Cyberpunk 2077: impressioni dalla demo - GameCompass

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Cyberpunk 2077: impressioni dalla demo - GameCompass
Cyberpunk 2077: impressioni dalla demo

Il Cyberpunk è una corrente artistico-letteraria molto in voga nel ventesimo secolo: centinaia di
opere, tra romanzi, film, serie TV, videogiochi e giochi di società, si sono ispirati a questa corrente
interpretandola e reinterpretandola per modellarla secondo le necessità degli autori. Un’opera su
tutti, fu quella ludica, riguardo un gioco di ruolo cartaceo chiamato Cyberpunk 2020, pubblicato
dalla R.Talsorian Games (Stratelibri in Italia), che ebbe enorme successo nei primi anni dopo
l’uscita, tanto che in seguito il GDR venne espanso più volte con altri manuali.

È proprio questo gioco cartaceo di successo che vede la sua trasposizione nel videogioco
Cyberpunk 2077, di CD Project RED; gioco del quale finalmente, dopo una carrellata di video
teaser/trailer, nelle ultime ore, è stato rilasciato il primo video long-play che, anche se in versione
“alpha”, lascia a bocca aperta anche i più critici dei videogiocatori.

Dopo una piccola premessa della voce narrante sulla precarietà della versione ancora “non
definitiva” del gioco, la demo si avvia con la selezione del personaggio, uomo o donna,
completamente personalizzabile. Questo long-play si colloca temporalmente quasi all’inizio del gioco
vero e proprio, dove V e il suo amico Jackie, supportati in remoto da Kiba, una net-runner (una
sorta di hacker informatico), vengono ingaggiati per trovare e recuperare una ragazza il cui
localizzatore impiantato, risultava spento. Gli agenti si recano all’interno del covo degli Scavenger,
un’organizzazione criminale che effettua rapimenti per estrarre impianti cibernetici dai malcapitati.

Editor innovativo?
L’editor ci mostra per sommi capi le molteplici possibilità di personalizzazione del personaggio,
passando dal semplice – si fa per dire – editor fisico, a quello degli attributi. Viene sottolineato dal
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narratore che in Cyberpunk 2077 non si avrà la possibilità di scegliere la classe, introducendo un
sistema dinamico in tal senso che permetterà di acquisirle durante il gioco: caratteristica
interessante questa, che potrebbe permettere quindi una personalizzazione dell’esperienza di gioco,
in maniera ancora più intima con il giocatore.

Il Gameplay
Cyberpunk 2077 è un gioco di ruolo open-world, con visuale esclusivamente in prima persona. Il
gioco è ambientato in un enorme e complessa metropoli distopica collocata in California (Night
City) e cosa ancor più incredibile è che l’intero gameplay, è stato studiato per avere caricamenti
dinamici degli ambienti di gioco. L’ambiente di gioco è totalmente interattivo e la vita in città scorre
fluida e indipendente, proprio per dare quel senso di realtà che difficilmente si riesce a vedere nei
videogiochi. Il titolo permette di equipaggiarsi con armi, oggettistica e vestiario che, come per
ogni GDR che si rispetti, modificheranno le caratteristiche del personaggio in base alla qualità
dell’equipaggiamento stesso. Durante il gioco si potrà avere accesso ad alcuni laboratori medici
presso i quali si apporteranno modifiche biomeccaniche al personaggio, modifiche che apriranno le
porte ad abilità incredibili: un trapianto di cornea per zoomare e scansionare ogni cosa o un
impianto palmare per le armi che impugneremo durante il gioco. A volte si potrebbero trovare
mercati, non proprio legali, dove per il giusto prezzo, si potranno acquistare attrezzature
cibernetiche militari riservate. La possibilità della scelta multipla durante i dialoghi e delle
decisioni prese durante il gioco, come per esempio il tipo di approccio alla missione, se
diplomatico o meno, influiranno sullo sviluppo del gioco, creando situazioni occasionali che
personalizzeranno l’esperienza di gioco. L’implemento dei mezzi di trasporto, per i quali si potrà
scegliere tra auto o moto, caratterizza ulteriormente questo GDR fuori dalle righe.
Lo studio dietro le armi proposte è d’eccezione: fucili d’assalto, a canna liscia o pistole, ognuna
di esse offre possibilità differenti di approccio al combattimento con un buon equilibrio tra
potenza e tattica.
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– Alcuni tratti del gioco sembrano ricalcare lo stile di Deus-EX, la tematica “cyberpunk”, alla
base anche del titolo Eidos, salta fuori prepotentemente richiamando continui parallelismi con
Cyberpunk 2077 –

Il Comparto Tecnico
Graficamente non passa di certo inosservato, ma dobbiamo sottolineare che stiamo pur sempre
parlando di un WiP (work in progress), e nonostante ciò Cyberpunk 2077 potrebbe già essere
all’altezza di alcuni giochi già presenti sul mercato. Environment, shader, texture e FX in generale,
seppur non in veste definitiva, sono molto promettenti. Gli ambienti cittadini in particolare, non
lasciano nulla al caso, sono ricchi di particolari, anche dinamici e rimangono perfettamente in linea
con quello che potrebbe essere un contesto metropolitano confusionario, come quello rappresentato
nello stereotipo comune del cyberpunk: graffiti e metallo ovunque!

Cosa ci Aspettiamo?
Sicuramente un gioco campione di vendite, perché se c’è una cosa che CD Project RED sta
facendo bene, è quella di alimentare l’hype che gira attorno al loro “masterpiece”: Cyberpunk
2077.
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Lunga e diritta correva la strada

Oggi, sono principalmente un appassionato di videogiochi, soprattutto quelli di corse
automobilistiche: qualsiasi cosa sfrecci su pista, strada o campi sterrati, che abbia una, nessuna o 18
ruote, devo assolutamente guidarla.
La mia passione ha origini molto, molto lontane nel tempo. La scintilla che ha dato origine a tutto è
legata a un ricordo ancora vivido nella mia memoria, un videogioco di cui la maggior parte dei lettori
più giovani probabilmente non ne ricorderà nemmeno l’esistenza.
Se la memoria non mi inganna, era l’inizio degli anni ’90, ma diavolo, ricordo come fosse ieri la
telefonata che ricevemmo a casa e che segnò la mia vita per sempre.
Una piccola premessa: se siete nati negli anni ’80, quello che sto per raccontarvi è successo con una
certa probabilità anche a voi, magari con modalità sostanzialmente diverse.

Era un pomeriggio qualunque, a casa mia,d’improvvisò sentì squillare il telefono: «Pronto?» rispose
mio padre (un nerd di altri tempi, potremmo definirlo, possedeva per lavoro già diversi computer, tra
Olivetti e Macintosh e, per inciso, su quelle macchine conobbi per la prima volta il Tetris 3D e
Prince of Persia) «Salve, parlo coni il signor Zambuto? Volevamo informarla che è stato selezionato
per approfittare di una eccezionale opportunità! Solo per oggi, se accetta, avrà la possibilità di
acquistare per soli 2 milioni di lire, una vacanza a Parigi per tutta la famiglia e un fantastico
Personal Computer di ultima generazione, compreso di enciclopedia multimediale in floppy disk»
disse tutto d’un fiato l’operatore all’altro capo della cornetta.

Il viaggio non convinse molto mio padre, alla fine l’offerta nascondeva i soliti “se” e “ma” scritti in
piccolo; il computer, invece, gli parve un’ottima occasione, conosceva i prezzi che giravano in quegli
anni e si risolse ad acquistare il pacchetto.

Come ho detto, mio padre aveva già i suoi terminali, certo avrebbe utilizzato anche quello ma sapete
che significava? Io sì, lo compresi subito: AVEVO IL MIO PRIMO PC!

Incredibile ma vero, non riuscivo a realizzare, la sensazione di avere il primo personal computer in
cui non dovessi scrivere nessun codice astruso mi faceva impazzire. Insieme al PC, ci diedero anche
un pacchetto di giochi, cosa che mi esaltò ancora di più. Tra le scatole dei giochi, c’era lui, il cartone
mi attraeva già solo dal nome e dall’immagine: 1000 Miglia (prodotto da Simulmondo).

Non avevo mai visto niente di più bello, era il mio primo gioco di corse automobilistiche, con piste
interminabili e la possibilità di scegliere diversi modelli di auto, una delle robe più innovative per
quei tempi, il quadro dell’automobile mostrava tutte quelle lancette all’interno dei dischi, per me era
una visione assurda perché tutto questo al tempo lo vedevo davvero nella macchina guidata da mio
padre. Più guardavo, più impazzivo per l’incredulità: il tachimetro, il contagiri, l’indicatore del livello
di carburante, persino la temperatura dell’olio, tutto riprodotto alla perfezione.

Fu proprio 1000 Miglia che mi iniziò al mondo delle corse, e tuttora non nascondo che le auto
d’epoca, esercitano un fascino non indifferente su di me, quasi come ne fossi stregato da allora,
come fossero macchine del tempo che mi riportano a quegli anni, non quelli della loro uscita sul
mercato, ma quelli della mia adolescenza, a quell’epoca in cui, per la prima volta, vidi la realtà
perfettamente riprodotta sullo schermo di un computer.
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Gamescom 2018: Biomutant si mostra in una
demo

Biomutant, un particolare action/RPG multipiattaforma, è stato mostrato con un primo gameplay
nella versione dimostrativa. Di proprietà di THQ Nordic e sviluppato da Experiment 101,
Biomutant ci catapulterà in un mondo distopico, in chiave post-apocalittica, popolato da bizarre
creature, una delle quali, sarà proprio il nostro personaggio. Il gioco offre uno stupendo motore di
editing del nostro alter ego che sarà in grado di offrire una vastissima quantità di
personalizzazioni, grazie ai parametri per poterne variare la genetica a piacimento.

In questo universo immaginario di gioco, ci ritroveremo molto spesso a combattere contro numerosi
nemici e il fighting system mostrato in demo sembra molto scorrevole e vario.

La data precisa dell’ uscita del gioco è ancora un’incognita, ma salvo ulteriori ritardi, dovrebbe
attestarsi intorno l’estate 2019.
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Fortnite anche su Android, ma non su Google
Play Store.

Dopo una lunghissima attesa per i fan, Fortnite sbarcherà nei prossimi giorni anche sui dispositivi
Android, ma non nel modo convenzionale che ci si aspettava. Infatti, il client del gioco, quindi il file
“.apk” (estensione delle app Android), non sarà presente nello store di Google ma sarà direttamente
scaricabile dal sito-web dello sviluppatore. Tim Sweeney, CEO della compagnia, in un’intervista
condotta da Gamesindustry.biz, ha affermato che questa decisione è legata al fatto di voler creare
un legame più profondo con i giocatori ma, in realtà, non è questo l’unico motivo a spingere Epic
Games a non appoggiarsi al Play Store: la compagnia lamenta infatti una eccessiva tassazione
(30%) di tutti gli introiti prodotti dal gioco. Sweeney spiega che una percentuale di tasse così alta è
davvero assurda, considerando che il rimanente, servirebbe giusto per coprire i costi di produzione
del gioco.

Epic non è nuova a costi di tale entità, offrendo Fortnite mediante il servizio “direct to customer”
(ossia offrendo il loro prodotto ai consumatori direttamente dalla fonte ufficiale e senza
intermediari) per PC e Mac sa bene quanto possa essere oneroso il processo di produzione, ma è
assolutamente ingiustificabile, spiega il CEO Tim Sweeney, che tasse del genere vengano applicate
per un sistema open-source come Android per i servizi che può offrire. Oltretutto Epic conosce
bene il mondo degli store digitali offrendo lo stesso servizio con l’Unreal Engine Marketplace per
il quale oltretutto, grazie al successo di Fortnite, hanno potuto addirittura ridurre i costi fino al 12%
per i nuovi developer che si appoggeranno al loro store, oltre che per tutti gli sviluppatori storici già
presenti nel mercato di Unreal Engine. Sweeney pone l’accento anche sull’importanza degli store
digitali, che con l’avanzare della tecnologia, della digitalizzazione dell’intrattenimento e l’espansione
di internet, con molta probabilità in futuro, non saranno più necessari mediatori o negozi fisici
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per poter vendere o promuovere il proprio prodotto.
Sweeney non mette in discussione la bontà delle piattaforme mobili Google e Apple, è certo del
fatto che loro sfruttino gli sviluppatori per i loro guadagni con percentuali molto alte, ma almeno è
lieto del fatto che Google, in quanto open-source, quantomeno offra una soluzione alternativa, ossia
quella di poter installare software di terze parti, in questo caso Epic Games.

Di certo è probabile che per i più giovani o per i meno esperti, potrebbe risultare più difficile trovare
l’app di Fortnite non apparendo direttamente sul Google Play Store, ma il CEO di Epic assicura che
verrà fatto in modo che questa mancanza non intacchi l’ascesa del gioco anche su questa nuova
piattaforma: inoltre, assicura Sweeney, che il gioco sarà lo stesso presente su PC, Mac e iOS,
sottolineando sempre l’importanza del cross-platform per il multiplayer. Fortnite ha visto un
grosso aumento di utenti quando il gioco è stato rilasciato per gli utenti iOS e si spera una risposta
altrettanto rilevante anche dagli utenti Android.
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Fortnite sarà giocabile su dispositivi di fascia alta, su una stima di circa 2.5 miliardi di dispositivi
Android nel mondo, almeno 250 milioni potranno giocarci senza problemi. Questo ovviamente
è un dato temporaneo che nel tempo si evolverà in positivo. Al momento Fortnite sta spopolando
grazie soprattutto alla modalità free-to-play Battle Royale, con previsioni che indicano circa 2
miliardi di dollari in acquisti in app per i futuri utenti Android solo nel corso dell’anno di lancio,
denaro che va direttamente alle casse di Epic Games che, nel frattempo, cresce esponenzialmente
acquisendo un valore di mercato pari a circa 8 miliardi di dollari.

Overcooked 2

Sono trascorsi esattamente due anni dal lancio su PC del primo capitolo di Overcooked,
adrenalinico party-game culinario sviluppato da Team17 e Ghost Town Games. Oggi, visto
l’enorme successo raccolto dal predecessore su tutte le piattaforme, esce OverCooked 2,
riproponendo un invariato stile di gioco accompagnato da nuovissimi livelli e con una veste grafica
leggermente più curata sotto certi aspetti.
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Master Chef
Nel primo Overcooked abbiamo dovuto cimentarci in una folle corsa contro il tempo e in un
durissimo allenamento per poter arrivare all’ultimo stage e batterci con il terribile appetito del final
boss per salvare il mondo, passando attraverso coloratissimi livelli fuori di testa del Regno delle
Cipolle. Sicuramente Overcooked è stato – ed è tutt’ora – uno di quei giochi dell’universo
indipendente che ha lasciato a bocca aperta per la sua unicità, per una riuscitissima meccanica di
gioco e per le tantissime ore di divertimento che è in grado di regalare. È possibile giocarlo da soli
nella modalità campagna o in compagnia di uno o più giocatori, dividendo il joypad o la tastiera metà
per uno o utilizzando una periferica per ognuno. In Overcooked 2 conosceremo tanti nuovi e
bizzarri chef che si aggiungeranno a quelli già conosciuti nel primo capitolo, con piatti nuovi ed
elaboratissimi che metteranno a dura prova le nostre doti culinarie!
Ogni livello nasconde nuove insidie e piatti sempre più elaborati che renderanno difficile la
preparazione delle nostre ordinazioni. Lo scopo dei giocatori per ogni livello, sarà quello di
completare più piatti possibili in un tempo limite senza troppi errori, in modo da poter guadagnare
più stelle possibile – massimo 3 stelle per livello che serviranno per lo sblocco degli stage successivi.
Overcooked 2 è a tutti gli effetti il sequel del primo capitolo, o dovremmo forse dire, la
continuazione?
Sì perché a conti fatti, anche i primi livelli di questo nuovo capitolo, potrebbero sembrare un po’
ostici per chi non abbia avuto la fortuna di potersi infarinare con le meccaniche di gioco del primo,
quasi come se gli sviluppatori diano per scontato che l’utente debba conoscere il gioco. La
complessità di alcuni livelli spesso impedisce di prendere al primo tentativo le agognate 3 stelle,
costringendo anche i giocatori che hanno già approcciato al primo capitolo a dover ritentare per
sperare in un risultato migliore. Sin dall’inizio vengono richiesti una forte dose di manualità con i
comandi base del gioco e un altissimo spirito di squadra, in una eventuale modalità cooperativa, per
poter completare i vari stage.
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Il Co-Op: la morte sua
Chi abbia giocato al primo Overcooked e ai suoi DLC potrà notare facilmente le doti richieste da
questo secondo capitolo. Per il primo, come per il secondo, la modalità “giocatore singolo” a volte
potrebbe risultare troppo macchinosa e complessa, tra lo switch dei 2 personaggi e l’organizzazione
delle pietanze ci si confonde con molta facilità. In definitiva, la modalità vincente è sicuramente
quella cooperativa: completare la campagna in multiplayer, non ha prezzo. Anche per il
nuovissimo Overcooked 2, che abbiamo giocato su PC, con joypad per uno e tastiera per l’altro
giocatore, la massima espressione risiede nella modalità multi-giocatore. Giocando in
compagnia le ore trascorreranno talmente veloci tra urla, spintoni e risate, che non vorrete più
staccarvi dalla TV. C’è da dire che è un gioco studiato per l’utilizzo di joypad, ragion per cui la
tastiera è altamente sconsigliata, devo ammettere di aver avuto non poche difficoltà nel controllare il
mio personaggio.
Cosa puzza di bruciato?
Nonostante io adori questo gioco in tutte le forme, c’è da dire che forse qualcosa non è proprio come
dovrebbe essere. Partiamo dalla mappa, che con la sua nuova veste grafica è tanto bella quanto
confusionaria, uno zoom troppo vicino impedisce di trovare subito i nuovi livelli sbloccati, che
seguono una curiosa numerazione che avanza per multipli (1-2, 1-4, 1-6, 2-3, 2-6). Non è chiaro il
motivo di questa scelta considerato che nel primo Overcooked erano numerati normalmente. In
secondo luogo, come già detto, il livello di difficoltà si mostra sin da subito eccessivo, diventando
ancora più impegnativo avanzando nel gioco, caratteristica questa che potrebbe far desistere chi si
affacci per la prima volta alle meccaniche di Overcooked – fuoco sul pavimento che impedisce il
movimento, automobili che investono il giocatore e tantissime altre insidie che non fanno ben
sperare già dai primissimi livelli.
Tecnicamente
Il comparto tecnico è ineccepibile, il gameplay è rimasto invariato e altrettanto ben congegnato,
molto fluido e semplice. Graficamente le migliorie sono visibili nei piccoli dettagli, shader più
elaborati e texture più definite, soprattutto nella mappa di selezione dei livelli che vede un nuovo
tabellone sviluppato su più livelli, per il resto il gioco non sembra aver subito significativi
cambiamenti in questo versante. La colonna sonora cavalcante, chiaramente ereditata dal primo
capitolo, è azzeccatissima e accompagna il gioco col giusto ritmo incalzante, rendendolo ancor più
adrenalinico di quanto già non sia.
Tirando le somme
In definitiva questo nuovissimo Overcooked 2, a differenza del primo, non è un gioco proprio per
tutti. Perché questa scelta? Selezione naturale? Mi rendo conto solo a posteriori che, se non avessi
giocato il primo capitolo, con molta probabilità non avrei potuto apprezzare davvero il lavoro svolto
da Team17 in questo secondo OverCooked. A ogni modo, se vi piacciono i party-game in locale e un
alto livello di sfida che nei suoi picchi massimi potrebbe rasentare la frustrazione, sento di potervene
consigliare caldamente l’acquisto, perché credo che, nonostante le sue imperfezioni, al momento la
serie Overcooked, per la sua extra-dose di divertimento, detenga il titolo di “Re dei party-game”
su ogni piattaforma.

Update After Launch: E luce fù!
Ed è come l’arcobaleno dopo la tempesta che Overcooked dopo la release ufficiale al day one, da
bruco si fa farfalla e spicca il volo come prima era stato capace di fare il suo predecessore. La
versione inviataci prima del rilascio sul mercato deludeva sotto vari aspetti.
Andando sullo specifico, dopo la data di uscita sono stati inseriti diversi elementi, uno su tutti
diverse possibilità di gioco in multiplayer, organizzando partite pubbliche o private; All’inizio del
gioco in modalità “storia” è stata aggiunta una clip iniziale che funge da breve premessa agli
avvenimenti che spingeranno i nostri mini-chef, a intraprendere quest’avventura.
Il più importante cambiamento lo vediamo sulla mappa, in cui adesso l’avanzamento dei livelli
avviene in modalità naturale, seguendo l’ordine numerico 1-1, 1-2, 1-3 e così via. Un’ altra delle
mancanze sottolineate nella versione inviataci, è stata fortunatamente colmata e anche qui, come nel
primo capitolo di Overcooked, dopo ogni stage completato avremo un percorso da poter seguire con
il nostro furgoncino – senza perderci, come capitava spesso nell’anteprima – fino al prossimo livello
appena sbloccato.
Insomma, a guardarlo adesso Overcooked 2 è quasi un altro gioco, degno erede di quello che prima
di lui conquistò secondo noi il titolo di party game definitivo.
Non è la prima volta che videogame a rilascio sia sostanzialmente diverso rispetto all’anteprima: un
altro chiaro segno della necessità Per ogni professionista di settore di rivedere un gioco più volte
– al netto Dunque di patch e aggiornamenti – prima di poter emettere un verdetto definitivo.

The Elder Scrolls Online: Summerset

The Elder Scrolls, è una delle saghe videoludiche più famose di tutti i tempi. Fiore all’occhiello di
Bethesda, vide la luce con il suo primo capitolo nel lontano 1994 con The Elder Scrolls: Arena.
Esattamente 20 anni dopo, nel 2014 uscì The Elder Scrolls Online, un MMORPG (massive
multiplayer online role play game) ambientato nel territorio di Tamriel, la cui storia si svolge
circa 1000 anni prima degli avvenimenti di Skyrim e non è in alcun modo legata agli altri capitoli
della saga. Inizialmente il gioco prevedeva una “fee” mensile per poter giocare, come altri titoli
presenti nel mercato, basti guardare Final Fantasy XIV di Square Enix o il brand plurimiliardario
e sicuramente più famoso di World of Warcraft di Blizzard. Probabilmente a causa dello scarso
successo del titolo, successivamente Bethesda decise di abolire l’abbonamento e mantenere
solamente il costo per l’acquisto del gioco.

Un territorio in continua espansione
In TES Online, Tamriel sarà quasi completamente esplorabile a differenza degli altri titoli della
saga in cui era possibile battere solo una determinata provincia: per esempio in Oblivion, il quarto
capitolo della saga, era possibile muoversi all’interno della provincia di Cyrodill, mentre in Skyrim,
l’ultimo uscito al momento, si ha la possibilità di esplorare solo l’omonima provincia. Al momento le
province e le regioni esplorabili (alcune previo possesso dell’apposito DLC dedicato) sono:

     High Rock, patria dei Bretoni e provincia capitale del Daggerfall Covenant.
     Hammerfell, patria dei Redguard ed in seguito anche degli Orchi.
     Morrowind, patria degli Elfi Scuri.
     Skyrim, patria dei Nord.
     Cyrodill, patria degli Imperiali. Dedicata al PvP di massa.
     Black Marsh, patria degli Argoniani. È formata da foreste tropicali e paludi.
     Elsweyr, patria dei Khajiiti.
     Valenwood, patria degli Elfi dei Boschi. Di questa, fa parte anche l’isola di Summerset.
     Summerset, patri degli Elfi Alti.

Nuovi orizzonti
Proprio su quest’ultima isola, Summerset, concentreremo la nostra attenzione. Recentemente infatti,
Bethesda, ha rilasciato l’ultimo aggiornamento per TES Online, dopo Morrowind l’anno scorso.
Quest’ultima espansione vede l’apertura di una nuova regione completamente esplorabile (un
agglomerato di isole, nonché patria degli Elfi Alti), e l’inserimento del nuovo ordine degli Psijic,
entrando a far parte del quale, garantirà nuovi poteri e abilità speciali.
Fondamentalmente nessuna novità è stata apportata al comparto tecnico del gioco, tutto è rimasto
invariato, ma questo vuole essere tutt’altro che una nota di demerito, perché la scelta fatta dal team
è del tutto lecita e più che motivata: tutto funziona perfettamente già così com’è. Il sistema di
combattimento è solido e rodato, così com’è ben sviluppato l’albero delle abilità o il sistema di
creazione e incantamento di armi e armature.

Acquistarlo o non acquistarlo?
Probabilmente se vi piacciono gli MMORPG, questo lo troverete uno dei più interessanti degli ultimi
tempi. TES Online vi assicura un gameplay rilassato e abbastanza vario anche dopo diverse ore di
gioco. Purtroppo manca la localizzazione in italiano del titolo, il che potrebbe rendere frustrante la
lettura delle copiose quest che si intraprenderanno nel corso del gioco e che, quasi sicuramente,
porteranno i meno ferrati nella comprensione della lingua straniera a cliccare sul tasto “skip” il più
delle volte. Ovviamente è da considerarsi una mancanza in luce del fatto che normalmente i giochi
prodotti dalla stessa casa sono sempre localizzati in Italiano. Tutto sommato però TES Online,
rimane un ottimo titolo, che viene periodicamente aggiornato e espanso, una piccola perla che i veri
fan del Lore di The Elder Scrolls non dovrebbero farsi sfuggire.

Ninja Theory e il “pericolo” Microsoft

Come abbiamo appreso durante l’ultima conferenza E3 di casa Microsoft, l’azienda americana ha
voluto ampliare la propria potenza di fuoco, acquisendo e mettendo sotto la propria egida diverse
software house che non avevano ancora grossi finanziatori alle spalle. Inutile dire che il più
rilevante, il nome più chiacchierato, sia Ninja Theory, che recentemente è riuscita a raccogliere
enormi apprezzamenti grazie al suo ultimo capolavoro Hellblade: Senua’s Sacrifice, un gioco
sconvolgente, vincitore di diversi premi e straordinariamente sviluppato da poco più di 20
persone. Ninja Theory è dell’idea che giochi come questo sarebbero classificabili come “indie
AAA” – o tripla A in gergo – Hellblade: SS è la prova che non è sempre necessaria una grossa casa
alle spalle e che questa sia la direzione giusta per essere competitivi.

Non è difficile capire perché Ninja Theory sia stata abbracciata da Microsoft: per far fronte alla
enorme quantità di titoli first party della controparte Sony, il colosso americano doveva
necessariamente allargare i propri orizzonti, e quale miglior modo se non quello di acquistare una
delle software house più promettenti del momento? Il developer inglese è stato scelto in base a
diversi parametri, quali l’ottimo settore narrativo, lo sviluppatissimo sistema mocap (motion
capture) e un lavoro globale di grande qualità, fra un ottimo team interno e collaboratori come Andy
Serkis e Alex Garland che hanno impreziosito il piano narrativo dei lavori di Ninja Theory, titoli
che hanno lasciato il segno nella old generation come Heavenly Sword, Enslave: Odyssey to the
West, DmC: Devil May Cry.
Anche dopo l’acquisizione, la software house ha manifestato l’intenzione di difendere strenuamente
il proprio team, e in un’intervista rilasciata a Kotaku, il creative director Tameem Antoniades non
risparmia una dichiarazione d’intenti sul futuro:

     «Vogliamo essere liberi dalla trappola dei tripla A, vogliamo sviluppare titoli che siano incentrati
     sull’esperienza di gioco e non sulla monetizzazione. Vogliamo correre dei grandi “rischi creativi”
     per sviluppare giochi che possano definire un nuovo genere. Il nostro intento è quello di fare dei
     nostri giochi a modo nostro, non vogliamo che qualcuno ci dica cosa o come dobbiamo fare.
     Soprattutto vogliamo continuare a fare quello che vogliamo, è un modo di proteggere il nostro
     team, la nostra cultura e la nostra identità perché, finora, tutto ciò ha costituito l’essenza di
     Ninja Theory. In parole povere, stiamo chiedendo la completa indipendenza creativa.»

A questo punto il direttore commerciale, Dominic Matthews, aggiunge:

     «La risposta di Microsoft è stata, a tal proposito, che possiamo fare quello che vogliamo, ma che
     se lo desideriamo potremo appoggiarci al loro reparto commerciale o avere un team di supporto,
     o ancora utilizzare il reparto di R&D Technology e avere un completo supporto per fare più di
     quello che vogliamo e come noi lo vogliamo.»
Proprio per questo motivo, in ragione della promessa di Microsoft di garantir loro la libertà creativa
combinata a una maggiore stabilità economica, il team di Antoniades è stato ben felice di entrare a
far parte del gigante di Redmond.
A questo punto la domanda è se Microsoft, investendo denaro sulla software house britannica,
lascerà davvero a Ninja Theory tutta la libertà promessa, o se le esigenze di mercato
costringeranno a paletti e limitazioni.

A diverse promettenti software house non è andata benissimo una volta entrate nell’organico di
Microsoft. Neanche a dirlo, Rare era una pietra preziosa tra le case di sviluppo britanniche, ma
dopo l’acquisizione da parte della casa di Redmond non sono andate per il meglio, fino a essere
relegata per anni nello sviluppo di avatar e di giochi per Kinect, tornando solo di recente con Sea of
Thieves. Di certo in molti ricorderanno un’altra perla britannica, quella Lionhead Studios che
diede alla luce a uno dei migliori RPG di sempre, Fable. Quando nel 2006 lo studio venne
acquisito da Microsoft, per i successivi 10 anni fu impegnato nello sviluppo dei sequel di Fable, fino
a che non gli venne imposto di lavorare anche a un ulteriore gioco per Kinect, Fable Legends. A
quanto pare Microsoft pretese che lo studio lavorasse al progetto nonostante questi obiettassero di
non avere alcuna esperienza su questo tipo di sviluppo, seguendo la tendenza del fornire
necessariamente i “giochi come servizio”. Ne scaturì che, dopo anni di sviluppo, ovviamente
problematici, nel 2016 Microsoft decise di chiudere lo studio e annullare di conseguenza anche il
progetto Fable Legends.
Questo trend è stato la principale causa della chiusura di Lionhead, una delle software house più
promettenti della storia videoludica. Alla luce dei fatti odierni e di come Kinect si sia man mano
defilato dalla scena, possiamo dire che sia stata una delle sviste più grandi di sempre. È giusto
notificare che le nuove console della casa, Xbox One S e Xbox One X, hanno “sacrificato” la
porta per la periferica Kinect, per una questione stilistica di spazi ridotti, costringendo i già pochi
possessori dell’accessorio, a dover spendere altro denaro per l’acquisto di un adattatore esterno. Al
momento i giochi new-generation compatibili con la periferica si contano sulle dita di una mano.

Probabilmente è proprio alla luce di questi avvenimenti che i fan di Ninja Theory si sono tanto
preoccupati per la loro scelta. Ovviamente speriamo davvero che Microsoft manterrà le sue
promesse e che valorizzi i creatori di Hellblade, ma c’è da chiedersi per quanto tempo. Cosa
succederebbe se il prossimo titolo della casa non riuscisse a vendere quanto sperato? Microsoft
lascerebbe comunque lo spazio creativo promesso, oppure intercederebbe prendendo le redini dello
sviluppo futuro?

Ninja Theory adesso ha accesso a una fonte ingentissima di investimenti ma , come scrive Orson
Welles, «l’assenza di limitazioni è nemica dell’arte». E a ben vedere, parole simili le usò
anche Antoniades per Hellblade:

      «Io credo sia stata la forte mancanza di fondi e forza lavoro a rendere questo gioco innovativo,
      questo, ha reso anche il team innovativo.»

C’è da sperare che l’abbondanza non sia quindi controproducente per i ragazzi di Ninja Theory e
che possa essere solo un apporto positivo per i loro progetti futuri, augurando loro di sfatare anche
quella che in parte sembra essere una maledizione di Microsoft di cui sono state vittima
promettenti software house.
I migliori board game tratti dai videogame

Si avvicinano le vostre vacanze estive e non potete portare con voi la vostra console con i vostri
giochi preferiti? Non c’è problema! Potreste sempre acquistare un gioco da tavolo.
Ormai come sappiamo dagli elementi di un videogame è possibile trarne fuori quasi ogni tipo di
genere per l’intrattenimento, dai film a serie tv, giocattoli e persino board game. Negli ultimi tempi
parecchi franchise famosi si stanno tuffando nel settore, ma solo alcuni riescono a portare qualcosa
di davvero nuovo e coinvolgente.

Prendiamo come esempio lampante, tutti quei brand, come Zelda, Super Mario, Skyrim o Fallout
e fidatevi, tanti, tanti altri, che anziché studiare qualcosa che sia in linea con il gioco in modo da
offrire un prodotto originale, si affidano semplicemente alla semplice trasposizione, di alcuni degli
elementi che li caratterizzano, in giochi come il Monopoli, Risiko!, o semplicemente in un gioco di
carte, come per esempio Resident Evil Deck Building Game, in cui ci si limiterà a sfidarsi in un
testa a testa utilizzando carte pescate dal deck.

In questo modo non offrono nulla di davvero significativo all’utenza: l’amante dei videogiochi, vuole
qualcosa che duri nel tempo, un’esperienza di gioco che offra avventure durature e sempre nuove, in
cui astuzia, ingegno e strategia siano il pane quotidiano.
Fortunatamente non tutti i brand si lasciano trasportare dalla corrente e spesso riescono anche a
creare qualcosa di veramente eccezionale. Come Dark Souls: The Board Game, un dungeon
crawler con tabellone modulare che ha mandato in solluchero i fan, con avventure degne del brand
e miniature tanto belle e dettagliate da far girar la testa anche ai giocatori più esigenti.
Altri titoli sono in lizza come This War of Mine: The Board Game, un progetto nato tramite
Kickstarter e quasi interamente fedele alla controparte digitale. Un gioco cooperativo in cui i
partecipanti dovranno fare delle scelte morali, raccogliere informazioni e beni per la sopravvivenza e
combattere con gli altri sopravvissuti se necessario. Il gioco prevede oltre 1900 tipologie di eventi
differenti in cui i giocatori potrebbero trovarsi coinvolti e, nonostante comprenda centinaia di carte
e token vari, come potete notare dalla foto, nasce in realtà per essere un “open & play” quindi ci
vuole veramente pochissimo tempo per impostare una partita.
Ci sono inoltre giochi altrettanto belli ma più strategici: è il caso di The Witcher: The Adventure
Game., con un tabellone un po’ più “classico” rispetto a quelli visti fino a ora. Ma non
dimentichiamo le trasposizioni da tavolo di Doom e Gears of War: anche per questi due, le
miniature catturano completamente la scena lasciando il resto quasi in secondo piano. Può essere
davvero complesso riportare su tavolo un gioco come Doom, con le sue caratteristiche orde di
demoni furiosi, sparatorie al cardiopalmo e glory kills ma, fidatevi di me, Doom: The Board
Game, ha davvero tutto, anche le glory kills! In questo gioco co-op da 2 a 5 giocatori possono
scegliere di schierarsi con i soldati della UAC oppure con i demoni e giocare in una serie di scenari
differenti grazie alla board modulare a tessere. Meccaniche molto simili a quelle di Gears of War,
che prevede un full immersion nel mondo delle locuste, con meccaniche, armi, abilità e compagni
con i quali si dovrà pianificare la strategia giusta per eliminare gli alieni. Anche qui le dinamiche
richiamano a gran voce quelle che troviamo nel videogioco.
Insomma, il mondo dei board game è davvero sconfinato, i succitati sono solo alcuni dei titoli
disponibili tra quelli tratti dai videogame e, considerando che questa categoria di giochi coinvolge
sempre più appassionati, speriamo possa esserci sempre più ragione di parlarne con titoli sempre
nuovi e originali.

Wreckfest

Se dicessi Destruction Derby, buona parte della nuova generazione di gamer non saprebbe di cosa
io stia parlando, ma di sicuro gli “anzianotti” invece – come il sottoscritto – ricorderanno con sommo
rispetto uno dei giochi più divertenti di sempre, che si fece spazio nei nostri cuori a suon di
sportellate. DD era una delle IP più importanti, per l’epoca, di Ubisoft Reflection: uscito
inizialmente su PSOne, potremo considerarlo il capostipite del suo genere, con la sua fisica
pazzesca e la gestione dei danni magistrale che fu d’esempio per tutti quelli che furono
successivamente i suoi epigoni e surrogati.
Qualcuno di voi ricorderà invece Bugbear Entertainment comela software house che ha sviluppato
una delle IP più folli di sempre: Flatout, una serie di corse automobilistiche puramente arcade,
pubblicata nel 2004 sui sistemi PS2 e Xbox, per arrivare poi nel 2017 con il quarto capitolo, Fl4tout
Total Insanity.

Oggi il team di Bugbear, in collaborazione con THQ Nordic, ci sta riprovando lanciando sul
mercato Wreckfest, un motoristico totalmente off-road – o quasi, se non fosse per qualche lingua
d’asfalto presente qua e là – che rimane sì in linea con il vecchio brand, ma aggiungendo un po’ di
“serietà” racing (più che altro stilistica e fisica) alle sfrenate corse che hanno da sempre
contraddistinto le loro produzioni.

A tutto gas!
In Wreckfest esiste un solo mantra: A TAVOLETTA!
Di fatto difficilmente farete uso del freno in questo gioco; infatti basterà semplicemente togliere il
piede dall’acceleratore e dosare un po’ di freno a mano per riuscire a sfruttare al meglio la corda
della curva (fondamentale, se non vorrete avere nuovamente alle calcagna i vostri rivali).
L’IA dei concorrenti non è niente male, ben bilanciata, bastarda al punto giusto e mai scontata.
Frequentemente ci capiterà di venire ribaltati o di finire fuori pista a causa di un comportamento
scorretto ma chi si lamenta? Questo è Wreckfest!
Sin da subito avrete la possibilità di lanciarvi nella mischia online ma, vi assicuro, sarà un
bell’azzardo: il livello dei player online è infatti altissimo e le auto sono quasi del tutto
potenziate, se vi andrà bene ìriuscirete a terminare la gara senza essere doppiati e restando tutti
interi. Per questo è doveroso consigliare prima un piccolo training, con l’altrettanto divertente
modalità single player/carriera. Un percorso, quello della carriera, che vi condurrà ad affrontare
diverse discipline in tantissimi tracciati – anche se sono tanti, alla lunga sembrerà di correre quasi
sempre nello stesso luogo, probabilmente a causa dei percorsi off-road che non si distinguono molto
l’uno dall’altro – guadagnare stelle in base alle prestazioni in pista e agli obiettivi portati a termine,
in modo da poter sbloccare gli eventi successivi. Affrontare le gare è importante soprattutto per
iniziare a guadagnare anche valuta di gioco (dollari, nel dettaglio), per poter acquistare nuove e più
potenti auto o modificare quelle già in vostro possesso per rosicchiare secondi preziosi sul tempo in
pista.
Il gioco risulta molto alla mano anche per chi non è avvezzo ai giochi motoristici.
Personalmente ho giocato il titolo con la mia postazione di guida, con volante Thrustmaster
T300RS, e dopo tanta pazienza il gioco si è comportato molto bene; ho dovuto perdere un po’ di
tempo per regolare il punto morto dello sterzo che inizialmente risultava essere troppo sensibile,
influendo negativamente sulla giocabilità, ma una volta trovato il giusto compromesso Wreckfest mi
ha davvero regalato ore di puro divertimento. Per correttezza e completezza, ho deciso di giocarlo
anche con il joypad e il risultato è il medesimo, semplice, intuitivo e divertente (sicuramente di più
facile utilizzo).

Le gare vanno dalle semplici corse su pista, agli scontri in arena – i miei preferiti – in cui vincerete
solo resistendo senza venire distrutti fino alla fine.
La personalizzazione delle automobili è davvero originale, sia per quanto riguarda le livree,
perfettamente in linea con lo stile “dirty” del gioco, sia per quelle estetiche, in egual modo
interessanti e accattivanti: chi non vorrebbe un V8 con gli scarichi aperti sulle fiancate?
Che bella carrozzeria!
Il comparto grafico di Wreckfest, risulta essere stato molto più curato rispetto alle precedenti
produzioni di Bugbear. Il team di sviluppo ha concentrato le proprie energie per cercare di sfornare
qualcosa di diverso dal loro standard, pur rimanendo concentrato sul progetto nella sua totalità e
devo dire che ci sono riusciti egregiamente. Effetti grafici all’altezza di ogni situazione, scontri,
ribaltoni, sportellate ed esplosioni non fanno che aumentare la spettacolarità delle corse per la loro
ottima qualità. Difficilmente mi stupisco per certe chicche grafiche, ma se c’è una cosa che è riuscita
a colpirmi più d’ogni altra in Wreckfest sono il fango e il comportamento delle gomme delle
automobili a contatto con esso, davvero molto realistico, fondamentale su giochi di questo genere. In
precedenza solo Mud Runner, altro titolo dal carattere forte e al contempo “ignorante” come pochi,
era riuscito ad impressionarmi a tal proposito.

Note positive anche per il comparto sonoro: rombo dei motori molto fedele, pieno e cattivo, riesce
a entusiasmare durante le sgasate per mantenere la curva; forse potrebbe diventare “fastidioso” in
gare un po’ più piatte, con poche curve e tanti rettilinei, dove la macchina raggiunge in breve tempo
la velocità massima facendoci sentire solo il motore a palla. Colonna sonora invece semplicemente
pazzesca, si sgomma a suon di punk-rock di prima scelta.
In conclusione tirando… il freno a mano
Wreckfest è un ottimo gioco che sicuramente regalerà parecchie ore di divertimento agli amanti del
genere arcade, soprattutto per chi, come il sottoscritto, da tempo attendeva il ritorno di un dignitoso
erede di Destruction Derby.
Consigliato a tutti gli amanti delle corse off-road per l’altissima qualità dei circuiti, delle vetture
e degli effetti grafici ad hoc.
Ah e mi raccomando! Se doveste acquistarlo… niente freno!

Square Enix verso il modello “Freemium”

Square Enix negli anni ha sfornato ondate di giochi per il mercato mobile, principalmente la serie
“GO” di Hitman, Tomb Raider e Deus-EX, strategici stealth a turni. Ma forse il loro successo,
anche se meno discusso degli altri titoli, è stata l’ascesa di Hitman Sniper, un gioco che riprende
per filo e per segno i meccanismi proposti per Hitman Sniper Challenge, uno spin-off che era stato
rilasciato in maniera promozionale poco prima del lancio di HItman Absolution nel 2012 per
sbloccare equipaggiamento speciale tramite i punteggi, derivanti dall’eliminazione di diversi bersagli
da un unico spot.
All’inizio di quest’anno la software house aveva dichiarato che Hitman Sniper, aveva raggiunto
quota 10 milioni di download, cifra destinata successivamente a salire fino a 15 milioni
contestualmente alle vendite su console. Sicuramente il numero più importante nell’intera carriera
dell’Agente 47 (anche se non è stato confermato da Square Enix).
Sia i titoli della serie “GO” che Hitman Sniper, sono giochi “premium”, in quanto tali venivano
venduti per circa 4,99$. I numeri e il successo avuti da questi titoli, sono la prova che i giochi
premium, possono ancora essere venduti nel mercato mobile, e nonostante i risultati siano dalla
parte di Square Enix, la casa di Montreal ha comunque dichiarato apertamente la loro intenzione al
passaggio verso il modello “Free to Play”. Il direttore Patrick Naud spiega, durante l’intervista
condotta da gamesindustry.biz, che ormai è difficile tenere il passo con i titoli free già disponibili
sul mercato e che offrono quasi la stessa esperienza di gioco. Continuando dichiara:

     «Il prezzo è solo una barriera, il mercato dei giochi premium era già in drastico calo sin da
     quando abbiamo lanciato il nostro primo titolo “GO”, e questo è davvero molto deludente perché
     anche se si realizza un prodotto di altissima qualità, è davvero assurda la quantità di opzioni
     alternative e gratuite che già esistono sul mercato. Il pubblico normalmente prova tutto ciò che
     è gratuito, al massimo comprano i giochi che hanno un costo, ma solo se sono sicuri che ne valga
     la pena acquistarli. Stiamo facendo grandi titoli e noi adesso vogliamo un pubblico più ampio
     che li giochi. In ogni caso puoi comunque avere successo in quello spazio, ma dipende dalle tue
     ambizioni; c’è abbastanza margine per creare progetti redditizi e credo sia anche più gestibile
     oltre che meno rischioso e meno duro di prima. Ma, tutto questo ha un tetto, ed è un tetto molto
     basso e, in effetti, oltre Minecraft non esistono molti titoli che producano la stessa rendita sul
     mercato occidentale, nulla che si possa paragonare per Square Enix, e si ritorna sempre al fatto
     che, si può anche fare un gioco perfetto, ma se viene giocato da un pubblico ristretto, non ne è
     valsa la pena. Fortunatamente però, Hitman Sniper ha preparato bene la squadra di Montreal al
     modello “Freemium”, un progetto che ha impiegato tre anni per venire alla luce ma che sta
     dando dei grandi risultati. Anche se al momento ha solo due mappe, il team è sempre al lavoro
     sul gioco, offrendo nuovi eventi live, sfide e missioni, come i più grandi Free to Play sul
     mercato.»

Questo non vuol dire che lo studio non si sia dilettato con le microtransazioni. In effetti, Hitman
Sniper dispone di una serie di fucili aggiuntivi da acquistare – alcuni che costano fino a 50$, come
il Longsword II. Eppure il gioco non li rende essenziali, né ostacola artificialmente il progresso per
coloro che non li vogliono acquistare – una mentalità che Naud è determinato a mantenere mentre
lo studio passa al freemium.
«Le persone non si devono sentire in dovere di comprare, lo fanno perché amano il gioco, perché
     amano le funzioni e vedono magari tutto il potenziale di quell’arma. Quel fucile è stato un’ottima
     fonte di guadagno per noi»

Naud continua spiegando che la chiave per generare entrate dagli acquisti in-game è stata proprio
quella di garantire che il titolo offra un’esperienza di qualità anche senza di essi. Square Enix
Montreal è orgogliosa delle sue meccaniche di giochi per Hitman Sniper e si concentrerà
principalmente sul gameplay mentre continuerà a progettare le sue prossime offerte freemium.
Naud afferma:

     «Nessuno investirà in un gioco se non ne è davvero appassionato. Non giocherai un gioco per
     settimane o mesi, ne tantomeno ne parlerai con i tuoi amici se non ne fossi appassionato, quindi
     quello che cerchiamo di fare al meglio, è creare un’esperienza di gameplay a cui le persone
     possano veramente appassionarsi, ma senza imporre nulla. La cosa più importante è il rispetto
     dei nostri giocatori: se crei un’esperienza di gioco in cui si sentano molto rispettati, non li
     perderai mai. Quando guardi il mercato console, ci sono molte aziende che passano al lato
     “malvagio” del mercato, quindi stiamo prendendo la decisione, a lungo termine, di non diventare
     a nostra volta “malvagi” e di rispettare sempre la nostra utenza, il che ci aiuterà a garantirci un
     futuro.»

Spingere lo studio di Montreal verso un modello freemium è stata quasi certamente una decisione
dell’editore. Square Enix ha visto grandi guadagni nello spazio mobile nell’ultimo anno, grazie a
successi free-to-play come Final Fantasy Brave Exvius e Kingdom Hearts Union X. In effetti,
questi titoli hanno più che inciso nei dati finanziari dell’editore all’inizio di quest’anno.

Mentre questi titoli hanno preso d’assalto i mercati dell’Est, l’azienda, deve ancora riuscire ad aver
successo in Occidente. Il CEO Yosuke Matsuda l’anno scorso, ha discusso ai microfoni di
gamesindustry.biz, del suo desiderio di avere un impatto maggiore sui mercati mobili occidentali, e
ha descritto Square Enix Montreal come il “centro” di tale sforzo.

Naud per concludere condivide le sue ambizioni:

     «In questo momento, stiamo avendo un forte impatto sul settore in termini di criticità, vogliamo
     portarlo sul piano finanziario. Square Enix Montreal è in ottima posizione per affrontare questa
     sfida, e stiamo anche facendo crescere il nostro studio di Londra in modo che possiamo avere più
     opportunità e avere più tempo per i progetti. Londra sarà focalizzata su opportunità esterne,
     quindi collaboreremo con i nostri partner su alcune delle nostre IP e stiamo esaminando altri
     modi per riuscire a fare grossi numeri nel marcato occidentale. Abbiamo avuto i nostri alti e
     bassi, abbiamo imparato, abbiamo avuto un successo straordinario, ma ora siamo pronti per il
     prossimo passo, a partire da quest’anno.»
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