L'annullamento in autotutela è illegittimo con condono rilasciato molti anni prima

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L’annullamento in autotutela
è illegittimo con condono
rilasciato molti anni prima
30L’annullamento in autotutela del condono edilizio è soggetto
a termine stringente per l’Amministrazione, che incontra
eccezioni solo in ipotesi tassative previste dalla legge. Lo
ha chiarito il Consiglio di Stato con la sentenza n.
1704/2022, in un caso in cui il Comune, dopo molti anni dal
rilascio della concessione di un’autorizzazione paesaggistica
e del condono edilizio di alcuni abusi, annullava gli atti
rilasciati e disponeva la demolizione delle opere.

Annullamento in autotutela del
condono edilizio e ordine di
demolizione
Il caso riguarda un immobile destinato alla ristorazione,
sulla costa adriatica. Autorizzato nel 1967 come chiosco
prefabbricato con veranda e previo impegno a rimuovere l’opera
a richiesta dell’Amministrazione, l’immobile era oggetto, nel
tempo, di una serie di domande di sanatoria col:

     primo condono (L. 47/1985) era concessa la sanatoria
     dell’ampliamento del manufatto con la costruzione del
     ristorante, della cantina seminterrata e del patio
     esterno con pergolato;
     secondo condono edilizio (L. 724/1994) veniva presentata
     richiesta di autorizzazione paesaggistica dei manufatti
     condonati, rispetto alla quale la Sopraintendenza
     rimaneva silente;
     terzo condono edilizio (L- 326/2003) era richiesta la
     sanatoria dell’ulteriore ampliamento della sala
ristorante. Questa domanda          veniva   dichiarata
     irricevibile perché tardiva.

Ultimo condono difforme
Nel corso del sopralluogo eseguito nell’anno 2019, emergevano
difformità dello stato legittimato con l’ultimo condono
concesso. Il Comune inoltrava allora alla Soprintendenza una
nota per chiedere se avesse a suo tempo ricevuto la richiesta
di compatibilità paesaggistica (rispetto alla quale era
rimasta silente), e se la compatibilità paesaggistica potesse
considerarsi estesa alle opere difformi. La Soprintendenza
rispondeva negativamente, dichiarando di non aver ricevuto la
prima    richiesta,     e   ritenendo     non    compatibili
paesaggisticamente tutte le opere condonate. Seguiva quindi da
parte del Comune:

     l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica e del
     concessione in sanatoria rilasciata sulla base di
     condono edilizio ex L. 47/1985
     il diniego di istanza di condono ai sensi del secondo
     condono edilizio L. 724/1994
     l’ ordinanza ingiunzione per la demolizione di opere
     edilizie

Violazione               del        termine             per
l’autotutela
Il proprietario ricorreva al TAR lamentando la violazione del
termine di diciotto mesi per l’esercizio del potere di
autotutela che aveva portato all’annullamento del condono e
all’emissione dell’ordine di demolizione. Per il Consiglio di
Stato, la difesa del ricorrente è fondata.

Il Supremo Collegio amministrativo opera una distinzione tra
la disciplina del termine per l’autotutela, prima e dopo la
L.7 agosto 2015 n. 124.
Prima della riforma del 2015 non era esplicitamente previsto
un termine per l’esercizio del potere di autotutela
dell’amministrazione, ma la giurisprudenza del Consiglio aveva
comunque chiarito che la mancanza di un termine non poteva
esporre il privato al rischio di subire un ripensamento
dell’amministrazione per un periodo illimitato.

Era compito del giudice valutare la congruità e la
ragionevolezza dell’intervento di autotutela a partire dal
momento in cui l’Amministrazione fosse concretamente venuta a
conoscenza dei profili di illegittimità dell’atto. “Ne
consegue che un’immotivata e protratta inerzia, seguita da un
improvviso e ingiustificato revirement connota di sicura
negatività la valutazione del tempo trascorso, a maggior
ragione ove davvero considerevole”.

Dopo la riforma del 2015, il riformulato art. 21 nonies della
L. 241/1990 prevede invece che, per i provvedimenti adottati
dopo l’entrata in vigore della riforma (e quindi dopo il 28
agosto 2015), il potere di annullamento può essere esercitato
entro diciotto mesi. Il rigido termine è stato ulteriormente
ridotto a dodici mesi, con il D.l. 77/2021.

Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, il procedimento di
autotutela era stato avviato e concluso nel 2019, dopo quasi
un ventennio dal provvedimento paesaggistico censurato, dodici
anni dopo la connessa sanatoria speciale e oltre trent’anni
dopo il condono rilasciato.

Titolo abitativo, l'annullamento in autotutela va puntualmente
motivato Annullamento in autotutela di titoli edilizi, la
motivazione può essere attenuata se il vizio è evidente

Eccezioni in caso di mendacio o
false rappresentazioni di fatti
La norma prevede delle eccezioni, in casi tassativi e quindi
non estensibili analogicamente, ed in particolare, consente di
superare il termine per l’esercizio di autotutela quando i
provvedimenti da annullare siano stati “conseguiti sulla base
di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni
sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o
mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate
con sentenza passata in giudicato”.

Più nel dettaglio, secondo la giurisprudenza del Consiglio di
Stato, il superamento     del   termine   per   l’autotutela   è
consentito:

     in caso di falsa attestazione dei presupposti per il
     rilascio del provvedimento, frutto di una condotta di
     falsificazione penalmente rilevante. A tal fine è
     necessario che vi sia un accertamento definitivo nel
     processo penale;
     nel caso in cui l’acclarata erroneità dei presupposti
     sia non imputabile (neanche a titolo di colpa
     concorrente) all’Amministrazione, e sia invece
     imputabile esclusivamente al dolo della parte. In questo
     caso infatti non sarebbe ragionevole pretendere dalla
     Amministrazione incolpevole il rispetto di una
     tempistica stringente.

Nessuna prova del dolo e annullamento in
autotutela
Nella vicenda esaminato dal Consiglio di Stato non era stata
fornita alcuna prova del dolo del proprietario, ma solamente
“dubbi di carattere tecnico e fattuale da approfondire nella
naturale sede procedimentale, senza la scorciatoia
dell’utilizzo di un rimedio peculiare ed eccezionale legato a
parametri specifici e non generali”.
Anzi, dall’analisi degli atti di causa, il Supremo Collegio
rileva che “dopo diversi lustri trascorsi per la definizione
di un procedimento di condono e dopo altri dodici anni dal
rilascio dell’ultimo dei titoli di assenso rilasciati, si è
intervenuti in autotutela su tutti i titoli rilasciati sulla
scorta di ragioni che si rifanno ad elementi irrilevanti, in
quanto già presenti all’epoca (il vincolo e l’impatto del
ristorante), ovvero parziali.”

Accolte le difese del ricorrente, la sentenza ha concluso per
l’annullamento del provvedimento di autotutela e
dell’ordinanza di demolizione conseguente, facendo salva
invece la parte relativa al rigetto del secondo condono
edilizio e alla conseguente ordinanza di demolizione.

Consiglio di Stato, sentenza n. 1704/2022.
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