Lo Stagno magazine gennaio 2020 n 5 mensile ufficiale de Lo Stagno di Ranocchiate - Nexilia

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Lo Stagno magazine gennaio 2020 n 5 mensile ufficiale de Lo Stagno di Ranocchiate - Nexilia
Lo Stagno
magazine
gennaio 2020 • n° 5 • mensile ufficiale de Lo Stagno di Ranocchiate
Lo Stagno magazine gennaio 2020 n 5 mensile ufficiale de Lo Stagno di Ranocchiate - Nexilia
Lo Stagno magazine | GENNAIO 2020

INDICE

EDITORIALE

GAME OF APPIANO

LA STORIA DEL MESE

MITT ZONE

LA RANA ROSA

L’ANGOLO TATTICO

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Editoriale – Ottimismo costruttivo
by Mario Gedeone

È stato un 2019 fantastico. Entrato a far parte della famiglia di Ranocchiate ad agosto del
2018, ho completato un anno solare con questo splendido gruppo, in questo splendido
gruppo.
Il mio 2019 con Ranocchiate è iniziato con Lo Stagno dello Sport a pieno regime, prodotto
richiesto e appuntamento fisso del gruppo, con la Rassegna Stagna che è cresciuta sempre
di più, grazie a voi, come sempre.
Proprio dallo schifo offerto dalla nostra stampa di regime è nata l’esigenza in estate di dare
un ulteriore mezzo, un ulteriore prodotto: Lo Stagno dello Sport – magazine che da oggi
diventa semplicemente Lo Stagno magazine, un nome, una garanzia (si spera).
Avrete notato un cambio di stile, vogliamo somigliare il più possibile ad una rivista, ma
distaccandoci totalmente da quello che è lo stile degli altri.
L’intenzione è quella di crescere sempre di più, rubrica dopo rubrica per offrirvi davvero un
prodotto che parli di noi, della nostra passione con l’ironia che identifica da sempre
Ranocchiate ma anche con serietà e informazione vera (editoriale del numero di dicembre).
Questo 2020 inizia dunque con il botto (mi auguro), con il nuovo magazine e con l’imminente
Stagnremo 2020 che vedrà un’organizzazione migliore rispetto a quella dello scorso anno (la
prima edizione che ha visto trionfare Mannarino feat. Nainggolan).

Fatta questa breve introduzione sull’anno che ci accingiamo a vivere insieme, arrivo al tema
del mese.
La nuova stagione sta fomentando l’ambiente in maniera giusta. Giusta perché vedo fra i
membri del gruppo e anche fuori un ottimismo costruttivo. Ci sta, siamo stati abituati ad
anni bui (consiglio la lettura de La storia del mese, alto contenuto di feels soprattutto per
chi quel decennio lo ha iniziato, il nostro Andrea), anni bui che hanno forgiato il nostro
spirito.
Chi è interista sa che non si può mai stare tranquilli, sa che vincendo 2-0 può finire
benissimo 2-3 per gli avversari, sa che essere in cima fino a dicembre può significare
concludere quarti o quinti.
Mi piace parlare di ottimismo costruttivo perché le precedenti stagioni hanno portato tanta
delusione e soprattutto illusione. Ci siamo illusi tante volte ma, pensandoci, le illusioni e le
delusioni dovevano essere messe in conto perché non si riusciva a percepire un gioco, un
ingranaggio funzionale. Invece no, siamo caduti nel tranello, abbiamo esaltato nomi
importanti che non hanno lasciato impronte, abbiamo creduto di poter portare a casa
qualche titolo con allenatori mediocri e campagne acquisti esagerate dal punto di vista
economico.
Siamo arrivati ad una nuova maturazione, siamo cresciuti. Siamo coscienti dei nostri mezzi,
siamo coscienti di ciò che abbiamo ma non ci esaltiamo. Questo è ciò che intendo per
ottimismo costruttivo.
L’ottimismo è partito con l’ingaggio di quell’uomo che vedete in copertina, quello che
sovrasta tutti gli altri, Antonio Conte. Ho scelto lui perché è l’uomo che ha rivoluzionato il
nostro sistema di gioco, noi abituati alla difesa a quattro, ad una sola punta.
Ha chiesto, ha preteso e sta ottenendo. Ha fatto bene ovunque è andato ma quell’ottimismo
costruttivo ci mantiene con i piedi per terra e il pari con il Lecce lo dimostra.
Paradossalmente l’1-1 appena ottenuto al Via del Mare è l’emblema del fatto che non ci si
può rilassare mai. Conte è il simbolo del “testa bassa e pedalare”, il leone che va a destra e
sinistra per tenere sotto controllo il branco.

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Il branco appunto che ha visto l’inserimento di pedine importanti quest’anno, pedine che
suddivido in due categorie.
Pedine come Lukaku, giocatori già affermati, che sono stati corteggiati per entrare a far
parte della famiglia Inter, che cercavano nuovi lidi in cui imporre le loro qualità. Lukaku
veniva da una difficile situazione allo United e aveva il bisogno di trovare motivazioni
importanti: Conte chiama, Lukaku risponde e segna, trova intesa con Lautaro
(definitivamente esploso con l’arrivederci di Icardi).
Non mi stupisce che segni e imponga la sua fisicità, mi stupisce che riesca a trovare il goal
facilmente in un campionato che è difensivamente evoluto (non come la Premier League).
Parte del merito del suo rendimento è anche dato da chi gli sta dietro, giocatori che
appartengono alla seconda categoria di cui parlavo prima, cioè quelli che hanno visto
nell’Inter un’occasione per crescere: Barella e Sensi, due giovanissimi (il primo classe 97, il
secondo classe 95) che vengono da due piccoli club come Cagliari e Sassuolo, che non hanno
mai giocato nell’Europa “che conta” e che sin da subito sono entrati nel cuore di noi tifosi
diventando titolari inamovibili. Piedi buoni, geometrie, fisicità nei contrasti, velocità e,
negli ultimi mesi, infortuni. Infortuni che li hanno tenuti lontani dal campo ma solo Dio sa
quanto ci servono giocatori così, soprattutto in queste fasi del campionato, fasi in cui ci
sembra di perdere terreno, fasi che ci ricordano la crisi.
Altro elemento che ho voluto inserire in copertina è il giocatore simbolo dell’Inter
Femminile: Eleonora Goldoni.
Lei insieme a Marinelli e Tarenzi sta facendo vivere il sogno della Serie A al movimento
femminile a tinte nerazzurre. Il 2020 dell’Inter deve partire anche da qui, la società si è
imposta con la prima squadra, con le giovanili che non ci hanno mai deluso (anche in tempi
bui) e deve ora trovare continuità anche in questa nuova realtà.
L’Inter Femminile è attualmente a 17 punti dalla capolista (e campione in carica) Juventus.
Questo non deve abbatterci, siamo solo all’inizio e da neopromossi dobbiamo fare qualche
sacrificio in più.

Vi lascio alla lettura del nuovo nuovissimo ‘Lo Stagno magazine’, più completo, più
professionale, più vicino al nostro universo.

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Game of Appiano - Cambiamenti
by Viviana Borrelli

Gennaio è arrivato e le valli di Appiano Gentile sono strette nella morsa del gelo.
Con grande gioia di tutti nello spogliatoio dell’Inter il Natale è finalmente passato,
portandosi via feste di squadra, regali forzati e finti sorrisi, e si ritorna alla vita di sempre.
Sul campo si rivedono anche Sanchez e Sensi lo Sterminatore, rimasti per un po’ in
infermeria per curare le ferite rimediate in battaglia. Non si vede ancora però il Temibile
Barella, e Ranocchia chiede preoccupato al Saggio Berni: “Saggio, Tu che tutto sai e tutto
vedi, dimmi, dov’è Nicolò? Sta ancora male?”
“No, Capitano, Nicolò sta benissimo, vedrai che arriverà presto!”
In quel momento, in lontananza, si sente il rombo di una macchina potente e una canzone
sparata a tutto volume:

IGRAJ MOJA HRVATSKA KAD TE VIDIM JA SRCE MI GORI SRCE MI GORI!!!!

“Ah vabbè, sta tornando EpicBrozo, in ritardo, come al solito”, dice Padelli dagli occhi di
ghiaccio.
Con una sgommata EpicBrozo ferma il macchinone davanti ai cancelli di Appiano, e scende
sfoggiando un sorriso beffardo: “Alora, Ranochio, sicuro di avere tutta tua squadra?”
E proprio in quel momento dall’auto di EpicBrozo, che è praticamente un carro armato,
scende il Temibile Barella. Ranocchia lo guarda incredulo e dice: “Ma Nicolò, cosa ci fai tu
con EpicBrozo?!”
E il Temibile risponde: “Io non sono Nicolò, io Nikola Barellović, fedele brate di Grande
Madre Hrvatska IDEMOOOOOOOOO!”

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Ranocchia non riesce a credere ai suoi occhi. “CHE COSA GLI HAI FATTO?”, chiede a
EpicBrozo.
“Io? Niente! Ha solo fatto regalo Natale!”
E Samir, che stava osservando la scena, in quel momento capisce. Il bersaglio bratizzante di
EpicBrozo ha funzionato e il Temibile Barella è ormai un Brate dal passaporto croato. Quello
che Samir ancora non sa è che EpicBrozo ha deciso di puntare anche al capo del clan
sudamericano, el Torito, e ha mandato anche a lui, in forma anonima, lo stesso regalo.
Sarà difficile però per EpicBrozo arrivare a Lautaro, poiché il cuore dell’argentino è stato già
rapito da Lukaku.
Il perfido e infido Romelu, dopo essersi assicurato il cuore del piccolo principe Esposito, ha
messo nel mirino il capo argentino, ed è riuscito, grazie alle sue arti, ad assicurarsi l’affetto
e l’appoggio del Toro e quindi dei sudamericani.
I gruppi, le alleanze, vecchie e nuove, sono però a gennaio fragili come il sottile strato di
ghiaccio che la mattina copre l’erba di Appiano, perché gennaio significa anche nuova
campagna arruolamenti.
Il generale Marotta sembra intenzionato a grandi cambiamenti, con partenze e nuovi
innesti provenienti soprattutto dall’estero, e non si sa ancora nulla con certezza, solo voci
di corridoio che si rincorrono e non lasciano nessuno tranquillo.
Samir è comunque intenzionato ad accogliere come si deve i nuovi arrivati e decide di
organizzare una festa di benvenuto, affidando a ognuno un compito, sperando così di
sfruttare l’occasione e di unire finalmente lo #spogliatoiospaccato.
Lukaku si occupa delle bevande, e ha già preparato I suoi filtri d’amore da mettere dentro
a tradimento; EpicBrozo si occupa della musica, selezionando tutte le playlist Hrvatska My
Love che è riuscito a trovare ed ha anche organizzato un torneo di freccette con una decina
di bersagli bratizzanti.
I dolcissimi #DeVrijniar, invece, passano il tempo a decorare la sala, con festoni e scritte di
benvenuto in varie lingue.
Skriniar chiede a Samir: “Ma, secondo te, dobbiamo metterlo anche in danese?”
“Forse, Skriniar, forse…”
Tante figure sono all’orizzonte, ma chi avrà alla fine il coraggio di varcare i cancelli di
Appiano?

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La storia del mese – Che decennio è stato?
by Isidoro Gedeone

Dunque, dove eravamo rimasti? Il secondo decennio del ventunesimo secolo è passato ed è
stato uno dei più difficili e sofferti della storia interista.
Otto stagioni di questo decennio sono finite senza titoli, cinque ci hanno visto esclusi dalle
prime quattro forze del nostro campionato e abbiamo registrato posizioni quali settimi,
ottavi e noni al termine delle trentotto giornate.
Siamo stati esclusi dall’Europa che conta per sei stagioni e abbiamo collezionato brutte
figure nell’Europa che conta di meno ma che avrebbe potuto darci molte più soddisfazioni.
Abbiamo vissuto un drammatico e travagliato cambio societario: nell’autunno 2013 il nostro
presidente Massimo Moratti cede il 70% delle quote all’imprenditore indonesiano Erick
Thohir. La sua esperienza dura ben cinque anni, i più bui del decennio: la pecunia è latitante,
i mercati improbabili e gli allenatori al di sotto delle aspettative. La vera svolta avviene con
                                                                 l’avvento di Steven Zhang
                                                                 nell’ottobre 2018 che porta
                                                                 con sé Marotta, una linea
                                                                 societaria finalmente decisa e
                                                                 lungimirante      e,    a   fine
                                                                 decennio, Antonio Conte.
                                                                 Questa       situazione       già
                                                                 problematica è stata resa
                                                                 ancora più difficile da digerire
                                                                 perché il decennio era iniziato
                                                                 nel segno di quella gloriosa
                                                                 squadra che aveva compiuto
                                                                 l’impresa del triplete.
                                                                 Però, nel giro di pochi anni,
                                                                 molti eroi della stagione 2009-
                                                                 2010 lasciano la squadra fra
                                                                 cui    i   veterani     Esteban
                                                                 Cambiasso,      Diego     Milito,
                                                                 Walter Samuel e, dulcis in
                                                                 fundo, il nostro mito vivente, il
primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene: Javier Zanetti. Nel 2014, dopo 18 stagioni, dopo
aver battuto record su record, dopo essere diventato il capitano più vincente nella storia
dell’Inter, non prima di averla presa per mano nei momenti difficili, Zanetti si ritira dal
calcio giocato, lasciando un vuoto incolmabile e un’eredità pesantissima. Ma un altro
argentino ha segnato il nostro decennio nel bene e nel male: Mauro Icardi. Nel giro di sei
stagioni arriva a insidiare e superare Bobo Vieri nella classifica dei marcatori neroazzurri
della storia, punisce diverse volte la Juventus e, per l’intera stagione 2017-2018 e metà della
successiva, trascina la squadra alla tanto agognata Champions League. “Maurito” nel corso
degli anni assume diversi comportamenti che gettano sospetti sulla possibilità che possa
essere un capitano modello: si scontra con la tifoseria, spesso lavora poco per la squadra e,
nell’ultimo periodo, sono troppo insistenti le voci sulle sue cessioni, avallate dalla moglie e
procuratrice Wanda Nara.
È un bomber dalle tante qualità ma quella che aveva i presupposti per essere una bella
storia d’amore finisce malamente fra gli egoismi e le pretese dell’allora capitano argentino
che, inevitabilmente, si scontrano con una società che dopo l’avvento di Zhang è più
presente, vuole prendere decisioni importanti senza farsi influenzare dagli interessi dei

                                                                     PRODOTTO UFFICIALE DI RANOCCHIATE
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singoli e che si presenta compatta nella sua linea insieme all’allenatore Luciano Spalletti.
Come non ricordare quest’ultimo: anche lui nel bene e nel male, con il suo non-gioco ed in
entrambe le stagioni per il rotto della cuffia, ci porta per due anni consecutivi in Champions
League. Indimenticabile la vera e propria finale vinta contro la Lazio all’Olimpico all’ultima
giornata.
Parlando di protagonisti, in questo decennio ne abbiamo avuto uno fondamentale e
silenzioso, Samir Handanović. L’unico top player costante, il giocatore che ha salvato più
punti di tutti, colui che ha sacrificato il momento migliore della sua carriera fra gli alti e
bassi dell’Inter quando, da top player nel suo ruolo, avrebbe potuto giocare in squadre più
ambiziose in quel periodo.
Viene premiato con la fascia di capitano nel 2019, in ritardo rispetto ai suoi meriti.
Non si può dimenticare l’esperienza unica di Andrea Ranocchia
con questa maglia: dopo una grande stagione al Bari, arriva
come giovane di buone speranze in un’Inter che ancora non sa
di dover affrontare alcuni degli anni più difficili e grigi della
sua storia. Durante la prima stagione partecipa all’ultima
vittoria di un titolo riportata dall’Inter, la Coppa Italia 2010-
2011, e colleziona presenze in Champions League. Poi arriva la
lunga crisi dell’Inter che trascina lui come tanti altri campioni
nelle sabbie mobili. Viene dato in prestito a Sampdoria e Hull
City, ma lui torna e, pur essendo di fatto una riserva, diventa
un simbolo e fonte di motivazione per la squadra grazie al suo
attaccamento alla maglia.
Come ogni periodo di crisi, questo decennio ha piantato i semi
per la rinascita, le fondamenta sulle quali costruire la squadra
del futuro. Parlo, in particolare, di Milan Škriniar, Marcelo
Brozović e Danilo D’Ambrosio.
Škriniar diventa subito un punto fermo della difesa
neroazzurra, tanto da doverlo difendere dalle diverse brame
dei maggiori club europei: è forte come una roccia, ha senso
della posizione, è preciso negli interventi e soprattutto è un
leader.
La storia di Brozović è più controversa: è spesso discontinuo
ma, anche lui, sempre «lì nel mezzo», sempre per l’Inter e poi
è un titolare della grande Croazia che ha rischiato di sorprendere tutti e vincere i mondiali
in Russia.
D’Ambrosio è un altro simbolo di attaccamento e umiltà: sicuramente non il terzino più
forte del mondo ma è tutto cuore e sudore, diventa un meme perché dà filo da torcere a
tutti i rivali di ruolo che arrivano all’Inter ma soprattutto dà letteralmente un calcio allo
spettro della mancata qualificazione in Champions nell’ultima giornata dello scorso
campionato alle spese dell’Empoli.
Il bilancio di questi ultimi dieci anni non è positivo, non può che essere così dal momento
che siamo fra i club che hanno scritto la storia di questo sport, ma li ricorderemo quando
torneremo in alto perché anche loro ci avranno permesso di tornare in alto e perché avrà
ancora più gusto essere interisti.

                                                                  PRODOTTO UFFICIALE DI RANOCCHIATE
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Mitt Zone – Attaccanti “mittini”
by Daniele Zizzi | https://www.facebook.com/lavignettainterista/

Grande momento per i nostri piccoli “mittini” azzurri e nerazzurri dotati di senso del gol: le
selezioni nazionali brulicano di giovani interisti a tutti i livelli, e in particolar modo i reparti
offensivi stanno offrendo molte soddisfazioni.
A cominciare dai ragazzi della primavera: Vergani e Fonseca, entrambi classe 2001, entrambi
convocati con la nazionale U19. Il primo, in particolare, è stato protagonista con un gran gol
nel pareggio per 1-1 contro la forte Spagna.
Nel gruppo dell'U19 azzurra manca all'appello Seba Esposito, che è un 2002, ma ha già
bruciato le tappe arrivando nel giro dell'U21, mentre, invece, nella selezione U18 gioca in
attacco l'altro nostro primavera Gaetano Oristanio (altro 2002).
Non delude nemmeno l'U17 azzurra, dove sono convocati in attacco Gnonto e Magazzù
(entrambi 2003), né la selezione U15, dove gioca come punta il figlio d'arte Kevin Martins
(2005).
Ma il grande apporto ai gol azzurri fornito dal nostro vivaio non finisce qui: non
dimentichiamoci i più conosciuti Pinamonti e Salcedo. Il primo, classe 1999 in via di riscatto
verso Genoa, è stabilmente in U21, mentre Salcedo, che è addirittura un 2001, è già nel giro
dei più grandi da molto tempo, seppur ora sia alle prese con un infortunio piuttosto grave.
È difficile ricordare, negli ultimi decenni, un simile momento per i nostri giovani attaccanti
azzurri e nerazzurri: i tempi delle critiche per l'eccessivo numero di stranieri sembrano
passati e, in ottica azzurra, vanno fatti grandi complimenti al nostro vivaio, a Samaden e a
tutto lo staff.
Il futuro, in attacco, è roseo. Anzi, è nero e azzurro!

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La Rana Rosa – I 4 casi antropologici nel calciomercato
by Letizia Spataro

Vi vedo, eh.
Siete tutti lì con il cellulare che alle 10 è al 100% ed alle 11:30 è al 20. Grazie, non puoi
refreshare la pagina “Inter Eriksen” mille volte al secondo su Google.
“Finisce come Modric”. Alt. State parlando con una che la scorsa estate dopo un “LOADING”
scritto da Griezmann sotto la foto di Godin aveva scritto una canzone per il folletto francese.
Per cui, io sono la meno adatta per dispensare consigli sul non illudersi in sessione di
calciomercato.

Ci sono diversi tipi umani nel calciomercato:

① L’ansioso
IO. Gianluca di Marzio è il tuo spirito guida, Fabrizio Romano il tuo mentore. Sei aggiornato
al secondo e qualsiasi notizia che TU vuoi sentire è un motivo per essere in preda a crisi
isteriche. Sei una piaga per chi ti sta intorno, se qualcuno ti resta accanto è perché ti ama
davvero.

② Lo scettico
Non sta a sentire il calciomercato, “tanto dicono solo cazzate, io guardo le ufficialità”. Poi
però è il primo che con fare apparentemente distratto ti chiede “Oh ma… novità su...?” NO
A TE NON LE DO LE NOVITÀ. MI DICI CHE SONO PESANTE SEMPRE IO E IL CALCIO, IL CALCIO
E IO? ORA TI FREGHI.

③ Il sapientone
“Ma no, ma quello nel 433 non ci azzecca niente”, “ma quello è rotto” “ma quello non gioca
da un anno” “ma quello non sa stoppare un pallone”. Pretendiamo tutti il massimo, va bene,
ma vediamolo giocare almeno una volta. Specialmente se ha le treccine ed è nero.

④ Il nostalgico
“Eh ma questi giocatori di oggi quanto costano… Snejider lo abbiamo preso a 16 milioni”.
Bene, il danese lo stiamo prendendo a 18 ora, DOV’È IL PROBLEMA? Il mercato è cambiato
tantissimo, i prezzi sono decuplicati e non è con commenti inutili che si cambia la situazione.
Quando vi sentite tristi pensate che esiste una squadra in grado di piazzare Mandragora a
30 milioni. Ah, ma è l’Udinese? Quella che ha esaltato il gol di Dybala su Twitter? Ma non è
mica una succursale della Juve, no. Che malpensanti che siete. Scommetto che siete gli
stessi che davano a Marotta del gobbo infiltrato, maledetti.

                                                                   PRODOTTO UFFICIALE DI RANOCCHIATE
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L’angolo tattico – Il match del mese dell’Inter
by Redazione Time-Out | https://www.facebook.com/timeoutita/

La diciottesima giornata ha portato in dote match interessanti. L’Inter risponde al
perentorio 4-0 della Juventus sul Cagliari imponendosi contro il Napoli al San Paolo,
confermandosi squadra tremendamente efficace e sempre più ad immagine e somiglianza
del suo allenatore. Come l’Inter conferma il trend di successi che mostra la bontà di questa
squadra, il Napoli conferma il trend che la vede faticare maledettamente tra le mura
amiche. I partenopei non colgono un successo al San Paolo da ottobre; un’eternità. La mano
di Gattuso ancora non si è vista, se non in piccoli spezzoni, ma bisogna dare tempo al tecnico
ex-Milan di lavorare sulla testa dei calciatori per provare ad invertire una stagione che per
ora assume i connotati di un incubo per i tifosi azzurri.

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Lo Stagno magazine | GENNAIO 2020
Una delle chiavi della fase
offensiva      neroazzurra        è
sicuramente il lavoro richiesto
alle due punte, un lavoro di
grande generosità in cui
Lautaro e Lukaku si stanno
dimostrando grandi interpreti.
Conte      chiede       loro     di
abbassarsi a fasi alterne,
dialogare con i centrocampisti
e gli esterni, mentre l’altro
attaccante e la mezz’ala
attaccano con ferocia la
profondità. Nell’occasione del
secondo gol dell’Inter è L.
Martinez che si abbassa a
centrocampo a duettare con
Biraghi        e         Brozovic,
scavalcando di fatto l’intero
centrocampo         azzurro       e
lanciando a rete Lukaku. La
potenza del tiro del n.9 ed un
imperfetto                  Meret
contribuiranno non poco all’esito finale dell’azione. Sono numerosi tuttavia gli esempi sia
nella partita sia nel corso dell’intera stagione in cui è stato Lautaro il principale terminale
offensivo, ruolo che l’argentino ricopre sovente in nazionale con ottimi risultati, mentre
Lukaku agevolava l’uscita palla al piede dei suoi compagni abbassandosi fin sulla linea di
centrocampo. Insomma la coppia Lukaku-Lautaro funziona anche perché ognuno è pronto
a sacrificarsi per l’altro, e di questa alchimia ne sta beneficiando tutta la squadra.

Al Napoli sembra mancare maledettamente un regista, come lo era stato Jorginho nello
scacchiere di Sarri, ma anche come lo era stato all’occorrenza Hamsik per Ancelotti nella
scorsa stagione. In questo ruolo vengono adattati a fasi alterne nella stessa gara Allan Ruiz
e persino Zielinski senza ottenere risultati di rilievo. Allan e Ruiz hanno infatti perso
rispettivamente 6 e 2 palloni in fase di impostazioni, peggiori insieme a Insigne in questa
statistica. Come si evince nella Heatmap dei tre centrocampisti c’è poca predisposizione ad

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abbassarsi per prendere il pallone, tipica di un regista come Jorginho, mentre si tende
maggiormente a proiettarsi in avanti ottenendo il risultato di allungare la squadra e
sfilacciare il centrocampo. La finestra di mercato può essere un’occasione per fornire al
nuovo mister un regista di ruolo che possa dettare i ritmi di un centrocampo sempre più in
difficoltà.

L’aspetto conclusivo non poteva che essere un elogio all’agonismo di questa squadra, tipica
delle squadre di Conte. L’Inter ha oramai assimilato il diktat tattico di aggredire alto le
squadre e non aspettarle nella propria metacampo, così da aumentare notevolmente le
possibilità di rendersi pericolosi. E in questo contesto fondamentali si stanno rivelando le
interpretazioni degli esterni come dei centrocampisti che non solo devono impostare ma
devono essere anche dei validi incontristi. Per Brozovic sono ben 2 i contrasti e 4 le palle
recuperate, per Vecino in questa statistica addirittura 5, con Biraghi, prova solida e ordinata
la sua, che ha contribuito con 3 palloni recuperati e 2 contrasti. Per dare un’idea di queste
statistiche basti pensare che nel Napoli solo Di Lorenzo ha statistiche paragonabili, ma è un
terzino, mentre nell’Inter a fare questo lavoro sono i centrocampisti, segno di una squadra
audace sempre pronta ad attaccare. Insomma un avvertimento molto chiaro alla Juventus
in ottica scudetto.

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