Materiale a cura di Marina Mondo - Università di Cagliari

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Materiale a cura di Marina Mondo
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
                 FACOLTÀ DI STUDI UMANISTICI

               Laurea Triennale in Scienze e Tecniche
                           Psicologiche
                            Anno Accademico 2020/2021

                   PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE
                          ORGANIZZAZIONI
                                   3° ANNO (8 CFU – 60 h)
                                   Docente: Marina Mondo

Materiale a cura di Marina Mondo
TEORIE DI CONTINGENZA

LA TEORIA DEI TRATTI BEN SI INCARDINAVA ALL’INTERNO DELLA VISIONE TAYLORISTICA
     DELL’UOMO GIUSTO AL POSTO GIUSTO, GLI STUDI SUGLI STILI DI LEADERSHIP
RISPONDEVANO ALLA CRESCENTE ATTENZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI VERSO BISOGNI
               DI TIPO SOCIALE PROMOSSA DALLE HUMAN RELATIONS
  SI ARRIVÒ ALLA CONCLUSIONE CHE LO STUDIO DEL PROCESSO DI LEADERSHIP NON
                  POTEVA ESIMERSI DALL’ANALISI DEL CONTESTO

NACQUERO LE TEORIE DI CONTINGENZA NELLE QUALI L’OBIETTIVO DEI RICERCATORI
ERA QUELLO DI COMPRENDERE COME LO STILE DI LEADERSHIP VARI LA SUA EFFICACIA
               IN RELAZIONE ALLA SITUAZIONE IN CUI SI ESPLICA

                    Ø LA TEORIA DI CONTINGENZA DI FIEDLER
                 Ø I MODELLI DECISIONALI DI VROOM E YETTON
                           Ø LA PATH GOAL THEORY

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La teoria di contingenza di Fiedler

  FIEDLER (1967) HA CONCENTRATO L’ ATTENZIONE SULL’INCIDENZA DELLA
     VARIABILE SITUAZIONALE NELL’ANALISI DELL’EFFICACIA DEGLI STILI DI
                              LEADERSHIP
 NESSUN TRATTO O COMPORTAMENTO DEL LEADER RISULTA EFFICACE IN OGNI
        CONTESTO, PER CUI CIÒ CHE CONTA, AI FINI DELLA VALUTAZIONE
    DELL’EFFICACIA STESSA, È IL LIVELLO DI PERFORMANCE RAGGIUNTO DAL
                                    GRUPPO                                         (Fiedler,1967)
 FIEDLER ANALIZZA LA VARIABILE SITUAZIONE ATTRAVERSO TRE INDICATORI:

                  1.    il rapporto leader-subordinati
                   2.   la strutturazione del compito
                   3.   il potere accordato al leader

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La teoria di contingenza di Fiedler
  RAPPORTO TRA          Attraverso strumenti quali il GA (Group
    LEADER E        atmosphere) e il SPS (Sociometric preference
  SUBORDINATI        scale) viene valutato il clima del gruppo di
      Buone         riferimento analizzando sia la percezione dei
                             membri che quella del leader

      Scarse
                                                                                      (Fiedler,1967)
STRUTTURAZIONE     Vengono valutate le caratteristiche dell’obiettivo
  DEL COMPITO      da raggiungere individuato da quattro variabili:
                                         Ø chiarezza
    Strutturato                Ø numero procedure possibili
                               Ø numero soluzioni corrette
                     Ø verificabilità del raggiungimento dell’obiettivo
   Destrutturato
POTERE ACCORDATO   È misurato attraverso una check-list a 12 item
    AL LEADER      attraverso la quale il leader giudica quale sia il
       Forte        reale potere che ha nei confronti dei membri
                   (promuovere, licenziare, premiare, ammonire,
                                    valutare etc.)
      Debole
                                                   Materiale a cura di Marina Mondo
La teoria di contingenza di Fiedler
     FIEDLER INDIVIDUA OTTO SITUAZIONI TIPO CHE VARIANO A SECONDA DEL GRADO DI
FAVOREVOLEZZA ACCORDATO AL LEADER CHE RAGGIUNGE L’APICE NELLA SITUAZIONE DI COMPITO
                     STRUTTURATO, BUON CLIMA E ELEVATO POTERE

 PER VALUTARE LO STILE DI LEADERSHIP UTILIZZA UN QUESTIONARIO L’LPC (Last Preferred Co-
   worker) IN GRADO DI ANALIZZARE L’ORIENTAMENTO AL COMPITO OPPURE ALLA RELAZIONE
    ATTRAVERSO LA VALUTAZIONE CHE CIASCUN LEADER PORTA AVANTI NEI CONFRONTI DEL
                            COLLABORATORE MENO PREFERITO                                       (Fiedler,1967)

SE IL LEADER GIUDICA POSITIVAMENTE ANCHE IL MEMBRO CON CUI GLI PIACE LAVORARE DI MENO
        RISULTERÀ MAGGIORMENTE ORIENTATO ALLE RELAZIONE, VICEVERSA AL COMPITO

          NEL PRIMO CASO OTTERRÀ ALTI LIVELLI DI LPC NEL SECONDO CASO BASSI

I RISULTATI EMPIRICI RAGGIUNTI DA FIEDLER MISERO IN EVIDENZA CHE NON ESISTE UNO STILE DI
     LEADERSHIP VALIDO IN OGNI OCCASIONE ATTRIBUENDO UNA VOLTA PER TUTTE NOTEVOLE
                         IMPORTANZA AL FATTORE SITUAZIONALE

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La teoria di contingenza di Fiedler

Leader con alto LPC,
 gruppi con migliore
    performance

  Leader con basso
   LPC, gruppi con                                                                                                     (Fiedler,1967)
      migliore
    performance

                        I        II        III      IV               V        VI               VII           VIII

Relazioni leader-                         Buone                                               Scarse
    membri

Strutturazione del             Alta                       Bassa                    Alta                  Bassa
     compito

   Potere della        Forte          Debole      Forte           Debole   Forte          Debole     Forte    Debole
    posizione

                                                                            Materiale a cura di Marina Mondo
La teoria di contingenza di Fiedler

                                                                         (Fiedler,1967)

                                      Materiale a cura di Marina Mondo
La Path Goal Theory
ALL’INIZIO DEGLI ANNI ’70 VENNE SVILUPPATA, INIZIALMENTE DA EVANS (1970) E
IN SEGUITO PERFEZIONATA DA HOUSE E MITCHELL (1977) LA PATH GOAL THEORY

   SECONDO QUESTO APPROCCIO UNA LEADERSHIP EFFICIENTE DIPENDE DA
 QUANTO IL LEADER RIESCE A FORNIRE UNA GUIDA, UNA MOTIVAZIONE E UN
   SUPPORTO AI COLLABORATORI NEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI
 I LEADER POSSONO INFLUENZARE LA PRESTAZIONE E LA SODDISFAZIONE DEI                    (House E Mitchell, 1977) )
        MEMBRI DEL GRUPPO INCENTIVANDO LA LORO MOTIVAZIONE

  EVANS PARTÌ DALLA CONSIDERAZIONE CHE SPESSO NON VI È ACCORDO TRA
LEADER E FOLLOWERS PER QUANTO RIGUARDA GLI OBIETTIVI ORGANIZZATIVI E I
              COMPORTAMENTI ADEGUATI PER RAGGIUNGERLI
  HOUSE INTRODUSSE IL CONCETTO DI PATH GOAL (sentiero verso l’obiettivo)
  SOTTOLINEANDO CHE NON SEMPRE LA PRESTAZIONE DEI COLLABORATORI È
                CORRELATA ALLA LORO SODDISFAZIONE
INFINE HOUSE E MITCHELL ELABORARONO LA TEORIA DELLE ASPETTATIVE
SECONDO LA QUALE UN SOGGETTO È MOTIVATO SE PENSA CHE I PROPRI SFORZI
                   CONTRIBUIRANNO AL RISULTATO
                                                    Materiale a cura di Marina Mondo
La Path Goal Theory
         I SOGGETTI SARANNO MOTIVATI SUL LAVORO QUANDO
   Ø ritengono che sono in grado di portare a termine un certo compito
                      (percezioni legate alle aspettative)
  Ø le ricompense vengono date in relazione al livello dei risultati che si
               riescono ad ottenere (percezione di aiuto)
  Ø le ricompense confermano il valore personale (percezione di valore)                (House e Mitchell, 1977) )

   DETERMINATI FATTORI SITUAZIONALI POSSONO INFLUIRE SULLE
 PERCEZIONI, I LEADER POSSONO AIUTARE I FOLLOWERS A CHIARIRE
QUESTE PERCEZIONI IN MODO TALE CHE LA MOTIVAZIONE SI MANTENGA
 A BUONI LIVELLI E PORTI AD UN INCREMENTO DELLA PERFORMANCE
                              DA CIÒ SEGUE CHE
Ø il comportamento di un leader sarà accettabile per i collaboratori quando
questi percepiscono che è fonte di immediata soddisfazione o che almeno
         può consentire di raggiungere una soddisfazione futura
     Ø il leader dovrà portare i followers a comprendere che la reale
soddisfazione dipende dal raggiungimento di risultati brillanti anche grazie
                              alla sua guida        Materiale a cura di Marina Mondo
COMPITO PRINCIPALE DEL LEADER È DI CERCARE DI INTEGRARE GLI
OBIETTIVI DEI COLLABORATORI CON QUELLI DELL’ORGANIZZAZIONE

TRA GLI STLI CHE I LEADER POSSONO METTERE IN ATTO, SEMPRE TENENDO
           CONTO DELLA SITUAZIONE CONTINGENTE, ABBIAMO

     COMPORTAMENTO                       CARATTERISTICHE
         LEADER                           COLLABORATORI
                                                                                            (House e Mitchell, 1977) )
            Direttivo               Difficoltà ad impegnarsi (bassa
           (compito)           aspettativa), scarse capacità, lavoro non
                                   strutturato, obiettivi poco chiari,
                                          sensibilità all’autorità
           Supportivo           Alto bisogno di riconoscimento sociale,
           (relazione)               compito noioso o strutturato

         Partecipativo          Abilità nel lavoro, alta fiducia in se stessi
          (relazione)          (alta aspettativa), locus of control interno

      Orientato ai risultati     Forte desiderio di autorealizzazione o
           (compito)                poco orientamento al successo
                                                         Materiale a cura di Marina Mondo
I modelli decisionali di Vroom e Yetton
 VROOM E YETTON (1973) CONCENTRARONO L’ATTENZIONE SULL’ANALISI DELLO
 STILE DECISIONALE DEL LEADER, TALE DECISIONE LIMITA LA PORTATA DEL
 MODELLO AL DECISION MAKING I CUI RISULTATI NON SONO ESTENSIBILI ALLO
                         STILE DI LEADERSHIP

                                STILI DECISIONALI                                               (Vroom e Yetton, 1973) )

   Ø AUTORITARIO: non comunica al gruppo quale sia la scelta né lo consulta per
                          eventuali informazioni
Ø AUTORITARIO INFORMATIVO: si consulta con il gruppo per avere informazioni ma
                 non esplicita l’obiettivo della sua decisione
Ø CONSULTIVO INDIVIDUALE: informa i membri del gruppo, singolarmente, quale sia
         la decisone chiedendo informazioni e raccogliendone le opinioni
  Ø CONSULTIVO DI GRUPPO: prima di prendere una decisione consulta il gruppo,
                 espone il problema e accetta la discussione
    Ø GRUPPALE: è il gruppo a prendere la decisione di cui il leader è portavoce

                                                             Materiale a cura di Marina Mondo
ANCHE IN QUESTO CASO NON ESISTE UNO STILE DECISONALE “MIGLIORE” DEGLI ALTRI E
                         ADATTO AD OGNI SITUAZIONE

LO STILE DECSIONALE PIÙ EFFICACE DIPENDE DALLA SITUAZIONE CONTINGENTE ANCHE SE:
                                Ø la decisione individuali risultano le più veloci
      Ø un’alta qualità decisionale implica una elevata quantità di informazioni a disposizione
                      Ø le scelte gruppali consentono il coinvolgimento dei partecipanti                                   (Vroom e Yetton, 1973) )

 DA TALE STUDIO SCATURISCE UN MODELLO NORMATIVO, UNA SORTA DI DIAGRAMMA AD
ALBERO ATTRAVERSO IL QUALE I LEADER PRENDONO UNA DECISIONE SULLA BASE DI SETTE
                                VARIABILI QUALI:

              1.      qualità della decisione                       5.      l’accettazione dei subordinati in processi
                                                                                     decisionali non condivisi
  2.      importanza della collaborazione dei
       membri per il raggiungimento dell’obiettivo                  6.      la condivisione da parte dei collaboratori
                                                                                     degli obiettivi aziendali
 3.          le informazioni in possesso del leader
                                                                      7.      la possibilità di generare conflitto tra i
        4.         la strutturazione del compito
                                                                                            collaboratori

                                                      Materiale a cura di Marina Mondo
IN UN MODELLO PIÙ RECENTE VROOM E JAGO (1988) HANNO IDENTIFICATO ALTRE
                           CINQUE VARIABILI QUALI:
                    1.    informazioni possedute dai collaboratori
2.   la presenza di un vincolo temporale che non permette il coinvolgimento dei membri
             3.   l’incidenza dei costi per raggruppare tutti i collaboratori                   (Vroom e Jago, 1988) )
                     4.    l’importanza di ridurre il fattore tempo
             5.    l’importanza di migliorare lo sviluppo dei collaboratori

                                                             Materiale a cura di Marina Mondo
LE TEORIE TRANSAZIONALI

LE TEORIE TRANSAZIONALI SI BASANO SULL’IDEA CHE LE RELAZIONI TRA IL LEADER
    E I MEMBRI DEL GRUPPO SI SVILUPPANO E MANTENGANO ATTRAVERSO UN
               RECIPROCO SCAMBIO DI RISORSE SIGNIFICATIVE
     IN QUESTE TEORIE VIENE DATO PIÙ AMPIO SPAZIO AI FOLLOWERS CHE
  CONTRIBUISCONO IN MODO SIGNIFICATIVO, RISPETTO AD ALTRI APPROCCI, AL
                         PROCESSO DI LEADERSHIP
   VI È DUNQUE UNA INTERAZIONE RECIPROCA TRA LEADER E SUBORDINATI,
    ANCHE PARTENDO DALL’ASSUNTO CHE IL LEADER È COLUI CHE NEL GRUPPO
       INFLUENZA GLI ALTRI PIÙ DI QUANTO SIA EGLI STESSO INFLUENZATO
 IL LEADER COSTITUISCE UNA RISORSA PER IL GRUPPO IN QUANTO RISPONDE AI
BISOGNI, RAGGIUNGE GLI OBIETTIVI, RICOMPENSA I COMPORTAMENTI FUNZIONALI

IL TERMINE TRANSAZIONE SI RIFERISCE ESSENZIALMENTE ALLO SCAMBIO SOCIALE
 CHE AVVIENE TRA IL LEADER E I SEGUACI E SOTTOLINEA UN RUOLO PIÙ ATTIVO DI
                                QUESTI ULTIMI

                                                    Materiale a cura di Marina Mondo
Il modello dei legami verticali diadici

    GRAEN (1975) INSIEME AD ALTRI AUTORI FORMALIZZA LA TEORIA VDL (Vertical
                                 Dyad Linkage)
      IN TALE MODELLO I RAPPORTI TRA IL LEADER E I SEGUACI NON VENGONO
   CONCEPITI TUTTI ALLO STESSO LIVELLO, OGNI MEMBRO SVILUPPA UN RAPPORTO
       PARTICOLARE CON IL LEADER E IN TAL SENSO SI PUÒ PARLARE DI DIADI
 IN GENERALE SI POSSONO DISTINGUERE NEL GRUPPO, IN FUNZIONE DEL RAPPORTO
                              CON IL LEADER:

                                                   OUTGROUP
               INGROUP
                                        Ø hanno un basso status
Ø hanno uno status elevato
                                        Ø ricevono meno informazioni
Ø ricevono più informazioni
                                        Ø i rapporti sono più formali
Ø i rapporti sono più informali
                                        Ø minore       soddisfazione      e
Ø maggiori livelli di soddisfazione     coinvolgimento
Ø ricevono maggiori pressioni e         Ø hanno meno pressioni e non
richieste di prestazione più elevate
                                        vengono      richieste   prestazione
anche a livello personale               elevate,       le      comunicazioni
                                        riguardano soprattutto aspetti
   Materiale a cura di Marina Mondo     legati al compito
Modello di costruzione della leadership
 NELL’EVOLUZIONE DEL MODELLO VDL, GRAEN E UHL-BIEN (1991), PRESENTANO UN
     MODELLO DI COSTRUZIONE DELLA LEADERSHIP CHE PARTE DAL PRESUPPOSTO
    CHE IL LEADER POSSA E DEBBA INSTAURARE RELAZIONI DI QUALITÀ CON TUTTI
        I MEMBRI DEL GRUPPO, SITUAZIONE CHE AVVANTEGGIAERÀ IL GRUPPO E
                       L’ORGANIZZAZIONE IN CUI È INSERITO
                                   SI POSSONO DISTINGUERE TRE FASI:
1.        fase sconosciuta: ci si muove all’interno di ruoli prestabiliti, gli scambi
             sono dall’alto verso il basso, i subordinati sono motivati da interessi
                                    personali e non di gruppo
2.        fase di conoscenza: incominciano a stabilirsi i primi legami di maggiore
              qualità, si tenta di stabilire quanto il leader sia disposto a fornire
              opportunità e quanto il membro possa volere o essere in grado di
                                    assumersi responsabilità
     3.     fase matura di associazione: alta qualità degli scambi tra leader e
          sottoposti, alta reciprocità, ciò che conta ora è il gruppo e i suoi obiettivi

     Materiale a cura di Marina Mondo
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