauss (1977; tr. it.: 223), che è stato l’an-
           ticipatore dell’applicazione di questo modello al campo dei testi lette-
           rari, i generi “sono da intendere non come genera (classi) in senso logi-
           co, ma come gruppi o famiglie storiche”. Il genere, in tal senso, diventa
           un quadro di riferimento per il produttore, cioè uno schema consolida-
           to sul quale basarsi ma le cui regole possono essere aggirate, ingannate,
           violate apertamente. Dal punto di vista del fruitore, invece, il genere
           rappresenta essenzialmente un “orizzonte di attese”. In altre parole il
           fruitore, grazie alla competenza acquisita, può, in presenza di certe ca-
           ratteristiche del testo, inferire la sua appartenenza a un genere piuttosto
           che a un altro e, di conseguenza, costruire un sistema di aspettative
           adatto (sistema che, ovviamente, potrà anche essere frustrato).7

           1.2. Vantaggi del modello tipologico

           Le più recenti teorie del genere sembrano orientate decisamente verso
        il modello tipologico. Il che, fra l’altro, deriva direttamente dalla consta-
        tazione che i generi, come detto, non sono entità logiche e “naturali”, ma
        realizzazioni storiche e prototipiche. L’approccio dello studioso sarà dun-
        que non quello tradizionale, astratto e deduttivo, ma quello storico-in-
        duttivo (Corti 1976).
           Le conseguenze di questo cambiamento sono notevoli. Innanzitutto i
        generi non coprono più l’intero campo testuale, ma, al più, descrivono al-
            5
              Per una panoramica su questo tipo di semantiche e sui concetti principali su cui si ba-
        sano, cfr. Violi (1997).
            6
              Allo stesso modo Zinna (2002a), partendo dalla teoria hjelmsleviana, parla di due tipi
        di operazioni razionali: le operazioni logiche, basate su opposizioni esclusive, e quelle prelo-
        giche, basate su opposizioni partecipative.
            7
              “Il nuovo testo evoca per il lettore (o ascoltatore) l’orizzonte che gli è familiare in base
        ai testi precedenti, fatto di aspettative e di regole del gioco che in seguito potranno essere
        variate, ampliate, corrette, ma anche trasformate, incrociate o solamente riprodotte.
        Variazione, ampliamento e correzione determinano il margine: da un lato la rottura con la
        convenzione e dall’altro la pura riproduzione individuano i confini di una struttura di gene-
        re” (Jauss 1977; tr. it.: 233).
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                       21-10-2010         14:54       Pagina 215

        TEORIA DEI GENERI E SITI WEB                                                                  215

        cuni agglomerati di testi che rappresentano zone di maggiore densità al-
        l’interno di un continuum. I confini dei singoli generi diventano difficili
        da tracciare e ancora più difficile è creare sistemi gerarchici. Aver identi-
        ficato una tipologia, inoltre, non significa aver fissato definitivamente una
        serie di proprietà necessarie e sufficienti, né aver descritto tutti gli aspet-
        ti di un determinato tipo di testo. Il modello, infatti, deve essere flessibi-
        le e lasciare numerosi spazi vuoti che, riempiti in maniera differente, ren-
        deranno possibili le declinazioni individuali del tipo generale. Ma, so-
        prattutto, aumenta considerevolmente l’importanza della dialettica nor-
        ma/scarto.
            Il genere può essere considerato come una norma, ma nel senso retorico
        del termine. Rispetto alle norme che reggono il discorso, infatti, si possono
        avere degli scarti. Questi scarti possono essere errori (se sono ingiustificati)
        o licenze (se portano a un risultato finale migliore). Potremmo dire che la
        Web usability si interessa del primo caso: autori come Jakob Nielsen
        (2000), infatti, si preoccupano di studiare l’interazione uomo-macchina e
        gli stili di navigazione, e di fissare conseguentemente regole il cui rispetto
        assicuri una facile e piena fruizione dei siti. Nel fare questo, però, escludo-
        no la possibilità che lo scarto possa essere non un errore, ma una licenza.8

           1.3. Livelli d’analisi

           Un altro problema metodologico posto dai siti web dipende dalla loro
        natura sincretica,9 che rende inadeguata un’analisi legata solamente a un
        unico punto di vista, a un determinato linguaggio. Non si può, in altre pa-
        role, pensare che gli effetti di senso di un sito possano derivare esclusiva-
        mente, o comunque prevalentemente, dal suo contenuto verbale o dal suo
        aspetto visivo, ecc. Come osserva anche Cosenza (2004, cap. 6), l’analisi
        dovrà svolgersi contemporaneamente su diversi livelli, anche se sarà ine-
        vitabile che, di volta in volta, qualcuno sia più pertinente (o semplice-
        mente più interessante).
           Alcuni dei livelli che sembrano rivestire, nella maggior parte dei casi,
        un’importanza maggiore sono:

        a) il livello verbale: riguarda il testo verbale presente nel sito; può aiutar-
           ci, ad esempio, a ricostruire il tipo di utente modello10 previsto attra-
           verso un’analisi delle strategie enunciative, della complessità del lin-
           guaggio, dei meccanismi estetici usati, ecc.;
           8
             Sul concetto di scarto, analizzato dal punto di vista semiotico, cfr., fra gli altri, Groupe μ
        (1970).
           9
             Per Greimas e Courtés (1979; tr. it.: 325) i testi sincretici sono quelli che “mettono in
        opera più linguaggi di manifestazione”. Così, nei siti web, incontriamo non solamente testo
        verbale, ma immagini, filmati, suoni, ecc.
           10
              Cfr. Cosenza (2004, §2.2.6 e cap. 3) e l’articolo di Simone Diamanti in questo volume.
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                       21-10-2010         14:54       Pagina 216

        216                                                                           PIERO POLIDORO

        b) il livello visivo: può riguardare sia l’aspetto figurativo che l’aspetto pla-
           stico del sito;11
        c) il livello pragmatico: riguarda ciò che si può “fare” con il sito; un’ana-
           lisi dell’aspetto pragmatico prevede, ad esempio, una classificazione
           del tipo dei link presenti e delle azioni che permettono;12 a questo li-
           vello dovrebbe avvenire anche l’analisi della struttura del sito, visto che
           da essa dipendono le pratiche concrete di navigazione.

            Ciò non significa, ovviamente, che non possano essere rilevati altri li-
        velli. Potremmo ad esempio incontrare un sito in cui sia presente anche
        un livello sonoro (effetti legati a determinate operazioni dell’utente, mu-
        sica di sottofondo, testo verbale orale, ecc.).
            Non bisogna poi dimenticare che una così netta distinzione fra i diver-
        si livelli è possibile, il più delle volte, solo teoricamente. Molto spesso, in-
        fatti, ci troviamo alle prese con oggetti in cui determinati effetti di senso
        possono essere spiegati solo alla luce di una stretta interazione fra i diver-
        si linguaggi in gioco. Pensiamo, ad esempio, all’uso dei font: l’effetto di
        senso complessivo di un testo scritto non dipende sempre solo dal conte-
        nuto verbale, ma spesso anche dal particolare tipo di carattere usato, che
        andrà analizzato dal punto di vista plastico.

        2. I portali
           2.1. Portali e rimediazione

            I portali rappresentano sicuramente il genere di siti web oggi più rico-
        noscibile e assestato; d’altra parte l’esistenza di un termine ad hoc per in-
        dicarli ne è la prova migliore.
            Nati intorno al 1997, i portali avevano inizialmente la funzione di pun-
        ti di accesso (gateways) alla rete: l’utente si connetteva al portale e da que-
        sto veniva rinviato, attraverso rubriche e link, al sito più adatto a soddi-
        sfare le sue esigenze. Con il passare del tempo i portali sono diventati
        sempre più importanti e ricchi di informazioni e servizi e, ormai, non so-
        no più semplici punti di accesso, ma centri che attirano e trattengono
        grandi quantità di traffico, e sui quali l’utente tende a rimanere per la
        maggior parte della sua navigazione.13
            I portali propriamente detti sono quelli orizzontali, cioè quelli che, co-
        me la televisione generalista, affrontano diverse tematiche e si rivolgono a

            11
               Secondo Greimas (1984) la semiotica figurativa si interessa del riconoscimento di og-
        getti del mondo reale a partire da determinate configurazioni visive, mentre la semiotica pla-
        stica (disinteressandosi di ogni rappresentatività) spiega la significazione di linee, colori, ecc.
            12
               Cfr. Zinna (2002b).
            13
               Cfr. Ferraro (1999: 148 sgg.), Rozanski e Bollman (2001).
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                       21-10-2010         14:54       Pagina 217

        TEORIA DEI GENERI E SITI WEB                                                                  217

        un pubblico il più vasto possibile. Esistono però anche portali verticali (o
        vortali), che sono invece dedicati a un pubblico di nicchia e si occupano di
        argomenti specifici. Al di là di questa distinzione, comunque, tutti i porta-
        li tendono ad avere caratteristiche comuni, che ci aiutano a definire il ge-
        nere. Calvo et al. (2001) hanno identificato una serie di elementi ricorren-
        ti: strumenti di ricerca, canali, risorse di contenuto e di attualità informa-
        tiva, servizi orientati al consumatore, strumenti di comunicazione e di uti-
        lità personale, sistemi di accesso multicanale, sistemi di personalizzazione.
            Analisi come quella di Calvo et al. (2001) (per altro molto utili) tendo-
        no però a concentrarsi sui contenuti o su quello che abbiamo chiamato li-
        vello pragmatico, trascurando altri aspetti altrettanto interessanti.
        L’interfaccia, ad esempio, contribuisce profondamente alla strategia co-
        municativa dei siti. Il modello dei portali, in particolar modo, si è diffuso
        anche al di là dei confini originari del genere, includendo oggi siti che, pur
        mancando a volte di alcune delle caratteristiche sopra elencate, dei por-
        tali condividono la struttura e, quindi, le strategie e gli effetti di senso.
            Una delle caratteristiche più interessanti delle interfacce dei portali è la
        loro frequente analogia (visiva e funzionale) con le prime pagine dei quo-
        tidiani.14 A livello topologico, ad esempio, incontriamo molto spesso la
        stessa struttura, tipicamente rettilinea (cioè organizzata su opposizioni
        del tipo alto/basso e destra/sinistra), e organizzata in tre fasce orizzonta-
        li, con quella centrale ulteriormente divisa in tre colonne verticali.15
            Questa analogia visiva fa parte del processo che Bolter e Grusin (1999)
        chiamano rimediazione. Si ha rimediazione quando un nuovo medium
        “rimedia”, cioè recupera e riutilizza, alcuni aspetti di altri media. In que-
        sto senso, ad esempio, si può dire che la televisione degli anni ’50 ha ri-
        mediato soprattutto il teatro e la radio, prima di sviluppare pienamente,
        e consapevolmente, un linguaggio proprio. Spesso la rimediazione favo-
        risce la metabolizzazione di un medium, cioè la sua diffusione presso un
        pubblico che, trovando elementi di somiglianza con ciò che è già familia-
        re, accetta più facilmente la novità.
            La questione della rimediazione è centrale per la comprensione delle
        dinamiche mediali, soprattutto per quanto riguarda il Web. Non è però
        l’oggetto centrale di questo lavoro. Per quanto ci riguarda possiamo sola-
        mente sottolineare come sarebbe interessante studiare i siti web anche in
        base al loro grado di rimediazione. In questo senso si andrebbe da un
        estremo, rappresentato dalla semplice riproposizione on-line di materia-
        le sviluppato per altri media, a siti che invece usano più propriamente le
        peculiarità di Internet.
           14
               Cfr. Polidoro (2002).
           15
              La semiotica plastica usa le categorie cromatiche (tono, saturazione, luminosità) per l’a-
        nalisi del colore, le categorie eidetiche (continuo/discontinuo, dritto/curvo, ecc.) per l’ana-
        lisi delle linee e delle forme, e le categorie topologiche per l’analisi della disposizione spazia-
        le. Queste ultime possono essere rettilinee (ad esempio, alto/basso, destra/sinistra) o curvi-
        linee (es. inglobante/inglobato, centrale/periferico). Cfr. Thürlemann (1982).
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                21-10-2010       14:54     Pagina 218

        218                                                                  PIERO POLIDORO

           2.2. Ipermediazione e opacità

           Oltre alla rimediazione, Bolter e Grusin (1999) citano un altro tipo di
        fenomeno mediale, quello dell’ipermediazione che, per quanto riguarda i
        computer, viene esemplificato dal cosiddetto “stile a finestre”.
        L’ipermediazione è uno stile che favorisce la frammentazione, l’eteroge-
        neità e mette in evidenza il processo o la performance comunicativa; in al-
        tre parole consiste nel mettere in evidenza il carattere “mediato” di un de-
        terminato testo. In termini semiotici potremmo dire che quello che Bolter
        e Grusin chiamano rimediazione è un fenomeno legato alla presenza di
        tracce dell’enunciazione all’interno del testo. Fenomeno che può andare
        dalla presenza ineliminabile di queste tracce (dovuta al fatto che il testo è
        comunque il risultato di una enunciazione) allo loro volontaria moltipli-
        cazione (lo “stile a finestre”, appunto).
           Il concetto di ipermediazione è molto simile a quello di opacità usato
        da Louis Marin (1994) nell’ambito della semiotica visiva (e non a caso
        anche Bolter e Grusin parlano di trasparenza e di opacità). Secondo
        Marin in un’immagine dobbiamo riconoscere due aspetti: la transitività
        o trasparenza, per cui l’immagine rappresenta qualcosa, e la riflessività
        o opacità, per cui l’immagine si presenta come rappresentante qualcosa.
        Il che significa che un’immagine (ma qualunque segno in generale) non
        solo rappresenta qualcosa (e quindi in un certo senso rinvia la nostra at-
        tenzione su quel qualcosa), ma “dice” anche di essere un’immagine, sot-
        tolinea la sua natura segnica, artificiale (in quanto segno prodotto dal-
        l’uomo). Allo stesso modo Eco (1997), estendendo il discorso a ogni ti-
        po di testo, oppone due principali modalità percettive, chiamandole
        Alfa e Beta.

        È per modalità Alfa che si percepisce un quadro (o una foto, o un’immagine fil-
        mica, si veda la reazione dei primi spettatori dei Lumières alla proiezione dell’ar-
        rivo di un treno in stazione) come se fosse la “scena” stessa. Solo a una seconda
        riflessione si stabilisce di trovarsi di fronte a una funzione segnica [...]. Definiamo
        come modalità Alfa quella per cui, prima ancora di decidere che ci si trova davanti
        all’espressione di una funzione segnica, si percepisce per stimoli surrogati quel-
        l’oggetto o quella scena che poi eleggeremo a piano dell’espressione di una fun-
        zione segnica. Definiamo come modalità Beta quella per cui, onde percepire il
        piano dell’espressione di funzioni segniche, occorre innanzitutto ipotizzare che di
        espressione si tratti, e l’ipotesi che esse siano tali ne orienta la percezione. (Eco
        1997: 336-337)

           I portali sono caratterizzati da una forte presenza di elementi che met-
        tono in evidenza la loro opacità: i sistemi di cornici, che chiudono i sin-
        goli testi integrandoli nel macrotesto e rappresentano la prima chiara
        traccia dell’enunciazione avvenuta; lo sfondo bianco, “residuo” dell’e-
        nunciazione; l’uso prevalente del linguaggio verbale (il più convenziona-
        le e “artificiale” dei linguaggi), ecc. Questo fatto determina conseguenze
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro           21-10-2010     14:54    Pagina 219

        TEORIA DEI GENERI E SITI WEB                                              219

        molto importanti per il tipo di strategia comunicativa sviluppato da que-
        sti siti.
            Eric Landowski (1989) ha messo in evidenza l’esistenza di due esigen-
        ze diverse da parte dei quotidiani: da una parte quella di raccontare i fat-
        ti che avvengono nel mondo, dall’altra quella di creare un discorso rico-
        noscibile, che permetta di costruire un’identità della testata e di fidelizza-
        re i lettori. Landowski parla, nel primo caso, di racconto, mentre per il se-
        condo usa il termine discorso. Successivamente confronta i due giornali
        francesi “Le Monde” e “Libération”, caratterizzati, rispettivamente, da
        uno stile oggettivante (riferimento ai fatti, posizione di distacco del letto-
        re, ecc.) e da uno stile soggettivante (focalizzazione sull’intimo, discorso
        passionale, ecc.).
            Landowski sembra dire che le due opposizioni (racconto/discorso e
        oggettivante/soggettivante) si sovrappongono o, addirittura, coincidono.
        In realtà, però, si tratta di due fenomeni abbastanza diversi. Nel primo ca-
        so, infatti, è in gioco (per quanto riguarda il discorso) la costruzione di
        un’identità della testata, di un soggetto dell’enunciazione che vuole ren-
        dersi visibile e riconoscibile (pena il fallimento di qualunque tentativo di
        fidelizzazione). Una scelta che, per i quotidiani (che hanno cadenza pe-
        riodica), appare obbligata. Nel secondo caso (oggettivante/soggettivante)
        abbiamo invece a che fare con due diversi tipi di stili comunicativi, che
        vanno a caratterizzare in maniera differente il soggetto dell’enunciazione.
            Se ora torniamo ai portali sembra evidente che la loro opacità, metten-
        done in evidenza il carattere mediato, artificiale, è funzionale all’emerge-
        re di un soggetto dell’enunciazione (la testata) che si pone come diafram-
        ma e intermediario fra noi e il mondo esterno. Vedremo successivamente
        come questa scelta, contrariamente a quanto avviene per i quotidiani, non
        è affatto obbligata per i siti web.
            È importante inoltre sottolineare come questi effetti di senso non di-
        pendano tanto da singoli meccanismi enunciativi, ma da una differenza di
        modalità percettive (Alfa/Beta) e si collochino quindi, in un certo senso,
        a monte di una teoria dell’enunciazione. Tanto che all’interno di un testo
        opaco saranno possibili diverse scelte enunciative, che potranno puntare
        su uno stile oggettivante o soggettivante (per esempio, scegliendo dé-
        brayages enunciativi piuttosto che enunciazionali). Il che non toglie, d’al-
        tra parte, che certe associazioni stabili possano realizzarsi e, per esempio,
        i portali di informazione tendano a scegliere costantemente strategie og-
        gettivanti.

          2.3. Ipermediazione e “posizione di controllo”

          C’è un altro aspetto dell’ipermediazione che può essere utile per com-
        prendere la natura dei portali. Secondo Bolter e Grusin l’ipermediazione
        conduce, per quanto possa sembrare paradossale, a una sorta di effetto
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                     21-10-2010        14:54      Pagina 220

        220                                                                        PIERO POLIDORO

        realistico. Non, ovviamente, nello stesso senso in cui un effetto di realtà
        viene garantito dalla dimensione di trasparenza di un’immagine. Ma nel
        senso in cui la “logica dell’ipermediazione moltiplica i segni della media-
        zione e in questo modo cerca di riprodurre la ricchezza sensoriale dell’e-
        sperienza umana” (Bolter e Grusin 1999, tr.it.: 59). Più chiaramente
        Bolter e Grusin tornano sull’argomento parlando dei telegiornali:

        Dal momento che i telegiornali vogliono proporre il maggior numero di notizie
        nel minor tempo possibile, essi tendono a riempire lo schermo, evidenziando il
        potere della televisione di cogliere gli eventi. Questo atteggiamento porta a quel-
        lo che può essere chiamato “look CNN”, nel quale l’immagine televisiva del con-
        duttore è coordinata con la grafica e con una molteplicità di sottotitoli che inte-
        grano il flusso informativo, così che l’emittente broadcast somiglia sempre di più
        a un sito web o a un’applicazione multimediale. (Bolter e Grusin 1999, tr.it.: 222)

            La questione è però più complessa di quanto prospettato da Bolter e
        Grusin. L’effetto, infatti, non sembra tanto quello del realismo, inteso co-
        me sensazione di partecipare direttamente alle cose (senza mediazione,
        appunto). Né si esaurisce nell’esaltazione metalinguistica del potere della
        televisione. Si potrebbe piuttosto parlare di un effetto di “centralità” del-
        l’utente.
            È inutile sottolineare quanto la performanza16 sia importante nella no-
        stra esistenza e quanto, presa in sé, sia legata a una valorizzazione eufori-
        ca. Sia che ciò dipenda da una naturale disposizione dell’uomo, sia che di-
        penda dal sistema di valori della nostra cultura, viviamo innegabilmente
        il fascino dell’azione e degli eventi, ed essere coinvolti in essi produce ine-
        vitabilmente un piacere.
            Le società contemporanee hanno però conosciuto una notevole rivolu-
        zione tecnologica, che ha aumentato incredibilmente le possibilità di co-
        municazione e di reperimento dell’informazione. Se prima, nella maggior
        parte dei casi, la nostra conoscenza si estendeva raramente al di là del no-
        stro raggio d’azione, oggi possiamo controllare in tempo reale, almeno
        potenzialmente, ciò che accade in tutto il mondo. Disponiamo, insomma,
        di potenti protesi cognitive (che aumentano le nostre possibilità di cono-
        scenza), ma non di protesi pragmatiche.
            Contemporaneamente, è cresciuto e si è affiancato al fascino dell’azio-
        ne il fascino della “posizione di controllo”. In termini narrativi potrem-
        mo dire che oggi l’eroe non è necessariamente chi compie l’azione, ma
        può essere (ed è sempre di più) chi detiene un sapere, compie la manipo-

            16
               La performanza rappresenta, nello schema narrativo canonico (cioè la struttura di ba-
        se di qualsiasi narrazione, secondo Greimas), la fase dell’azione, del superamento della pro-
        va. Essa è preceduta dalla manipolazione (in cui un Destinante convince o obbliga l’eroe a
        compiere la sua impresa) e dalla competenza (in cui l’eroe deve acquisire le conoscenze e i
        mezzi necessari per superare la prova). L’ultima fase è quella della sanzione, in cui l’operato
        dell’eroe viene riconosciuto (e premiato) oppure no.
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro           21-10-2010      14:54   Pagina 221

        TEORIA DEI GENERI E SITI WEB                                               221

        lazione e opera secondo il far-fare. Pensiamo ai film di guerra. Una volta
        erano prevalentemente dedicati alla pura performanza: lo scontro, indivi-
        duale o collettivo. Oggi, sempre di più, lo scontro non è più l’elemento
        centrale: alcune volte è marginale o addirittura assente. E viene sostituito
        dall’immagine ricorrente della postazione di controllo, tecnologicamente
        avanzata, dalla quale si conduce la battaglia (una battaglia molto più mo-
        dellata sull’idea del calcolo strategico che non su quella del puro scontro
        di forze).
           La moltiplicazione delle finestre o dei riquadri che contengono i con-
        tinui lanci di agenzia o le numerose notizie provenienti da diverse parti
        del mondo non danno (non potrebbero farlo) un effetto di realtà legato
        all’illusione di assistere direttamente agli eventi. Danno, però, un effet-
        to di centralità, l’illusione di trovarsi in quella postazione di controllo
        che oggi ha su di noi un fascino maggiore di quello del campo di batta-
        glia.

        3. I siti “trasparenti”
           Se, come abbiamo visto, i portali si distinguono per la loro opacità,
        molti siti seguono strategie visive opposte, caratterizzandosi per la loro
        trasparenza (per la loro immediatezza, direbbero Bolter e Grusin). Ciò si-
        gnifica che, mentre nei portali si procedeva alla moltiplicazione delle trac-
        ce dell’enunciazione, in questi siti, che potremmo definire “trasparenti”,
        si assiste alla loro rimozione, al loro occultamento.
           Se, ad esempio, lo sfondo bianco rappresentava il tipico “residuo” del-
        l’enunciazione (ciò che rimane del supporto dopo che l’enunciazione è
        avvenuta, smascherandola), i siti trasparenti sono caratterizzati da mec-
        canismi figurativi e plastici come chiaroscuri, scorci prospettici, livelli se-
        mi-trasparenti sovrapposti, ecc., che contribuiscono a creare effetti di
        profondità. I colori diventano irregolari, compaiono le sfumature, le linee
        non sono più rettilinee e perfettamente definite. Lo spazio non è più di ti-
        po cartesiano (artificiale), basato su opposizioni alto/basso e de-
        stra/sinistra, ma diventa uno spazio curvilineo, cioè costruito su opposi-
        zioni come inglobante/inglobato, centrale/periferico: uno spazio molto
        più naturale e vicino al modo in cui organizziamo l’ambiente che ci cir-
        conda.
           Con la rimozione delle tracce del suo operare, scompare (o comunque
        diventa meno evidente) anche il soggetto dell’enunciazione: viene così eli-
        minato un diaframma che si poneva esplicitamente fra l’utente e l’ogget-
        to della comunicazione. L’effetto che ne deriva è quello di una maggiore
        immediatezza del rapporto, della costruzione di una comunicazione pari-
        tetica, o almeno della creazione di uno spazio che la favorisca e la sugge-
        risca.
           Non a caso, queste caratteristiche si trovano spesso nei siti di rockstar,
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                     21-10-2010         14:54      Pagina 222

        222                                                                         PIERO POLIDORO

        showgirl o attori: siti dedicati ai fan che, più che informazioni, cercano un
        contatto (anche se illusorio) con i loro divi.17 È naturale quindi che i siti
        trasparenti siano quasi sempre caratterizzati da strategie soggettivanti,
        che rafforzano con diversi meccanismi (per esempio i débrayages enun-
        ciazionali) l’effetto di coinvolgimento e di simmetria del rapporto comu-
        nicativo.
           È possibile riassumere in una tabella le caratteristiche principali che
        oppongono i portali ai siti trasparenti:18

                                      Portali                               Siti “trasparenti”
        dimensione            riflessività                       transitività
                              (opacità, modalità Beta)           (trasparenza, modalità Alfa)
        strategia             oggettivante                       soggettivante
        categorie topologiche rettilinee                         curvilinee
        categorie eidetiche   dritto                             curvo
        categorie cromatiche radicali,                           colori complessi,
                              saturazione piena                  diverse saturazioni
        sfondo                bianco                             livelli trasparenti e
                                                                 sovrapposti, effetti prospettici
        testo                     scritto; débrayage             audio; débrayage enunciazionale
                                  enunciativo

            Dal punto di vista teorico è importante sottolineare come l’opposizione
        fra portali e siti trasparenti non sia riconducibile esclusivamente, per usare
        i termini peirciani, all’opposizione fra la dimensione simbolica e quella ico-
        nica (cioè, ad esempio, alla differenza fra una pagina scritta e la fotografia
        di uno spazio). Questo è il motivo per cui la strategia dell’interazione può
        fare a meno dei siti 3D, che non esauriscono affatto il campo dei siti tra-
        sparenti. I fattori coinvolti sono numerosi e possono anche non essere pre-
        senti contemporaneamente. Come abbiamo visto, alcuni meccanismi
        (chiaroscuri, effetti prospettici, ecc.), anche se svincolati dalla pura rap-
        presentazione di oggetti del mondo reale, attivano comunque meccanismi
        tipici del riconoscimento e appartengono quindi alla semiotica figurativa.
            Ma la cosa interessante è che anche il livello plastico svolge un ruolo
        importante. L’effetto soggettivante, la costruzione di uno spazio dell’in-
        terazione, dipende anche da fattori (organizzazione topologica, valori ei-
        detici, ecc.) che appartengono alla sfera della semiotica plastica. Questo
        collegamento potrebbe dipendere da analogie o comunanze fra alcuni

            17
               È evidente che in questo caso la scomparsa del soggetto dell’enunciazione non crea
        problemi dal punto di vista della fidelizzazione. I siti trasparenti sono siti o progettati per
        singole fruizioni oppure in cui la fidelizzazione è assicurata da altri meccanismi (il desiderio
        di contatto con il divo, che diventa spesso il soggetto di un’enunciazione rappresentata al-
        l’interno del sito).
            18
               Per un approfondimento, cfr. Polidoro (2002).
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                       21-10-2010         14:54      Pagina 223

        TEORIA DEI GENERI E SITI WEB                                                                 223

        valori plastici e l’esperienza che abbiamo del mondo. In altre parole,
        questo nesso potrebbe essere una testimonianza del rapporto (al di là
        della giusta separazione metodologica) fra semiotica plastica e semiotica
        figurativa.

        4. Siti da navigare e siti da esplorare
           4.1. Meccanismi metalinguistici

           Possiamo infine identificare un altro gruppo di siti, caratterizzati dal-
        la volontà di mettere alla prova e a volte di violare le norme che reggono
        la comunicazione sul Web, dimostrandone la convenzionalità. Sono in
        altre parole siti che fanno un discorso metalinguistico, mettendo in evi-
        denza, e corrodendo, le regole principali (spesso inconsapevoli) dei lin-
        guaggi di Internet. A caratterizzare questi siti, quindi, non sono pro-
        prietà particolari, quanto piuttosto un atteggiamento generale. E, so-
        prattutto, questi siti si distinguono per il loro target. I loro utenti fanno
        spesso parte di un pubblico di nicchia, perché devono essere abbastan-
        za competenti da poter comprendere e apprezzare i meccanismi che i si-
        ti propongono.19
           Ovviamente anche in questo caso sono possibili diversi gradi. Ad
        esempio, a un livello più semplice, abbiamo la ricontestualizzazione di
        particolari elementi: è quello che accade ogni volta che in un sito i carat-
        teri alfabetici sono usati non come grafemi, ma per comporre immagini di
        vario tipo. Interessante è anche il caso dei meccanismi basati su metafore
        più o meno catacresizzate. In molti siti le metafore relative al sito inteso
        come luogo20 e, di conseguenza, all’“entrare nel sito” vengono rappre-
        sentate da home page in cui è raffigurata una porta, un’apertura in una su-
        perficie, un passaggio che consente di accedere “all’interno” del sito.21 Un
        altro esempio di uso letterale di una metafora è quello che riguarda i font:
        gli esperti di desktop publishing e di grafica ragionano spesso in termini di
        “peso” dei testi scritti. Nel sito www.typeorganism.com si trova una di-
        vertente applicazione che permette di confrontare, con una vera e propria

            19
               Questi siti potrebbero essere paragonati, per certi aspetti, alla pubblicità obliqua di cui
        parla Floch (1990), che è rivolta, non a caso, a un soggetto cognitivamente attivo e disposto
        a fare inferenze. Cfr. anche la tipologia di utenti proposta da Ferraro nel suo contributo a
        questo volume, e Cosenza (2004, §3.4.5).
            20
               Cfr. Volli (2003).
            21
               Cfr. ad esempio www.19760203.com, in cui vari personaggi, alternativamente, “sbir-
        ciano” nel sito guardando da un buco, o www.pepepue.com, sito organizzato come se fosse
        una casa in cui si entra da un’apertura nel soffitto.
            22
               Typeorganism.com è ricco di esempi di questo tipo. D’altronde nella presentazione si
        legge che è “a series of communication experiments exploring computation interactive de-
        sign and interactive kinetic typography, based on the metaphorical notion of typography,
        ‘Type is a lifeform’ [...] Type is an organism”.
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                       21-10-2010         14:54      Pagina 224

        224                                                                           PIERO POLIDORO

        bilancia, i “pesi” di due caratteri realizzati con font diversi.22
           Altre volte, a essere messa in cortocircuito è l’opposizione trasparen-
        za/opacità. Nel sito www.visualdrug.com, per esempio, accanto ad alcuni
        elementi della pagina compaiono scritte che sembrano fatte a mano e ser-
        vono a spiegare, come fossero appunti a margine, la loro funzione.23
           In tutti questi casi abbiamo operazioni metalinguistiche locali, che mi-
        rano a risemantizzare elementi che altrimenti sono poco percepiti (come
        i caratteri alfabetici), a mettere in crisi metafore catacresizzate (e quindi
        considerate “naturali”), a evidenziare l’opposizione di diverse modalità
        percettive. L’effetto è di straniamento e ci induce a riflettere su alcune
        convenzioni che vigono sul Web.
           Un caso esemplare in tal senso è Yugop.com, il sito di Monocrafts, una
        delle più importanti società di grafica per il Web. Daniele Barbieri (2002)
        lo ha analizzato approfonditamente, mettendo in evidenza i meccanismi
        di risemantizzazione attivati dalle animazioni di Yugop.com, in cui, ad
        esempio, tipici elementi informatici astratti (stringhe alfanumeriche, liste
        strutturate, organigrammi, ecc.) sono manipolati come fossero oggetti na-
        turali, dotati di peso, inerzia, ecc. Ma l’aspetto più interessante di
        Yugop.com è probabilmente il suo violare costantemente e volutamente
        le regole fondamentali della Web usability. Laddove di solito si cerca di
        rendere più rapidi i tempi di navigazione, ad esempio, Yugop.com co-
        stringe l’utente ad aspettare, lanciandogli una sorta di sfida e scommet-
        tendo sulla propria capacità di appassionarlo.

           4.2. Notwist.com

           Alcuni di questi meccanismi si trovano anche in un altro sito molto in-
        teressante, quello del gruppo musicale tedesco dei Notwist
        (www.notwist.com). Anche qui incontriamo risemantizzazioni e giochi
        metalinguistici, che prendono di mira sia elementi generali (come nell’u-
        so grafico dei caratteri alfabetici sullo sfondo), sia convenzioni e oggetti
        tipici di quel sotto-genere web costituito dai siti dei gruppi musicali.
           Così, ad esempio, in quasi tutti i siti di questo genere si trova un mixer

            23
               Parlo di cortocircuito fra trasparenza e opacità anche se la home page di
        Visualdrug.com è una tradizionale pagina “opaca”, perché l’aggiunta delle scritte sembra
        suggerire la possibilità di un intervento diretto sulla pagina stessa, cosa che, rispetto alla lo-
        gica generale del Web (che in questo è vicina a quella della televisione e diversa da quella del
        libro), rappresenta comunque un aumento di trasparenza. È lo stesso meccanismo (cfr.
        Polidoro 2002) per cui, nel sito 3D www.gorillaz.com, quando si deve tornare al linguaggio
        verbale per raccontare la storia del gruppo musicale, lo si fa aprendo non una pagina tradi-
        zionale quasi completamente testuale, ma l’immagine di un libricino. L’effetto di senso in
        termini di opacità/trasparenza cambia radicalmente: non ho un medium opaco che mi pre-
        senta un testo verbale, ma visualizzo (in maniera trasparente) un oggetto del mondo reale.
        Che poi questo oggetto sia un testo scritto è un altro discorso.
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro           21-10-2010     14:54    Pagina 225

        TEORIA DEI GENERI E SITI WEB                                              225

        che presenta diverse tracce audio (strumentali o vocali) provenienti da
        pezzi dell’autore o del gruppo. Noi possiamo scegliere quali tracce usare
        e controllare il volume, in modo da creare (a partire dai materiali già da-
        ti) un nostro motivo. Molto spesso si finisce per formare pezzi dissonanti
        e traballanti (volontariamente o no).
            Il sito dei Notwist non può non possedere uno strumento del genere.
        Solo che in questo sito non si tratta di un mixer vero e proprio: è un “con-
        fuser”. Anche qui abbiamo campionature, ma molte sono poco ricono-
        scibili o corrispondono a “rumori”, più che a melodie o armonie. Inoltre,
        l’interfaccia del confuser è tutt’altro che tradizionale. Non ci sono più le
        manopole da spingere avanti o indietro, i pulsanti da premere, ecc. C’è so-
        lo uno sfondo confuso, e per attivare le campionature bisogna cliccare in
        punti diversi della finestra (non sappiamo quali, ovviamente), mentre il li-
        vello del volume dipende dal punto in cui si trova il mouse.
            Il confuser è uno strumento di una complessità (anche d’analisi) note-
        vole. Il risultato però è molto interessante: la dissonanza non è più un ef-
        fetto indesiderato (e quasi sempre scontato) del mixer, ma diventa una
        condizione ineliminabile. Anzi, lo scopo del confuser è proprio quello di
        trovare belle dissonanze (ossimoro non più scandaloso). Magari per ac-
        corgersi che ciò che ne deriva non è solo un suono, ma un testo sincreti-
        co fatto di grafica (lo sfondo), suoni e movimenti della nostra mano. Il lin-
        guaggio visivo e quello gestuale cessano di essere puri strumenti finaliz-
        zati alla creazione di un testo sonoro, ma diventano parte integrante di
        una composizione, di un tentativo di opera d’arte totale.
            Il confuser è basato su una doppia riflessione metalinguistica. Una,
        quella che emerge da quanto abbiamo appena detto, riguarda più diret-
        tamente la musica. L’altra riguarda invece il Web. Uno strumento tipico
        dei siti di gruppi musicali viene ripreso e i suoi difetti sono portati alle
        estreme conseguenze, e trasformati in punti di forza, in nuove occasioni
        per riconsiderare le funzionalità di un sito o ripensare l’idea che abbiamo
        della musica.
            Come Yugop.com, però, Notwist.com non si ferma a questo, ma attac-
        ca direttamente alcune regole di base della progettazione e navigazione
        dei siti. Se, infatti, la massima fondamentale della Web usability è quella
        della chiarezza, cioè della necessità di creare un’interfaccia intuitiva, in
        cui la funzione dei singoli elementi sia facilmente riconoscibile e in cui sia
        sempre chiaro dove ci si trova e dove conducono i link, qui accade esat-
        tamente il contrario. Solo dopo un po’ si comprende che il menu non è
        (come sembrava) assente, ma è stato trasformato in quel rizoma di casel-
        line che galleggia sullo sfondo. Quando si passa su uno dei link lo scher-
        mo si copre di scritte scomposte ed enigmatiche.
            Servono diversi tentativi per capire che il menu non si limita a infran-
        gere le tradizionali regole della chiarezza, ma ne fonda delle altre.
        Andando sulle singole voci, infatti, otteniamo sempre due indicazioni ag-
        giuntive: la prima indica il tipo di file che troveremo (“img” per le imma-
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                      21-10-2010        14:54      Pagina 226

        226                                                                         PIERO POLIDORO

        gini, “txt” per i testi, “mov” per i filmati, ecc.), la seconda ci suggerisce
        cosa troveremo, anche se simula un “rumore” che disturba e deteriora il
        testo verbale (quasi come alcune sonorità utilizzate dai Notwist disturba-
        no le loro canzoni). Così, ad esempio, “discogrXXXXX” ci porta alla di-
        scografia, mentre “lirxxxxxx” è la trascrizione di “lirics”.
           Ma Notwist.com va oltre. Clicchiamo, ad esempio, su “000**!1.not”.
        Si apre una finestra con il tipico gioco “unisci i puntini”. Semplice intrat-
        tenimento? Vediamo. Se completiamo l’immagine, compare sullo sfondo
        la foto di uno dei componenti del gruppo e parte un loop sonoro. Ma, so-
        prattutto, si apre una nuova finestra, con un nuovo “unisci i puntini”.
        Stessa storia: se finiamo appare un altro componente del gruppo, inizia
        un secondo loop che si sovrappone al primo e si apre una terza finestra. A
        questo punto il gioco è chiaro: la terza finestra introduce la voce del can-
        tante e la quarta chiude la serie con la batteria.
           Il meccanismo ci sorprende continuamente. Scopriamo, dietro a quel-
        lo che pensavamo un semplice gioco enigmistico, una serie che ci per-
        mette di conoscere tutti i membri del gruppo. Non solo, a ogni foto cor-
        risponde un suono. I Notwist continuano a giocare con le sonorità, a fa-
        re discorsi metalinguistici.
           Ma il nostro “unisci i puntini” non si ferma qui. Quando abbiamo fi-
        nito il percorso e tutte le sonorità sono state attivate, ecco che si apre una
        nuova finestra, più grande. È una finestra in cui compare la cronologia del
        gruppo. La cronologia è una sezione sempre presente nei siti musicali e
        spesso è la prima cosa che si nota. Nell’alternativo sito dei Notwist sem-
        brava inesistente. Ma bisognava (come nel caso delle voci del menu) so-
        lamente cercare. Ed è interessante notare come il meccanismo usato non
        sia molto diverso da quello di un videogioco adventure: abbiamo esplora-
        to il sito, abbiamo dovuto superare alcune prove (unire i puntini) e alla fi-
        ne abbiamo ottenuto la nostra ricompensa.

          4.3. Navigazione vs. esplorazione e logica dell’adventure

           A questo punto possiamo chiederci: cosa sta facendo Notwist.com, a che
        gioco ci sta facendo giocare? Il contratto su cui si regge la comunicazione fra
        enunciatore ed enunciatario non è quello di un normale sito Internet. Ed è
        chiaro fin dall’inizio: l’aspetto del sito (tricromia, sfondo, ecc.) ne evidenzia
        immediatamente l’atipicità. Ma in cosa consiste questa atipicità?
           Normalmente il termine che viene usato per indicare la fruizione del
        Web è navigazione. Ma, almeno in una delle sue accezioni, la navigazione
        è l’insieme “dei metodi e dei procedimenti di calcolo che l’equipaggio a
        bordo di un natante o di un aereo deve attuare sulla base di informazioni

          24
               Le definizioni sono tratte dal Grande dizionario della lingua italiana Utet.
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro          21-10-2010     14:54    Pagina 227

        TEORIA DEI GENERI E SITI WEB                                             227

        e riferimenti esterni per raggiungere il punto prestabilito seguendo vie
        non tracciate in un mezzo fluido o nell’aria”.24 La navigazione, in questo
        senso, richiede una mappa, che ci faccia sempre sapere dove ci troviamo
        e dove arriveremo seguendo un certo percorso. In un sito abbiamo soli-
        tamente una serie di informazioni di questo tipo e, soprattutto, un menu.
        Ma Notwist.com, chiaramente, non ragiona secondo questa logica. Il ter-
        mine adatto per questo tipo di attività è esplorazione: “viaggio, spedizio-
        ne collettiva, per terra o per mare, verso territori sconosciuti o selvaggi,
        lontani da quelli in cui l’uomo ha scelto la sua sede, per conoscerli, stu-
        diarli e descriverli (ed eventualmente farne oggetto di conquista politica
        o economica o di espansione demografica)”.
           L’utente che si trova di fronte a Notwist.com, quindi, deve esplorare il
        sito. Inizialmente è smarrito, non ha punti di riferimento. Deve procede-
        re a tentoni, cercando di dare un senso a ciò che apparentemente non ne
        ha. Tutte le convenzioni della Web usability (e non solo quelle) sono chia-
        ramente infrante. Ma questo non significa che non ne vengano poste al-
        tre: la regola che ci permette di inferire a cosa portano le voci del menu,
        il meccanismo per cui solo finendo determinati giochi riesco a ottenere ul-
        teriori informazioni, ecc., sono le nuove regole che Notwist.com ci invita
        a scoprire.
           A ben guardare è l’intera struttura del sito a essere molto simile a quel-
        la di un adventure. In termini di schema narrativo abbiamo una iniziale fa-
        se di manipolazione (quella reale fra produttore del gioco, che promette
        divertimento, e giocatore, e spesso quella rappresentata nella introduzio-
        ne audiovisiva del sito), la competenza, la performanza e, infine, la san-
        zione (il raggiungimento del premio finale e il divertimento del giocato-
        re). Solo che, rispetto a una normale narrazione, spesso negli adventures
        la fase della competenza si dilata a dismisura. Soprattutto nei cosiddetti
        puzzle games il fulcro del gioco è la soluzione di complicati enigmi, in cui
        la performanza (manipolazione di macchinari, composizione di oggetti,
        realizzazione di marchingegni, ecc.) è solo la parte finale di un lungo pro-
        cesso cognitivo. Il giocatore deve esplorare, osservare e, soprattutto, ri-
        flettere per poter raggiungere un saper fare.
           È la stessa cosa che accade con l’“unisci i puntini” o con il “memory”
        di Notwist.com. Ma, a livello più generale, è la stessa struttura che reg-
        ge l’intero sito. Dopo la fase di manipolazione (quella in cui è instaura-
        to il contratto-sfida fra enunciatore ed enunciatario), l’attenzione del-
        l’utente di fronte all’apparente caos del sito è rivolta a comprendere
        quali siano le regole che lo reggono e che gli permetteranno una piena
        fruizione.

        5. Conclusioni
          Internet è relativamente giovane e non ha ancora avuto il tempo di ac-
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                     21-10-2010        14:54      Pagina 228

        228                                                                        PIERO POLIDORO

        quisire un assetto stabile e definito. Ciò nonostante, alcune tipologie di si-
        ti cominciano a essere riconoscibili, sia perché i modelli più efficaci ven-
        gono imitati, sia perché alcune scelte sono quasi obbligate.25 Oggi il por-
        tale è sicuramente il caso di maggior successo e ha assorbito progressiva-
        mente altri tipi di siti. Mostra caratteristiche strutturali e tematiche abba-
        stanza stabili, tanto da poter essere considerato un vero e proprio genere.
            In altri casi, invece, non si può parlare di generi, ma piuttosto di mec-
        canismi che sviluppano effetti di senso più o meno stabili. Così la traspa-
        renza è più una dimensione generale, che può essere impiegata in diverse
        situazioni. I siti dei gruppi musicali, ad esempio, costituiscono un picco-
        lo genere trasversale, caratterizzato da certe costanze (soprattutto temati-
        che) e potrebbero essere realizzati usando strategie visive basate sulla tra-
        sparenza (favorendo l’interazione) o sull’opacità (ricadendo quindi, come
        specie, all’interno del genere portale). D’altronde la teoria letteraria ci ha
        insegnato, come abbiamo visto, che i generi sono solo tipologie, più o me-
        no assestate, che possono ricombinarsi, mischiarsi, scomparire.
            Tutto ciò suggerisce una pratica d’analisi molto flessibile, che tenda ad
        affrontare l’oggetto da diversi punti di vista, applicando localmente stru-
        menti d’indagine eterogenei e ricostruendo, di volta in volta, il senso che
        emerge dai diversi meccanismi di significazione presenti.26

        Riferimenti bibliografici
        BAGNI, P.
        1997 Genere, Scandicci: La Nuova Italia.
        BARBIERI, D.
        2002 “L’argomentare sottile di Yugop.com”, in Pezzini (a cura di) (2002).
        BOLTER, J.D. E R. GRUSIN
        1999 Remediation. Understanding New Media, Cambridge, Mass.: The MIT Press (trad. it.
             Remediation, Milano: Guerini e Associati, 2002).
        CALVO, M. ET AL.
        2001 Frontiere di rete, Roma-Bari: Laterza.
        CORTI, M.
        1976 Principi delle comunicazione letteraria, Milano: Bompiani.
        COSENZA, G.
        2004 Semiotica dei nuovi media, Roma-Bari: Laterza.
        ECO, U.
        1984 Semiotica e filosofia del linguaggio, Torino: Einaudi.
        1997 Kant e l’ornitorinco, Milano: Bompiani.
        FERRARO, G.
        1999 La pubblicità nell’era di Internet, Roma: Meltemi.
        FLOCH, J.M.
            25
               Hjelmslev (1988: 273) ricordava come le somiglianze fra le lingue non dipendessero so-
        lamente da una origine comune, ma anche dalle cosiddette “associazioni linguistiche”, do-
        vute a un “comune ambiente culturale” e a un “omogeneo modo di vita”.
            26
               Approfondimenti su questi temi e materiali d’analisi sono disponibili all’indirizzo: di-
        gilander.liberol.it/pieropolidoro.
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro                     21-10-2010        14:54      Pagina 229

        TEORIA DEI GENERI E SITI WEB                                                              229

        1990 Sémiotique, marketing et communication. Sous les signes, les stratégies, Paris: PUF
              (trad. it. Semiotica marketing e comunicazione, Milano: Angeli 1997).
        GENETTE, G.
        1979 Introduction à l’architexte, Paris: Seuil (trad. it. Introduzione all’architesto, Parma:
              Pratiche Editrice, 1981).
        GREIMAS, A.J.
        1984 “Sémiotique figurative et sémiotique plastique”, Actes sémiotiques. Documents 60
              (trad. it. “Semiotica figurativa e semiotica plastica”, in L. Corrain e M. Valenti, a cu-
              ra di, Leggere l’opera d’arte, Bologna: Esculapio, 1991).
        GREIMAS, A.J. E J. COURTÉS
        1979 Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage, Paris: Hachette (trad. it.
              Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, Firenze: La Casa Usher,
              1986).
        GROUPE μ
        1970 Rhétorique générale, Paris: Larousse (trad. it. Retorica generale, Milano: Bompiani,
              1976).
        HJELMSLEV, L.
        1943 Omkring sprogteoriens grundlæggelse, København: Munksgaard (trad. it. I fondamen-
              ti della teoria del linguaggio, Torino: Einaudi, 1968).
        1988 Saggi linguistici 1, Milano: Unicopli.
        JAUSS, H.R.
        1977 Alterität und Modernität der mittelalterlichen Literatur, München: Fink (trad. it.
              Alterità e modernità della letteratura medievale, Torino: Bollati Boringhieri, 1989).
        LANDOWSKI, E.
        1989 La société réfléchie, Paris: Seuil (trad. it. La società riflessa, Roma: Meltemi, 1999).
        MARIN, L.
        1994 De la représentation, Paris: Gallimard-Seuil (trad. it. Della rappresentazione, Roma:
              Meltemi, 2001).
        NIELSEN, J.
        2000 Designing Web Usability, Macmillan Computer Publishing (trad. it. Web usability,
              Milano: Apogeo, 2000).
        PEZZINI, I. (a cura di)
        2002 Trailer, spot, clip, siti, banner. Le forme brevi della comunicazione audiovisiva, Roma:
              Meltemi.
        POLIDORO, P.
        2002 “Essere in rete: banner e portali”, in Pezzini (a cura di) (2002).
        ROZANSKI, H.D. E G. BOLLMAN
        2001 The Great Portal Payoff, Booz-Allen & Hamilton (www.bah.com).
        THÜRLEMANN, F.
        1982 Paul Klee: analyse sémiotique de trois pentures, Lausanne: L’age de l’Homme.
        VIOLI, P.
        1997 Significato ed esperienza, Milano: Bompiani.
        VOLLI, U.
        2003 “La spazialità di Internet”, in R. Antonucci e O. Pedemonte (a cura di), Il Tao del
              Web, Genova: Il Melangolo.
        ZINNA, A.
        2002a “Décrire, produire, comparer et projecter. La sémiotique face aux nouveaux objects
              de sens”, in Nouveaux Actes Sémiotiques : 79-81.
        2002b “L’invention de l’hypertexte”, in Documenti di lavoro, Centro Internazionale di
              Semiotica e Linguistica, Urbino.
VERSUS94_5_6_Polidoro:VERSUS94_5_6_Polidoro   21-10-2010   14:54   Pagina 230
Puoi anche leggere